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Oriana
si è fermata a Madrid Indagine del Loggione tra gli
istituti di cultura italiana
Berlino,
Colonia, Bruxelles, Madrid, Copenaghen: ecco cosa hanno fatto
cinque tra i più importanti istituti di cultura italiana in
Europa per ricordare la più famosa scrittrice e giornalista
italiana contemporanea, Oriana
Fallaci. Anche
in questo momento, mentre scrivo, la nostra indagine continua.
Stiamo contattando gli istituti di cultura italiana nel mondo per
capire cosa è stato fatto per ricordare la Fallaci, di cui,
chiunque, è libero di non condividerne le idee, ma nessuno
può negare il valore delle sue opere letterarie, delle
inchieste giornalistiche, la fama che ha riscosso in tutto il
mondo.
Istituto
di Cultura Italiana di Berlino
Buongiorno,
chiamo per un giornale italo-finlandese, Il Loggione. Potrebbe
passarmi il direttore?
Guardi
io posso metterla in contatto con la sua assistente.
Va
bene lo stesso, la ringrazio.
Buongiorno,
Soriano!
Il Professor Volazzi
in questo momento
è fuori, potrebbe lasciarmi un recapito, poi la
richiamiamo.
Forse
posso chiedere anche a Lei. Si tratta solo di sapere se, il
vostro istituto, dopo la scomparsa della scrittrice Oriana
Fallaci, ha organizzato, in sua memoria, un seminario o un evento
di qualsivoglia natura.
Per
quest’anno o negli anni passati?
Dopo
la scomparsa della scrittrice, quindi da un anno a questa parte.
Non
saprei, attenda un attimo, chiedo alla dottoressa (non riesco
dalla registrazione a capire il nome) che si occupa di
letteratura. (Qualche secondo d’attesa in compagnia di un
sottofondo musicale molto soft.) No, guardi, non è stato
fatto nulla.
Non
è un po’ strano che per una delle scrittrici
italiane più conosciute al mondo, l’istituto di
cultura italiana di Berlino, a un anno di distanza dalla sua
morte, non si sia degnato di organizzare nulla?
Guardi
io lavoro qui da pochissimo, forse sarebbe opportuno farla
parlare con la dottoressa (di nuovo il nome è
indecifrabile) che però in questo momento è in
riunione.
La
signora Soriano è molto gentile, vorrebbe darmi il numero
telefonico della dottoressa, ma mi limito a ringraziarla per
essere stata molto disponibile e, ripeto, molto gentile.
Istituto
di Cultura Italiana di Colonia
Istituto
di cultura buongiorno?
Buongiorno,
chiamo per un giornale italo-finlandese, Il Loggione, gradirei
parlare con il direttore dell’istituto.
Ehhh...
un attimo. (Nastro
registrato che ripete ininterrottamente “attenda prego”,
in inglese, francese, tedesco.) Senta in questo momento ehhhh...
non risponde.
Potrei
parlare con il vicedirettore o un assistente?
No
no no, niente...
Un
insegnante...?
Non
è possibile.
Una
persona qualsiasi dell’istituto?
Allora
dica a me.
Vorrei
sapere se, dalla scomparsa della scrittrice Oriana Fallaci,
l’istituto di cultura italiana di Colonia, ha ritenuto di
organizzare un evento per ricordarla.
No.
Non
è stato organizzato nulla?
Nulla!
Complimenti,
ma davvero tanti complimenti all’istituto di cultura
italiana di Colonia che, non solo non si differenzia da molti
altri per aver ignorato completamente Oriana Fallaci, ma ci tiene
molto anche a far risaltare tutto lo stile, l’eleganza, la
gentilezza che contraddistingue le istituzioni e il popolo
italiano, con un centralinista (?) le cui qualità non oso
definire. Un suggerimento: e se provaste ad aumentargli lo
stipendio? D’altronde è noto a tutti che voi poveri
impiegati delle istituzioni italiane nel mondo guadagnate una
miseria, rispetto all’immane lavoro che vi tocca sopportare.
Bravi!
Istituto
di Cultura Italiana di Bruxelles
Istituto
di cultura, buongiorno?
Buongiorno,
chiamo... (il solito).
Dunque
guardi: il direttore, il dottor Giuseppe
Marica arriverà
domani in istituto per la prima volta.
Potrei
allora parlare con il vicedirettore o con...?
Per
l’aspetto culturale c’è la dottoressa Cannova
mmhhhmm...
in questo momento non è in ufficio. Rientrerà nel
primo pomeriggio, ma ha l’orario ridotto, quindi le
suggerisco di chiamare domani mattina.
