NOTE SULL'IMMAGINE
DI DIFFRAZIONE
Come é noto a tutti gli astrofili, l'immagine di una
sorgente di luce puntiforme, quale puó essere considerata, ai fini pratici, una
stella, non é un punto di dimensioni infinitesime, bensí una figura di
dimensioni finite, dell'ordine di pochi micron, e di una forma ben determinata,
cui si dá il nome di "immagine di diffrazione".
Essa é formata
essenzialmente da due parti: una centrale e una periferica. Responsabile della
formazione della parte centrale é TUTTA LA SUPERFICIE dell'obiettivo. Responsabile della
formazione della parte periferica é IL BORDO DELL'OBIETTIVO.
Sia la forma che le
dimensioni di detta immagine dipendono dalla forma e dalle dimensioni
dell'obiettivo. Piú esattamente, le dimensioni dell'immagine dipendono dalla
APERTURA RELATIVA dell'obiettivo. A paritá di distanza focale, quanto maggiore il
diametro dell'obiettivo, tanto piú piccola l'immagine, e viceversa. Da questo
si puó subito dedurre come obiettivi di maggior apertura abbiano un maggior
potere separatore. Esistono due tipi di potere separatore: uno angolare
(assoluto) e uno lineare (relativo).
Il potere separatore
angolare non dipende dall'apertura relativa dell'obiettivo, ma solo dal suo diametro,
e si misura in secondi d'arco. Quanto piú grande l'obiettivo, tanto maggiore il
potere separatore angolare. Tanto per orientarsi, il potere separatore di un
obiettivo di 100 mm di apertura é di circa 1" d'arco, che corrisponde grossomodo al diametro apparente
di un dischetto di un cm. di diametro posto a 2 Km. di distanza.
Il potere separatore
relativo dipende dall'apertura relativa, e si misura in linee/mm. Per es.,
tutti gli obiettivi aperti a f/10 indipendentemente dal loro diametro, hanno lo
stesso potere separatore relativo (circa 180 linee/mm). Ma quelli di diametro
maggiore avranno un maggiore potere separatore assoluto (le immagini delle due
componenti di una stella doppia, per esempio, avranno le stesse dimensioni, ma
nell'immagine prodotta dall'obiettivo piú grande, essendo maggiore anche la
distanza focale, saranno piú distanziate fra loro).
Un fatto molto
interessante per l'astrofilo é che la forma e le dimensioni delle immagini
prodotte da un obiettivo possono, entro certi limiti, essere modificate a
seconda delle esigenze; cosa che, ovviamente, si puó fare solo conoscendo come
dette immagini si formano. Trattandosi di un articolo di divulgazione, lasciamo
da parte le formule e le spiegazioni troppo sottili di ottica fisica, e cerchiamo
di analizzare i fatti nella maniera piú semplice.
Gli obiettivi sono di solito rotondi, salvo casi particolari (come l'occhio del gatto). Ma in pratica quello che conta é la forma del diaframma, che non sempre é rotondo: ci sono diaframmi rettangolari, quadrati, pentagonali, esagonali, ecc; e anche i bordi delle lamelle non sempre sono retti. Ma ai fini esplicativi consideriamo qui il caso di un obiettivo quadrato, (fig.3) per passare poi a quelli di altre forme. L'obiettivo quadrato fornisce una immagine di diffrazione cosí composta :
UNA PARTE CENTRALE, delle
dimensioni di pochi micron, originata DALLA SUPERFICIE dell'obiettivo, ed avente
una forma quadrata.
UNA PARTE PERIFERICA, di
dimensioni molto maggiori (fino a vari mm.), originata DAI BORDI
dell'obiettivo, e consistente in una croce sottile, i cui bracci sono di intensitá
(e quindi anche lunghezza) proporzionale alla lunghezza dei lati.
Se
l'obiettivo, anzichè quadrato, fosse rettangolare, la parte centrale sarebbe
formata da un rettangolo, e i bracci della croce avrebbero larghezza e lunghezza inversamente proporzionale
ai lati del rettangolo.
Per obiettivi triangolari,
pentagonali ed esagonali
(fig.4) valgono analoghe considerazioni.
