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Erich FROMM

Psicoanalisi della società contemporanea, 1955 (MI:Comunità 1960)

Fromm lo scrive come continuazione di Fuga dalla liberta' (1941) in cui analizzava la tendenza dell'uomo moderno a rifiutare la libertà ed a trovare rifugio nella sottomissione ai movimenti totalitari.

L'obiettivo dell'autore e' partire da una definizione di quella che egli chiama patologia della normalità (della società occidentale
contemporanea), per tentare alternative che eliminino l'alienazione dell'uomo.
Critica l'industrialismo, sia nella forma  libero-concorrenziale che in quella burocratico-autoritaria,degli stati ad economia pianificata. 

La società industriale contemporanea si limita a soddisfare i bisogni consumistici, anch'essi comunque basati su aspirazioni artificialmente
provocate, "un atto di fantasia alienato dal nostro concreto e reale Io".
Fromm distingue il capitalismo del 6-700 (spirito del mercantilismo e della prima manifattura), da quello dell'800 che porta al massimo sfruttamento dei lavoratori, assecondato da una legislazione che aumentava la lunghezza delle giornate di lavoro e permetteva il lavoro infantile.
Il capitalismo del XX secolo porta ad un netto miglioramento delle condizioni dei lavoratori, ma contestualmente alla quantificazione ed astrattizzazione sia del lavoro che nei consumi, ad un crescente livello di anonimato dovuto alla diffusione delle società per azioni (che rappresentano il livello di sviluppo più alto nella tendenza alla separazione tra proprietà e conduzione e gestione delle imprese) e al processo di progressiva alienazione nella produzione e nei consumi (che pervade ogni manifestazione dell'agire umano); tutto ciò determina comportamenti c "consumistici": nelle compere, nel tempo libero, nell'educazione, nei rapporti con gli altri, tutto diventa acquistabile e fruibile da tutti, e tutti hanno la necessità di rinnovare frettolosamente i propri acquisti per dimostrare il proprio status, diffondendo l'illusione di vivere finalmente nella società del benessere che tanti attendevano e profetizzavano, che invece si rivela una società dell'avere e non dell'essere.
Nel secolo precedente, vi era ancora una forte esigenza di risparmio ed accumulazione che necessariamente imponeva una morigeratezza negli acquisti, scartando tutto ciò che veniva considerato superfluo, mentre nel XX secolo la situazione muta nella direzione opposta, e la predilezione per il superfluo diviene la regola, insieme con la soddisfazione immediata dei desideri sessuali, poiché altrimenti i rischi che si corrono sono la frustrazione ed i traumi della repressione.
L'anonimità' verificabile a livello delle società per azioni e' vista anche
come connaturata in generale alle depressioni economiche ed alle guerre,
perciò le catastrofi (economico-finanziarie e/o militari, ma tutte prodotte
dagli uomini) vengono avvertite come inevitabili, come leggi di natura,
piuttosto che come prodotti dell'uomo e dovute al suo sfruttamento; le leggi
del mercato, allo stesso modo con il quale la volontà di Dio e'
imperscrutabile per un calvinista che cerchi di scoprire se egli stesso sia
predestinato alla salvezza oppure no, sono viste come fuori dalla portata
della volontà ed influenza umane. In questo tipo di società - dove il
sentimento egoistico viene esaltato quale impulso istintivo, primo e
naturale, dell'uomo, mentre dalla sommatoria di ogni singola azione
individuale che da quel sentimento consegue deriverebbe una soluzione
ottimale per tutti - si sviluppa la definitiva frattura tra l'esistenza
pubblica, rappresentata dallo Stato (che viene visto come l'autorità' cui e'
demandato il compito di rappresentare la illusoria coesione sociale), e
quella privata, determinata dall'agire egoistico: in questo modo, la
proiezione di tutti i sentimenti sociali nello Stato comporta un generale
atteggiamento idolatrico da parte delle masse, le quali vi scorgono la
personificazione dei propri sentimenti che l'uomo adora come potenze
alienate da se stesso.
Nella sfera privata, il valore della persona viene stabilito dal complessivo
"valore" delle sue qualità spendibili, cioè investibili sul mercato; da
qui la considerazione della propria vita come un'impresa, nel bilancio della
quale si può avere un utile oppure subire il fallimento, evento questo che
può portare chi ne rimane vittima anche alla rinuncia alla vita stessa (qui
Fromm fa esplicito riferimento a un classico della sociologia: Il suicidio
di Emile Durkheim, 1897).
*
Il capitalismo, sostituendo il vecchio modo di produzione feudale, basato
sull'aperto sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo - giustificato dalla
forza della tradizione, che pur prevedeva una certa solidarietà di tipo
religioso tra le classi -, ne sostituisce anche l'autorità', che da
manifesta diviene strisciante, mascherata, subdola, ed agisce attraverso il
