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Sanremo è... una scusa per parlare di musica

La radio finlandese ripete che il rock non è morto. In finlandia i ritmi sono lenti, le canzoni non passano di moda, neanche quelle alla moda. Vent'anni fa ce lo chiedevamo in Italia, "ma il rock è morto?", oggi se lo chiedono i finlandesi. In realtà il rock terminò la sua esistenza già allora, seppellito dall'heavy metal. Lo sapevamo tutti, ma tutti facevamo finta che si trattasse solo di una malattia che, presto o tardi, un genio, avrebbe scoperto l'antidoto al virus e il rock ne sarebbe venuto fuori, guarito e rinnovato. Vent'anni fa tutti vedemmo passare il carro funebre che se lo portava via, per sempre. Ma tutti coloro che lo amarono, fecero finta di non vedere, girarono la testa. Ci illudemmo e soffocammo il dolore, usando come anestetico al propagarsi dell’heavy metal, del rumore, del niente, quello che ci regalava chi aveva scelto di onorare il rock, danzando sulla sua tomba. Il rock era morto e, i più svegli, si accorsero che anche il pop era al capolinea. Festivals e case discografiche avevano cominciato a scavargli la fossa, avevano inviato nuovi virus sottoforma di sonorità spagnoleggianti, di voci stridule da dj, di sirene che riempivano il niente con fondoschiena invitanti. E poi c’era lui, quel Festival sempre più al servizio delle case discografiche e della tv che ci infettava di leggerezza e banalità e affossava la nostra voglia di “vita spericolata“.

Eppure c’erano stati momenti in cui avevamo creduto di poter guarire. Ad esempio con quello che ci sembrava, all’epoca, l’antidoto che avrebbe annientato il virus: Azzurro. Era una rassegna dedicata soprattutto ai cantautori, anzi, ai Cantautori. Nel meraviglioso teatro Petruzzelli di Bari, in pieno centro, sul lungomare e nella città antica e dentro e fuori il teatro Margherita, incorniciati dalle bellezze senza tempo e senza luoghi comuni, sfilavano i nuovi poeti e gli artisti internazionali venuti a onorare la Musica. Durò poco! Un bel giorno arrivò lui, tale Silvio Berlusconi, con le sue tv, le sue amicizie, il suo desiderio di far sempre più soldi e si portò via il nostro ultimo sogno di ascoltare Musica e Canzoni. Se lo portò in quella Verona molto meno azzurra e lo dette in pasto a gente come Claudio Cecchetto e Amadeus, con la promessa che Azzurro sarebbe rimasta la manifestazione che avrebbe poposto l’”altra” musica, quella alternativa al Festival di Sanremo. Ed infatti fu così, nel senso che, mentre Sanremo continuava a propinarci canzoni sdolcinate e banali, Azzurro si trasformò nel festival dell’euro pop o euro dance o Tecno pop: insomma dell’altra musica spazzatura. Fu in quel periodo che odiai Berlusconi, perché mi rubò un sogno che valeva molto più di un kapò in faccia al parlamentare tedesco, una legge ad personam, una querelle col Presidente della Finlandia. Non v’era più alcuna via di scampo, neanche la speranza di poter contare, lo dico per assurdo, nell’altra parte politica. Quelli, il clan degli intellettuali, si erano adeguati ai tempi e quindi avevano deciso di non farsi più rappresentare musicalmente da cantautori come De Gregori, ma da uno che si fa chiamare Jovanotti. Porca l’oca! Alla sinistra non poteva certo bastare uno che, al massimo scriveva “Mussolini ha scritto anche poesie, i poeti che brutte creature, ogni volta che parlano è una truffa” ci voleva qualcosa di più coinvogente e allora: “A bailar!!!”

E, bailando bailando, Sanremo sconfisse il nemico Azzurro, conservando il primato di Festival della musica italiana e la città dei fiori continuò a godere della pubblicità che la manifestazione portava (alla faccia della Musica italiana e dei Terroni). Sempre bailando bailando, la rassegna sanremese ci convinse delle qualità di gente che avevamo considerato male. Riabilitando, ad esempio, quello che cantava “’nu jeans e ‘na maglietta”. Ebbe il suo peso nel sociale, togliendo al mercato discografico della camorra, “artisti” come quello che ha scritto “miele che a volte sa di sale se stiamo in riva al mare e un onda ci accarezzerà, miele sei bella da morire mi hai fatto innammorare col gusto che c‘è in te” e lo regalò alla grande platea degli italiani che spendono 20 euro per comprare il suo cd (“giustificando” la pirateria su internet). Ma Sanremo non fu e non è il male assoluto. Tra un “pippone” e l'altro, ci capita di incontrare qualcuno che “Ti regala una rosa” o ti fa “Pensa(re)”. Sanremo è anche la manifestazione dove gli artisti, senza virgolette, cercano visibilità. A volte è capitato che i vincitori fossero proprio tra quelli. Sanremo è capace di offrire, tra tanta banalità, un poco di qualità. Teniamocelo stretto e non lasciamo che il virus denominato Festival Europeo, si porti via anche quel poco che ci è rimasto, con i suoi Lordi e le sue “Leave me alone I wanna go home”.

Nota: c'è qualcuno tra i lettori che saprebbe spiegarmi il significato di “giuria di qualità”? Cioé: cosa cavolo c'entrano Alba Parietti & co. con la musica? Per qualità s'intende essere tesserato o simpatizzante di uno dei partiti della sinistra? (3.3.2007)



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