Ci
sarà un insegnante, un lettore, un addetto...?
Dunque,
in questo istante è la dottoressa Cannova perché la
dottoressa Lotti
è
in congedo.
Quindi
ehh... gli addetti culturali sono due, ma in questo momento...
Facciamo
così, provo a chiedere a Lei. (Solita domanda su Oriana
Fallaci...)
Dunque...
qui in istituto... da qui a un anno... no, direi di no!
Stesso
consiglio, come per il centralinista dell’istituto di
Colonia: perché non si aumentano di qualche migliaio di
euro gli stipendi di questi poveri dipendenti degli istituti di
cultura? Come tutti possono vedere, sono sempre fuori sede o se in
sede, impegnati in riunioni. Non hanno neanche il tempo di
rientrare che, poveracci, hanno l’orario ridotto e devono
scappare via. Che tortura lavorare in un istituto di cultura
italiana, non si ha mai tempo per nulla. Ora capisco il motivo per
cui non è stato organizzato nulla per ricordare la Fallaci:
mancava il tempo. Dopotutto ci ha lasciato solo un anno fa.
Istituto
di Cultura Italiana di Madrid – Direttore Giuseppe Di Lella
Instituto
de italiano dicame?
(Il
solito ritornello...)
Le
paso la secretaria. (Passano invece i minuti, ma la segretaria
non risponde, quindi richiamo.) Istituto de italiano dicame?
Perdoni,
ma la segretaria non risponde.
Voy
a pasarle la misma persona y espero mas suerte.
Perché
non prova a passarmi qualcun’altro?
In
esto momento non se encuentra...
Senta,
ma sto parlando con l’istituto di cultura italiana?
Sì.
Quindi
Lei parla italiano?
No,
solo spagnolo (però
spagnolo lo sa dire in italiano).
(Fingo
di non parlare spagnolo.) Ma io ho bisogno di parlare in
italiano.
Està
hablando diretamente con la securidad, le paso la secretaria que
habla italiano. (Il telefono riprende a squillare ed ecco che,
“finalmente” una voce risponde:
“Bienvenidos
al servicio de...” Ma per favore... ! (Richiamo il
centralino, la cosa dovrebbe innervosirmi, invece comincia a
divertirmi.) Istituto
de italiano?
Sì,
sono di nuovo io...
Ah,
otra vez?
Eh,
otra vez, ma mi sta finendo il dinero nel telefonino e ancora non
riesco a hablar con nessuno (Non è vero, chiamo con
Skype.)
No?
No!
Vamos
a inventarlo de nuevo.
E
vamos a inventarlo, ma se finisce il dinero che faccio me invento
pure l’intervista?
No,
normal. (La
linea cade o forse mi ha chiuso la comunicazione? No, non credo,
cioè spero che non sia così). Richiamo. Si, dime.
(Non parla italiano,
però è intelligente:
sa che sono di
nuovo io.)
È
caduta la linea.
Si,
te paso diretamente con la secretaria de direccion?
Espero
de hablar con la secretaria.
Espero
en mas suerte.
Por
nos otros italianos si esperando vives desperado schiattas.
Comprendo.
Non
credo! Tambien muchas gracias, señora.
Instituto
italiano de cultura, buenas dias?
Buongiono,
mi chiamo... potrei parlare col direttore...
Un
attimo, devo verificare se c’è, torno subito.
(Miiiii!!! Parla italiano ed è pure gentile!)
Sì?
Buongiorno
(e la solita tarantella. Davvero comincio ad essere esausto, ma
qualche minuto è sufficiente per rianimarmi. Continuando a
leggere capirete perché) ...l’istituto che Lei
dirige ha pensato di organizzare un seminario su Oriana Fallaci?
No,
questo non era previsto per quest’anno, molto
probabilmente, anzi certamente, sarà fatto per il 2008.
Stiamo preparando proprio in questi giorni il piano degli eventi
per il 2008. Quest’anno non c’è stato perché
non era previsto.
Secondo
Lei non era importante inserire già da quest’anno un
evento per ricordare la Fallaci? Del resto è già
trascorso un anno dalla sua morte.
Lo
dice a me che sono un ferventissimo affezionato della signora
Fallaci?
Fa
piacere trovarne almeno uno, tra coloro che lavorano negli
istituti di cultura.
