A Raffale Carrieri,  figura fondamentale per il mio percorso artistico, dedico una sezione del mio sito. Vi invito a scoprire la sublime poesia di questo importantissimo uomo di cultura,  attraverso la lettura di alcune sue liriche. Buona navigazione!                                            Dario Pisconti

  Gli occhi voglio aprire

  

Gli occhi voglio aprire

Le mani le braccia

E la voce per farmi udire.

L'oscuro voglio aprire

Che mi chiude.

I muri voglio aprire

E ci� che sta intorno

Sopra e sotto.

Il chiuso voglio aprire

In ogni luogo persona cosa:

Il chiuso che sta in me, in te.

Il sangue voglio aprire

Per fuggire

E l'anima per tornare

Pi� aperto altrove.           

 

Da  � Io che sono cicala �

 

 

Indice della sezione

1. Raffaele Carrieri e la sua poesia
2. Poesie scelte
da "Lamento del Gabelliere", 1945

Lamento

Attesa di niente

Muro sopra muro

Mio limone

Fine della giornata

Mi duole

Piccola morte

Chi mi cammina dentro

Morte del fiume

Lamento delle 0,20

da "Souvenir Caporal", 1946

Coprifuoco

Compianto per Garcia Lorca

da "La Civetta", 1949 Malia d'inverno
da "Il trovatore", 1953

Forestiero in ogni luogo

Sera d'Africa

Tavoliere

Piet� cuori duri

da "Canzoniere amoroso", 1958

La morte mi confonde

Bagno di Sara

Il cestino

Non dire al poeta

Toledo

Manola a Valencia

Volgiti dalla mia parte

Non attendere

Funaiole

da "La giornata � finita", 1963

L'amico probabile

Le strade

L'asino di Gerona

Il silenzio non mi salva

Fra la gente vivo

Le parole che dice

La mia barca

Quella  io adoro

da "Io che sono cicala", 1967

Io che sono cicala

Si addice al mio verso

A Siviglia una colomba

da "La formica Maria", 1967

La formica Maria

Ora che se n'� andata

da "Stellacuore", 1970 Dimesso l'affanno
da "Le ombre dispettose", 1974

Ho perduto vecchi amici

Fra poco

 

Raffaele Carrieri e la sua poesia

 

 

Raffaele Carrieri nacque a Taranto il 17 febbraio del 1905,nel cuore della Taranto vecchia, tra via Cava e Piazza Fontana. Giovinetto, frequenta le scuole tecniche rivelando un carattere ribelle e attivo che mal si adatta all�ambiente scolastico, in cui tutto sembra codificato in un cerimoniale che di educativo ha solo la forma burocraticamente istituzionale, non la sostanza: �Gli insegnanti temevano le correnti d�aria; la continua preoccupazione durante le lezioni era il controllo delle finestre. Appena un insegnante sedeva ed apriva il registro cominciavano le richieste: un�improvvisa voglia di pisciare si diffondeva da un banco all�altro. Le aule erano prive di riscaldamento e l�inverno sia gli allievi che i professori indossavano mantelli. Uno spettacolo deprimente. Le mie assenze erano frequenti. Ero malvisto, il peggiore esempio dei tre corsi. Non un amico. E come avrei potuto averne fra quei piscioni ipocritucci? Ero disprezzato ma temuto. Parlavo poco ed ero di mano lesta.�

Nel maggio del 1915 l�Italia dichiara guerra all�Austria; a Taranto cominciano ad arrivare treni di profughi dalle regioni invase dagli austriaci e le giovani erano assunte come domestiche. Nella pensione gestita dalla nonna materna, Luccio (era il diminutivo con cui Carrieri veniva chiamato in famiglia) ha modo di conoscerne tante, di incontrare gente con diverse esperienze di vita e di lavoro, di parlare con essi; di subire il fascino del loro modo di essere diversi, con altri linguaggi, altre abitudini, altri comportamenti.

