NOODLE e SICILIA

Premessa: la storia si svolge su due diversi livelli di tempo.

Peppinello era finalmente divenuto un uomo. Dopo molto penare era infatti riuscito a trovarsi un lavoro. Storpio e magro; troppo magro, i suoi vestiti sembravano sostenuti pi� dall'anima che dalle ossa; la sua testa pareva spuntare fuori da una forma incerta di ossa da dove osservava il mondo con gli occhi stupefatti di un ragazzetto siciliano che sa per istinto che avere paura � molto pi� logico che essere coraggiosi. Ma era vivace, intelligente, gli occhi erano cos� vivi che erano in grado di trattenere quelli dei suoi interlocutori al di sopra della deformazione che aveva alla gamba sinistra.

Lo conoscevo per via di suo padre. Il padre si chiamava Turidddu ma tutti lo chiamavano Turi che era il nome giusto per un massaro; quasi tutti i massari si chiamavano Turi. E' la versione dialettale di Salvatore e questo era un nome troppo importante per venire usato in modo casuale poich� Salvatore era anche il nome di Ges� Cristo. Non lo avevo mai visto senza la coppola nera che era cos� parte della sua testa da sembrarne una soffice protesi. Turi faceva il formaggio e comprava il latte delle mie mucche. Solevo vederlo tutte le sere insieme a Peppinello: veniva a trovarmi e prelevava il latte dalla stalla. Sua moglie lo aiutava a preparare il quaglio e l'intera famigliola viveva di quel commercio. Peppinello era il loro unico figlio. Era raro che in Sicilia una famiglia fosse composta da un unico figlio, cos� raro che era come non aver figli. Ma era cos� e non stava certo a me indagare sulle ragioni di un legato cos� frugale. Sebbene Turi non si mostrasse mai espansivo nei riguardi del figlio--non lo vidi mai tenerlo per mano o giocare con lui, o semplicemente dirgli: 'Vieni da pap�'-- potevo senz'altro dire che lo amasse in quella forma silente di amore con la quale i siciliani incidono i sentimenti.

Don Turi era pi� alto della media, scarno, un volto segnato da due rughe simili a punti interrogativi. Una faccia particolare. La si sarebbe potuta prendere per la faccia di un idolo: pietra impenetrabile. Non lo vidi mai ridere .Geloso delle proprie parole al punto che, dopo avere espresso la pi� concisa forma di saluto, bloccava il viso in un'espressione che rendeva ancora pi� incise quelle sue rughe: appunto i due punti interrogativi.

Conosceva l'inglese e lo parlava con l'accento degli waps perch� da giovane era stato in America. Non vi era parola che non conoscesse e che non pronunciasse in quello sconcio modo dei waps. Ogni parola era una sorta di finesta che apriva sull'America, un'America con la quale non ero familiare e che egli stesso preferiva dimenticare. Ogni volta che passava dalla mia casa e mi vedeva solo mi chiedeva se volessi giocare una partita a scacchi. Gli avevo insegnato il gioco e mi vinceva sempre. Aveva una tecnica studiata e formulava i suoi attacchi molto prima di metterli in azione.

Ci vedevamo spesso, ma la nostra conversazione non andava mai oltre quel nostro piccolo commercio--latte contro formaggio--qualche mossa di scacchi, occasionalmente parlavamo del tempo. In effetti il nostro colloquio era limitato al saluto 'Salute don Turi' al quale egli invariabilmente rispondeva con un 'Voscenza Benedica': una forma arcaica che certuni sull'isola usavano ancora.

Un giorno, mentre stava studiando il modo di evitare un 'matto' che ritenevo micidiale, gli chiesi: -Don Turi, giocate bene. A cosa giocavate in America?-

Fece la sua mossa e mi osserv� con quei suoi occhi che sembravano fatti pi� per osservare le cose lontane che quelle vicine, occhi che vedevano al di l� della mia persona, della mia casa. -In America non giocavo,- mi rispose. -Voscenza pu� giocare.-

Non essendo mai stato io stesso un gran parlatore ci� che amavo di pi� della sua compagnia era proprio quella sua discrezione. Solo una volta lo avevo visto sorridere: una forma di straripatura delle labbra che mandarono quelle sue rughe fuori sesto. Ci� accadde appunto quando suo figlio Peppinello aveva trovato lavoro presso una locale stazione di servizio. L'unica stazione di carburante sulla strada principale in un punto dove altre strade si raccordavano.

-Sono felice per voi e vostro figlio. Facciamo un brindisi,- proposi. C'era anche sua moglie. Fu quel giorno che la conobbi; una donna minuta, con un volto intenso racchiuso da due ali di capelli neri congiunti puntualmente dietro la nuca. Erano cos� spessi quei suoi capelli da far credere che il suo volto spiasse da dietro una tenda. Lo stesso viso di Peppinello, gli stessi tratti dolci, la stessa paura, la stessa circospezione. Lei prese atto della mia presenza con un segno del capo e per tutto il tempo rest� ad osservare senza mai dire una parola. Io d'altra parte era abituato alla contenuta compostezza di quelle donne e il suo silenzio non mi sorprese. Chiamai Diane, i miei figli, il giardiniere e tutti insieme facemmo un brindisi a Peppinello e a quel suo nuovo lavoro.

Fu subito dopo il brindisi che Peppinello arriv�, zoppicando, ma con gli occhi puntati sui miei e su quanti erano presenti.

-Allora, Peppinello, sei entrato nel mondo del petrolio,- dissi. -Chiss� dove un ragazzo intelligente come te potrebbe mai arrivare.- Egli sorrise e accett� il vino. I miei figli erano ancora felici con la Coca Cola.

