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La meglio gioventù e il paese dei nani felici

Siano essi sfigati, fasci o anarchici, sono sempre meglio di una gioventù appiattita su regole che impongono un limite invalicabile, il concetto di unità nazione e razza proprio non solo della gioventù ma dei finlandesi tutti, e che in ogni caso limita la protesta dei movimenti di giovani ad una timida rappresentazione più che altro folcloristica o al semplice desiderio di apparire in qualche maniera simili ai loro coetanei non finlandesi. Per cosa gli italiani dovrebbero invidiare o addirittura imitare questo popolo? Magari per fare un favore ai nostri nani della politica, per nulla diversi dai politici nani finlandesi se non nel fatto che, a differenza di loro, da sempre sono costretti a fare i conti con generazioni che nel bene o nel male hanno contribuito a plasmare una società essendone di questa parte attiva. Forse anche noi saremmo considerati diversamente nel mondo se ai sondaggi rispondessimo, sempre e comunque, mettendo da parte lo spirito critico che è il nostro più grande patrimonio, quell’autocritica che i finlandesi sono incapaci di avere. Se le nostre tv e i nostri giornali, a cui non risparmiamo critiche, smettessero di raccontare dei fatti di cronaca nera, dell’abusivismo edilizio, della politica incapace, di tutte quelle cose che appartengono a qualsiasi società occidentale, ma su cui i media finlandesi tacciono il più possibile. Saremmo senz’altro un popolo migliore se non denunciassimo lo spaccio di droga, l’uso che i giovani ne fanno. Così come la Finlandia evita di parlare dei loro giovani e non, alcolisti, dei loro minori per i quali la politica di questo paese si limita a fare una legge che vieta la vendita dell’alcol a chi non ha compiuto il 18esimo anno d’età. Una legge che serve a mettere la coscienza a posto e a tutelare l’immagine di politici, intellettuali, giornalisti e medici, anche se in verità sono consapevoli del fatto che, quella legge, è solo una facciata utile a dimostrare che la Finlandia è un paese civile, ma inutile nella realtà in quanto qui l’uso di alcol tra i giovanissimi è una cosa normale. E quel che è peggio è che nessuno denuncia il vergognoso interesse che la politica ha nel non mettere un freno al problema, pur di guadagnare da esso un mare di soldi tassando gli alcolici in maniera esosa. Per non parlare dello spaccio di droga che avviene “liberamente” in tutti i locali del centro sotto il naso di tutti, anche di polizia e giornalisti che non ritengono in nessun modo di intervenire. Saremmo dunque più civili se lasciassimo devastare, senza protestare, le nostre città da palazzi che dal punto di vista estetico si potrebbero definire solo vergognosi? Di monoblocchi che sarebbero un’indecenza non solo nei più malfamati quartieri popolari delle città italiane, ma anche di moltissimi paesi dell’ex Unione Sovietica, ma che in Finlandia hanno fatto e fanno la fortuna dei palazzinari e dei loro amici politici? Se non protestassimo, come finlandesi, per gli ecomostri che invadono la costa? Se non denunciassimo i ricchi che si impadroniscono di beni che dovrebbero appartenere a tutti, come il mare che in Finlandia, per l’appunto, è di proprietà di chi ha i soldi? Se i nostri telegiornali, come quelli finlandesi, non aprissero microfoni e telecamere dando la possibilità ai cittadini di denunciare la malasanità, i lunghi tempi d’attesa a cui sono costretti i nostri malati? È civiltà non denunciare gli istituti che concedono prestiti pretendendo interessi “a strozzo”, da noi definiti dal punto di vista legale come usurai mentre in Finlandia sono assolutamente legali? Lo è pagare passivamente tasse che i politici impongono ma che anche l’Unione Europea ha definito illegali? È civile imporre ciò senza che mai un’associazione o un singolo individuo si metta alla testa di una protesta? Davvero vorremmo una classe di intellettuali, di giornalisti, ma soprattutto di giovani ridotti come una tribù di pellerossa anestetizzata dal whisky degli yankee? Davvero vogliamo ridurre le nostre conquiste, le associazioni che difendono gli interessi dei cittadini, gli animalisti, ambientalisti, i nostri intellettuali, i nostri artisti, giornalisti, i nostri ragazzi e il loro impegno, ad una rappresentazione folcloristica o a un fenomeno che bada molto all’immagine e poco ai contenuti? Un popolo che non vuole guardarsi in faccia e si indigna ad ogni critica che gli si rivolge? Vogliamo davvero creare cieche generazioni disposte a dire solo bene di sé stessi, del proprio paese, dei propri politici, della propria economia, della propria vita? Li vorremmo davvero barcollanti che vomitano e pisciano per le strade anziché incazzati e vitali in un corteo o ad un comizio? Che guaio sarebbe se un giorno davvero accadesse tutto ciò. Se davvero i giovani, gli artisti, gli intellettuali, i giornalisti, gli italiani smettessero di far vibrare le loro proteste contro gli abusi, il malaffare, i nani della politica e diventassero simili ai finlandesi: un popolo così felice dei suoi nani da metterseli pure nel giardino. (2.8.2008)




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