 ï¿½Ero attratto dai viaggi, dai luoghi lontani, dalle dame di teatro che soggiornavano nell�alberghetto di mia nonna.�

Nel 1918 a soli 13 anni, Carrieri sente che nulla pi� hanno da offrirgli quell�ambiente e quella vita.   Fugge da casa per desiderio di viaggiare e s�imbarca clandestinamente sul piroscafo �Orione� per sbarcare in l'Albania. Di l�, dopo pochi mesi, raggiunge Gabriele D'Annunzio a Fiume nel 1919 (non � una scelta politica che muove il giovanetto quanto il fascino dell�avventura). L� viene ferito gravemente alla mano sinistra nei combattimenti delle cinque giornate. Torna a Taranto, ma subito si imbarca di nuovo e girovaga per i porti del Mediterraneo e la costa del Nord Africa. Nel 1924 , spinto forse dall�inconscia simpatia naturale per Rousseau le douanier, diventa doganiere a Palermo. Vi rimarr� per due anni. I doganieri erano un corpo speciale,con paga scarsa, raccattato per ogni dove che dipendeva dal comune. Qu�, Carrieri, non aveva occhi che per leggere e lo studio del professore Ferrante, un giovane sacerdote che abitava all�ultimo piano del casamento, accosto alla chiesa di Sant�Eulalia, costitu� il suo primo incontro con i classici. Studia, frequenta pittori, legge molto. Dopo due anni, con la liquidazione della pensione di invalido per l�impresa di Fiume, si reca a Parigi ed entra in contatto con la vivacit� della grande capitale culturale dell'Europa, stringendo relazioni e amicizie con i maggiori artisti (soprattutto pittori). Dal 1930 si stabil� a Milano, dedicandosi soprattutto alla critica d'arte e alla poesia. Significativi i suoi contributi all'Ambrosiano, l'Illustrazione italiana, XX si�cle, Pan, Tempo, Corriere della Sera, Epoca, Milano-sera. Fond� egli stesso nel 1945 un mensile di arte e letteratura, Le tre arti.

La poesia di Carrieri nasce intorno agli anni quaranta sotto il segno di un omaggio a un grande artista, Campigli, che egli contribu� a valorizzare; considerata nel suo insieme (undici volumi, molti usciti dal commercio) essa rappresenta l'idea e l'esperienza di un perpetuo vagabondaggio, nel tempo e nello spazio. "L'anonimo viaggiatore senza valigie e senza addii"; cos� si definisce lui stesso, non senza premettere: "Sono il viaggiatore ideale" (Il grano non muore). Questo suo viaggio, che si estende non solo nella vita di Carrieri dalle tappe avventurose, quella di un moderno picaro (come lo definisce G. Spagnoletti), entra poi nel vasto paesaggio culturale del nostro secolo, con frequentazioni che vanno da Apollinaire a Ungaretti, da Lorca a Max Jacob. Gi� subito troviamo un ilare impegno ad abbracciare le pi� spericolate esperienze moderniste e surrealiste; ma sempre con accenti d'una chiarezza avvincente. � il segno entro cui si collocano Lamento del gabelliere e Souvenir caporal, La civetta e Il Trovatore, e via via gli ultimi volumi, Fughe provvisorie e il migliore di essi, La richiesta del niente. In tutti, ma in particolare nelle pi� recenti raccolte, ritornano i temi essenziali di Carrieri: il rischio sorridente, ma anche spericolato di chi affronta la vita, gli incontri sentimentali e quelli artistici, rifluiti poi ancora una volta nello splendido brogliaccio, Il grano non muore.
Sembrerebbe, dunque, un poeta che si lascia andare alla ventura, ma questa immagine non gli corrisponde. Carrieri � un poeta di rimpianti elegiaci, e il suo ritorno al passato lo concepisce non come un richiamo esistenziale, ma come un enigmatico sogno: quello di chi non sente mai un limite alle possibilit� visive, al giocoso risiedere sulla terra, nel quadro di una perenne curiosit�. Nell'ultima raccolta, dove sono andati a perdersi gli echi letterari (che poi corrispondono ai nomi prima fatti), la materia della lirica assume decisamente il tono di una favola. Restano impresse le strofette dedicate all'amico pittore Cantatore:
Ho poco meno di cent'anni: / non sono fra i galli / non sono fra i coralli. Oppure le altre di �Doppio errore�:
Il demonio nel fabbricarmi / commise doppio errore: / tenero mi fece il cuore / e le mani sciolte. / Mani sveglie mani molte: / pronte a dare: / pi� pronte a prendere / e sparpagliare. Ma qualcosa d'altro va aggiunto: l'ordito del canto, lo spessore della visione con la sua ambiguit� non nascondono nel poeta il senso del niente, inteso come avveramento della vita, di una nientificazione che d� colore di attesa e di sussulto ad ogni istante. Forse dalla libert� all'attesa della fine c'� un intervallo che il poeta sa colmare stoicamente, allontanandosi da ogni indizio di sfacelo, mentre continua la navigazione della vita. Ed anzi ogni poesia � come un guardare sempre dalla parte del sogno, lui il poeta immaginandosi sempre diverso da tutti, ora un animale, ora un orecchino che pende dall'orecchio di una bella signora, ecc. Trasfigurazioni che perseguono sempre lo stesso fine; fare e disfare il mondo, secondo il suo gusto di picaro.

