UN UOMO CHIAMATO FOUDROYE'


I
l romanzo � ambientato agli inizi degli anni cinquanta, ma i protagonisti sono sopravvissuti agli ultimi anni di guerra. Dalla Sicilia- dove la vicenda ha inizio- a Parigi e le Alpi Austriache-Berchtesgaden dove Hitler aveva il suo buen retiro- questa storia MittelEuropea � centrata sul dramma di una donna che non pu� avere figli ma deve assolutamente averne per ragioni dinastiche. E� il dolore di una donna in lotta con sentimenti ugualmente brucianti che concepisce un figlio attraverso l�aiuto inconsapevole del suo amante cieco e il grembo della sua amica lesbica. E� il tormento di un uomo che perde la vista su una mina e vive la sua storia d�amore ad occhi spenti. Una vicenda dove sesso e amore sviluppano al massimo grado il loro potere coesivo e distruttivo. Molti ricordi del Nazismo affiorano nella narrazione. Assolutamente privo di ogni connotato politico, Foudroy� � quasi una favola nella narrativa di oggi. Tutto ci� che accade in queste pagine � preso dalla vita reale, il mondo dell�aristocrazia tedesca. Mi riferisco ai Krupp.- Von Wuttembach nella storia.
Sicilia 1950

     Margaux Wuttembach osservava dalla finestra del suo albergo. L�Antinous, ancorato a non molta distanza, sembrava fosse diventato improvvisamente un nuovo monumento incastonato nel ritmo lento del porto. Una folla di gente lo ammirava. D�altra parte c�erano solo dei vecchi traghetti alla fonda e l�Antinous era forse il primo yacht che la gente rivedeva a Palermo da chiss� quanti anni: pi� di tante altre cose dava la certezza che la guerra era veramente finita. Richiuse la finestra con un gesto di stizza. Cosa c�era di pi� inutile di una barca che non poteva navigare.
-Quanto tempo pensa ci voglia ancora per quelle telefonate con la Germania?- chiese al portiere dell�hotel. Aveva gi� fatto quella domanda almeno dieci volte quella mattina. -Abbia pazienza, non dovrebbe volerci molto ormai.- Era sempre cos� che le rispondevano. Una volta l�operatrice si era anche permessa di chiederle il perch� di tanta fretta. Un�operatrice che aveva voluto farle vedere che parlava il tedesco.
Si osserv� intorno. La camera dell�albergo La Palma dove si trovava era splendida: mobili antichi e la volta dipinta con scene floreali. Prigioniera di una gabbia dorata. Non credeva minimamente che sarebbero riusciti a riparare lo yacht. L�asse dell�elica doveva venire dalla Germania e, se per avere una telefonata ci volevano ore, per un pezzo cos� particolare ci sarebbero voluti tempi geologici. Non conosceva la Sicilia, ma non aveva alcuna fiducia nell�efficienza dei siciliani. D�altronde non aveva nessuna fiducia nemmeno negli uomini del suo equipaggio. Ariani della pi� pura razza, gli stessi che avevano perso la guerra.  
      L�albergo era deserto. Era primavera e il periodo per visitare l�isola non avrebbe potuto essere migliore, ma non c�era nessuno. Fuori un�immobilit� poco convincente teneva l�aria in soggezione. Una pace assoluta. Non faceva caldo, attorno a lei tutto era fermo in statica ebollizione, dai fiori, alla luce, al mare, ai monumenti; tutti pigiavano contro la finestra per entrare nella sua camera. Anche quella villa che stava un po� dietro all�albergo e che lei poteva vedere solo dal retro del balcone. Voleva scendere in giardino per vederla meglio. Margaux Wuttembach era stata sempre sensibile a certe forme della bellezza.