Dopo il brindisi ci sedemmo per il nostro solito gioco di scacchi che era un po il modo con cui si riusciva a sopportare la solitudine del posto. Mi riferisco alla vecchia villa dove mi recavo per scrivere i miei libri che a loro volta erano una scusa per rivivere eventi che la realt� si era trascinati via troppo in fretta. Vivevo la solitudine dell'isola suddividendo il tempo come un pesce in un un vaso di vetro. Continuava a procedere verso appuntamenti che il destino continuava a spostare in avanti. Ma non lo sapevo, proprio come un pesce in un vaso di vetro che non sa che il termine del suo viaggio � solo un cerchio. Ma a mio modo mi ero sintonizzato sul ritmo dell�isola. Tutti gli scrittori dovrebbero vivere su isole, in verit� tutti gli scrittori dovrebbero vivere in Sicilia.


Una sera Peppinello venne trovato morto, ucciso da cinque colpi di pistola nella cabina dove aspettava le macchine che venivano a fare rifornimento. Venne trovato da un suo amico che si era fermato per un po di miscela. Il caso fece scalpore. La polizia interrog� tutti, controll� le armi di tutti. Il procuratore venne personalmente da Palermo. Palermo si trovava all'altra estremit� dell'isola, a circa trecento chilometri di distanza. Ma l'alto funzionario venne per portare l'attenzione de l'intero paese su questo crimine efferrato che dopo tutto non era un fatto isolato, ma un altro anello di quella catena di delitti che continuavano ad umiliare l'isola sin da quando Dio aveva deciso di darla agli uomini. Ma mai fino ad allora era stato ucciso un ragazzetto di quell'et�.

Si trattava davvero di un caso enigmatico perch� nessuno riusciva neanche ad intravederlo un motivo appena plausibile dietro ad esso. L'omicida, o gli omicidi, avevano s� rubato il denaro, ma dopo avere controllato i contatori delle pompe fu subito chiaro che doveva essere stato assai scarso. E inoltre Peppinello era cos� fragile, deforme per giunta, che se fosse stato per derubarlo non avrebbero certo dovuto ricorrere alle armi. Dopo il delitto il criminale aveva preso per i campi lungo la strada dove aveva peraltro perso anche quello stesso scarso bottino. Qualcuno pens� a una vendetta, ma ad onor del vero don Turi e la moglie non erano persone che potevano avere nemici. Erano tornati dall'America circa venti anni prima e a nessuno venne in mente che un crimine cos� crudele potesse essere connesso ad un tempo cos� remoto. Nessuno pot� suggerire una spiegazione: logica e fantasia si fusero ben presto in quella solita soluzione fatalistica nella quale pi� o meno tutti i crimini finivano. Cos� assimilato era il crimine nella cultura dell'isola che la gente preferiva non parlarne pi� dello stretto necessario e anche la morte di Peppinello non rest� al centro dell'attenzione che per pochi giorni. Dopo tutto sempre nuovi fatti di sangue venivano a monopolizzare le prime pagine dei giornali, altrettanti motivi che invitavano le persone ad occuparsi dei fatti propri.

Il giorno del funerale io e mia moglie seguimmo il feretro portato a spalla da alcuni amici di Peppinello. Non ne aveva molti. La moglie di don Turi aveva la faccia nascosta da uno velo sicch� nessuno pot� vedere se piangesse. Don Turi era la maschera di sempre. La curiosa morbosit� degli isolani cerc� di carpire a quel volto il motivo, se c'era, di quella tragedia, ma i suoi occhi restarono fissi su qualcosa d'invisibile, nascosto forse nel suo passato, di certo al di l� del perimetro della bara.

La sua casa era a meno di duecentocinquanta metri dalla mia e dopo la cerimonia Diana ed io accompagnammo Turi e sua moglie. Io e Turi non avevmo mai parlato molto e cos� non mi sorprese che quel breve percorso in auto venisse coperto dal solito silenzio di cui si nutriva la nostra amicizia.

Appena arrivammo la moglie si precipit� in casa sempre nascosta da quel suo velo.

-Va a casa,- dissi a Diana. -Io verr� a piedi.- Quella mia moglie americana viveva in uno stato di perenne shock per via dei continui crimini che insanguinavano la sua bella isola. La Sicilia era per lei 'L'Isola Nel Sole.'

Io restai l�, sorpreso nel vedere don Turi intento a inchiodare un velo nero sul porta di casa, com'era nell'uso locale per commemorare i morti di famiglia.

Lo raggiunsi mentre stava piantando l'ultimo chiodo. Da quando suo figlio era morto non avevamo avuto la possibilit� di scambiare nemmeno una parola.

-Don Turi?-

-Voscenza?- Mi fu subito chiaro che rispondeva in virt� di una forma di cortesia.

-Ma come � potuta accadere una cosa simile?-

Questa volta non mi rispose, n� io mi aspettavo che lo facesse.

-Il denaro ritrovato nei campi....Pu� essere mai possibile che per una quantit� di denaro cos� esigua, la maggior parte della quale � andata anche perduta....- Parlavo tanto per dire qualcosa, ma non mi ascoltava. Probabilmente considerava quanto andavo dicendo assolutamente privo di senso. -Il procuratore � un mio amico e mi ha fatto capire di avere dei sospetti. Prima o poi lo acchiapperanno quell'assassino.- Continuavo nel mio parlottio. Non era nulla di pi�. Non sapevo nench'io cosa andavo dicendo. Lo seguivo. Egli era ora nel suo riposto e lo osservavo mentre trafficava con i suoi arnesi, come se cercasse qualcosa.