Scrisse oltre 40 volumi di saggi e narrativa, di rilievo quelli riguardanti le avanguardie e i Futuristi. Conobbe e fu in corrispondenza con personalit� di rilievo come Lautrec, Modigliani, Cendrars, Picasso, Marini, Campigli, Fiume, Cagli, Apollinaire, Cantatore, Ungaretti, Montale, de Chirico, Gentilini, Campigli, Alfonzo Gatto, Zavattini, Chagall, Francesco Flora, Cesetti, Messina, Savinio, Guttuso, Prampolini, Manz�, Ada Negri, Eduardo De Filippo, Dino Buzzati, Carlo Bo, Orfeo Tamburi, Lucio Fontana, Giorgio Morandi, Salvador Dal�, Bontempelli, Sironi, Carlo Carr�, de Pisis, ecc. Collabor� anche a numerose riviste, fra le quali spicca Esperienza poetica di Vittorio Bodini, dal 1954 al 1956 (sulla quale scrissero importanti nomi impegnati nel rinnovamento poetico e nel superamento della contrapposizione neorealismo / marxismo per una nuova forma poetica; ricordiamo fra gli altri Erba, Roman�, Scotellaro, Caproni, Tentori, Volponi, Zanzotto, Bellintani, Bona, Cataffi).

La sua opera di poesia pi� significativa e matura dal punto di vista artistico, � la raccolta delle poesie d'amore Canzoniere amoroso, 1959. Ebbe importanti riconoscimenti per la sua opera poetica (Viareggio, Chianciano, Tarquinia-Cardarelli, Taormina).  

Di questo singolare poeta molto � stato detto e scritto. Egli � infatti un personaggio molto attivo nella cultura italiana degli anni '50 e '60, scrive su riviste e quotidiani di ampia tiratura e diffusione ed � molto conosciuto, anche se molto schivo. �Superficialmente potremmo leggere la sua poesia come l'espressione di una pur dotta ricerca stilistica, prosodica, musicale; dal punto di vista dei contenuti, come una specie di tranquillo canzoniere di un'anima borghese e chiusa al mondo con questo suo esasperato parlare di s�, che non � per� il narcisismo dannunziano o l'intimismo dei crepuscolari, anche se con questi movimenti la poesia di Carrieri ha molto a che vedere, ma per reazione avversa a queste poetiche� (Lucini). Su questo il Gramigna afferma: � che gli anni importanti e gli incontri determinanti per Carrieri sono stati quelli di Parigi a contatto con la nuova letteratura del primo trentennio del secolo, Apollinaire in testa�.

In effetti, ad un esame pi� approfondito che prenda in considerazione i doppi sensi caratteristici della sua scrittura, la sua ci appare una poesia tormentata, estremamente mobile, sempre in movimento, come la sua vita, come egli stesso sembra suggerire nei versi di una sua lirica:� Si addice al mio verso/ l'andamento leggiero/  e l'odore bruciato/ del fuggiasco.�

