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UN PICCOLO BORGO, UNA GRANDE STORIA: PRECI E LA SUA SCUOLA CHIRURGICA


A prima vista Preci non ha nulla di diverso dagli altri paesi sparsi lungo la Valnerina, incastonato com’è tra il verde dei fitti boschi di questa meravigliosa parte dell’Umbria. E in effetti, questo piccolo borgo di circa mille anime deve la sua fama certamente più alla sua storia passata che non a quella presente. Sorto nella valle del torrente Campiano o valle Castoriana durante la colonizzazione Benedettina nell'alto Medioevo, fu rifugio di numerosi eremiti. Fu citata dal San Gregorio nel 594 d.C. nel "Dialogorum libri" per la presenza di numerosi eremi pre-benedettini. Tra XIII e XVIII secolo il nome di Preci fece il giro d’Europa passando di bocca in bocca soprattutto tra i nobili e i regnanti dei grandi paesi, e tutto grazie alla fama e all’abilità di quei suoi abitanti che si dedicarono all’attività medica. L’arte chirurgica preciana si sviluppò a partire dal 1215 circa, quando, a seguito del concilio Lateranense, la Chiesa vietò la pratica chirurgica all’interno delle abbazie e dei conventi, fino a quel momento veri e propri ospedali a disposizione di religiosi e laici. I monacus medicus erano figure sempre presenti nelle abbazie, al pari degli amanuensi, dei questuanti e di tutti gli altri che partecipavano attivamente alla vita della comunità. Il concilio del 1215, vietando la pratica medica ai religiosi, rischiava di far disperdere l’enorme patrimonio di conoscenze accumulato, fatto di esperienza pratica e di letteratura medica, quest’ultima gelosamente conservata nelle fornitissime e meravigliose biblioteche conventuali (scriptorium). Per evitare la dispersione di un tale patrimonio, i monaci benedettini dell’abbazia di Sant’Eutizio pensarono bene di trasferire il loro sapere agli abitanti della zona che già da diversi secoli praticavano la castrazione e la mattazione di suini e ovini. Proprio questa particolare attività aveva permesso ai preciani di acquisire particolari e dettagliate conoscenze anatomiche e un’abilità manuale davvero unica, in tempi in cui non era consentita l’autopsia sui cadaveri. Secondo alcuni studiosi, la pratica della castrazione e mattazione dei suini aveva avuto inizio nella zona, durante l’impero di Vespasiano, quando un cospicuo numero di ebrei venne relegato nei pressi di Norcia, a guardia delle mandrie di maiali. La religione ebraica, vietando il consumo di carni suine, rendeva i suoi adepti perfetti come guardiani, ma anche come lavoratori delle stesse carni. La pratica acquisita, venne tramandata di padre in figlio fino al momento in cui, sposandosi con lo studio della teoria e con l’acquisizione della conoscenza delle proprietà terapeutiche delle erbe, delle piante e delle acque sulfuree della zona, diede origine a una generazione di chirurghi tra i più famosi della storia.Durante Scacchi, Orazio Cattani, Sigismondo Carocci, per citare solo alcuni di essi, prestarono la loro opera al servizio delle corti d’Inghilterra e Austria, a quella del sultano Mehemed oltre a essere stimati e richiesti professori nelle più celebri università europee da Bologna a Parigi, nonché primari nei più prestigiosi ospedali. I chirurghi preciani erano specializzati soprattutto in tre tipi d’intervento: la litotomia (frammentazione e asportazione di calcoli vescicali), l’eliminazione della cataratta e la castrazione!. La cataratta ebbe la sua importanza nei secoli perché responsabile del maggior numero di cecità guaribili chirurgicamente. I medici preciani si distinsero, oltre che per la loro abilità, anche per il fatto di tentare sempre ogni possibile terapia farmacologia prima di ricorrere all’intervento. Illustri personaggi furono operati di cataratta da chirurghi preciani e tra essi l’imperatrice d’Austria Eleonora Gonzaga nel 1468 e la regina d’Inghilterra Elisabetta Tudor nel 1588.

