Home page | filosofia e immagine | estetica | Filosofi antichi e medievali

Bonaventura

(Giovanni Fidanza)

Il teschio non manca mai dietro alla maschera tenacemente ammiccante, e la vita è solo l'abito a sonagli in cui si è avvolto il Nulla per farlo scampanellare e infine  stracciarlo rabbiosamente e gettarlo via da s*é. Tutto è Nulla.

  (Bonaventura, Veglie)

1221-1274

Il francescano Bonaventura  sostiene che da sola (=senza l'aiuto della fede) la ragione non è in grado di arrivare a Dio, perciò la filosofia deve dipendere (come “ancilla”) dalla TEOLOGIA. Per lui lo studio della NATURA attuato da Aristotele è da rifiutare in quanto pretende di essere autonomo dalla Religione. La conoscenza umana inizia dalla SENSAZIONE. La sua dottrina della conoscenza (=gnoseologia) cerca di conciliare la filosofia greca (Arisotele-Platone) con il cristianesimo.  Per il filosofo francescano Dio è l'ESSERE STESSO cioè l'essere la cui essenza comprende l'esistenza: quest'idea era già stata delineata con sicurezza da Anselmo.  

Nasce a Bagnoregio (Bagnorea) nel 1221/22, studia a Parigi e le arti liberali, poi interrompe gli studi di teologia ed entra nell'ordine francescano al seguito del suo maestro Alessandro di Hales. Raggiunti i 34 anni prescritti, iniziò la lettura pubblica (sulle Sentenze di Pier Lombardo). Si diede alla predicazione per fronteggiare l'attacco portato dagli insegnanti secolari contro gli ordini mendicanti (sia domenicani che francescani). Dottore nel 1257, generale dei francescani nello stesso anno, carica da cui si dimette nel '74 poco prima di morire (Lione 15 luglio). Canonizzato nel 1482 da Sisto IV, fu annoverato tra i dottori della Chiesa nel 1587 dal francescano Sisto V come doctor seraphicus

Il Comentarium in quatuor libros Sententiarum utilizza il pensiero agostiniano (dottrina tradizionale delle ragioni seminali) per attaccare il tomismo di Alberto Magno e di Tommaso. Sostiene l'evidenza dell'esistenza di Dio (è volontario sia l'errore del non est Deus dell'insipiente che il credere in Dio dell'uomo mosso dalla grazia). Il credere è il necessario presupposto o dell'intendere. La VOLONTA' è la facoltà sovrana, dominatrice sulla stessa ragione, perché è la dimensione che più avvicina l'uomo a Dio. La stessa libertà (nell'uomo come in Dio) non è altro che la qualità distintiva della volontà consistendo nel volere ad sui ipsius imperium. Il "volere il male" non è altro che la constatazione dell'oggettiva deficienza della libertà umana.
Bonaventura doctor seraphicus dipinto da Raffaello nella Disputa del Sacramento, di fronte a Tommaso, doctor angelicus.

L'Itinerarium mentis in Deum (Alvernia 1259) chiarisce che non è l'intelletto ma la volontà-grazia-amore-preghiera a portare a Dio. Ma nella definizione dei 6 gradi di ascesi opera in modo assolutamente razionale:

1. punto di partenza è l'acquisizione della verità assoluta che discende dall'agostiniano in interiore homine habitat veritas (ma sotteso a tale definizione sta il principio averroista "privationes et defectus nullatenus possunt cognosci nisi per positiones").

2. Il primo oggetto conosciuto dall'intelletto è dunque l'ente puro atto, l'ente perfettissimo-assoluto.

3. In Quaestio IV de scientia Christi constata l'imperfezione dell'intelletto umano che (a differenza di quello dei beati) ha sì un'intuizione della perfezione, tuttavia è un'intuizione ex parte, non piena, indistinta (in sua  generalitate). 

4. Perciò le intuizioni umane servono solo da stimolo per l'attivazione dell'immagine sensibile, e la conoscenza procede con il senso, che dà all'intelletto la materia,  mentre l'intuizione delle idee eterne dà la norma per la formazione dei concetti. Memoria ed esperienza si intrecciano necessariamente nella conoscenza.

Come in Agostino, anche in Bonaventura il rapporto  tra uomo è verità è compromissorio. Solo in brevi istanti si può attingere ad un'intuizione illuminata. Dio è presente quindi all'uomo, riconoscibilissimo e oggetto primo di esperienza, ma egli è anche intuitivamente trascendente, inconoscibile, e si può credere in lui solo per uno slancio di volontà (non enim crederet nisi vellet) mossa dalla grazia. 

Mentre Tommaso supera l'antinomia ragione-fede indicando un percorso razionale alla conoscenza per effectus del divino, Bonaventura apre la via ai confratelli Duns Scoto e Occam nell'accentuare il volontarismo, di contro alla logica e alla dialettica tomistica. Sono però ripresi dal pensiero moderno i temi dell'identità libertà-necessità, dell'attività dello spirito nella conoscenza, dell'autonomia del volere. 

Per Dante  il francescano Bonaventura  tesse le lodi di San Domenico, e si presenta come esaltatore dell'attività spirituale di contro alla materiale (sinistra) (Par., XII, 127-129): 

Io son la vita di Bonaventura
   Da Bagnoregio,che ne' grandi ufici
   Sempre posposi la sinistra cura.
....
Ad inveggiar cotanto paladino
  Mi mosse la infiammata cortesia
  Di fra' Tommaso, e'l discreto latino;

(Paradiso, XIII, 142-44)

Secondo Boving 1914 l'affresco di Raffaello sulla Disputa del Sacramento è ispirato alla dottrina di Bonaventura, in particolare all'Itinerarium e alla Reductio artium ad Sanctam Theologiam.

Fonte:

BOVING 1914: P.R.Boving, S.B. und der Grundgedanke der Disputa Rafaels, "Franziskanische Studien", 1914,I,1-sgg.

 

Home page | filosofia e immagine | estetica | Filosofi antichi e medievali

Hosted by www.Geocities.ws

1