Diaframmi rettangolari o triangolari non sono comunque consigliabili, salvo che per
motivi sperimentali: nel caso del triangolo, per esempio, i raggi prodotti
sarebbero 6, cosí come nel caso dell'esagono, che ha peró il vantaggio
di avvicinarsi di piú al cerchio, con minore perdita di luminositá e di potere
separatore.
L'obiettivo
rotondo (fig.1) non é altro che
un obiettivo poligonale con un mumero infinito di lati. L'immagine centrale sará
pertanto un "poligono" con infiniti lati, cioé un disco; le "croci" saranno
anch'esse infinite; ma, essendo i "lati" molto piccoli, anche la loro intensitá
risulterá ridotta, e invece di osservare infinite croci osserveremo degli anelli
(spettri) di primo, secondo, terzo... ordine. Anche le croci, in realtá, non
sono altro che spettri di vario ordine, e, a un attento esame, si piú facilmente
constatare come i bracci della croce siano in realtá formati da una serie di
piccoli segmenti,
visti qui in luce
monocromatica. Nella pratica, questi
fenomeni sono ulteriormente
complicati in presenza di luce
bianca, dato che ogni colore, sia per
diffrazione che per rifrazione, viene disperso e deviato in misura diversa.
Con l'uso di un obiettivo
rotondo (fig.2) osservando l'immagine di diffrazione di una stella, formata dal suo
bel dischetto centrale e dai suoi anelli, un osservatore attento non puó non domandarsi che cosa succederebbe se si potessero eliminare gli anelli.
Ció, infatti, permetterebbe non solo di aumentare il potere separatore
di un obiettivo, ma anche di migliorarne il contrasto. Di fatto questa
possibilitá esiste, e la tecnica usata per attuarla é conosciuta col nome di
"apodizzazione" (dal greco:
a privativo e podos,
genitivo di piede = "tagliare i piedi"). Detta denominazione deriva
dalla forma del grafico che rappresenta l'immagine di diffrazione,
che é simile a una colonna, il cui fusto rappresenta la parte centrale
dell'immagine, mentre la base (i "piedi") rappresenta gli anelli.
La maniera piú semplice di
ottenere tale risultato consiste nell'uso di un filtro degradante, la cui
trasparenza é massima al centro, per ridursi a zero in prossimitá del bordo
dell'obiettivo, facendolo scomparire. Si ha una lieve diminuzione di
luminositá, cosa in molti casi non grave, e un abbassamento del picco centrale
nella rappresentazione grafica, indicante una lieve diminuzione della
brillanza del disco centrale.
Ci sono anche altre
tecniche per modificare l'immagine di diffrazione, ma per estensione, anche in
questi casi si suole parlare di apodizzazione. Una abbastanza usata é il
ricorso al giá menzionato diaframma esagonale
(fig.4). L'uso di tale diaframma,
mentre da un lato provoca la trasformazione dell'immagine centrale da cerchio
in esagono, dall'altra elimina totalmente gli anelli di diffrazione, facendo in
modo che la luce diffratta dal bordo, invece di andare a formare anelli, si
concentri in una figura a 6 bracci. Nell'esame di oggetti estesi il contrasto
globale rimane invariato; ma nell'osservazione di stelle doppie, dato che la
distribuzione della luce nel campo é cambiata, é possibile separarle con
maggior facilitá orientando opportunamente il diaframma, in modo che la
componente piú debole vada a cadere sulla bisettrice di due bracci contigui,
aumentando di fatto il potere separatore. Ben noto il caso del compagno di
Sirio, al limite di risoluzione di un telescopio da 16", che con questa
tecnica é possibile separare anche con uno da 14".
Un discorso a parte meritano le "ostruzioni centrali" e le "crociere" (fig.5-8) dei riflettori.
In un riflettore
l'immagine si forma in maniera analoga a quanto avviene nel rifrattore, con
qualche differenza dovuta all'ostruzione centrale, accompagnata o no da una
crociera. E' noto quanto tali ostruzioni siano dannose. Esse hanno infatti
due spiacevoli conseguenze:
UNA, trascurabile (calo
della luminositá);
L'ALTRA, piuttosto grave
(diminuzione del contrasto e del potere separatore).