Lo
sono perché ho 61 anni, ho superato i momenti in cui si
pensa a fare carriera e quindi non m’importa di quello che
gli altri pensano. Mi importa solo quello che penso io e cioè
che la Fallaci è una donna che ha avuto il coraggio di
dire certe cose. Qualche giorno fa raccontavo ad un collega più
giovane di persone che hanno avuto la stessa sorte della Fallaci.
Ad esempio la ex moglie di Moravia
(Elsa Morante),
le cose che diceva nel 1950 erano parole al vento, in quanto, in
quel periodo, bisognava essere allineati a sinistra. Adesso
scopriamo che, le cose da lei dette allora, sono divenute giuste
anche per la sinistra che solo oggi indossa la bandiera della
pace, mentre lei lo faceva già nel 1950 col risultato di
essere buttata fuori dal partito e lasciata sola da tutti.
Purtroppo in Italia funziona in questo modo. La Fallaci ha avuto
la colpa di dire una verità. Ma è morta con molta
più dignità di altri. Questi sono tempi in cui
tutti predicano la libertà e c’è chi la
libertà vuole esportarla di qua e di là: credo che
bisognerebbe fare tutti un po’ di autocritica. La libertà
è anche quella di poter esprimere le proprie opinioni,
anche quando queste sono per taluni scomode.
Premetto
che sono affascinato dal fatto di aver incontrato finalmente un
direttore di un istituto di cultura così poco “burocrate”
e allineato. Diamo dunque per scontato che la Fallaci abbia, in
maniera bipartisan, dato fastidio sia ad una certa sinistra che
ad una certa destra. In Finlandia mi sto battendo affichè
si faccia qualcosa per ricordarla, ma è dura! Mi saprebbe
suggerire un modo per indurre i burocrati a smetterla di essere
eccessivamente schierati e ad adottare un comportamento
democratico verso la cultura e gli intellettuali italiani?
Guardi,
quello che posso assicurarle è che io lo farò.
Personalmente mi sono portato a Madrid anche cose molto più
“scomode”. Parlo di persone appartenenti a quella
sinistra di 30-35 anni fa che hanno avuto guai con la giustizia,
successivamente riabilitate. Abbiamo il Presidente Napolitano
che si sta in
tutti in modi impegnando a dire che le persone che vongono
riabilitate, parliamo di persone di un livello culturale alto,
devono essere messe nelle condizioni di potersi esprimere.
Insomma, io non ho problemi di alcuna natura. Purtroppo occupo
questo posto da poco tempo e sono arrivato quando il programma di
quest’anno era per tre quarti già stato fatto.
Riuscirò, se non entro la fine dell’anno, entro gli
inizi del prossimo a inserire la Fallaci nel nostro programma.
D’altronde è lei un pezzo della Storia d’Italia
di questi ultimi venti–trent’anni e bisogna tenerne
conto. Se poi c’è chi non la pensa come me, beh, non
posso farci nulla.
Prima
di approdare all’istituto di cultura di Madrid, quali sono
stati i suoi interessi?
Io
sono uno di quelli che vengono chiamati con un cattivo nome di
chiara fama, nel senso che non sono di carriera.
Comincio
a capire...
La
mia attività culturale l’ho fatta nell’enciclopedia
italiana, la Treccani,
dove sono stato Direttore Generale per tanti anni, sotto la
Presidenza della Professoressa Montalcini.
Mi ritengo un po’ avvezzo a queste situazioni dei pro e dei
contro e, alla fine, di una cultura che non ha coraggio. Lei mi
fa andare troppo avanti... Ma se pensiamo che la cultura degli
ultimi venti-trent’anni non è stata capace di
guidare le scelte per l’avanzamento del mondo e
praticamente le ha legate tutte quante alla tecnologia, questo ci
fa capire come la cultura non ha più la forza della
obiettività, della indipendenza. Il solo parlare di
persone di cultura vicine alla destra o alla sinistra, mi fa
rabbrividire. Una persona di cultura non dovrebbe essere né
di destra né di sinistra, dovrebbe invece fornire una
valutazione molto intima, quella che poi porta la gente a votare,
ma, ripeto, dovrebbe essere molto intima. Una persona di vera
cultura che si pone a disposizione degli altri, per riportare
quello che ha imparato e quello che sa, è una persona che
dovrebbe essere assolutamente obiettiva, capace di parlare bene e
male degli uni e degli altri.
Approfittando
della sua schiettezza le chiedo: cosa si deve fare per rendere
gli istituti di cultura italiana più funzionali e, magari,
meno politicizzati? Ammesso che anche per Lei ci sia tale
necessità.