-La polizia conosce tutti....come hanno potuto uccidere un povero ragazzo a quel modo. Lo prenderanno quell'animale prima o poi.-

Egli emise un lungo sospiro, un'indicazione che la sua sopportazione era al limite. Lo avevo di fronte mentre usciva dal riposto con qualcosa in mano. Mi guard� per un istante ma non credo che mi vedesse. Immobile cercava qualcosa oltre le mie spalle. Mi spostai e continuai a seguirlo.

Aveva in mano un coltello e lo vidi recarsi verso una pianta di fichidindia sull'angolo del cortile. La studi� per un istante e con un colpo deciso ne tagli� una pala.

Ormai ero convinto che il silenzio fosse la migliore forma di dialogo fra noi, cos� lo continuai ad osservare senza capire cosa stesse facendo. Non capivo come gli riuscisse di fare qualunque cosa in circostanze simili. Lo vidi mentre riattraversava il cortile con la foglia spinosa. Si ferm� in un punto protetto dal muro di cinta e prese a scavare con il coltello fino a quando fece un buco profondo abbastanza per piantarvi la foglia. Poi ferm� la terra pestandola coi piedi di modo che la foglia restasse diritta.

Mi stava di fronte, i suoi occhi come se mi vedessero per la prima volta. Disse: -Quando questa pianta dar� il suo primo frutto la polizia non dovr� pi� occuparsi di cercare l'assassino di mio figlio. Salute a Voscenza.- Ripul� il coltello e si asciug� il sudore sulla fronte.




-Questo pu� andare,- si disse l'uomo. Appena un pensiero veloce che le labbra non riuscirono a tramutare in parole. Stava esplorando la strada sulla quale un vecchio stava avanzando, ancora una forma incerta che seguiva l�inclinazione di un bastone. "A giudicare da qui non dovrebbe avere meno di novantanni. Chiss� da dove vieni? ma sono certo che sei diretto all'ospizio in fondo alla strada. Come mai sei ancora fuori a quest'ora? Non c'� neanche un bar da queste parti e se ci fosse non ti farebbero entrare. Gli anni ti hanno ubriacato. Sbrigati, vieni avanti." L'uomo spense la sigaretta e rimase a tener d'occhio la strada. Era nascosto dietro ad un portone pesante d'intarsi in un palazzo barocco come ve n'erano tanti a Palermo: fierezza ormai spenta di una grande citt�. Era autunno avanzato e aveva piovuto: un forte odore imputridito di gelsomino lo aveva perseguitato fin da quando era partito da casa. Ad ogni fermata del treno l'odore del gelsomino sembrava stare in attesa, un odore che veniva dal ventre dell'isola, che gli ricordava sempre l'isola. Un odore che aveva sempre evocato un desiderio di evasione. Ma non c'era modo di fuggire. Si poteva fuggire dall�isola, ma non all�isola. Prima o poi i suoi tentacoli raggiungevano chiunque. La Trinacria, il buffone dalle tre gambe tatuato all'interno del suo braccio. I siciliani non potevano mai fuggire dall'isola. Cosa sarebbe stata la sua vita se non fosse nato sull'isola? Con che diritto una terra poteva restare cos� avvinghiata ai propri figli? Radici come catene. Si chiese se il vecchio che continuava ad avanzare avesse mai avuto simili pensieri. Probabilmente aveva pensato le stesse identiche cose ed ora si accingeva a morire senza avere trovata alcuna risposta. Perch� non vi erano risposte. Chi nasceva sull'isola doveva portarsela dietro fino alla fine. Fra pochi attimi quel vecchio sarebbe morto. Forse per il solo fatto di essere siciliano.

"Ricordati, figlio, tu sei siciliano." L'uomo nascosto dietro al portone sorrise come gli accadeva sempre quando si ricordava le cose che gli erano state dette da suo padre. Non aveva mai capito cosa suo padre avesse veramente voluto dirgli. "Ricordati, figlio, tu sei siciliano." Vi era stato un tempo in cui era andato fiero delle sue origini: poi lo avevano impaurito ed aveva appreso a starsene con la bocca chiusa. Preferiva non pensare alla sua vita. Questa poteva essere cos� ingombrante anche se solo nei ricordi. Tutto quello che egli riusciva a vedere di s� era sempre l'immagine di un uomo in fuga. Sempre un uomo in fuga. Perch�? Per quale ragione? Non gli era mai riuscito d'identificare la ragione dietro alla ragione. Nato con l�idea di fuggire. Forse solo per via del fatto che era nato in Sicilia. Probabilmente.

Via via che il vecchio si avvicinava egli poteva udire il bastone che colpiva l'asfalto. Pass� un'auto e per un istante la figura traballante rest� inquadrata nel fascio dei fari. Una ruota centr� una pozzanghera e il vecchio venne investito dagli spruzzi, ma sembr� non avvedersene: nulla sembrava potesse sorprenderlo. Non si asciug� nemmeno il viso.

L'uomo dietro al portone avvert� qualcosa di soffice sostargli fra i piedi. Si spavent� ma non si mosse. Una volta superato l'elemento sorpresa, anche lo spavento diveniva solo una cosa come le altre. Di nuovo sent� qualcosa di soffice e caldo, questa volta accompagnato da un miagolio e da fusa sommesse.

"Che strano," pens�. "Anche quel giorno c'era un gatto. Sei lo stesso gatto?"

