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Capitolo primo


Storie vere

dal diario di Mario Linguetta

Capitolo secondo

Sfigati si nasce

Sino al giorno in cui arrivai in Finlandia, la vita o forse il fato, avevano fatto in modo che mi trovassi sempre nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Avrei potuto essere davvero quello che desideravo, se ad esempio fossi nato qualche anno prima, se, nell'età della maturità, avessi vissuto gli anni settanta. Sarei sicuramente diventato un intellettuale anarchico. Un intellettuale, capite? Un rivoluzionario senza spada e senza elmetto, un teorico, di quelli che suggeriscono la via, pronti a prenderne un'altra, di via (la via di fuga), non appena i tempi fossero cambiati o la situazione si fosse evoluta in maniera diversa. Furono anni irripetibili, quelli. Mai come in quel periodo, la via di fuga fu tanto affollata. A prenderla non furono solo gli intellettuali, ma soprattutto i “primi della classe”, quelli che indossavano l'eschimo, ma scappavano dalle finestre della scuola quando c'erano le assemblee, quelli che aderirono al movimento hippie, ma fumavano le marlboro. Finirono tutti impiegati, nella scuola, nei municipi, in banca. Per non parlare delle femministe che divennero casalinghe, mentre le più convinte si convertirono al movimento delle grasshoppers. Che sballo! Invece no. L'età della maturità la raggiunsi a fine anni ottanta, perdendomi anche il movimento intellettuale giovanile del “cambiamo la società dall’interno” e con esso la possibilità di godermi appieno le canzoni di Sergio Caputo. Comunque le cantai, anni dopo, accompagnato dalla mia chitarra, durante le Pasquette e i Ferragosto, ma nessuno dei miei amici ne capiva il senso. In quegli anni la tecnopop aveva preso il posto del progressive, i dj quello dei cantautori e gli ex-hippie non andavano più in India a ritrovare sé stessi, ma al Club Med: che significato avevano dunque canzoni che parlavano di giovani che passavano le nottate a programmarsi il futuro, se il nostro sarebbe poi stato come quello degli ex-sessantottini? Dovevo assolutamente trovare la mia via di fuga. Decisi così di provare con l'arte. Se la tecnologia stava sostituendo gli strumenti musicali, allora significava che era tempo di smettere con la chitarra. Andai da mio padre e lo convinsi a comprarmi un computer, dicendogli che mi sarebbe servito per gli studi. Scaricai da internet un programmino pirata (il fine giustifica i mezzi) e cominciai a comporre. Voci, rumori, li assemblavo nel pc e li facevo ascoltare agli amici. Rimasi solo, nessuno rispondeva più alle mie telefonate. Il fatto di non essere amato in Patria, mi fece capire che ero davvero diventato un artista, ma al tempo stesso mi fece odiare l'Italia, al punto che decisi di andare via, per sempre. Arrivai dunque in Finlandia e, come da capitolo primo, divenni un sacerdote del tempio della cultura. Ma non bastava, dovevo fare di più, se non altro per far fare bella figura a mia madre con le amiche del bingo. Fu così che organizzai un mio concerto, uno solo, con poca gente che diventava ancora meno con l'andare dell'esibizione, ma fu sufficiente a far dire di me che ero un artista, con tanto di foto sulla locandina. La Finlandia mi stava dando tutto ciò che in Italia non avrei mai neanche sperato di avere. Insegnante e artista: chi l'avrebbe detto? Comunque volevo di più, sempre di più. Venni a conoscenza di conferenze organizzate dall'Unione Europea, quelle che servono ai politici per dire che in Europa si fa qualcosa per la cultura, ma presenziate solo dai dipendenti statali. Andai dal Gran Maestro e gli chiesi di farmi partecipare ad alcune di esse. Non si tirò indietro, anzi ne fu felice: è davvero difficile trovare dei polmoni con la faccia da pampers che si sentano intellettuali grazie a quelle boiate. Ebbi così la possibilità di dire di me stesso che ero anche un intellettuale. Fu normale a questo punto darmi un tono, appiccicarmi addosso una serie di etichette. Dopo averne pensate alcune, decisi di diventare:

