LINO Ramelli candidato al gran consiglio lista plr, numero 60

Mi candido per il Gran Consiglio poiché grazie alle mie esperienze professionali e personali penso di disporre del bagaglio necessario per poter dare un contributo costruttivo ai dibattiti. 
Ho 66 anni e ho due figli adulti. Sono sposato con Anne-France, operatrice socio-sanitaria attiva nelle cure a domicilio, che ha a sua volta una figlia adulta. Insieme siamo una famiglia affidataria di una bambina di 8 anni. Abitiamo a Solduno. 
Sono economista di formazione e ho lavorato principalmente in ambito fiscale per varie amministrazioni pubbliche. Da dicembre 2006 a gennaio 2021 ho diretto la Divisione delle contribuzioni del Canton Ticino. Ho avuto anche un’esperienza di tre anni in Rwanda come cooperante. 
Sono stato attivo in alcune associazioni sportive o che si occupano di aiuto allo sviluppo. Più recentemente collaboro con Sostare nell’ambito della formazione di giovani migranti. Sono un amante della natura e della montagna e pratico attivamente molti sport.

Articolo sul tema dell'insegnamento delle lingue 

Ticinonews 16  marzo 2023

Lingue, coesione nazionale ed economia   

Lingue, coesione nazionale ed economia   Il Gran consiglio si è pronunciato recentemente a favore dell’introduzione dell’insegnamento del tedesco a partire dalla prima media. Come “locarnese” non posso che rallegrarmi della decisione poiché le relazioni con le regioni germanofone sono essenziali, non solo per l’economia, ma anche per la coesione sociale. Personalmente sarei addirittura favorevole alla creazione di classi bilingui alle elementari onde stimolare i proprietari di residenze secondarie a trasferire il loro domicilio principale nella nostra regione. La questione dell’insegnamento delle lingue merita tuttavia una riflessione più globale che includa anche il francese e l’inglese. Secondo lo schema previsto, le nostre alunne e i nostri alunni inizieranno con il francese alle elementari, con il tedesco in prima media e con l’inglese (obbligatorio) in terza. Di fatto l’inglese rappresenterà la quarta lingua (è stato così anche per me). Nel corso della mia vita professionale, svolta essenzialmente fuori cantone prima di assumere la direzione della Divisione delle contribuzioni a fine 2006, sono stato spesso confrontato con le questioni linguistiche. Nei rapporti intercantonali hanno sempre prevalso le lingue nazionali, francese e tedesco (quest’ultimo se si voleva avere la certezza di essere capiti dalla maggioranza), mentre in quelli internazionali è indubbiamente stato l’inglese a farla da padrone, che si trattasse sia di aziende internazionali, sia di Stati, compresa l’Italia poiché i trattati internazionali comportano il coinvolgimento delle autorità federali poco familiarizzate con la nostra lingua. Per gli interlocutori l’inglese era nella peggiore delle ipotesi la seconda lingua e questo ha spesso rappresentato un punto di forza a loro favore. Volenti o nolenti, in un mondo sempre più globale e grazie anche ai nuovi modelli di telelavoro e teleconferenze assisteremo verosimilmente a una crescente domanda e offerta di posti di lavoro legati a gruppi internazionali, ma decentralizzati, e la lingua di comunicazione sarà inevitabilmente l’inglese. Nel nostro Paese tendiamo ancora a privilegiare le lingue nazionali con l’obiettivo, senz’altro condivisibile, di mantenere la coesione nazionale. Le iniziative di alcuni cantoni miranti a rendere l’inglese la lingua straniera principale si sono finora tutti arenati. Cosa fare allora? Non avendo nessuna competenza in materia di formazione/insegnamento sarebbe presuntuoso formulare delle proposte. Mi limito ad affermare che la questione andrebbe analizzata nel suo insieme e non lingua dopo lingua. Prendo ad esempio il francese contro il quale non ho nessun pregiudizio essendo la lingua che parlo in famiglia. Per quale motivo è stato definito prioritario e viene insegnato già dalla scuola elementare? Per il fatto che è la lingua più facile per noi da insegnare e imparare? Se vogliamo offrire le migliori opportunità di studio e di lavoro alle generazioni future mantenendo allo stesso tempo identità e coesione nazionale riprendiamo l’esercizio dall’inizio rimescolando le carte, senza tabu e senza demonizzare l’inglese. Se troviamo normale che l’Ambri, spesso preso come simbolo di attaccamento al territorio, sia allenato e diretto in inglese sebbene la prima squadra sia composta prevalentemente da giocatori svizzeri, perché dovremmo offuscarci se la medesima lingua viene utilizzata in seno a determinate aziende o nel campo della formazione?