Dopo la pioggia l'odore di gelsomino sembrava pi� forte che mai.
Le farfalle del Brooklyn Market


Era duro allora. Sopravvivere significava accettare le cose come stavano. In effetti significava soprattutto quanto potevi ingoiare. Se il dieci per cento a Joe Ritorno era sembrato duro a pagarsi, il trenta per cento a suo fratello sembr� intollerabile. E se ci� non bastava eri anche costretto a comprare la merce dalla famiglia Ritorno che la vendeva al dettaglio mentre per tenerti un margine per campare avrebbe dovuto vendertela all'ingrosso. Era una catena. Una volta che ne eri divenuto un anello non c'era pi� modo di staccarsene. E come se ci� non bastava c'erano anche quelli che venivano al mercato e non potevano pagare perch� erano pi� poveri di te e l'unica cosa che avevano era un pezzo di matita con la quale scrivevano il loro nome sul blocchetto dei foglietti. Questi erano una sorta di antenati delle cambiali: Gerace 30 $; Gennaro 22$; Barone 41$ ecc. ecc. Da una parte avevi il libretto rosso dei Ritorno, dall'altra una pila di foglietti che ti veniva promesso del denaro in pagamento di qualche chilo di formaggio. Quei foglietti erano chiamati 'farfalle'. Le 'farfalle' prosperavano al Brooklyn Market. Sembrava avessero trovato il loro habitat ideale. Ogni volta che vedevi una donna con un bimbo in braccio sapevi che presto un'altra 'farfalla' si sarebbe poggiata sul tuo banco. Non potevi dire no. Spesso erano le mogli degli amici. Ma molte volte erano le vedove degli amci. Una donna abbandonata dal marito era anch'essa considerata una vedova. Accadeva frequente, anche fra i siciliani, perch� costruirsi una famiglia era quasi impossibile: gli uomini spesso sparivano per ragioni connesse alla miseria, lasciandosi dietro le solite storie di giovani mamme abbandonate. I siciliani erano sempre stati fieri dell'onore delle loro donne. Ma non vi era molto onore al Brooklyn Market. L'onore anche allora non riusciva troppo ad intendersela con la miseria.

Egli vendeva formaggio. Se lo faceva da s�, la sera, nel sottoscala del building dove viveva. Il latte non era fresco come quello in Sicilia e il quaglio non era come quello che aveva visto usare ai suoi genitori in Sicilia e inoltre non c'era il tempo per farlo fermentare al modo giusto. Ogni mattina doveva portare le forme al mercato, che fossero pronte o meno. Un'altra ragione per portarsele via era che il sottoscala era infestato dai topi. Topi, 'farfalle' e formicacce fameliche portavano la testimonianza del mondo animale in quei primi anni in America.


Tutti lo consideravano fortunato per avere avuto in concessione un banco dove vendere il formaggio perch� il formaggio era un genere molto richiesto. Quello che aveva avuto quel banco prima di lui, per via di una lite con uno dei luogotenenti dei Ritorno, ora vendeva pasticcini nella parte 'guasta' del mercato dove non andava nessuno. C'era da dire che quel tipo non sapeva fare i pasticcini e inoltre nessuno comprava pasticcini a quei tempi.

Egli aveva avuto quel banco perch� era bravo a fare il formaggio e la gente faceva quel che poteva pur di comprarne almeno un pezzo. Se non fosse stato bravo a fare il formaggio non avrebbe avuto quel banco e probabilmente avrebbe dovuto fare qualche altra cosa. E probabilmente sarebbe stato meglio. Spesso pens� cos�.





Ora il vecchio stava passando sotto l'ombrello di luce del lampione. A soli pochi metri. L'uomo poteva vederne il viso che era quello di una vecchia tartaruga, macchiato come un carapace; la rughe anch'esse slabbrate non riuscivano pi� a trattenere la pelle cedevole; i denti come quelli di un rugginoso meccanismo medievale: radi, color ruggine. Tutto nel vecchio convergeva verso la fine, molte fini che andavano a riunirsi in una. Sondava la strada con il bastone prima di avanzare. Forse era cieco. Ma il bastone non era bianco. Forse gli occhi si rifiutavano di continuare a vedere. Era andato troppo avanti nella vita e ormai ogni traccia di dignit� era sparita. Sapeva di essere inutile ma dal momento che respirava voleva dire che era ancora vivo, anche se non lo credeva pi�.

L'uomo dietro il portone non provava alcuna emozione, tanto meno vergogna. Doveva fare quello che si era preposto di fare e lo avrebbe fatto. Non c'erano scelte: aveva di nuovo raggiunto un crocevia. L'unica cosa che lo seccava era che egli non aveva niente contro il vecchio che sempre di pi� gli sembrava una tartaruga. D'altra parte essere un siciliano voleva dire essere sempre nella situazione di dovere regolare i conti con un altro siciliano. Sempre lui o te.

Ora il vecchio si ferm� di nuovo: questa volta se lo tir� fuori e si mise a pisciare in una pozza davanti ai piedi. Egli pot� sentire lo schizzo che raggiungeva la pozza. Sarebbe potuto uscire da dietro il portone e sparagli l�, mentre si faceva quell'ultima pisciata, quell'ultima forma di felicit�. Forse.

Il vecchio riprese a camminare ed ora era appena ad un metro. Egli si limit� ad alzare il braccio e mir� al cuore sicch� per un secondo i due uomini si guardarono in viso senza capire: entrambi senza capire.

Il vecchio cadde come un cappotto da una stampella. Non sussult�. Ora giaceva sull'asfalto bagnato.

Mentre riponeva il revolver dentro la cintura sent� di nuovo il gatto passargli sui piedi e gettarsi sul corpo in terra che aveva preso la forma di un punto interrogativo.

"Che strano," egli pens�. "Quasi tutti quelli che cadono sulla strada prendono la forma di un punto interrogativo. Proprio come quando vengono al mondo." S'incammin� verso Palermo. Il cielo era tempestato da stelle che non conoscevano stagioni.