La sua visione della vita comunque, resta sempre quella del viandante, dell'occupante provvisorio di questo mondo, quasi da lui staccato, un mondo che egli fende e attraversa vorticosamente e sempre in fretta, sprizzando energia fisica e mentale, con immaginazione vulcanica, capacit� di legare i segni e i significati di questo mondo alla parola e nello stesso tempo all'immagine pittorica, creando una scrittura iconica di grande potenza. La sua poesia � una casa, che a volte viene ridipinta, risistemata, meglio ridefinita nei suoi spazi, impreziosita con addobbi o altro, ma sempre la stessa. Ad una attenta lettura, sembra di poter individuare questi elementi, mimetizzati da una scrittura apparentemente semplice, elegante ma quasi popolare, talvolta quasi nenia, filastrocca. Con lo spazio necessario per poter svolgere una analisi almeno sommaria di questi testi, potremmo renderci conto del ciclopico lavoro di lima (La vita ho consumato / su carta e inchiostro. / Mio Dio quanto ho limato / notte e giorno.) a cui egli sottopose i suoi testi, potremmo renderci conto della sorprendente abbondanza di figure retoriche, sintattiche, semantiche e logiche che sono nascoste in queste brevi liriche insonni che comincerebbero allora come ad esplodere sotto i nostri occhi. Dal punto di vista strutturale e dello stile la poesia di Carrieri � un pozzo senza fine, ma anche e soprattutto per i riferimenti extratestuali, le allusioni, le citazioni nascoste, i riferimenti ad altri testi, alla pittura e alla musica e addirittura alle Sacre Scritture, che sono mimetizzati ma abbondano in ogni lirica e ce la fanno rileggere in maniera sempre diversa � una poesia che va letta molto attentamente, cercando nel testo cos� esile e quasi etereo, i grandi tesori che esso racchiude. Carrieri sembra rifuggire i grandi temi che appassionano gli intellettuali del dopoguerra e parlare soltanto della sua esperienza. In realt�, questo "io" singolare presente nella quasi totalit� delle liriche in effetti � quasi sempre un "io" universale, una proposta fatta al lettore, un parlare della sua vita. I valori del messaggio, i contenuti nascosti, sono sempre contenuti di una esperienza collettiva, perch� tendono a un coinvolgimento (e coinvolgono). Quella di Carrieri � la proposta di uno stile di vita, di un modo di vedere la vita, partecipante e assieme distaccato, presente e assente e potenzialmente sempre in fuga. Anche quando egli si sofferma in temi che richiedono staticit�, pensosit�, su temi drammatici e struggenti come il Compianto per Garcia Lorca, o l'accorato Piet� cuori duri, egli lo fa con questa doppio registro, da una parte la partecipazione intensa che scaturisce dal messaggio, dal modo di trattarlo, di caricarlo di senso, dall'altra con una forma musicale ricercata, sfuggente, aerea, leggera, unita ad una prosodia ricercata e preziosa, ricca di elementi iterattivi, rime interne, allitterazioni, assonanze, paranomasie. Anche quando il suo verso sembra cercare la cantilena, l'andamento rapsodico, il tono minimale del canto popolare, l'an�fora, egli non abbandona mai il rigore della ricerca e la fatica della lima, in modo quasi esasperato.

Opere poetiche di grande ispirazione sono: Lamento del gabelliere, (1945); Souvenir caporal (1946); La civetta (1949); Il trovatore (1953); Calepino di Parigi (1954); Canzoniere amoroso (1958); La giornata � finita (1963); Io che sono cicala (1967); La formica Maria (1967);Stellacuore (1970); Le ombre dispettose (1974). 

Nel preparare questa presentazione di Carrieri, mi sono servito della tesi di laurea � La poesia di Raffaele Carrieri � di Emilia Fistetto (mia consorte), relazionata dal Prof. Ennio Bonea e depositata presso la Facolt� di Magistero dell�Universit� degli Studi di Lecce; della"Storia della letteratura italiana del Novecento", Compton editori S.r.l., Roma 1994, pp. 526 e 527) Newton di Giacinto Spagnoletti; dell'edizione antologica Poesie scelte, Mondadori, 1976, a cura di Giuliano Gramigna; dell� antologia della poesia italiana a cura di Gianmario Lucini; dal testo �Raffaele Carrieri una vita per la poesia� di Luigi Cavallo, Rusconi, 1978 e dalla breve ma intensa frequentazione avuta col poeta, purtroppo nell�ultimo periodo della sua vita.

 

Dario Pisconti

 

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Poesie Scelte

 

 

Da Lamento del gabelliere, (1945)

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Lamento

 

Non pesa il fucile ad armacollo

n� il pastrano n� la cartucciera

lo stivale non pesa nella sera

n� la brina sulla bandoliera.

� l'ora ventidue, manca un minuto:

il giro della luna s'� compiuto.

All'oscuro le pietre sono colte

da improvvisa tacita morte.

In cielo non scorre fiume

la foglia pi� non riluce

il muro � tornato muro

e lo stivale ancora stivale

sopra il cuore del gabelliere.

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Attesa di niente

 

La luce non mi � stata compagna

sulla terra n� l'acqua sorella.

L'affabile acqua piovana

che materna addormenta

il vecchio gabelliere

e la giovane rana.