Chiam� per un caff�, ma subito aggiunse che sarebbe scesa. Avrebbe fatto la sua colazione in giardino. Aveva sempre amato i fiori e fra lei e lo yacht sullo sfondo sembrava vi fosse un mare di fiori. Bouganvillee di tutti i colori. Com�era possibile, aveva sempre creduto che le bouganvillee fossero solo di colore viola. Si guard� allo specchio. Quello con lo specchio era un incontro dove per un istante infinitesimale tratteneva il fiato, una volta per� raggiunta la sua approvazione, seguiva un sorriso di compiacimento.  Non le era mai apparso giusto sprecare la sua bellezza in una giornata vuota, la bellezza che era un po� come quella dei fiori: durava poco. L�avrebbe offerta quella giornata ai suoi amici fiori, nel frattempo, sarebbero arrivate le telefonate. 
-Madame Wuttembach....-fece il portiere vedendola. L�uomo era gentilissimo, munito di uno sguardo tanto insistente da essere indecente, curvo e proteso come un punto interrogativo.
-Se qualcuno chiama per me, sono in giardino. Ha dei giornali?-
-Solo giornali italiani. Forse la signora vuole inviare delle cartoline?- Il portiere ne aveva alcune in mano che teneva aperte a ventaglio. Tutt�intorno dei camerieri spolveravano silenziosamente mentre le pale di un grande ventilatore scandivano lentamente la temperatura.
-S�, va bene, me le dia.- Non aveva mai mandato delle cartoline in vita sua, anzi, a pensarci bene non ne aveva mai nemmeno ricevute. Aveva vissuto in un tempo in cui le persone non si mandavano cartoline. Anche quello era un piccolo avvenimento che confermava che la guerra era finita: la pace era fatta di piccoli avvenimenti di cui la guerra era la negazione.
    Quando usc� in giardino le parve di essere sopraffatta dalla folata di odori che la investirono. Tutti, l� sulla porta ad attenderla, una folla invisibile che si addensava sotto un�immensa bouganvillea che da una terrazza lasciava precipitare festoni di opulenza cardinalizia. Si sent� mancare in quel turbine di luce, di silenzio e solitudine. Quando si riebbe cap� che quei profumi erano vari e distinti: dalla salvia, alla tuberosa, alla citronella, al gelsomino, gli autori di quegli effluvi si sporgevano dalle aiuole e la seguivano indiscreti come gli occhi del portiere e dei camerieri. Questi non si vedevano ma c�erano, lei lo sapeva. Sapeva per istinto quando veniva seguita.     
    Anche questo giardino era deserto, se si poteva chiamare deserto un giardino percorso da simili fermenti. Dio mio, le dalie erano gi� sul punto di sbocciare e le cicale avevano gi� messo in moto le loro membrane, una delirante cadenza contro la quale ogni altra pretesa della terra sembrava ottundersi. L�aria era piena di esaltazioni, una lotta fra proteine e vitamine. Davanti ai fiori, come davanti a se stessa, Margaux Wuttembach sorrideva sempre.
   Si sedette ad un tavolo di pietra. Il lippo vi aveva lasciato orme grige e nere, piccole ere geologiche che ormai nascondevano il colore originario della pietra. Un signor tavolo con una superficie sagomata come una tovaglia! E cos� era la sedia dove era seduta, la si sarebbe detta una sedia in velluto, imbottita, e invece era soltanto pietra! Quei siciliani erano degli artisti! Ovunque vedeva cose meravigliose. Anche in quelle cartoline che ora aveva aperte sulla tavola, come piccole finestre raggiunte dal sole che le mostravano via via una chiesa, una cupola, un mosaico. Non aveva mai pensato di visitare Palermo. Sebbene fosse diretta in Grecia, l�idea di scoprire Palermo ora le sembr� seducente, d�altronde come si poteva dire di no a quei profumi, o a quelle immagini. La Cappella Palatina.... il Palazzo delle Aquile, il chiostro dei....non le riusc� di leggere quel nome.
     Tir� fuori dalla borsa la sua agenda e cominci� a cercare degli indirizzi. Gliene sarebbero occorse almeno altre due dozzine: almeno sei cartoline doveva spedirle a casa. Al Warum.