Si trovava ora sul treno che da Palermo andava Trapani, una citt� dove era gi� stato ma che non ricordava pi�. Dal momento che il suo piano prevedeva di dover mettere una certa distanza in termini di tempo e spazio fra un lavoro e l'altro, aveva scelto di andare a Trapani. Si sarebbe probabilmente imbattuto in un altro vecchio con la rabbia negli occhi, in altro vecchio che credeva che la morte si fosse ormai dimenticata di lui.

Voleva che le sue vittime fossero dei vecchi perch� era convinto che i vecchi dovessero sbrigarsi a far posto ai giovani. La terra aveva bisogno di forze giovani, lo vedeva tutti i giorni. I vecchi erano zavorra. Certo non avrebbe dovuto recarsi a Trapani per questo: l'isola era piena di vecchi, la gente diventava molto vecchia sull'isola. Ma lo aveva deciso per vedere se riusciva a ritrovare un anello del passato che lo avesse ricongiunto al giorno in cui aveva visto suo padre per l'ultima volta. Di questi conservava un'immagine vivida e voleva ritornare nella cornice che da ultima aveva contenuto quell'immagine: Trapani, il porto, la nave!

Era ancora presto ma il giorno gi� mostrava tutti i segni dell'estate: la luce e il caldo esplodevano assieme. Cos� come esplosiva era la vegetazione: una lussuria invadente. E i colori, pressati fra loro in una lotta per sopraffarsi, ognuno intento lanciare il suo richiamo agli insetti impazziti: gli ultimi connubi dovevano avere luogo, non c'era ormai tempo da perdere! l'estate se pur lunghissima stava volgendo alla fine..... L'isola come un'immensa industria della riproduzione.

Il treno arrancava, sollecitava spasmi che si ripercuotevano sui lombi: ad ogni curva fischiava disperato. Perch� doveva suonare a quel modo? Quando entrava in quelle lunghe gallerie che intagliavano i promontori, egli si doveva alzare e chiudere il finestrino perch� il fumo non invadesse lo scompartimento. Poi, una volta che il treno aveva doppiato il tunnel, si rialzava e riapriva il finestrino, questa volta per lasciare entrare un po d'aria.

Una donna sal� ad una delle frequenti fermate. Gli uomini erano ormai quasi tutti scesi; il treno era semivuoto. Egli la osserv� mentre questa prendeva posto nell'opposto angolo dello scompartimento. Una situazione ideale: la sua vittima non doveva essere uomo o donna, non faceva differenza.

"No," si disse. "Troppo giovane. Morirebbe convinta che la vita � una cosa magnifica condensata fra le gambe." Sull'isola la vita delle donne cominciava e finiva fra le gambe. Era l� che una donna produceva ci� che desiderava di produrre e ci� che gli uomini aspettavano che producesse. "Ma a me cosa importa?" Solo pensieri balzani che non poteva evitare.

Not� che la donna aveva con s� un canestro di fichi.

-Posso?- chiese.

La donna sospinse verso di lui il cesto con la punta del piede.

-Grazie,- disse mentre si prendeva un fico. La donna non era imbarazzata di parlare con lui. Le donne non erano imbarazzate di parlare agli uomini a patto che fossero isolani. Che conoscessero le regole.

-Sono per i vostri figli?-

-S�,- gli rispose la donna.

-Quanti?-

-Due. E tu?-

L'uomo guard� fuori dal finestrino. Dal modo intenso in cui si era messo ad osservare fuori la donna cap� che non era il caso di insistere. Gli isolavano si capivano, erano tutti sintonizzati sulle stesse lunghezze. Il Monte Erice proiettava la sua ombra compatta, il treno vi s'infilava dentro come in un improvviso ventre materno. Le palme si accostavano al treno in quel loro modo indolente, il treno penetravatutto in un modo vigoroso, le foglie protese non riuscivano nemmeno a lambire i finestrini. Solo i rampicanti che che si allungavano dagli eucalyptus riuscivano a tanto: ibride saette spinose che il vento faceva impennare in sottili spirali che potevano afferrare qualunque cosa giungesse a tiro.




Noodle e Sicilia


Alla fine non aveva avuto alternative. Non era stata colpa sua: l'unica cosa di cui si sarebbe sempre sentito responsabile era di non avere ammesso con Maria Impallomeni di non sapere guidare il camion. Non ne aveva avuto il coraggio.... era gi� strano che un ragazzetto sapesse fare il formaggio che era considerato un lavoro che facevano le donne. Era quindi stato comprensibile che si fosse sentito imbarazzato per non sapere guidare, quando l� tutti i ragazzi sapevano guidare ogni tipo di veicolo.

Egli l'amava e non poteva credere che anche lei l'amasse. Ella si prendeva sempre gioco di lui. Lo considerava un campagnolo, perlomeno glielo diceva sempre, gli diceva che aveva ancora la terra nelle orecchie..... Lo chiamava Sicilia e ogni volta rideva. Egli la chiamava Noodle (pasta, spaghetti). Ma tutti la chiamavano Noodle al Brooklyn Market perch� gestiva il banco della pasta. La cosa la lasciava indifferente. Per lui invece sentirsi chiamare Sicilia era diverso. Poi non capiva cosa ci fosse tanto da ridere. Erano tutti siciliani l�. Ma per una qualche ragione pensavano che egli fosse pi� siciliano degli altri. Forse perch� era stato uno degli ultimi ad arrivare. Il grasso Tommy Dorsino, l'esperto in tatuaggi, gli aveva inciso la Trinacria all'interno del braccio. A quell'epoca si sentiva fiero di essere siciliano.