Avrei voluto chiudere il cielo

come una semplice porta

per restare una giornata

acquattato sull'erba

in attesa di niente.

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Muro sopra muro

 

Maledetto sia questo silenzio

che alza muro sopra muro:

il cielo separa dal corpo

lo sguardo dell'occhio.

Tra l'una e l'altra mano

c'� lo spazio di una valle.

Maledetto sia questo silenzio

che alza muro sopra muro.

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Mio limone

 

I tuoi rami sono lunghe

mani di ragazze more

il cui polso garrulo suona

di verzicanti bracciali

Il tuo profuno � una scala

di tondi lisci gradini

che corrono a chiocciola

intorno alla luna.

La tua foglia � tre volte

verde come una verde

bandierina d'alga

di domenica siciliana.

Il tuo frutto ha sapore

di navigli nuovi

che prendono il mare

con risa di fanciulle.

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Fine della giornata

 

A ogni fine di giornata

quando il cielo muore

con la gola tagliata

come la gallina nera

resto solo sul prato

con gli odori della sera

e il sacco di cenciaiolo

dove raccolgo la cenere

delle mie ore terrene.

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Mi duole

 

Seguo la mia pipa

Come un cieco segue

Un altro cieco.

Cielo non v'� stasera,

non c'� neanche

un poco di cielo

su cui andare.

Mi duole la pipa, stasera.

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Piccola morte

 

So questo, era un soldato

con un paio di scarpe nuove

che accanto gli stavano

a vegliarlo giorno e notte.

Aveva una fucilata nel petto

e ogni volta che tossiva guardava

con ceruli occhi le scarpe

che vegliavano come cani

la branda dell'infermeria.

Mor� alle cinque del mattino

dicendo queste sole parole:

"mettetemi amici le scarpe

� venuta l'ora di andarmene."

Mor� alle cinque del mattino

con gli occhi rivolti alle scarpe.

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Chi mi cammina dentro

 

Chi mi cammina dentro

e orma lascia di fuga?

Chi rimuove l'antica collera,

chi brucia, chi mi fruga?

Chi si serve del mio piede

e attraversa la strada

non mia?

Chi l'amico percuote

con la mia buona mano?

Frammenti d'altre vite,

memorie di peccati

antichi io mi porto.

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Morte del fiume

 

Non c'erano donne a piangere

la morte del fiume

n� madonne con le spade

e fazzoletti: all'oscuro moriva

come un cavaliere caduto

da cavallo. Non c'era luna

a piangere n� fidanzata

mentre i neri battellieri

percuotevano all'oscuro

con mazze e martelli

il corpo morto dei fiume.

Non c'erano monache a piangere

n� orfanelle: non c'era l'angelo.

l'angelo delle sere d'inverno

chiss� dov'era con la sua slitta

bianca e le sue lane.

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Lamento delle 0,20

 

Signore, tu mi lavori senza tregua.

Nell'inverno mi lavori e nell'estate,

nei giorni delle feste consacrate.

Nei mesi pari e in quelli di trentuno

Col sole con la pioggia con la luna.

a ore, a settimana, a cottimo, a giornata.

Come il canuto operaio della ferriera

tu mi cuoci mi sciogli e non ti bruci.

 

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Da Souvenir caporal (1946)

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Coprifuoco

 

Una sera fra le sette e le nove

una sera dell'ultimo inverno

allo scocco del coprifuoco

il cielo ha lasciato la terra

schiodando l'ultimo chiodo.

Una sera fra le sette e le nove

il cielo fugg� dalla terra

su un toro di fuoco,

una sera dell'ultimo inverno

allo scocco del coprifuoco

Una sera fra le sette e le nove

il sangue s'apprese alla mota

allo scocco del coprifuoco.

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Compianto per Garcia Lorca

 

Al muro, il poeta al muro

dicevano i giornali,

Lorca fucilato al muro.

Per telegrafo un muro

� uguale a un altro muro.

Gli angeli non hanno pianto

non hanno rivolto domande

perch� in paradiso � proibito.

Hanno guardato il muro

Hanno guardato il sangue

Come si guarda una rosa

Sopra un muro di calce.

Hai colto la rosa

E ti sei messo a giuocare:

era come alla fiera di Cordova

era come alla corrida,

era come alla porta del sole

il giorno di Sant'Isidoro.

Era bello vedere gli angeli

Incantati di te, Garcia.

Erano stati ragazzi a Siviglia

E ti apprezzavano.