     Osserv� l�ora. Telefonate, neanche a parlarne. Il comandante dello yacht sarebbe passato verso colazione per riferire. La prima cartolina la indirizz� a Ute. La meritava. Rimasta a Parigi, pronta per raggiungerla in Grecia. Un programma andato a monte per una tavola che
galleggiava sul mare ed era venuta ad urtare le pale dell�elica. D�altra parte non se ne meravigliava, non aveva mai potuto credere nei programmi: durante la guerra aveva imparato a chiamarli orientamenti
    In quel momento vide un uomo alto venirle incontro preceduto da un grande cane bianco e nero. Non seppe se concentrarsi prima sull�uomo e poi sul cane o viceversa. Alto, magro, l�uomo portava occhiali scuri ma non aveva i baffi. La prima persona che incontrava sull�isola che non avesse i baffi. Bello, pi� avanzava e pi� le parve attraente. Una specie di apollo, dai capelli ricci e neri. L�uomo la fissava. Quando le pass� davanti le fece un cenno di saluto. Per un istante Margaux Wuttembach rimase senza fiato. Non era abituata a quel tipo di bellezza mediterranea. Ma si riebbe. Bisognava riaversi subito dalle sorprese, o poteva essere pericoloso.
     -Senta, senta...che cane meraviglioso!- disse in perfetto inglese. Margaux Wuttembach conosceva l�inglese; era stato necessario imparare l�inglese ad un certo punto della sua vita in Germania.
     L�uomo si gir� verso di lei. Il cane si adagi� sui posteriori. Con la testa gli arrivava alla cintura.
     -E� un Landseer,- disse l�uomo.
     -Landseer ha detto. Ma io non ho mai sentito parlare di Landseer.-
-E� un tipo particolare di Terranova.-
-Ma � pi� grande del Terranova.-
  L�uomo annu�. Anche l�uomo le aveva risposto in inglese. Un inglese perfetto.
Tutto era avvenuto in modo spontaneo, come se nessuno dei due avesse notato di parlare in una lingua straniera in una terra poco cosmopolita.
L�uomo tir� fuori una pipa lunga, sottile e, mentre l�accendeva, chiese: -Lei � la proprietaria dello yacht?-
-Come fa a saperlo?-
-Si sa sempre tutto a Palermo.- L�uomo rise, poi aggiunse. -Ho intercettato un messaggio che chiedeva aiuto ad una fabbrica in Germania. Era probabilmente il vostro comandante. Avete perso un�elica con l�asse?-
-S�, abbiamo perso un�elica. L�asse? So che abbiamo sbattuto contro un�asse. Lei � un telegrafista?- chiese Margaux Wuttembach un po incerta.
-Sono un radioamatore.-
-Sono Margaux Wuttembach. Immagino sappia anche il mio nome.-
-No. Avrei potuto chiederlo, ma poich� non la conoscevo.... Sono Foudroy� Del Lago.-
-Italiano?-
-Italiano.-
  -Sembra un archetto di violino.-
-Cosa?-
-La sua pipa.-
-Sono le pipe che faceva la mia nonna inglese.- Ora l�uomo le mostr� la pipa.
-Church Warden.....Ci sono anche le sue iniziali. -
-Non veramente. Erano quelle di mio nonno.  Coincidono con le mie.  L�ultimo tentacolo dalla mia isola nordica.-
     La donna non sembrava molto interessata a quello che l�uomo diceva. Pensava ad altro: un italiano non poteva parlare un inglese in modo cos� corretto. -La sua isola nordica....- ripet� distrattamente mentre osservava il modo in cui era vestito. Il taglio dei pantaloni che si adagiavano su un paio di mocassini affilati. Sapeva giudicare i vestiti fatti su misura.
    Foudroy� Del Lago si pass� una mano sulla fronte. -Mia madre era inglese. Sono cresciuto in Inghilterra. Sono tornato in Italia dopo la guerra.-
    La donna rest� in silenzio. - Posso?- chiese.