-Perch� mi chiami Sicilia? Non sei anche tu siciliana?-

Noodle se la rideva. Era anche lei siciliana, ma era nata in America e faceva una grande differenza: lei era nata fra le macchine e sapeva che se lo avesse voluto sarebbe stata in grado di guidare anche un camion. Glielo diceva spesso. In realt� non le piacevano n� le macchine, n� i camions. Da quando le avevano ucciso il padre aveva paura di tutto ci� che fosse nero, come le macchine e le armi di quell'epoca. Ma il modo in cui lui prendeva le cose tanto sul serio la divertiva. Sembrava uno a cui fosse stato detto: "Ehi, giovanotto, ricordati che la vita � una cosa seria," e queste parole dovevano avere avuto un forte impatto perch� sembrava che non sapesse mai divertirsi e nemmeno ridere.

Lei aveva fatta una cerbottana e la riempiva con uno spaghetto e glielo tirava mentre era occupato a vendere il formaggio. Lo spaghetto filava davanti al naso del grasso Tommy Dorsino che vendeva l'olio e spesso lo colpiva sul naso o sulle braccia o restava conficcato in un formaggio.

-Spara, spara e stasera mi far� una spaghettata,- egli le diceva con quel suo spirito grezzo. A volte le capitava di colpire Tommy Dorsino. Un buon ragazzo Tommy Dorsino. Passava il tempo seduto davanti al suo banco facendosi roteare i pollici sulla pancia.

Se allora fosse stato sicuro che anche lei l'amava non avrebbe avuto ragione di esserne cos� geloso. O forse lo sarebbe stato lo stesso perch� era cos� che era fatto. Non trovava nulla di strano nell'essere geloso di lei e lei non avrebbe dovuto tormentarlo con quei tiri di spaghetti.

Un'altra cosa di cui si sentiva responsabile era il fatto di non averle creduto quando alla fine Noodle gli aveva detto che anche lei lo amava. Ma era cos� timido e si sentiva ancora cos� spaesato in quel posto dove chiunque riuscisse a mettere insieme due parole d'inglese si sentiva gi� americano. "Io sono americano adesso" era la frase che fioriva sulle labbre di quanti riuscivano a dire due tre parole in inglese! Lei parlava l'inglese e non avrebbe dovuto chiamarlo Sicilia. Egli glielo spieg� spesso, ma pi� tardi, quando tante e tante volte avrebbero riparlato di quel periodo.




Il treno era ormai giunto a Trapani, la citt� da sempre umiliata dal fatto di essere vicina a Palermo. Egli discese con calma. Non aveva bagaglio n� aveva fretta. Era un'altra cosa che aveva imparato: non avere mai fretta, i fatti avevano il loro tempo.

La citt� gli parve del tutto estranea. Ma era certo che avrebbe riconosciuto la stazione: anche trentanni prima era giunto in treno. Tuttavia le strade erano uguali al resto delle strade nelle altre citt� sull'isola, maltenute, percorse da odori che scorrevano su e gi� all'inseguimento dell'odori pi� forti, odori e profumi, due cose diverse. Il profumo del gelsomino restava incontaminato.

Segu� un cartello che indicava il porto. Era certo che avrebbe riconosciuto il porto.

Quando lo raggiunse era vuoto, deserto, la banchina spazzata dalle onde.

Nulla era ormai familiare. Nemmeno gli edifici dove aveva visto tanta gente aspettare. Aspettare, aspettare. Una forma di tempo che sfuggiva ad ogni previsione, ad ogni orologio.

Si ricord� della moltitudine di gente che bivaccava accanto al proprio bagaglio, per norma valigie in fibra fermate con lo spago. Improvvisamente ne vide i volti. Quanti ne rivide di colpo! Di giovani, di vecchi, di mamme, di padri, di fratelli. Tirati, infreddoliti, impauriti, silenziosi. Volti di chi restava e di chi partiva, assolutamente identici, il dramma di partire uguale a quello di dover restare.

Sent� la mano di suo padre passargli fra i capelli. - Starai bene. Mia sorella si prender� cura di te. Poi ti raggiunger�.- Ma egli aveva sempre saputo che suo padre non lo avrebbe raggiunto. Tutto era accaduto cos� all'improvviso. Quando pensava alla sua famiglia una visione mediterranea si ricomponeva ai suoi occhi: una tavola lunga sotto ad un pergolato assieme ai suoi genitori, ai suoi fratelli. Il vino, la larga zuppiera di pasta, l'improvvisa tormenta di odori e di sapori: le risate, le grida, la rumorosa esperienza di un crescere assieme mentre la famiglia si consolidava. Poi, per delle ragioni che non pot� mai scoprire, tutti i fratelli, uno dopo l'altro, partirono per l'Australia. Via via che partivano la tavola diveniva pi� lunga, nel senso che sembrava pi� lunga per essere pi� vuota..

Poi sua madre mor�. E quando questo avvenne la tavola divenne lunghissima. Egli sedeva accanto a suo padre, si guardavano negli occhi senza sapersi dire nulla. Suo padre era improvvisamente divenuto bianco, vecchio. Egli era ancora troppo piccolo per raggiungere i suoi fratelli. -Sei troppo giovane. Non ce l'hanno fatta ancora. E poi l'Australia � troppo lontana.- Ogni sera, a cena, suo padre parlava di questo. Poi all'improvviso suo padre decise di mandarlo in America. -Mia sorella si prender� cura di te. Ti amer� come fossi suo figlio. Lei non ha mai avuto figli.- E fu cos� che fin� in America, per via di una vecchia donna che non aveva avuto figli. Egli avrebbe preferito andare in Australia, ma non era scritto. Un biglietto per l'Australia, un biglietto per l'America, in fondo quale sarebbe stata la differenza? America, Australia, nomi che suonavano quasi uguali.