All'improvviso furono tristi,

la rosa era pi� bianca

e tu pi� fioco.

Erano stati ragazzi a Siviglia

E sapevano che un muro

� diverso da un altro muro.

In cielo te lo sei portato

Perch� ce ne fosse uno meno.

Gli altri portano cavalli,

portano cigni e colombe:

Tu, Garcia, un muro

Un muro che non si scavalca.

Lasciate che gli angeli piangano.

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Da La civetta (1949)

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Malia d'inverno

 

Malia d'inverno mi tiene

e fuochi al chiuso.

Mai pi� torner�

alle notti nel mare

sotto il gaio Capricorno.

Mai pi� sparger�

foglie di ruta

sulla fronte di venere

n� ascolter� al fresco

lo stornello grottesco

del venditore di terre

che passa a cavallo

con sette voci

come sette liquori.

Fiore di spina

Abbandono il festino

la tazza il tamburo

e torno al fiore di spina.

Il vostro modo di uccidere

di cantare e fare all'amore

non mi appartiene.

Dove vado io nessuno viene

Io non voglio aprire le braccia.

Non ho niente di buono

e dove vado io nessuno viene.

Terra dopo terra ancora terra.

Terra da pane e terra da vino

terra infine per morire.

Io non voglio aprire le braccia.

Non ho niente da dare

niente da ricevere

e dove vado io ci sono spine.

Spine la sera spine la mattina

spine per scendere spine per salire.

Io batto la terra

Io torno al bosco ai boschi

E batto coi piedi la terra

come si batte la donna amata

per capriccio o allegria:

in una mano ciondoli

e nell'altra ruscelli.

Io batto e batto la terra

come si batte lana di pecora

prima che la sposa si corichi.

Rauco pi� della cornacchia

e pi� stonato del violino di valle

io canto perch� mi piace cantare.

Gioco dell'oca

L'allodola il fiume l'ocarina

l'immagine di te alla finestra

che ti pettini come uno suona.

I monti continuano i capelli.

Mie stanze di paglia e di fuoco

aprite tutti i cancelli: fra poco

l'allodola il fiume e l'ocarina

sar� io nei tuoi capelli.

 

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Da Il trovatore (1953)

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Forestiero in ogni luogo

 

Forestiero sono stato in ogni luogo

pi� del lucchesino in Brasile

che vende re di scagliola.

Sono andato di paese in paese

come il piccolo calabrese

astrologo e ombrellaio.

Ho risparmiato e sprecato.

sono stato pi� paziente del muratore

che attraversa il mare

per alzare un muro in Australia.

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Sera d'Africa

 

I cammellieri fermarono i cammelli.

L'aria era piena di tamburi

come un cestello � pieno d'uova.

Disceso dalla mia torre di stracci

strinsi molte mani

e molto mi inchinai.

Quale giuoco interrotto ripresi?

I millenni divennero specchi

inganni e begli sguardi.

Sposai Sara con la vista.

i neri capelli furono miei

e il gelsomino dei seni.

Senza disfare veli

presi la via del mare.

Sara di nuovo nel tallero

conservato nella lana

suona ancora nell'aria

delle mie sere d'Africa.

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Tavoliere

 

Quando scendo dagli Appennini

alla patria remota dei fieni

dell'orbo mi sovviene

asino delle cisterne

che lo zero ripete sempre

alla sete del Tavoliere.

Lunga sete zero cocente

muore l'acqua della sorgente.

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Piet� cuori duri

 

Piet�, piet� cuori duri

piet� per l'uccello migratore

che ha perduto un'ala in volo.

Piet� per l'orfano gitano

che s'� giocato a carte

sella e cavallo

suicida in una prigione.

Piet� per il giovane Nessuno

ucciso in Cina

o un qualsiasi altro luogo

clima razza condizione.

Piet� per chi muore all'impiedi

dentro una camera d'affitto.

Piet� per chi cade

piet� per chi si lascia cadere.

Piet�, piet� cuori duri

voi che siete sempre seduti

e apprendete dai giornali

la morte degli altri.

 

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Da Canzoniere amoroso (1958)

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La morte mi confonde

 

Ancora la morte mi confonde.

Lapillo o fuscello

io sono quello

che muta spola e spoglia

al sangue che veglia.

Ancora la morte mi confonde

alle coste, alle sponde

dove non sono:

alla rondine che di me muore

chiedo perdono.