    -Certo.-
    -Mi piace tenere in mano la sua pipa. Sembra l�archetto di un violino.-
    -Tenga. Me lo ha gi� detto.-
     -Sono una violinista.- La donna diede una boccata alla pipa con avidit�. La teneva con stile. Ogni tanto se la faceva scorrere sul viso, ossuto, con ampi spazi fra i lineamenti: zigomi alti, occhi distanti l'uno dall'altro, verdi, che sembravano in sintonia con un dialogo interiore; un sorriso che non era voluto diventare quello di un�adulta, come ancorato ai suoi anni pi� verdi. Un italiano mezzo inglese... Avrebbe voluto chiedere con chi aveva fatto la guerra. Italiano, inglese� non gliene importava granch�. Ora il cane si alz�: era ancora pi� maestoso di quanto non le fosse apparso in un primo momento quando le era gi� apparso grandissimo. -Come si chiama?-
    -America.-
    -America!- ripet� la donna ridendo. Una risata che finiva con un fondo leggermente roco.
    -Lo abbiamo comprato in America.-
      La donna pens� un istante. Forse l�uomo era sposato. L�avrebbe scoperto.
    -Mi accompagnerebbe a fare un giro per questo giardino. E� stupendo.-
     -Con piacere.-
     -Come mai � in questo albergo?-
     -Ci vengo tutte le mattine. Porto America a passeggiare.- Poi aggiunse: -Abito in quella villa l� dietro, ma America preferisce venire a passeggiare qui. Vero America.-
     -Quella villa...- ripet� la donna.
    Mentre camminavano il cane stava attaccato alla gamba dell�uomo. Non se ne discostava mai. Anche questo Margaux Wuttembach not�. Sapeva riconoscere un cane addestrato -Dio mio che profumi! Questo.... questo particolare profumo....-
-E il profumo d�arancio. La zagara.-
-La za ga ra,- ripet� Margaux: forse si trattava di un raro fiore che scariva il suo  polline in un folle tentativo di ubriacare il cielo. 
  Fermi sul bordo di una terrazza osservavano la vista che verso la citt� era ancora appena compromessa da una leggera nebbia dalla quale emergeva la cupola di un�antica moschea mentre, nell�area del porto, alcuni edifici vittime degli eventi bellici sembravano chiedere quel silenzio che si riserva a coloro che hanno sub�to un�irreparabile mutilazione.   Ma l�Antinous, sul molo, si offriva ad una folla di curiosi come una prima donna, rinfrescante in un certo senso.
-Dov�era diretta?- le chiese Foudroy�.
-In Grecia. -
-Da sola?-
    -Vado sempre su e gi� per il Mediterraneo. Quando ho bisogno di ricaricare le batterie mi chiudo dentro l�Antinous e lascio che vada dove vuole il comandante. E� un mare piccolissimo in fondo. E� la sua storia che ce lo fa sembrare grande.- Poi aggiunse: -Dovrei incontrarmi con un�amica in Grecia.- Mentre parlava continuava a studiarlo: un naso appena aquilino, labbra che scoprivano un sorriso enigmatico. Interessante. Poteva avere un trentacinque anni. Forse meno, difficile a dirsi se era un giovane dall�espressione sofferta, o un uomo che portava bene gli anni. Le mani erano di un giovane, ma quelle due rughe attorno alle labbra non le si potevano prendere per i segni di una prolungata spensieratezza. Chiss� di che colore erano gli occhi si domand�. Gli occhi dietro quegli occhiali scuri.
-Non ha bisogno di un�elica per andare in Grecia. Il vento basta.-
galleggiava sul mare ed era venuta ad urtare le pale dell�elica. D�altra parte non se ne meravigliava, non aveva mai potuto credere nei programmi: durante la guerra aveva imparato a chiamarli orientamenti
    In quel momento vide un uomo alto venirle incontro preceduto da un grande cane bianco e nero. Non seppe se concentrarsi prima sull�uomo e poi sul cane o viceversa. Alto, magro, l�uomo portava occhiali scuri ma non aveva i baffi. La prima persona che incontrava sull�isola che non avesse i baffi. Bello, pi� avanzava e pi� le parve attraente. Una specie di apollo, dai capelli ricci e neri. L�uomo la fissava. Quando le pass� davanti le fece un cenno di saluto. Per un istante Margaux Wuttembach rimase senza fiato. Non era abituata a quel tipo di bellezza mediterranea. Ma si riebbe. Bisognava riaversi subito dalle sorprese, o poteva essere pericoloso.
     -Senta, senta...che cane meraviglioso!- disse in perfetto inglese. Margaux Wuttembach conosceva l�inglese; era stato necessario imparare l�inglese ad un certo punto della sua vita in Germania.
