LOGIA

PREISTORIA


La ricostruzione del più antico passato dell’ Uomo non può avvalersi, come per altre discipline scientifiche, di esperimenti di verifica ma soltanto di scarne testimonianze offerte da materiali diversi sopravvissuti alle offese del Tempo geologico (i vari «fossili», appunto). Più questo tipo di dati risulta coerente con una certa ipotesi, più quest’ultima si rafforza fino a dover essere accettata come interpretazione (scientificamente) corretta.
Una storia «naturale» dell’ Uomo (prima della comparsa di documenti scritti) si ricava quindi indagando i depositi sedimentari che hanno permesso la conservazione di resti anatomici, o anche di resti «culturali», più esclusivi di questa specie.
Da oltre 2 milioni di anni questo Primate lascia infatti tracce evidenti, seppure rare, della sua evoluzione fisica e mentale, come sottolineata anche dai lenti cambiamenti nel modo di scheggiare la pietra per ricavare gli strumenti di sussistenza quotidiana. Questi «manufatti», più resistenti e duraturi, permettono di scandire gli stadi di trasformazione e sviluppo tecnologico, dal Paleolitico al Mesolitico, al Neolitico, alle Età dei metalli, fino a giungere agli albori della storia scritta.

Scheggia di selce del Paleolitico antico da Molino di Tigliole
Manufatto preistorico rielaborato da antichi corsi d' acqua

Il Quaternario, la più recente delle Ere geologiche, documenta buona parte dell’ evoluzione umana; ha una durata approssimata di 1,6 milioni di anni e viene suddiviso dagli studiosi in due periodi:
- Pleistocene, che comprende un più marcatto raffreddamento globale (con fasi alterne «glaciali» ed «interglaciali»)
- Olocene, gli ultimi 10.000 anni che rapppresentano la più recente fase post-glaciale.
Ancor prima dell’inizio dell’Era Quaternaria, la terra Astigiana era costituita dai sedimenti che depositavano su un basso fondale marino e, successivamente, dai sedimenti di un esteso delta fluviale. Con l’inizio dei primi e più intensi raffreddamenti glaciali, anche coincidente con un ritiro del mare, l’area astigiana diventa terra emersa «continentale».
Verso il Pleistocene medio, nella zona scorrevano ormai grandi fiumi che formavano una pianura, gli antenati del Po e Tanaro attuali, e che, a seguito di recenti movimenti tellurici, avrebbero poi raggiunto la configurazione attuale degli alvei.
Nel territorio Tigliolese, diverse stazioni preistoriche di superficie sono state individuate durante gli anni ’80 da un ricercatore dell’Università di Torino.

Substrato geologico indicativo diambienti marini pre-quaternari affioranti nell' area in esame

Un primo gruppo di località archeologiche (o «siti») è concentrato attorno alla fraz. di Molino di Tigliole e dintorni, all’ incrocio dei tre comuni di Tigliole, Baldichieri ed Asti.
In questa zona si trovano i corpi sedimentari relitti di piccoli canali fluviali. Da tali depositi, limoso - sabbiosi e ghiaiosi, sono stati recuperati reperti litici attribuibili al Paleolitico antico (tra circa 200.000 e 40.000 anni fa).
Una buona parte di tali manufatti, più antica, presenta un evidente arrotondamento da trasporto sotto corrente fluviale. E’ inoltre caratterizzata da tecniche di taglio della pietra più approssimative, con forme di strumenti meno standardizzate (generalmente «coltelli», «grattatoi», «bulini», «perforatoi», ecc.) come ricorrono nel tardo Paleolitico inferiore europeo.
Un secondo gruppo minore di oggetti presenta invece una lavorazione più raffinata, senza segni di trasporto fluviale. Questi ultimi manufatti, più recenti, sono stati ottenuti in posto e possono essere datati attorno ai 60-50.000 anni fa.
Le materie prime impiegate sono sempre selci e quarziti, come si potevano raccogliere nelle ghiaie dei corsi d’acqua locali.
I manufatti preistorici raccolti nell’area di Molino di Tigliole, costituiscono finora una delle poche testimonianze note del popolamento umano in Piemonte durante il Paleolitico più antico.

Sedimenti depositi da antichi corsi d' acqua del Pleistocene medio-superiore astigiano:
loro ubicazione in zona Molino di Tigliole

Ancora nel territorio Tigliolese, in fraz. Pratomorone, è stata individuata un’ulteriore stazione preistorica di superficie di età olocenica.
Il sito di Pratomorone è collocato su di un dosso collinare, in vicinanza della strada che collega Pianetti a Pratomorone, circa a metà distanza tra i due abitati.
Nel corso di alcuni anni, da una superficie coltivata di circa tre ettari, sono stati raccolti numerosi materiali preistorici, comprendenti centinaia di manufatti litici e frammenti ceramici (questi ultimi ridotti in pessimo stato dalle arature).
Il sito testimonia quindi attività di lavorazione (scheggiatura) della selce svolte sul posto e favorite dalla diffusa presenza locale di ciottoli alluvionali in selce.
Almeno in parte, i manufatti litici sono attribuibili al « mesolitico» e documentano in particolare la sua fase più antica (8-7000 anni circa prima di Cristo). Si deve presupporre allora che a Pratomorone e dintorni l’ambiente offrisse cospicue e diversificate possibilità di approvvigionamento alimentare, anche grazie alla diffusa presenza di stagni e risorgive con più ricche risorse faunistiche e vegetali.
I manufatti della stazione mesolitica di Pratomorone rappresentano un primo stanziamento umano in età olocenica accertato nella regione piemontese a sud del Po.

(si ringrazia il Dr. Alberto Mottura, Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo - Università di Torino, per la documentazione e consulenza fornite sulla preistoria di Tigliole).

Sedimenti depositi da antichi corsi d' acqua del Pleistocene medio-superiore astigiano:
dettaglio stratigrafico

Bibliografia:

Forno M.G., Mottura A., 1993. L'evoluzione pleistocenica medio-superiore di un settore astigiano (Piemonte): dati geologici e archeologici- Il Quaternario, 6(2): 249-264.

Mottura A., 1993. Il sito olocenico di Pratomorone (Asti). L'industria mesolitica. Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte - Contributi, 11:11-26.

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