Si rivide seduto su una di quelle panchine di cemento assieme a suo padre. L�, su quella banchina terribilmente fredda; i baffi di suo padre ammorbiditi dalla pressione di lacrime nascoste, entrambi ansiosi di doversi presto dire qualcosa che stava davanti a loro come una maledizione: ed era solo la parola arrivederci. Tante e tante volte si erano scambiati quella parola nel corso degli anni trascorsi assieme, una parola che si erano gettati l'un l'altro a caso, che era sempre sembrata leggera e che ora all'improvviso appariva tagliente al punto da sembrare una lama che ballava fra le labbra. E intanto le chiamate della grande nave che divenivano via via pi� perentorie. Poi venne annunciato l'ultimo avviso della sirena. Piet�, nessuna. La folla sussult�, moltissimi presero a salire a bordo lungo una passerella che li assimilava come un telaio che trasformava la canapa in fili. Poi, dopo la separazione, il grande torneo dei fazzoletti: ondeggiarono, urlarono, promisero, sparirono. Dopo fu tutto finito, l'isola improvvisamente divenne il passato. Il futuro era l'America. Tutto questo era accaduto l� sotto i suoi piedi. Nel frattempo aveva riconosciuta la panchina fra le panchina. Trentanni se ne erano andati ma la scena gli stava di fronte come un'intimazione della memoria. Si avvide che le immagini lo investivano, ma non nel loro ordine cronologico, ma nel loro ordine d'importanza. Ordine cronologico, ordine d'importanza, il tempo appiattiva tutto. Alla fine s'imparava a vivere con le loro cicatrici.

All'improvviso ebbe fame e trov� una trattoria chiamata Il Cane Morto. Rest� un istante perplesso per via di quel nome ma entr� e prese posto ad un tavolo.

-Che strano nome avete dato al vostro posto,-

L'ostessa era giovane, forte e poco pulita, ma aveva un sorriso aperto, l'unico elemento invitante del posto per il resto molto scarno. Era ancora presto ed egli era l'unico avventore.

-Quando mia madre apr� questo posto il suo cane mor�.-

-Fu per caso il vostro cane il vostro primo cliente?- chiese quasi inavvertitamente. Poi se ne pent� e cerc� di rimediare: -Dare a un ristorante il nome del proprio cane.... Come si chiamava?-

-Ma che c'avete?- Il sorriso era sparito dalle labbra della donna. -Oggi ho spaghetti e triglie.- Poi aggiunse: -Vi consiglio spaghetti e triglie.- Sembrava nervosa. Egli si rese conto che non c'era pi� modo di rimediare per ci� che aveva detto circa il nome del posto. Fece un cenno di assenso.

Dopo tutto la donna aveva ragione, cosa gli era mai venuto in mente di chiedere il nome di un cane morto? In Sicilia nessuno chiedeva mai cose superflue. Domande superflue facevano ricordare chi le aveva poste e non era igienico venire ricordati. "Devi sempre fare di tutto per passare inosservato." Un altro dei consigli che suo padre gli aveva dato. Ma non ci poteva fare niente, era sempre stato maledettamente curioso.

-Rosso? Bianco?-

-Rosso,- egli rispose e con questo il dialogo con l'ostessa fin�. Attese che la donna finisse di preparare la tovola per rimuovere il revolver da un angolo all'atro sotto alla cintura: da quando si era seduto non aveva fatto che premergli sull'inguine.

Il contatto con l'arma lo riport� al suo piano. Un killer doveva sempre tenere il suo piano in mente, un piano non era mai abbastanza perfetto poich� era comunque dipendente dalle circostanze esterne; il pi� piccolo dettaglio poteva alterarlo. Ma fino a quel momento tutto aveva funzionato come da manuale. "Uno, due....tre" si disse battendo con le dita sulla tavola. Ma prima di arrivare al numero tre doveva ancora passare attraverso il numero due. Il numero uno l'aveva sistemato. Il due sarebbe seguito dappresso. Egli non aveva avuta alcuna ragione di uccidere il numero uno, n� per uccidere il numero due. Non sapeva nemmeno chi fossero. Doveva solo far fuori il numero tre. Continuava a perfezionare il piano. Un carosello di dettagli che avrebbero composto la creazione di un rebus per la polizia..

-Scusate, ma oggi non abbiamo triglie. Abbiamo solo cozze con gli spaghetti,- disse la donna portandogli il mangiare. Cos� preso dai suoi pensieri egli non ci fece caso.

-Signora?-

-S�?-

-Mi avete detto che oggi c'erano triglie e spaghetti. Ma non vedo nessuna triglia qui. Lei la vede?-

-Ho appena finito di dirle che oggi non abbiamo triglie. Abbiamo le cozze invece. Non mi ha sentito per caso?- L'ostessa l'osserv� e pens� che fosse un po andato di testa.

Egli prefer� non insistere. Da dov'era poteva vedere il mare: si era improvvisamente calmato, piatto come quel giorno in cui era partito per l'America.

"America," sussurr�.




La Sicilia come un'ambasciata del cielo.


