A SPACCASTUFA (2)
Fra Kafka e Pirandello vince PierPortos B

Attorno al capezzale dove donna Preziosa B stava morendo si alternavano i familiari. Fra Balestra, al margine del letto, bisbigliava  qualcosa ad una ragazzetta dal volto di una suorina che a sua volta cercava con un ventaglio di creare un po di frescura nell'afa torrida del pomeriggio.
Talvolta la donna rantolava e allora il dottor Quartarella le si avvicinava e le prendeva il polso, poi si voltava in direzione dei nipoti della donna che occieggiavano sulla porta della stanza. Tutti attendevano la morte. L'unica che forse non aspettava niente era forse proprio la morente. L'aveva attesa tutta la vita con un rosario fra le dita ed ora che l'aveva accanto non avrebbe potuto vederla. L'aveva sempre immaginata come un'amica che veniva a prenderla per accompagnarla oltre il confine dove si
stendevano i vasti campi di asfodelo dell'oblio. 
Quella situazione di stallo per cos� dire andava avanti da parecchie ore, ore ormai cariche dei tanti odori che si erano rincorsi nella stanza comedei predoni dell'aria: da quello delle tuberose a quello del Gelsomino d'Arabia che pure in quella loro forma di essenza sembravano ora un composto pesante, quasi osceno, che premeva contro tutti. Tutto risentiva di una certa consunzione. Andandosene l'anziana dama chiudeva un capitolo generazionale e quando la finestra della stanza si fosse riaperta l'aria che sarebbe rientrata sarebbe stata quella di una Sicilia diversa. Perch� in Sicilia tutto si preparava a cambiare e, anche se i cambiamenti avrebbero preso ancora pi� di cinquantanni per rendersi palesi, i semi di essi sarebbero entrati proprio con quell'aria che quel giorno si addensava contro  le persiane. Un fatto di date, di eventi visti a ritroso. Poich� in quel pomeriggio reso pi� lungo dal ritmo sconosciuto della morte, nessuno faceva simili considerazioni: tutti pensavano al testamento anche se nessuno ne parlava. D'altra parte a Spaccastufa e in quella famiglia tutti e in ogni circostanza e per tutta la vita pensavano al testamento, a quelli da aspettare e a quelli da fare.
Il dottor Quartarella si accost� alla dama e le prese il polso cos� come aveva fatto ogni giorno per quasi cinquant'anni. Pulsazioni sempre ritmate dal Patek Philippe della dama che ancora al polso continuava ad avanzare nel tempo infinito che il pregiato orologio aveva dinanzi. Ora altri frati entrarono nella stanza con quella sicurezza che veniva loro dalla predilezione che l'anziana dama aveva sempre nutrito per l'ordine di Francesco.  Si accostarono al primo frate che continuava a bisbigliare con
lo sguardo fisso sulla selva di dita  che spuntavano da ogni saio,
importune macchie rosa nella scialba luminosit� dell'ambiente. I nuovi religiosi abbassarono il capo, parcheggiarono le mani sui ventri e presero anch'essi a bisibigliare. Forse pregavano. Ma forse anche i frati pensavano alla
robba.  E a buon diritto. La signorina Preziosa non era mai stata sposata se non con Dio.  Ogni giorno un frate veniva a somministrarle nell'intimit� della cappella del palazzo la comunione, il sacramento in cui
si consum� quel suo matrimonio della fede. Era questo un privilegio che la dama si era concesso per avere donato all'ordine il grande convento da lei stessa fatto costruire e che sorgeva proprio al termine del paese, a picco sulla grande vallata che dall'altopiano si staccava impazzita fino al mare.
I frati ai piedi del letto erano l� ad esigere il loro diritto di
assisterla e la loro presenza confermava nei nipoti l'odiosa ipotesi.
Seduti nella sala da pranzo sotto il grande  Aubusson  tutti si guardavano tra loro con bonomia agendo sui fili di quella diplomazia siciliana che al pari del grande arazzo mostrava i suioi obbiettivi pi� sul rovescio che sul verso. Ma la di l� dei  geroglifici oratori ognuno cercava di captare da impercettibili lapsus chi pi� di un altro avesse delle probabilit� nella corsa alla 'robba', ma soprattutto  riandava con la memoria al passato e ai rapporti che ognuno  aveva avuto con la dama morente. Perch� nel tempo ciascuno di loro aveva avuto la sua chance, un suo particolare stato di favore come se la dama avesse a turno voluto sondarli tutti i suoi nipoti, per farsene un'idea precisa di chi fossero...