Qualcuno che mi somiglia

Una sera qui sul Quai Voltaire

qualcuno che mi somiglia

verr� a ricominciare

l'intesa delle ciglia.

Qualcuno che mi somiglia

fuggiasco come me

t'inganner� coi suoni

rochi del fiume.

Qualcuno che mi somiglia

ti piegher� a giunchiglia.

Socchiuso ti sto a guardare

Socchiuso ti sto a guardare

fare lega col mare.

T'investe, ti scioglie

con spade e coppe

ti coglie.

Rovinoso prestigio

dell'indaco:

interrompo il giuoco

apro l'occhio

e ti faccio entrare.

Arpa d'acqua.

Che attenzione: l'udito, l'orecchio.

Che divertimento

distinguere, confondere

l'acqua

l'arpa

e il campanello della brina

che si rompe in aria.

Accoccolata ridi

del faceto muro

che ci divide.

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Bagno di Sara

 

Quanti sguardi alle balaustre

e trapani nell'aria:

pi� nuda non potevi essere.

Da siepi e feritoie

spiavano i caprai,

ti tagliavano con gli occhi.

Pi� nuda non potevi essere

del pesce spada controvento.

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Il cestino

 

Se le mani intrecci nel sonno

e fai un cestino

io so che vai al bosco negro

per fragole

e fuori mi lasci,

solo mi lasci fino al mattino.

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Non dire al poeta

 

(a Ezra Pound nel Manicomio criminale di Washington)

 

Non dire al poeta che il pane

� pi� bianco del sale.

Non chiamare la guardia

se il poeta brucia.

Non dire quel che deve fare

se il mare � in tempesta.

Lascia che il poeta pianga

il cristallo ferito

nell'oscura trincea della miniera.

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Toledo

 

La testa piena d'icone e di spine

vado con le spade

fuori Porta della Visagra.

Vado a Santa Maria la Blanca

vado sul ponte d'Alc�ntara.

Vado al fiume coi cani ciechi

vado con tutte le pietre

e il Conte muore,

il conte muore in tutte le ore.

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Manola a Valencia

 

Maestra � Manola a Valencia

e i cuori smaglia

al mercato delle selle.

L'antica arte degli occhi

qui � pregiata.

Con gli sguardi lavora Manola

come il sellaio col trincetto

e fa con tanti agnelli

una sola sella.

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Volgiti dalla mia parte

 

Lascia pinze e pinzette

e le matite che riscrivono l'occhio.

Mia bella, lascia il rosso

che tinge il bicchiere.

Lascia scorrere la voce

come un liquore insensato

e non correggere il tempo

con l'ora tetra dell'orologiaio.

Mia bella, non aggiungere non sottrarre:

lascia al pettine il divagare

e volgiti dalla mia parte.

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Non attendere

 

Quella che vedi tra le frasche,

incappucciata di rosa viola,

la susina � di San Martino.

All'albore d'ottobre matura

e se devi coglierla

non attendere l'inverno.

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Funaiole

 

Una mi slega l'altra mi lega,

funaiole chi � che mi salva?

Mano forte fa lunga la corda

e forte stringe quello che ama.

Funaiole non fate pi� nodi

che niente ho da annodare:

tirando la canapa ai chiodi,

funaiole non fatemi male.

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Da La giornata � finita (1963)

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L'amico probabile

 

Se in tre sai dividere un capello

non fai per me.

Se meno stimo il prato del cancello

non fai per me.

Se l'acqua discacci con l'ombrello

non fai per me.

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Le strade

 

Quello che sono e sono stato

domandatelo alle strade

dei paesi della sete.

Tufi lucertole spine,

bell'uva sulle colline

dove fui ladro di galline.

Strade di cenere e pomice

lavorate dallo scorpione.

Dove ramingo io vissi

la cicala ancora muore.

Quello che sono e sono stato

domandatelo alle strade.

Una dice, scatenato!

E mostra le ferite

che fuggendo ho lasciato.

Dalle braccia di mia madre

dalle mani dell'amata

sempre fuggiasco sono stato.

Da me solo inseguito

braccato, colpito.

Re per un giorno

per cent'anni povero.

Soldato bracciante gabelliere:

su ogni nuova strada

nuovo mestiere.

Domandate ai sentieri della neve

alle doline alle cordigliere

quello che sono e sono stato.

Domandatelo alle strade.

Alla malora carte

cartigli e scartoffie

che potevano darmi gloria.