Fisc alità delle aziende
 
L’iniziativa mirante a sospendere l’abbassamento dell’aliquota dell’imposta sull’utile delle persone giuridiche dall’ 8% al 5.5 % a partire dal 2025 potrebbe rilevarsi un clamoroso boomerang. Per meglio illustrarlo prendo lo spunto da un incontro risalente ad alcuni anni fa con i rappresentanti di una multinazionale intenzionata a stabilirsi in Svizzera quando uno di loro disse: “Entro certi limiti, non è mezzo punto in più o in meno di aliquota che farà la differenza, ma prima di investire decine di milioni dobbiamo avere la garanzia che tra 10-15 anni le condizioni siano ancora le stesse”. In altri termini, “la certezza del diritto” che finora è stata uno dei maggiori vantaggi nei confronti dei nostri vicini. Fare retromarcia avrebbe un effetto nefasto a livello di immagine e costituirebbe un imperdonabile sgarbo nei confronti di chi nel frattempo ha continuato ad investire in Ticino, rinunciando magari a delocalizzare le attività proprio in vista delle misure approvate dal parlamento nel 2019 e contro le quali gli stessi schieramenti avevano inutilmente tentato un referendum. Il secondo tema sul quale vorrei esprimermi è quello della tassazione minima dei grandi gruppi internazionali sul quale saremo chiamati a pronunciarci in giugno. Si tratta di attuare l’ingiunzione del G20 e dell’OCSE relativa ad un’aliquota minima del 15 % per i grandi gruppi internazionali tramite un’imposta integrativa prelevata dalla Confederazione che compensa la differenza per i cantoni che ne praticano una inferiore. Personalmente sono favorevole al principio di uno standard internazionale che ponga una soglia minima alla concorrenza fiscale e penso che la Svizzera, grazie alle altre ottime condizioni quadro, resterà competitiva anche ad armi uguali sul piano fiscale. La successiva ripartizione di detta imposta integrativa - la Confederazione tratterrà il 25% e riverserà il restante 75% al Cantone nel quale è imposta la società – suscita tuttavia alcune perplessità. Infatti i Cantoni più toccati dalla misura, ossia quelli che hanno avuto la politica fiscale più aggressiva e così contribuito alle reazioni internazionali, non solo continueranno ad incassare la totalità dell’imposta prelevata in precedenza, ma anche il 75% del relativo supplemento, ciò che permetterà loro di finanziare ulteriori misure a favore delle altre società, siano esse svizzere o internazionali e delle persone fisiche, inasprendo così ulteriormente la concorrenza fiscale. Il riversamento al fondo di perequazione intercantonale sarebbe stata una soluzione più equa.

Articolo sulla fiscalità delle aziende 
cdt.ch/opinioni
del 7 marzo 2023 

Vent’anni fa veniva presentato il rapporto della Commissione Bergier chiamata a far luce sul comportamento della Svizzera durante la seconda guerra mondiale, in particolare sulla questione della chiusura delle frontiere – la famosa frase “la barca è piena” – e i fondi ebrei. La prima immagine della conferenza stampa era una slide con una piccola macchia bianca circondata da un immenso spazio nero. La Svizzera interamente circondata dai territori occupati dalle truppe nazifasciste. Da questo fatto si possono trarre tre insegnamenti. Il primo è che prima o poi si fanno i conti con la storia. Se i criteri rimarranno gli stessi saremo probabilmente assolti per l’Ucraina, ma non sono sicuro che lo saremo per altre popolazioni, ad esempio per gli afgani o i siriani, soprattutto le donne che hanno subito crimini ben peggiori e su una scala ben più ampia rispetto a quelli commessi dalle truppe di Putin in Ucraina. Il secondo, che contraddice in parte il primo,  è che non sempre si può giudicare il passato con i criteri odierni. Quale era il margine di manovra della Svizzera circondata e isolata dal mondo libero? Il terzo è che l’apprezzamento etico è soggettivo e evolve nel tempo. È sulla base di quest’ultima riflessione che mi dico che bisognerebbe relativizzare il giudizio morale e focalizzarsi su elementi più oggettivi e pragmatici. Ci stiamo estinguendo ed è solo grazie alle ondate migratorie degli scorsi decenni che siamo in tanti oggi. Se ci chiudiamo tra una generazione questo evento sarà fatto a San Carlo a condizione che ci siano ancora i frontalieri per tenerlo aperto. Sulla barca c’è ancora posto, ma non sale chiunque. Si deve imparare la lingua che si parla a bordo, si accettano le regole e gli ordini del capitano anche se dovesse essere una donna e tutti quelli in grado di farlo remano.

Estratto del mio intervento all'evento distrettuale PLR del 5 marzo in Piazza Grande

Quale futuro per Locarno e la sua regione?”