Il potere separatore, in
particolare, viene ridotto perché la luce diffratta dal bordo dell'ostruzione
centrale va a cadere sul primo anello
(rivedere figura)
(fig.1-2) dell'immagine di diffrazione,
aumentandone tanto l'intensitá da estendere, in pratica, le dimensioni
dell'immagine centrale. Anche qui, l'uso di un filtro sfumato potrebbe in
pratica eliminarne il bordo, ma non é facile procurarselo. Piú semplice sarebbe
invece l'uso di un diaframma poligonale che, coprendo l'ostruzione centrale
circolare, farebbe cadere la luce da esso diffratta non piú sul citato primo
anello bensí su una "croce" a 4 o a 6 bracci, lasciando
invariato il contrasto globale del campo ma migliorando il potere separatore.
Nel caso del diaframma quadrato, sarebbe conveniente che lo stesso fosse
orientabile, al fine di orientare la croce di diffrazione da esso prodotta
secondo i quattro punti cardinali. Nel caso che per l'ostruzione centrale si faccia uso
di un diaframma esagonale, conviene che anche il diaframma
dell'obiettivo sia esagonale; in caso contrario, gli anelli di
diffrazione non sparirebbero. Anche questi diaframmi dovrebbero essere
orientabili. Particolare cura dovrá essere dedicata alla buona esecuzione degli
stessi e al controllo del parallelismo dei lati. La perdita di luce sarebbe in
ogni caso irrilevante.
Diverso é il discorso
sulle crociere. La crociera a 4 bracci, cosí come il diaframma
quadrato, forma anch'essa una croce
(fig.6) sempre a 4 bracci e ruotata di 90 gradi; a
parere dello scrivente questo tipo di crociera é il migliore, sia per la presenza
della croce di diffrazione, sia per ragioni meccaniche. La crociera a tre
bracci, cosi come un diaframma triangolare o esagonale,
provoca una immagine a sei bracci, ma di minore intensitá; esteticamente molto
bella, non facilita peró l'orientamento. Quelle a due bracci o a un braccio
solo provocano una sola linea, ad esse perpendicolare; decisamente brutte, sono
a mio avviso da scartare. Per eliminare dette figure dall'immagine di
diffrazione ci sono vari metodi: uno consiste nel renderle
curve (fig.7): le
croci spariscono, ma il contrasto non migliora, anzi peggiora, dato che
curvandole se ne aumentano le dimensioni e la luce da esse diffratta da qualche
parte dovrá pur cadere! L'altro consiste nel realizzare un "diaframma apodizzante", che, sovrapposto alla crociera, ne rende curvi (concavi o
convessi) i suoi componenti: il risultato é analogo, ma col vantaggio che tale
diaframma puó essere facilmente rimosso. Il suo uso é
particolarmente utile nell'osservazione di Giove, senza il quale il pianeta si
vedrebbe
cosí.
Per gli amanti della croce
centrale, per contro, negli strumenti catadiottrici e nei rifrattori, esiste infine anche la
possibilitá di provacarla artificialmente ponendo davanti all'obiettivo
due
fili tesi.
La presenza della croce di diffrazione, oltre ad essere
esteticamente bella, consente:
- di individuare piú facilmente i quattro punti cardinali;
- di individuare, nelle foto a lunga posa, il centro delle stelle;
- di evidenziare facilmente
se una stella é doppia
- di misurare, in tal caso, la distanza angolare delle componenti.
Lascio agli appassionati
piú entusiasti il divertimento di sperimentare con tutti i diaframmi,
ostruzioni e crociere immaginabili, sia con le forbici che col computer! A me
non resta che augurare a tutti buon divertimento nella sperimentazione di
queste tecniche e invitare chi lo desidera a mettersi in contatto con me; i
risultati puó darsi che non siano cosí strabilianti come qualcuno potrebbe
immaginare; ma sono certamente esperimenti interessanti, che non mancheranno di
dare ai ricercatori in erba piacevoli soddisfazioni.
db. Roma, lug.1996