Secondo
me gli istituti di cultura dovrebbero avere una strutturazione
simile a quelli della Spagna. Il Servantes ha un sistema che
funziona molto bene, magari qualcosa di simile si potrebbe
proporre all’Italia. Il Servantes
è
un istituto indipendente dotato di una grande autonomia seppure
dipende, dal punto di vista di strategie e di politica , in senso
molto generale, dai tre grandi ministeri spagnoli che sono quello
degli Esteri, che è poi quello che finanzia, quello della
Cultura e quello della Istruzione. Sostanzialmente dipende ai
ministeri solo sotto l’aspetto delle grandi linee che si
approvano all’inizio di un esercizio. Poi funzionano
autonomamente, adeguando il programma alla realtà in cui
operano. Per farle degli esempi: l’istituto di cultura in
Finlandia, punta su un certo tipo di immagine suggerito dal
genere di rapporti che ci sono tra i due paesi, quindi se si va
in Sudamerica ci saranno altre motivazioni, ma il concetto di
fondo rimane. Sono piccole sfumature ma che hanno la loro
importanza. Quindi la politica culturale viene proposta dal
Servantes, approvata dai tre enti garanti, che poi sono anche
quelli che finanziano –anche se poi il finanziamento fisso
è quello del Ministero degli Esteri. Questo lascia una
grande indipendenza al Servantes
che,
in questo modo, non sta nell’ambito nè di un
ministero né dell’altro, lavora in maniera
indipendente, naturalmente rendendo conto di ciò ai tre
ministeri. Mi sembra, quella
spagnola,
una buona formula. So che a Roma si sta lavorando per fare un
progetto di legge nuova, un’idea potrebbe essere quella di
imitare il sistema spagnolo. Del resto sappiamo che la
democrazia, in Spagna, è molto molto recente e questo fa
sì che le istituzioni spagnole godano di riforme
altrettanto più recenti rispetto alle nostre e,
probabilmente, più adeguate ai tempi. Sarebbe un modo per
dare a chi governa, sia nella sede centrale che nei singoli
istituti, un po’ più di autonomia, non politica, in
quanto quest’ultima deve seguirla basandosi su una logica
di una linea predeterminata, ma che almeno serva a far funzionare
gli stessi istituti, a far lavorare la gente: possiamo metterla
anche sotto questo aspetto che non è di poco conto.
Grazie
Direttore per averci concesso un po’ del suo tempo, ma
soprattutto perché, grazie a Lei, è ritornata in me
un po’ più di fiducia, anzi speranza, nelle nostre
istituzioni. La ricontatterò in futuro per sapere cosa è
stato fatto, a Madrid, per Oriana Fallaci. Le auguro un buon
lavoro.
Non
appena sarà possibile organizzeremo qualcosa per Oriana
Fallaci, perché lo merita come ogni persona di alto
livello culturale. Riallacciandomi a quanto diceva Trilussa,
non abbiamo il diritto di pretendere dalle persone di cultura che
si allineino, perché, se lo facessero, non penserebbero
più, quindi non sarebbero più persone di cultura.
Ringrazio e auguro buon lavoro a voi del Loggione.
Nessun
commento sull’Istituto di Cultura di Madrid, anzi uno: ce ne
fossero di simili!
Istituto
di Cultura Italiana di Copenaghen
(Saltiamo
i preliminari e passiamo dalla domanda se è stato
organizzato un qualsiasi evento che abbia a che fare con la
Fallaci.)
No,
ma devo dire che quello che lei mi dice mi fa subito scattare una
molla.
In
che senso?
Perché
io sono un’ammiratrice di Oriana Fallaci.
Ah,
ecco...!
No,
non abbiamo ancora fatto nulla, tra l’altro sono direttrice
dell’istituto da poco tempo, sto ancora guardandomi intorno
per capire quello che è stato fatto dal mio predecessore
con gli altri colleghi.
Comunque
pensa che qualcosa si farà?
Proprio
il mese prossimo ho un incontro con i rappresentanti del
dipartimento di italiano con cui ho intenzione di parlare dei
corsi per il prossimo anno, per vedere di organizzare qualcosa
che vada oltre i centenari, i bicentenari e cercare di capire
cosa si può fare per la buona letteratura italiana. Quindi
il Suo lo saluto come un suggerimento.
Ci
sono delle difficoltà particolari per chi, come Lei,
dirige un istituto di cultura, nel dover decidere di dedicare
spazio ad un intellettuale come la Fallaci di cui, una certa
politica, ha dimostrato di non gradire le opinioni, arrivando in
alcuni casi ad odiarla?
