Piero Melograni
Quando il "Corriere" si leggeva in mezz'ora
"Liberal"
dicembre-gennaio 2004-2005, pp. 2-3

Caro Folli,

ho letto il Corriere della Sera dal… 1919, vale a dire da prima che io nascessi. Molti anni or sono, infatti, Renzo De Felice mi chiese di curare un'antologia del Corriere dal 1919 al 1942 e quindi, con pazienza, mi misi a leggerlo. Ti devo confessare che anni fa il Corriere che tu oggi dirigi era di una invidiabile snellezza. Un tempo criticavo chi leggeva i giornali limitandosi a scorrerne i titoli. Oggi ammiro chi ne scorre i titoli, poiché ritengo che solo alcuni diretti interessati trovino le ore e la voglia per dedicarsi ai testi.

Il tuo Corriere conta una cinquantina di pagine e da anni - prima che tu ne diventassi il direttore - editori e redattori hanno dimenticato che oggi quasi tutto è più abbondante di ieri, tranne il tempo. Benché la vita media si sia allungata, grazie alle scienze mediche, e la giornata pure, grazie alla luce artificiale, viviamo con una fretta che i nostri antenati non conoscevano. I pensionati avrebbero tempo libero da dedicare alla lettura, ma i loro occhi faticano a decifrare i caratteri minuscoli coi quali stampate i vostri articoli.

La stampa quotidiana, in Italia, non si vende. Secondo una recente statistica della Wan (World Association of Newspapers), l'Italia è al 33° posto, con 128 copie ogni mille abitanti, compresi i 2 milioni di copie giornaliere dei quotidiani gratuiti. Nonostante le copie gratuite l'Italia è superata da nazioni come la Turchia (131 copie ogni mille abitanti), l'Ungheria (199), la Slovenia (214), il Regno Unito (383), la Svizzera (444 copie) e la Norvegia (705). Alcune di queste nazioni godono di servizi postali efficienti e diffondono molte copie in abbonamento. Ma se in Italia ciò non accade la colpa è ancora una volta dei giornali. Per decenni gli editori hanno ottenuto tariffe eccessivamente basse e in cambio di questo supposto privilegio hanno steso il silenzio sui disservizi postali, danneggiando le Poste, la collettività e in particolare loro stessi. Pagando di più avrebbero contribuito a migliorare il servizio e a favorire gli abbonamenti.
Un'altra ragione delle scarse vendite deve essere trovata nel distacco tra la stampa e i cittadini. Innanzi tutto per lo stile di tanti articoli. Invece di cominciare in modo semplice e chiaro indicando subito chi, che cosa, dove, quando e perché (le famose cinque «W»: Who? What? Where? When? Why?) molti iniziano con una citazione virgolettata. A volte è virgolettato anche il titolo, per consentire al giornale di non assumersi responsabilità. C'è poi il gergo allusivo: il Cavaliere, il Professore, il Picconatore e via di seguito, quando sarebbe molto meglio scrivere Berlusconi, Prodi e Cossiga. Nel tuo giornale si cita Franklin Delano Roosevelt senza precisare che fu presidente degli Usa e senza immaginare che a molti giovani questo nome non dice più niente. Tempo fa, all'Università, parlavo di Luigi Einaudi e mi accorsi che gli sguardi vagavano nel vuoto. Chiesi chi era stato Einaudi e solo uno studente seppe rispondere, ma era uno studente nigeriano. Gli italiani nulla. Un amico professore mi riferisce varie sciocchezze scritte dagli studenti a un esame di storia del giornalismo: «La stampa si divise tra giornali favorevoli e contrari alla liberazione di Moro. Vinse l'intransigenza e Moro fu ucciso» - «La redattrice Leonida Bissolati insieme a Pintor diresse Il Manifesto» - «Capi della Dc nel dopoguerra furono De Gasperi, Pella, Saragat e Togliatti». I giovani ignorano il passato e gli anziani possono non sapere chi siano il Merolone o Eminem.

Tutti, ormai, ricaviamo le informazioni più dalle tv che dai quotidiani. Ma faresti male a scoraggiarti. Il Corriere arriva in ritardo rispetto ai telegiornali ma potrebbe aiutarci a riesaminare con spirito critico la notizie che in televisione abbiamo osservato un po' passivamente. Non c'è bisogno che un quotidiano dedichi sei intere pagine all'evento già visto e rivisto in tv. Basta un solo articolo ben concepito e informato, messo in risalto da un titolo chiaro e corretto, come certamente sapete fare.

Sono andato a guardare un Corriere di tanto tempo fa, e - a caso - ho preso quello del 2 giugno 1960, direttore Mario Missiroli, ottimi incassi e ottimi dividendi per la proprietà. Il giornale era di 126 colonne (9 colonne per 14 pagine). La pubblicità, gli spettacoli, la cultura e la cronaca cittadina occupavano 94 colonne. Le notizie e i commenti politici solo 32 colonne. Insomma, leggendo tre pagine e mezza potevi pensare di essere stato messo al corrente di tutto.

Per fare concorrenza alla tv i quotidiani potrebbero tornare all'essenzialità di un tempo. Il telegiornale pretende di informarci in meno di mezz'ora? Ebbene, vorrei un quotidiano da leggere in mezz'ora o giù di lì. Non ti ho parlato dell'occultamento o della manipolazione delle notizie, perché ciò è sempre accaduto e sempre accadrà. Dovunque.

 

Hosted by www.Geocities.ws

1