La preparazione all’intervento era piuttosto lunga; il paziente doveva restare digiuno per tre giorni, durante i quali veniva sottoposto a salassi ed enteroclismi, poi, arrivato il giorno dell’operazione (preferibilmente in primavera o autunno e nelle primissime ore del mattino), veniva bendato l’occhio sano e introdotto in quello malato un ago d’oro o d’argento con il quale si andava a eliminare la cataratta. Seguiva un periodo di nove giorni di convalescenza, durante i quali il paziente veniva tenuto al buio e a dieta strettissima.

La litotomia rappresentò la principale specializzazione per la quale la scuola chirurgica di Preci divenne nota anche oltre i confini regionali. Il “mal della pietra” come veniva definito a quei tempi il problema dei calcoli alla vescica, era dovuto alla composizione della dieta, costituita quasi totalmente da vegetali e cereali ricchi di ossalato di calcio (la carne era presente raramente anche sulle tavole delle famiglie più abbienti), che faceva sì che il problema si presentasse anche in giovanissima età.

Anche in questo caso, l’intervento era preceduto da alcuni giorni di dieta, durante i quali si consigliava al malato di bere tantissima acqua; il giorno dell’operazione si invitava il paziente (e mai termine fu più appropriato, visto le sofferenze che doveva sopportare!) a svolgere dell’esercizio fisico consistente nel salire e scendere una scala per far scendere il calcolo il più in basso possibile. A quel punto veniva fatto sedere con le gambe divaricate in posizione più elevata rispetto al chirurgo che praticava un taglio tra l’ano e la zona genitale; all’interno del taglio veniva inserita una sonda con apposita forma per prelevare il calcolo ed estrarlo. I calcoli di piccole dimensioni venivano fatti fuoriuscire con l’aiuto delle dita mentre, se di grandi dimensioni, si adoperava un attrezzo in grado di frantumarli. Le ferite venivano lavate con vino caldo e medicate con pomate di trementina e grasso di maiale. Al paziente veniva consigliato di evitare di cibarsi di pane poco cotto, uccelli di palude, frutta cruda e acqua torbida (!).