Il Rapporto della Commissione economia della città di Locarno è lo spunto per una riflessione estesa all’insieme della regione. Esso evidenzia il ruolo centrale che rivestono la valorizzazione del territorio e la qualità di vita nell'ambito della promozione economica e demografica e le difficoltà derivanti dall’attuale frammentazione amministrativa e la conseguente necessità di riprendere il tema delle aggregazioni. Le iniziative congiunte di Cantone, Comune e privati permetteranno di realizzare numerose opere che cambieranno il volto della città rendendola più attrattiva per gli abitanti, le imprese e il turismo: la valorizzazione del percorso Largo Zorzi-Rotonda e del comparto dell’ex-macello, il Museo del territorio, il parco di Villa Balli in Città Vecchia, la piazza di Solduno, il comparto Globus e il rinnovo del Grand Hotel. Allargando il raggio possiamo aggiungere il comparto stazione a Muralto, la galleria tra Ascona e Brissago e la ciclopista della Vallemaggia. A questa lista avrei volentieri aggiunto un palazzo dei congressi, una passeggiata a lago da Ascona a Magadino e dei servizi igienici nelle zone delle gole di Ponte Brolla e degli altri punti di concentrazione di bagnanti. Il ritardo nella realizzazione di queste opere ha impedito di approfittare pienamente dell’enorme potenziale pubblicitario creato dalle restrizioni di movimento durante la pandemia. Se guardiamo al futuro dobbiamo invece chiederci se i vari attori coinvolti disporranno singolarmente dei mezzi finanziari e delle competenze per sostenere progetti di tale portata. Il processo aggregativo è la via da percorrere. Nel frattempo occorrerà trovare altre forme di collaborazione tra i vari enti pubblici sul modello di quanto annunciato recentemente dai comuni della Leventina.

Articolo sul futuro del Locarnese

LaRegione  del 18 febbraio 2023

Articolo sul tema delle migrazioni 

LaRegione
10 gennaio 2023

Le migrazioni sono un’opportunità 
La questione delle migrazioni è da decenni al centro delle preoccupazioni della popolazione e della politica. Fino a qualche anno fa il dibattito verteva essenzialmente sulla qualifica di rifugiato politico, ossia se il o la  “richiedente d’asilo” fosse realmente vittima di persecuzioni a causa del colore della pelle o gruppo di appartenenza, della religione o delle sue opinioni politiche. In questa lista spicca l’assenza della “miseria”, lacuna che un celebre vignettista romando aveva abilmente riassunto nella frase: “il vero rifugiato rischia la vita perché protesta per le sue condizioni mentre il falso rifugiato la rischia per le proprie condizioni”. Le modalità e le condizioni d’accoglienza miravano innanzitutto alla selezione e solo in un secondo tempo e in casi limitati ad una efficace integrazione. Più recentemente abbiamo accolto decine di migliaia di persone in fuga dall’Ucraina grazie allo statuto S di cui possono beneficiare gruppi di persone esposte a un grave pericolo e che concede un diritto di soggiorno senza espletare una procedura di asilo ordinaria e garantisce immediatamente alcuni diritti . La prima domanda che dovremmo porci è probabilmente cosa differenzia gli ucraini dai siriani, dagli afgani o da altre popolazioni fuggite da situazioni talvolta peggiori da giustificare un atteggiamento di apertura del tutto dimenticato nel nostro Paese dai tempi della primavera di Praga. La seconda è cosa avverrà in futuro. È infatti utopico pensare a una normalizzazione della situazione a breve-medio termine e anche se ciò dovesse avvenire molti di loro preferiranno restare in Svizzera anche nel nobile intento di meglio aiutare la famiglia o gli amici rimasti in patria. Dobbiamo prendere per acquisito che le migrazioni saranno un fenomeno costante e irreversibile che sarà accentuato dalla crisi climatica. Si tratta spesso di persone che fuggono da situazioni tutt’altro che provvisorie e spesso intenzionate a restare a lungo, almeno fino a quando saranno in condizione di rientrare nel loro paese garantendo un’esistenza degna al loro clan, esattamente come succedeva nelle nostre valli fino a qualche decennio fa. Avendo lavorato 3 anni in Rwanda per l’aiuto allo sviluppo svizzero ho potuto costatare di persona come le condizioni di vita e soprattutto la mancanza di prospettive per migliorarle siano un forte incentivo alla migrazione soprattutto per i giovani meglio istruiti. Il loro arrivo è anche una grande opportunità per il nostro paese confrontato ormai ad un declino demografico preoccupante. Cogliamo l’occasione per trasformare questo fenomeno in un esercizio vincente per entrambe le parti. Generalizziamo le misure messe in atto per accogliere gli ucraini a tutti i movimenti di popolazione indipendentemente dalla distanza geografica o dall’etnia offrendo opportunità di formazione e di lavoro esigendo però non solo il rispetto delle leggi formali, ma anche l’adozione di alcuni valori imprescindibili quali il senso civico o l’uguaglianza di genere. La vera discriminazione sarebbe quella di prestare loro una minore capacità di comprensione rispetto a determinati valori inclusi nella Dichiarazione universale dei diritti umani. La recente mobilitazione popolare a favore di una famiglia monoparentale originaria dell’Afghanistan minacciata di espulsione e la susseguente risoluzione interpartitica che chiede al Governo di intervenire presso la Segreteria di Stato delle migrazioni sono un segnale positivo nella giusta direzione.

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