  1. Animalista: combattivo (sempre senza spada e senza elmetto) nei confronti delle industrie di pellicce e di quelle religioni che sacrificano animali (meglio se si tratta della religione ebraica). Tollerante con la corrida (soprattutto se il primo ministro spagnolo è Zapatero), con le industrie che producono scarpe da calcetto (finalmente ho trovato una squadra che mi fa giocare) con le industrie di scarponi invernali (andeteci voi in giro in Finlandia a meno venti con un paio di scarpe da ginnastica) con le industrie di scarpe in cuoio da abbinare all’abito indossato per la tesi di laurea e per il titolo di cavaliere (per fortuna cavalieri non si nasce, ma sapeste come è facile diventarlo!).

  1. Bolscevico: sfruttando i venti della vicina Russia, avrei avuto la possibilità di professare la dottrina comunista in questa Europa disgustosamente capitalista.

  1. Cittadino del mondo, tenendomi però ben stretto il mio passaporto italiano e il titolo di cavaliere della repubblica (italiana).

  1. Di sinistra: non si vede più un intellettuale italiano che non lo sia dal 1945 (Con qualche piccola eccezione).

  1. Furbo da non incacchiarmi mai con chi non fosse un politico o un personaggio tanto importante da non curarsi di me, omertoso con i piccoli e soprattutto con quelli che ti sono vicini e che possono tornarti un giorno utili. Mai persi occasione, qualsiasi fosse stato l'argomento trattato, di mettere me stesso al centro della situazione.

  1. Non conforme alle regole: a differenza di tutti coloro che sono di sinistra, non feci crescere i capelli, ma li tagliai corti, non feci crescere la barba, ma il pizzetto. Lo so, somigliavo più ad un fascio, però mi piacevo così, ognuno ha le sue debolezze. E comunque ciò fa di me un intellettuale-artista - anticonformista, anche se dal mio aspetto risalta più la parte dell’insegnante-borghesuccio.

  1. Sfigato come nessun altro. Piagnone, proprio come un seguace del Savonarola, da chiedere sostegno alla prima difficoltà, feci mio il vittimismo e altre “qualità” imparate durante i viaggi a Napoli. Iniziai subito ad additare chi non la pensasse come me nei seguenti modi: fascista, berlusconiano, intollerante, razzista, maleducato, ignorante.

Il resto del capitolo 2 potete leggerlo sul libro di Mario Linguetta che potete richiedere scrivendo al Loggione. (29.1.2007)


Storie vere

dal diario di Mario Linguetta

Capitolo primo

E vidi la luce

Arrivai in Finlandia, in una notte fredda e buia, così come buio e freddo era il mio cuore, tormentato dall’ignoto, silente ad ogni mia domanda, ansioso al punto tale da non regalarmi la sia pur minima speranza, desideroso solo di veder presto il nuovo giorno nascere. La neve schiariva appena quel buio intenso, mentre dal finestrino del taxi guardavo la foresta diventare sempre più fitta e mi chiedevo: "Ma dove c... mi sta portando"? Il tassista era un omone, la carnagione molto chiara, senza neanche un pelo sul cranio. Freddo e impassibile continuò la sua corsa, sinché giungemmo in un posto, lontano dalla città, fatto di case prefabbricate, tutte dello stesso colore, con lo stesso prospetto, garage, vialetto, portone: insomma erano tutte uguali. Scesi e mi avviai nella mia nuova abitazione, appoggiai le valigie in terra, sedetti sul letto e pensai. Poi tirai fuori il foglietto che mia madre mi aveva messo in tasca, quello su cui aveva scritto tutti i consigli utili affinché la mia nuova vita conoscesse solo successi:

  1. Non frequentare gli italiani a meno che non siano funzionari delle istituzioni o comunque gente importante che possa inserirti nel loro mondo.

  2. Non ti fidanzare con una finlandese, anzi: non ti fidanzare con nessuna donna di nessuna nazionalità, a meno che non sia ricca.