La particolare attenzione dedicata dai preciani alla medicazione e cauterizzazione delle ferite e alla sterilizzazione degli attrezzi fu una delle basi del loro successo. Fino a quel momento, infatti, durante e dopo le operazioni sorgevano le più svariate complicazioni, dovute, quasi sempre, alla scarsa igiene degli ambienti e degli strumenti usati ed alla assoluta mancanza di cura per le ferite operatorie. Le infezioni erano causa di morte più degli insuccessi delle operazioni stesse. L’introduzione, ad esempio, del rasoio cauterizzatore durante gli interventi, limitò di molto le emorragie alle quali i pazienti andavano incontro oltre a costituire un ottimo disinfettante per i tagli operatori. Questi ultimi, poi, erano oggetto di particolari attenzioni anche dopo l’operazione, con la medicazione attraverso pomate e unguenti quasi sempre di origine vegetale che favorivano una rapida cicatrizzazione. Per quanto riguarda la castrazione, invece, la pratica veniva eseguita in prevalenza su giovani ragazzi, quasi sempre per permettergli di intraprendere la carriera canora e teatrale, vietata dalla Chiesa alle donne (divieto solennemente confermato da Sisto V nel 1588). I soggetti sottoposti a castrazione, oltre a una notevole altezza e un’abbondante capigliatura, sviluppavano il torace e conservavano la voce da soprano, in pratica una voce da donna con una potenza maschile. Celebri e ricchissimi, i castrati domineranno il teatro per circa due secoli, con personaggi come Farinelli, Caffarelli e Baratri. Molti celebri cantanti lirici nonché maestri di cappella, provenivano dal territorio nursino, castrati dagli “abili castratores” di Preci, e agli inizi del novecento, Domenico Mustafà di Sellano (vicino Preci) divenne anche direttore della Cappella Sistina. Oggi Preci è un piccolo borgo che, come molti altri della Valnerina, punta molto sul turismo a sfondo ambientale, culturale, religioso e, perché no, gastronomico per uscire dal suo isolamento. Tappa obbligata per ogni turista è sicuramente l’abbazia di Sant’Eutizio, dove si radicalizzò la vocazione monastica di San Benedetto, fondata verso la fine del V secolo dal monaco siriano Eutizio, successore di Spes nella guida spirituale dei tanti cenobi che avevano trasformato la Val Castoriana in una tebaide di santi eremiti, forse la più antica tebaide di tipo orientale di tutta Italia. Intorno all'anno mille l’abbazia divenne uno dei più importanti centri religiosi, politici, economici e culturali del centro Italia. Isolata tra le montagne, l’abbazia era concepita come una cittadella autonoma che sopravviveva grazie ai propri possedimenti: i terreni in pianura fornivano i prodotti agricoli, mentre le aree alto-collinari quelli armentizi e manifatturieri. Le proprietà dell’abbazia offrivano grano, zafferano, formaggio, bestiame, olio, vino e perfino sale, proveniente dalle saline acquistate lungo le coste adriatiche. Di notevole importanza fu anche l’impegno dei monaci nella cura e gestione del vicino lebbrosario di San Lazzaro, sorto nel 1218 lungo le sponde del fiume Nera. La costruzione dell’attuale chiesa, iniziata nel 1190 e terminata nel 1236 da Maestro Pietro, coincide con la perdita di importanza politica dovuta all’emergere del potere comunale e di quello vescovile, tanto che già nel 1259 fu costretta a cedere i suoi territori al comune di Norcia. La chiesa romanica sorge su una primitiva chiesa altomedievale, costruita dopo la riforma benedettina. Sulla facciata possiamo ammirare un ricco rosone, circondato dai simboli degli Evangelisti, all’interno di un quadrato. Nel presbiterio, il sepolcro di S. Eutizio (1514) viene attribuito a Rocco di Tommaso da Vicenza. Oltre all’abbazia, vale sicuramente la pena visitare il paese, testimonianza di un antico passato che, tra i vicoli del borgo, sembra sopravvivere ancora oggi. Il Castello di pendio risale al XIII secolo; distrutto dal terremoto del 1328, nel 1528 si ribellò al potere di Norcia, dando rifugio ai suoi avversari politici, i Varano signori di Camerino. Per questo venne rasa al suolo e i fautori della ribellione relegati in esilio. Ricostruito nel 1534, il suo tessuto medievale è caratterizzato dai molti palazzi gentilizi, frutto della fama acquistata nel mondo dai chirurghi preciani. Oggi Preci si presenta come un piccolo paese montano, racchiuso nelle sue antiche mura e attraversato da una fitta rete di piccole strade, fatte per la maggior parte a scalinata. Al centro del paese si erge la Chiesa di S. Maria, edificata dai monaci di Sant’Eutizio, con un bel portale del XIV secolo. A fianco della chiesa si trova le sede dell’antica Comunanza agraria e Società operaia di Preci. Queste istituzioni di origine medievale che regolavano l’uso della proprietà collettiva dei terreni, sono diffuse in tutta la dorsale appenninica, anche se oggi si limitano per lo più a distribuire i diritti di taglio di bosco e di sfruttamento delle tartufaie. L’antica gloria e lo splendore che pervase il paese nei secoli passati sono intuibili ammirando gli edifici con eleganti portali sormontati da stemmi del quartiere Scacchi, così detto perché sede dell’abitazione della famiglia che annoverava il maggior numero di chirurghi.