Erano tempi duri quelli. Non appena giunse in America, la zia che si sarebbe dovuta occupare di lui come fosse un figlio, ebbe un attacco cardiaco e mor� all'ospedale dov'era stata ricoverata. I dottori dissero che il cuore della vecchia donna non avuto potuto reggere all'emozione. E con lei svan� ogni forma di aiuto. L'appartamento dove la vecchia viveva venne recuperato dal padrone di casa ma egli riusc� a trovarsi un posto in un sottoscala dove cominci� a farsi il suo formaggio. Tutto ci� che gli restava era una scatola lasciatagli dalla zia morta con le fotografie della donna di quando era stata giovane e di quando stava ancora in Sicilia. Non sapeva cosa farsene ma le alline� sopra il letto perch� quelle foto erano la sua famiglia. Vi era infatti anche una foto di suo padre vestito da Alpino. Un siciliano nel corpo degli Alpini... Tutti in famiglia avevano riso di quella fotografia che egli aveva riconosciuto perch� la stessa stava sul camino di casa: una foto a colori, di quelle colorate a mano..

In un certo senso la sua giovinezza lo salv�: era cos� giovane che tutti si sentirono un po obbligati a dargli una mano quando si avvidero quanto bravo fosse nel fare il formaggio. Gli venne data pi� di una mano d'aiuto per fargli avere dai Ritorno un banco nel Great Brooklyn Market. Tutti avrebbero voluto averlo con s�, un ragazzo ancora troppo giovane per sapere badare a se stesso, ma gi� abbastanza in gamba da avere un suo banco al mercato. Egli avvert� la cupidigia attorno alla sua persona e non volle mai lasciare il sottoscala. Oltre a fare il formaggio sapeva farsi le trappole per catturare i topi. Quante cose che suo padre gli aveva insegnato gli vennero utili. Quasi non si rese conto di quanto fosse fortunato.

Lui e Noodle Impallomeni avevano pi� o meno la stessa et� e oltre a lavorare al mercato vivevano a due passi l'uno dall'altra. La madre di Noodle lo aiut� molto soprattutto il primo anno dopo il suo arrivo: egli aveva pensato di essere in grado di badare alla propria persona, ma presto si accorse di quanti problemi insidiassero la sua vita: se era duro fare il formaggio e prepararsi le trappole per prendere i sorci, altrettanto duro era badare alla casa e tenere i vestiti puliti. Difficolt� quasi insormontabili.

Fu cos� che lui e Noodle vennero quasi a fondersi assieme. Solevano trattenere per s� stessi quell'ultima ora del giorno dopo che il mercato aveva chiuso. Facevano assieme la strada di casa ed ella gli faceva un po di compagnia mentre egli girava il latte e aspettava che il quaglio lo mutasse in formaggio. Le parlava della Sicilia e a lei piaceva ascoltare quelle sue storie. Lui le parlava in dialetto siciliano e lei gli rispondeva in inglese, una conversazione che era come un tappeto i cui fili venivano scelti a caso. Ma si capivano ogni giorno di pi�. Anche lei era di origine siciliana, ma n� sua madre, n� suo padre--quando questi era ancora vivo--le avevano mai parlato dell'isola. L�isola apparteneva al passato e nessuno fra quegli emigranti parlava mai del passato. La gente tornava a parlare del passato quando le cose cominciavano a mettersi bene, ma erano ancora tempi duri quasi per tutti: l'unica cosa in cui tutti credevano era il futuro. Ma per lui era diverso, perch� in fondo per lui le cose non si erano messe troppo male. Non aveva alcuna responsabilit� al di fuori di s� stesso e aveva Noodle davanti a quei suoi occhi famelici, gli occhi di un giovane lupo. Lei poteva leggere dentro quegli occhi: in questo era gi� donna abbastanza. Lo prendeva in giro e continuava suo malgrado a chiamarlo Sicilia. Egli non cap� mai il vero significato di quella parola. In un certo senso ella sapeva di avere il diritto di sentisi un po superiore a lui perch� era gi� parte di quel futuro che tutti volevano consolidare. Ma pi� lei si ostinava a chiamarlo Sicilia e pi� egli si ostinava a descriverle l'isola in un modo fantastico quale lei non aveva mai potuto immaginarla. Perch� se lei conosceva l'America, lui conosceva la Sicilia. La sua famiglia veniva da Agrigento, la citt� dei templi. Ma lei non era mai stata ad Agrigento. Lui s�. Che vantaggio questo gli diede! Egli aveva attraversata tutta la valle dei Templi su un carretto trainato da un cavallo. Suo padre aveva impiegato un�intera giornata per traversare quella vallata inondata da un sole che trasformava uomini, animali e cose in ombre saldate alla terra. Egli li aveva appena notati i grandi templi e non li avrebbe presi che per rovine polverose se non fosse stato suo padre che disse: -Quelli sono templi greci. Ci sono stati i greci da queste parti. Ci hanno lasciato questi. Certo non se li potevano portare dietro. E' stato per questo.- Era quel poco che suo padre gli aveva insegnato sulla storia dell'isola. Quando disegnava i templi sulla sabbia egli si prendeva una piccola rivincita su Noodle Impallomeni che lo chiamava Sicilia. Gli venne facile in un certo senso farle credere che la Sicilia fosse una sorta di ambasciata del cielo.

Ma vi erano anche momenti in cui lui si sentiva importante. Lo capiva dal modo in cui lei lo guardava. In quei momenti egli era quasi certo che lei lo amasse, ma ogni volta che cercava di ottenere qualcosa da lei, lei scappava. Poi per� era sempre lei che lo riprendeva a stuzzicare e tornava ad accompagnarlo nella passeggiata verso casa.

Quando Carmelo Ritorno prese a ronzarle intorno, egli si sent� davvero male, confuso. Era gi� difficile per un ragazzetto confrontarsi con una cosa seria come l'amore--le tattiche che questo imponeva--ora doveva anche misurarsi con la gelosia.



La novella appare in forma completa sull�edizione su carta di

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