     L�uomo si gir� verso di lei. Il cane si adagi� sui posteriori. Con la testa gli arrivava alla cintura.
     -E� un Landseer,- disse l�uomo.
     -Landseer ha detto. Ma io non ho mai sentito parlare di Landseer.-
-E� un tipo particolare di Terranova.-
-Ma � pi� grande del Terranova.-
  L�uomo annu�. Anche l�uomo le aveva risposto in inglese. Un inglese perfetto.
Tutto era avvenuto in modo spontaneo, come se nessuno dei due avesse notato di parlare in una lingua straniera in una terra poco cosmopolita.
L�uomo tir� fuori una pipa lunga, sottile e, mentre l�accendeva, chiese: -Lei � la proprietaria dello yacht?-
-Come fa a saperlo?-
-Si sa sempre tutto a Palermo.- L�uomo rise, poi aggiunse. -Ho intercettato un messaggio che chiedeva aiuto ad una fabbrica in Germania. Era probabilmente il vostro comandante. Avete perso un�elica con l�asse?-
-S�, abbiamo perso un�elica. L�asse? So che abbiamo sbattuto contro un�asse. Lei � un telegrafista?- chiese Margaux Wuttembach un po incerta.
-Sono un radioamatore.-
-Sono Margaux Wuttembach. Immagino sappia anche il mio nome.-
-No. Avrei potuto chiederlo, ma poich� non la conoscevo.... Sono Foudroy� Del Lago.-
-Italiano?-
-Italiano.-
  -Sembra un archetto di violino.-
-Cosa?-
-La sua pipa.-
-Sono le pipe che faceva la mia nonna inglese.- Ora l�uomo le mostr� la pipa.
-Church Warden.....Ci sono anche le sue iniziali. -
-Non veramente. Erano quelle di mio nonno.  Coincidono con le mie.  L�ultimo tentacolo dalla mia isola nordica.-
     La donna non sembrava molto interessata a quello che l�uomo diceva. Pensava ad altro: un italiano non poteva parlare un inglese in modo cos� corretto. -La sua isola nordica....- ripet� distrattamente mentre osservava il modo in cui era vestito. Il taglio dei pantaloni che si adagiavano su un paio di mocassini affilati. Sapeva giudicare i vestiti fatti su misura.
    Foudroy� Del Lago si pass� una mano sulla fronte. -Mia madre era inglese. Sono cresciuto in Inghilterra. Sono tornato in Italia dopo la guerra.-
    La donna rest� in silenzio. - Posso?- chiese.
    -Certo.-
    -Mi piace tenere in mano la sua pipa. Sembra l�archetto di un violino.-
    -Tenga. Me lo ha gi� detto.-
     -Sono una violinista.- La donna diede una boccata alla pipa con avidit�. La teneva con stile. Ogni tanto se la faceva scorrere sul viso, ossuto, con ampi spazi fra i lineamenti: zigomi alti, occhi distanti l'uno dall'altro, verdi, che sembravano in sintonia con un dialogo interiore; un sorriso che non era voluto diventare quello di un�adulta, come ancorato ai suoi anni pi� verdi. Un italiano mezzo inglese... Avrebbe voluto chiedere con chi aveva fatto la guerra. Italiano, inglese� non gliene importava granch�. Ora il cane si alz�: era ancora pi� maestoso di quanto non le fosse apparso in un primo momento quando le era gi� apparso grandissimo. -Come si chiama?-
    -America.-
    -America!- ripet� la donna ridendo. Una risata che finiva con un fondo leggermente roco.
    -Lo abbiamo comprato in America.-
      La donna pens� un istante. Forse l�uomo era sposato. L�avrebbe scoperto.
    -Mi accompagnerebbe a fare un giro per questo giardino. E� stupendo.-
     -Con piacere.-
     -Come mai � in questo albergo?-
     -Ci vengo tutte le mattine. Porto America a passeggiare.- Poi aggiunse: -Abito in quella villa l� dietro, ma America preferisce venire a passeggiare qui. Vero America.-
     -Quella villa...- ripet� la donna.
