Domenico MILELLI

Fu, con Panzacchi, Mazzoni e Guerrieri, amico del Carducci ed autore, poi, di un sonetto tra i più virulenti scritto contro il poeta bolognese, al quale addebbitò il tradimento dell'idea socialista. Eternamente scontento e disilluso, andò ramingo per tutta Italia attraverso Genova, Napoli, Cassino, Roma, Urbino, fino a giungere a Gallipoli nella più assoluta indigenza tanto da spingere Mario Rapisardi, Arturo Graf e Vittorio Cian ad attivare una sorta di colletta a favore del Milelli. All'appello rispose anche Giosuè Carducci accompagnando la somma di lire 10 con un caustico biglietto "Mando, non per Milelli che non merita nulla, ma per quei poveri figli che il Milelli non ha saputo educare". Fu allora che il Milelli pubblicò, sotto lo pseudonimo di Ivan Gratzinschky, nel "Fra Melitone" di Bari, un romanzo nel quale inseri la virulenta risposta al Carducci: Tu che venduta l'anima all 'incanto or godi e dormi come un buon borghese eppur un giorno hai supplicato e pianto per acciuffar un soldo a fine mese:

Vile or tu gridi a chi d'angoscia

i suoi ultimi giorni nutre e non s 'affida

al tuo sistema di cambiar bandiera.

Tienti il tuo tozzo, serbalo pe'tuoi

perchè all 'ora dell'ultima disfida

vel possiatemangiare tutti in galera.

Domenico Milelli, in quel 1896, si trovava a Gallipoli dove aveva ereditato la direzione dello Spartaco (che mantenne per 8 mesi), subito dopo l'ultimo sequestro del maggio 1895. Con lo stesso pseudonimo "Conte di Lara" usato per la sua edizione delle rime, nel 1884, curò un'interessante rubrica di divagazioni artistiche. Oltre che sullo Spartaco, che fu palestra per le sue idee socialiste, scrisse moltissimo. Sembra infatti abbia completato a Gallipoli il Kokodè, il Lacoonte ed il Prometeo. Fondò "il Salento ", un giornale letterario di breve durata (furono pubblicati 8 numeri) ma di grande rilievo letterario, coltivando la speranza di poter fondare una biblioteca salentina mediante la pubblicazione di opere, tra gli altri, di Petraglione, Vaccari, Pisani e Falbo. Tra i collaboratori de Il Salento furono Ada Negri, Mario Rapisardi, Edmondo De Amicis, Grazia Deledda e Luigi Pirandello, che pubblicò nel secondo fascicolo una novella medita "L'albero di fico" ripubblicata nel 1902 col titolo "la paura del sonno" nella raccolta "Beffe della morte e della vita". Lasciò un sonetto dedicato a Gallipoli.

Tu ruggi, o mare, alla mia casa intorno

ed io mesco con te l'anima mia,

che vinta dall 'ignavia e dallo scorno

s 'attedia nella pigra ipocondria.

O mare, o mare,; o libero soggiorno

ai sogni dolci della fantasia,

e chi la disse l'empia profezia?

questa la meta? e come? ed in qual giorno!...

Ma saldo il cor della sua vecchia fede

il cor che freme e a te si rassomiglia,

gagliardo lottator contro la sorte

Guarda dall 'alto al tuo corruccio

e vede l'alba, che s 'arrubina e s 'invermiglia

di su della scogliera della morte.

Di su della scogliera, erta, che splende

nel puro lume della nuova aurora,

e, ciclopico faro, alto si accende

per quanti al lito guardano tuttora.

Avanti, avanti, o aligere tremende,

son ferrei i fianchi e libera la prora

ed è bella la morte a chi l'intende nella lotta,

onde il cor più si avvalora.

Avanti, avanti, con aperte al vento

le vele tutte,e in poppa lo stendardo;

al porto sospirato e benedetto.

E cui dismaga il tedio e lo sgomento,

onde egli arretri o misero, o codardo,

quei dell'ira comun fia maledetto!...

Mori a Palermo nella notte tra il 22 e 23 Dicembre del 1905, "povero come era sempre vissuto, realizzandosi quasi con fedeltà sconcertante ciò che lo stesso Milelli aveva poeticamente sognato in gioventù":

Povero e vagabondo anch 'io vorrei

di terra in terra errar di gente in gente,

Nè mi dorria se avessi i giorni miei

a consumar piangendo assiduamente.

Vorrei provar l'angoscia e l'irrequieta

febbre, o Torquato, che struggeati il cor..

     

 

1