  3. Studia, fai sto cavolo di dottorato e mandami immediatamente una lettera in cui racconti che tutto va bene che hai trovato lavoro che guadagni un sacco di soldi che sei diventato famoso e che tutti ti rispettano; così la potrò far leggere alle mie amiche del bingo e farle crepare di invidia.

  4. Non fumare, non bere, non frequentare i locali notturni, non mangiare carne né pesce né quant’altro sia particolarmente costoso. Ricorda che devi fare economia, sono trent’anni che ti teniamo sulle spalle, paghiamo i tuoi studi, i tuoi vizi e ci hai dissanguato.

  5. Torna in vacanza solo dopo che avrai trovato lavoro.

A presto, mio adorato figliuolo. La tua cara mamma

Eh, le mamme italiane. Seguii tutti i suoi consigli alla lettera, tranne uno, quello che riguardava la fidanzata. Mi misi insieme ad una ragazza, ma italiana. Come diceva la mamma, le finlandesi pensano solo ad una cosa, ed io dovevo concentrarmi sullo studio. Durò poco, comunque. Mi lasciò e si mise con un finlandese, vecchio e brutto, ma con un sacco di soldi. Sua madre ne fu felicissima: eh, certe mamme italiane: sono proprio delle gran tope!

Il tempo passava, ma intorno a me era sempre buio, ed ora che ero tornato solo, dovevo risparmiare anche sull'energia elettrica. Finché vidi la luce. No, non era arrivata l’estate, ma qualcosa di più. Di più luminoso, di più caldo, che dava energia al mio corpo, gioia alle mie giornate, speranza al mio cuore (e al mio portafoglio). Lo conobbi in ambasciata, come mi aveva ordinato la mamma, frequentavo solo i ritrovi dei funzionari. Capelli bianchi, vestito da schifo, peggio di me, sempre sorridente, viso liscio, come il culetto di un neonato e bianco come quello di un finlandese: insomma, una gran faccia da pampers. Lo seguii come un cagnolino, per tutta la serata, sino a quando si accorse di me: “Maestro” gli dissi “Prego, sono dottore” mi rispose. Mi presentai e mi invitò ad andarlo a trovare al tempio. Così feci. Mi accolse come il pastore accoglie le sue pecorelle, al rientro dal pascolo “Dai muoviti, dimmi che cavolo vuoi, che ho da fare” mi disse con tono autoritario. La sua voce, il suo atteggiamento, l’inconfondibile profumo del dopobarba Axe, (quello dell’uomo che non deve lavorare... mai!) tipico dell’ impiegato statale, avevano fatto in modo che diventasse il mio punto di riferimento. Lo frequentai, gli inviai regali, lo osannai e servii, seguendo passo passo i consigli di mammà. E alla fine rividi la luce, ma più intensa che mai. Mi chiamò un giorno nel suo studio e mi disse: “Figliuolo, da oggi farai parte del grande tempio della cultura. Va a nome mio e le porte si apriranno". "Mi ha raccomandato?" chiesi con gioia, ma lui si inalberò: "Non usare più quella parola in mia presenza, bestemmiatore. Segnalato, si dice. Ho semplicemente segnalato il tuo nome ai sacerdoti del tempio. Ora va e ricorda che sei entrato a far parte della catena di Sant'Antonio: oggi io do a te, domani tu dai a me, agli amici, agli amici degli amici e ‘ndringhete e ‘ndranghete. Vattinne ora picciotto che tengo da fare na minghia di lavoro” disse infine. Andai, verso il tempio, la nuova vita, e mentre andavo un fascio di luce illuminava il mio cammino: erano i fari di un taxi. Il tassista abbassò il finestrino e accortosi che ero italiano mi gridò nella mia lingua: “Mafioso!”. In quel momento capii che la Finlandia non doveva poi essere così diversa dall’Italia. Anche qui, come da noi, le notizie girano velocemente.

Se volete conoscere il resto del capitolo primo di “Storie vere” di Mario Linguetta, richiedete il libro scrivendo a [email protected]. Il costo del libro è di 15 euro. (7.9.2006)



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