    Mentre camminavano il cane stava attaccato alla gamba dell�uomo. Non se ne discostava mai. Anche questo Margaux Wuttembach not�. Sapeva riconoscere un cane addestrato -Dio mio che profumi! Questo.... questo particolare profumo....-
-E il profumo d�arancio. La zagara.-
    -La za ga ra,- ripet� Margaux: le sembr� che qualche raro fiore scaricasse il polline in un folle tentativo di ubriacare il cielo. Erano fermi al bordo di una terrazza, una delle tante che delimitavano il giardino. L�Antinous, sul molo, si offriva ad una folla di curiosi.
-Dov�era diretta?- le chiese Foudroy�.
-In Grecia. -

-Da sola?-
    -Vado sempre su e gi� per il Mediterraneo. Quando ho bisogno di ricaricare le batterie mi chiudo dentro l�Antinous e lascio che vada dove vuole il comandante. E� un mare piccolissimo in fondo. E� la sua storia che ce lo fa sembrare grande.- Poi aggiunse: -Dovrei incontrarmi con un�amica in Grecia.- Mentre parlava continuava a studiarlo: un naso appena aquilino, labbra che scoprivano un sorriso enigmatico. Interessante. Poteva avere un trentacinque anni. Forse meno, difficile a dirsi se era un giovane dall�espressione sofferta, o un uomo che portava bene gli anni. Le mani erano di un giovane, ma quelle due rughe attorno alle labbra non le si potevano prendere per i segni di una prolungata spensieratezza. Chiss� di che colore erano gli occhi si domand�. Gli occhi dietro quegli occhiali scuri.
-Non ha bisogno di un�elica per andare in Grecia. Il vento basta.-
   -Ha ragione. Il timone non � stato nemmeno danneggiato. Ma per sicurezza il comandante vuole che il motore sia in ordine. I tedeschi hanno una fissazione per la sicurezza. Alla fine restano sempre fregati.- Disse proprio fregati. Il suo pensiero precorreva le parole ed era spesso fuori contesto. - Lei parla italiano.-    
   -Sono italiano le ho detto.- 
    Mezzo inglese e mezzo italiano� L�aveva dimenticato.
   -Guardi....un gufo. Cosa fa l�?-  La donna gli si accost� e gli prese un braccio, forse per via della sorpresa. Il grosso volatile era fermo fra i rami di un albero di limone. 
   -Probabilmente dorme. A quest�ora i gufi non vedono.- Poi aggiunse: -Perch� porta i guanti?-
    -Io, io porto sempre i guanti.- Restarono in silenzio. Un cameriere dell�albergo stava venendo loro incontro.
-Principe, sono le dieci e mezzo. Signora.... - Il cameriere s�inchin� fino quasi alla vita.
-Grazie, Gervaso.- Era stato Foudroy� a parlare, il quale poi si rivolse alla donna:- Devo andare. Ho un appuntamento alla radio. C�� qualcuno che mi deve chiamare da Hong Kong. E� stato un piacere averla conosciuta. Quanto si ferma a Palermo? Gi�....se aspetta l�elica forse non lo sa.-
-Telefono, telefono, Signora Wuttembach!- Una voce di donna si lev� nell�aria.
-Oh, anch�io devo andare. Forse qualche notizia circa la mia elica.- Margaux rise. -Ci vediamo ancora spero. Voglio assolutamente vedere quella villa.- Poi ripens� a come il cameriere si era indirizzato a Foudroy�. No, non poteva essere, un uomo cos� bello e principe per giunta. In Sicilia erano tutti piuttosto sul piccolo e con i baffi�
-Telefono! Telefono!- continuava a gridare la donna. Margaux non aveva alcuna fretta all�improvviso. Quell�uomo non era un uomo qualunque. Doveva rivederlo.
-Come ha detto che si chiama?-
-Foudroy� Del Lago,- fece lui sorridendole. -Vengo qui tutte le mattine.- Le parole la raggiunsero anch�esse incerte su quale via scegliere fra la selva dei profumi. Lei rest� un istante ad osservare mentre l�uomo si allontanava con il grande cane incollato alla gamba.
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