Proseguendo verso Norcia, si raggiunge Campi Vecchio, splendido esempio di castello di pendio medievale (Chiesa di S. Andrea del XIII secolo, con uno scenografico portico pensile del XVI sec., e la Chiesa della Madonna della Piazza, con affreschi di Antonio Sparapane), e Campi Basso. Qui si trova la Chiesa di S. Salvatore (già Pieve di S. Maria). Sono interessanti i cicli di affreschi di Giovanni e Antonio Sparapane (1464) e gli affreschi della chiesa più antica, una “Crocifissione” e le “Storie di Cristo al Limbo” di Nicola da Siena (XV sec.).

Per nulla secondario è l'aspetto turistico-gastronomico, sul quale tutta la zona di Preci punta molto per il rilancio della sua immagine. La Valnerina è terra ricca dal punto di vista gastronomico, con abbondanti e rinomate produzioni di salumi, formaggi, miele, lenticchie, farro. C’è veramente l’imbarazzo della scelta da queste parti: dagli antipasti a base di prosciutto di montagna, salame, lonza (detta anche capocollo), ai formaggi prodotti in quota dai pastori: dal saporito pecorino di Norcia, alla delicata ricotta, ai più sfiziosi formaggi aromatizzati al tartufo nero, il re della tavola da queste parti. E proprio con il prezioso tubero si possono realizzare ottimi primi piatti, dal risotto alle tagliatelle ai tipici “strangozzi” (detti anche “ciriole”), una pasta fatta a mano con acqua e farina. Gli amanti della carne non resteranno delusi dalle innumerevoli specialità cotte alla brace, dal “castrato” (agnello da latte) al maiale, al cinghiale (ottimo anche per realizzare il sugo di condimento della pasta), alla selvaggina di ogni tipo. Anche coloro che preferiscono il pesce non avranno di che lamentarsi, degustando ad esempio i deliziosi gamberi di fiume o le fresche trote nel Nera e dei suoi affluenti cotte anch’esse alla brace o insaporite con il tartufo nero. Possono star tranquilli anche i vegetariani e gli amanti delle cucine naturistiche, perché oltre all’abbondanza di verdure, di funghi e asparagi, questa è la patria dei legumi e dei cereali, alcuni dei quali riscoperti solo recentemente. Dalle piccole e tenere lenticchie di Castelluccio di Norcia che, nonostante i tentativi d’imitazione, non hanno uguali al mondo, al farro, cereale che si sta imponendo prepotentemente all’attenzione dei consumatori e con il quale è possibile preparare ottime zuppe con le quali riscaldarsi nelle fredde giornate invernali. A conclusione del pasto non si potrà fare a meno di assaggiare i prelibati frutti dei boschi della valle scegliendo tra more, lamponi, ribes e chiudere con un buon dolce a scelta tra i tanti proposti dalla tradizione locale.

Un posto di rilievo meritano l’olio extra vergine d’oliva DOP della Valnerina, ottimo come condimento di tutti i piatti e squisito per la realizzazione della “bruschetta” (fette di pane abbrustolito sulla brace e condite con olio, sale e, a piacere, aglio) e i vini, bianchi e rossi, adatti ad accompagnare ogni tipo di piatto.

Una gita a Preci ritempra lo spirito e soddisfa il palato: provare per credere! (12.9.2006)

Franco Casadidio

For more information mail to: [email protected]

Come raggiungere Preci

In aereo: Aeroporto internazionale "Leonardo da Vinci" di Roma-Fiumicino

Aeroporto dell'Umbria di Perugia-S. Egidio

In treno: Stazione di Spoleto

Stazione di Terni

In auto: Autostrada A1 uscita Orte, direzione Terni, poi S.S. 209 "Valnerina"

Autostrada A1 uscita Valdichiana direzione Perugia, Assisi, Foligno

Autostrada A14 uscita S. Benedetto del Tronto, proseguire per Ascoli Piceno, Forca Canapine, Norcia

In autobus: Collegamenti giornalieri da Perugia, Terni, Spoleto, Roma, Macerata



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