La vita ho consumato

su carta e inchiostro.

Mio Dio quanto ho limato

notte e giorno.

Mio Dio quanto ho penato.

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L'asino di Gerona

(a Domenico Cantatore)

 

Il falegname che batte il legno

nulla sa di ci� che duole e non duole

e ha cura della sua mano

quando forte percuote.

Nessun legno ha mai detto:

ahi! falegname, mi fai male!

La pietra si lascia rompere

dal tagliapietre,

l'asino del padrone.

Questo povero animale

poggiato come un arnese

l'asino � di Gerona.

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Il silenzio non mi salva

 

Il silenzio non mi salva

la parola non mi aiuta.

Muri aggiungo muri tolgo.

Pi� mi scopro pi� mi nascondo.

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Fra la gente vivo

 

Fra la gente vivo

e ballo da solo.

Di ragione privo

un poco mi consolo

di ci� che manca.

musica, musica!

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Le parole che dice

 

Le parole che dice

non dicono niente.

Ma quando ride,

e ride sovente,

il silenzio splende

la morte si diverte.

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La mia barca

 

A secco ho tirato la mia barca

e l'acqua mi ha compianto,

ha compianto il vecchio marinaio.

Nella bonaccia nella tempesta

fedele sono stato alla mia barca.

Lontano va il mare e non si stanza.

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Quella io adoro

 

Adoro la donna pesce

dal riflesso sfuggente.

Quella io adoro

che all'oscuro

fa luce

e subito dispare.

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Da Io che sono cicala (1967)

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Io che sono cicala

 

Io che sono cicala

per te canto.

Per te canto

che stai zitta,

sola in ombra

nella casa grande.

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Si addice al mio verso

 

Si addice al mio verso

l'andamento leggiero

e l'odore bruciato

del fuggiasco.

Si addice il vento caldo

che fa spuntare

astri all'aglio

nella fornace di sabbia.

Nasce per la rabbia

lo spinoso cardo

e la capra consola

col suo fiore.

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A Siviglia una colomba

(a Roberto Scalabrini)

 

Nel meriggio di fuoco

dava cornate il sole

e mi strappava

senza sangue il cuore.

Fuggevole un'ombra,

una sola colomba

muovendo appena le ali

fresco rifece amore

coi suoi aliti.

Arlecchino mio buon principe

Arlecchino mio buon principe

delfino primo

del salto mortale,

stanca � l'arpa

per tanto suonare.

Alla fine di ogni vita

stringe polvere la calamita.

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Da La formica Maria (1967)

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La formica Maria

 

In vita meno pesava d'ogni cosa

la formica Maria.

Per trattenersi ancora

nella cucina della fattoria

il tempo ferm� con l'ombra sua.

In vita pesava meno d'una piuma

la formica Maria.

E quando divenne muta,

per non lasciarmi solo

il silenzio col piombo rifuse.

In vita pesava meno d'una foglia

la formica Maria.

E quando divenne pietra

in sei furono a sollevarla

per portarsela via.

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Ora che se n'� andata

(a Francesco Messina)

 

Ora che se n'� andata

non voglio spezzare il pane

sulla sua tovaglia,

sciupare non voglio le pieghe

alle sue tele bianche.

Ora che se n'� andata

non voglio, non voglio sentire

il rumore delle stoviglie:

l'argento era suo, il lucore

di crete e caffettiere.

Spegnete la carbonella,

fuochi e lumi spegnete

perch� la mia maestra

se n'� andata in una stella.

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Da Stellacuore (1970)

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Dimesso l'affanno

 

Dimesso l'affanno;

quieto, distante, separato

e infine perdonato

da quelli che mi amarono.

Questo mucchietto di cenere

in mezzo alla foschia

sono io; l'erba che sopra

vi cresce, ancora verde

la mia poesia.

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Da Le Ombre dispettose (1974)

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Ho perduto vecchi amici

 

Ho perduto vecchi amici

che sembravano fedeli,

e altri pi� giovani e leggieri

sono usciti dai muri

come ladruncoli svaniti.

Se ne sono andati quasi tutti

in punta di piedi,

ballerini incapaci

che fingevano volare

verso frontiere assicurate.

Nessuno si volt� a guardare

dalla mia parte informe

dove, dopo le rovine,

la musica ricominciava.

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Fra poco

 

Consumato l'ultimo

inchiostro, fra poco

fra poco sar� pronto

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