Direi
di no. Le difficoltà sono altre. Le faccio un esempio
concreto: un editore danese ha invitato Roberto
Saviano, autore
del romanzo Gomorra e la nostra Ambasciata non è stata
molto entusiasta di ciò. Questo perché, secondo
l’ambasciata si corre il rischio che attraverso il romanzo
si possa dare dell’Italia un’immagine distorta, cioè
quella che tutti gli italiani sono mafiosi.
E
a questo punto come ci si dovrebbe comportare? Si dovrebbe
censurare Roberto Saviano
Beh
no, innanzitutto l’autore è stato invitato da un
editore danese, quindi noi non possiamo in nessun modo
intrometterci e poi censurare non è nello stile italiano.
Mi
permetta di opinare l’ultima parte di quanto ha detto. Se
la più nota scrittrice italiana, ad un anno dalla sua
morte, non viene neanche minimamente considerata da un istituto
di cultura italiana come quello di Helsinki e non solo da quello,
ma, al contrario, vengono addirittura spesi più soldi per
organizzare seminari, convegni e quantaltro a gente
semisconosciuta, se non addirittura sconosciuta o che comunque
non ha dato neanche lontanamente quello che la Fallaci ha dato
alla cultura italiana, né ha ricevuto i riconoscimenti che
la Fallaci ha invece ricevuto, allora le cose sono due: o chi
dirige l’istituto di cultura non considera la Fallaci degna
di essere considerata sulla base di ideologie politiche, quindi
in questo caso applica la censura o, sempre chi dirige
l’istituto, ha una concezione che eufemisticamente
definisco bizzarra sul valore degli intellettuali italiani e, in
quest’ultimo caso, sarebbe auspicabile, sempre secondo la
mia opinione, che cambiasse mestiere.
Conosco
molto bene chi lavora a Helsinki, in particolare Wanda
Grillo e
l’ambasciatore Kelescian
e non mi pare che
in nessuno dei due casi si possa parlare di censura. Magari si
tratta di scelte di tipo...(Qualche
secondo di pausa.)
Di
tipo politico?
Anche
semplicemente culturali.
Quindi
Lei non considera la Fallaci come la scrittrice contemporanea
italiana tra quelle che più hanno dato alla cultura
italiana?
Personalmente,
tra le scrittrici italiane contemporanee preferisco Elsa
Morante.
E poi ci
sono anche altri autori che riscuotono fama nel mondo, come
Eco...
Sì,
senza dubbio lei dice una cosa esatta, se non fosse che, la
Fallaci, a differenza di Eco e di altri, è scomparsa un
anno fa ed era quindi, secondo me, un dovere delle istituzioni
doverla ricordare. Tra l’altro, parlo sempre della
Finlandia, per Eco ed altri scrittori contemporanei si è
sempre trovato il modo di parlarne, per la Fallaci, mai.
Sì,
certo, ma come vede io sono stata contenta che Lei me lo abbia
ricordato e, senza dubbio, farò in modo che presto si
organizzi qualcosa per ricordarla. Voglio solo aggiungere che,
spesso, gli istituti di cultura sono sollecitati da mille cose:
compagnie teatrali, orchestre, convegni... È davvero
difficile accontentare tutti.
Su
questo non ho dubbi, sono anzi convinto che troppe persone
gironzolano intorno agli istituti di cultura e sarebbe un bene
per tutti, a cominciare dalla cultura che ne trarrebbe grossi
benefici, se i direttori degli istituti cominciassero a sfoltire
il numero di persone che periodicamente chiedono che si
organizzino convegni, seminari, cerimonie che hanno l’unico
scopo di far apparire se stessi e chi gli sta vicino. Grazie per
l’intervista e spero che presto riesca a dare alla Fallaci
quello che merita.
Grazie
a Lei, ripeto, al più presto organizzeremo qualcosa.
Si
conclude qui questo primo giro di interviste ai direttori degli
istituti di cultura italiana. Credo che il materiale che vi
abbiamo fornito sia sufficiente a farvi capire, almeno un po’,
in che maniera funzionano le istituzioni italiane. A volte
gestite da arroganti, ma altre volte da uomini seri, onesti,
spiriti liberi come il Direttore Giuseppe Di Lella dell’Istituto
di Madrid. Uomini la cui obiettività, fa tornare anche a
chi come me ha perso ogni speranza, il desiderio di tornare ad
avere rispetto per le nostre istituzioni. (19.10.2007)
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