I nipoti in questione erano quattro e pur molto diversi fra di loro portavano lo stesso nome. Si chiamavano tutti Pietro e per distinguerli si aggiungeva al loro il soprannome del padre. E quindi c'era Pietro di Portos (PierPortos), Pietro di Athos (PierAthos), Pietro di Aramis (PierAramis) e Pietro di Dartagnan (PierDart). Questo perch� i loro padri erano stati i famosi quattro moschettieri B. Teste calde che avevano imperversato sul loro tempo come dei fortunali.  Erano i figli di Pietro il Grande, il fondatore di quell'industria d'inscatolamento del tonno che andava sotto il nome di Tonno di Capo Rais. Composti anch'essi, come tutti gli uomini, met� di fortuna e met� d  capacit�, i 4 moschettieri esaurirono presto la loro dose di fortuna e quando dovettero darsi di verso con le proprie capacit� molte cose cambiarono, la tonnara non pesc� pi�, le propriet� si trovarono investite dai venti dei nuovi fermenti sindacali, ma soprattutto quello che ridimension� la caratura dei quattro'
monsieurs rien va plus' fu il loro stile di vita dove ogni rendita veniva affidata all'azzardo. Un giorno si vinceva e cento si perdeva. Ci� che si perdeva alla scopa si rivinceva alla roulette, ci� che si perdeva alla briscola si riprendeva allo chemin. Scommettevano su tutto i moschettieri che erano stati i fratelli della gran dama e anche fra loro stessi si giocavano propriet� che in verit� non arrivavano mai a cambiare proprietario perch� chi le vinceva prima o poi le riperdeva giocando con lo stesso fratello magari ad un altro gioco.
La signorina Preziosa che aveva mantenute intatte le sue fortune -ulteriormente raddoppiatesi per   l'eredit� ricevuta anni prima dalla sorella Concettina - tutte queste cose le sapeva e nel prediligere or l'uno ora l'altro dei suoi nipoti, aveva inteso sondare chi di loro potesse avere conservato al di l� delle notorie spigolature, almeno un barlume di saggezza senza aver completamente perduto il lato guascone della famiglia di cui sotto sotto andava fiera. E fu in quelle enclavi dei tanti
ripensamenti che s'insinuarono i bonari fratoni sempre anticipati dalle dita rosate che spuntavano sotto il saio. La cordata religiosa che muoveva alla cattura del vasto patrimonio era guidata appunto da Fr� Balestra, un provetto manipolatore della parola che sapeva intessere nei suoi arabescati sermoni. Tanta fama si era conquistato con le sue prediche che veniva invitato in questa o quella chiesa e sull'isola e fuori dall'isola fino a
raggiungere Roma e in Roma addirittura una delle 4 basiliche, al punto che l'intraprendente dama--aggiogata alla religione attraverso i sermoni del frate ma anche al frate attraverso la religione
onni soit qui mal y pense--, fu una delle prima in Sicilia a comprare un magnetofono-il celebre Webcor a filo-per essere sempre vicina al reverendo prelato e catturare ogni sillaba a quei suoi inverosimili pistolettoni, questo onde garantire alla posterit� una luce in quelle zone di dubbio che sempre adombrato i dogmi di tutte le fedi.
Ma in verit� anche il dottor Quartarella partecipava con un'altra cordatina di canapina alla corsa alla robba. La gran dama le doveva  molto in termini di assistenza sanitaria. Tutta la vita infatti il  medico l'aveva assistita e ne aveva garantito una perfetta salute. La gran dama infatti decedeva, sempre a detta del dottor Quartarella, per troppa salute. Questi non si rendeva conto di dire qualcosa di poco chiaro, ma tutto era sempre stato
avvolto nel chiaro scuro: cose che sembravano e non erano, o che erano e non sembravano, avevano sempre caratterizzata la vita all'interno del palazzo patrizio.
Ma Quartarella non aveva molte possibilit� perch� era molto anziano e con un cognome compromesso da un'immagine in verit� molto plebea. Cos� come poche possibilit� aveva l'ingegnere B. che alla dama aveva offerto ore di
silenziosa comunione, prima accanto alla radio e poi via via fino alla televisione! Un uomo magnifico, alto e reso pi� alto da un'incontrollabile crescita dei capelli che gli si drizzavano sulla testa come matite in un bicchiere e che oltretutto alla donna unito da un medesimo cognome che per� altro non era che un caso di perversa omonimia. Ma in una Sicilia dove l'aristocrazia e il clero avevano da sempre gestito lo strapotere di Dio e del Re, anche un'omonimia poteva venire utile. 'Ogni santo ha i suoi
devoti' predicava dal pulpito padre Balestra. E intendeva dire nel suo gergo circonvoluto che laddove l'essere mancava,  anche il sembrare poteva dire la sua, magari alla periferia delle cose.  Ma poi il reverendopredicatore aveva l'abilit� di voler dire tante cose anche di senso opposto con la stessa frase. Quella sua frase che diceva sempre 'Dove manca Dio provvede' voleva davvero dire che laddove qualcuno aveva bisogno, Dio arrivava sempre con la sua carit�? o voleva dire piuttosto che quando qualcuno si faceva troppo avanti c'era sempre il 'buon' Dio che poteva toglierlo di mezzo? In quel caso la parola 'manca' doveva venire interpretata come mancanza. E in quel particolare sermone la mafioseria del
frate apparve evidente, ma la mafia sull'isola era anche allora il terzo potere.
Ma l'ingegnere B non aveva alcuna chance proprio per quella sua omonimia che non lo rendeva affatto un lontano parente ma un infido nemico prossimo. La dama gli  diceva sempre per prenderlo in giro, "Non bisogna confondere il vino con l'aceto caro ingegnere..." Ma questi no poteva certo capire  acosa la battuta faceva riferimento e avrebbe dovuto invece poich� in
Sicilia si pensa  sempre alla
robba.

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