conformismo, che deriva a sua volta dal guadagno, dalle necessità
economiche, dal mercato, dal senso comune, dall'opinione pubblica...
Il metodo produttivo - industriale, alienato, di massa - necessita
l'adattamento del lavoratore alla macchina, un disciplinato comportamento
collettivo, dei gusti il piu' possibile comuni, l'obbedienza all'autorità'
anonima senza l'uso della forza.
Il lavoro, che con il protestantesimo era divenuto un'ossessione ed un
dovere (da momento di unione con la cultura ed il gioco, quale era), nel XX
secolo muta in routine, impiego alienante, tanto spiacevole che pure e'
preferibile rispetto alla circostante noia del superconsumo, e diviene per
questo il rifugio dell'uomo svuotato della propria volontà. Il lavoro e'
"il compimento degli atti che, finora, non possono essere compiuti da una
macchina" (p. 197).
In questo contesto la psicologia diventa la scienza che tenta di adattare
l'uomo all'industria e alla sua logica: nasce l'ingegneria umana.
Da un punto di vista propriamente politico, in questo tipo di democrazia
anche l'espressione delle preferenze nei sistemi elettorali si presenta
alienata: in effetti ciascun individuo, non avendo volontà propria in
generale, lo dimostrerà in particolare nei momenti in cui viene chiamato ad
esprimere una preferenza. "Se una qualità di dentifricio intensamente
propagandata e' usata dalla maggioranza della gente a causa di alcune
immaginose affermazioni fatte nella sua pubblicità, nessuno che abbia il
minimo di raziocinio direbbe che la gente ha 'preso una decisione a favore
della pasta dentifricia. Tutto quel che si potrebbe dire e' che la
propaganda e' stata abbastanza efficace per far si' che milioni di persone
credessero nelle sue affermazioni" (p. 202).
A tal proposito l'autore cita lo Schumpeter di Capitalismo, socialismo e
democrazia, secondo il quale senza la responsabilità immediata (che invece
si manifesta in ciascun individuo per i fatti che lo riguardano
professionalmente) ognuno perde l'interesse negli affari politici. La
strenua fiducia nel capitalismo e nella sua progressivita' quale leva per la
liberazione dell'uomo perde un po' dell'antico vigore anche in uno dei suoi
piu' accaniti sostenitori.
*
Fromm nota che autori molto diversi politicamente tra loro avevano previsto
la barbarie del XX secolo: egli cita il Tolstoj religioso russo ed il
conservatore svizzero Burkhardt, i quali vedono nell'impoverimento morale e
spirituale dell'uomo la causa della sua decadenza; il socialista francese
Proudhon, il conservatore francese Baudelaire, l'anarchico americano
Thoreau, Marx, per citare alcuni appartenenti al secolo precedente. Al
secolo successivo appartengono R. H. Tawney, Lewis Mumford, il romanziere
Aldous Huxley, che nel suo Brave New World prevede una societa'
completamente automatizzata ove tutti vivono "felicemente"; Schweitzer, che
si scaglia contro la propaganda delle organizzazioni e delle influenze
finanziarie; A. Einstein, che pubblica un articolo intitolato Perche' il
socialismo sulla "Monthly Review" (vol. 1, 1949), storica rivista di una
prestigiosa isola marxista del Nord America.
La risposta dell'umanita' alla disumanizzazione della societa' e' variegata:
una forma di reazione e', secondo Fromm, l'idolatria autoritaria che si
identifica col fascismo, il nazismo e lo stalinismo (quest'ultimo e' da lui
paragonato al primo capitalismo, caratterizzato dalla rapida accumulazione
del capitale e dallo spietato sfruttamento degli operai, irreggimentato dal
terrore politico piuttosto che dalle leggi economiche); altra soluzione e'
il super-capitalismo, ben pubblicizzato dall'"Incentive Management" di
Lincoln, il quale si esprime con la soave affermazione che il denaro non
puo' essere la meta dell'uomo, bensi' questi deve necessariamente trovare
soddisfazione nel lavoro, percio' l'incentivo alla produzione viene fornito
attraverso il riconoscimento della capacita' dell'operaio da parte di tutti
gli altri, ed egli, continuamente valutato, e' punito, oppure premiato,
legando il suo reddito agli utili dell'azienda, illudendolo a sentirsi un
po' capitalista e partecipe attivo del sistema (quindi, in definitiva, non
vengono messi in discussione la competitivita' e l'egoismo); una terza via
d'uscita e' il socialismo, da troppi frainteso e banalizzato, quando non
misconosciuto. A questo proposito vi e' da dire che, insieme a Freud, Marx
e' l'autore che in modo piu' pieno ha influenzato il pensiero di Fromm, che
pur ne ha riconosciuto i limiti, soprattutto nella deriva scientista della
sua analisi.
Secondo il nostro, Marx ed Engels trascurarono troppo le passioni umane e
questo li condusse a tre errori fondamentali: 1) non tennero in
considerazione il fattore morale (sostenendo che comunque l'uomo fosse buono
di natura, ma oppresso e deviato dalle necessita' economiche); 2) ebbero una
eccessiva fiducia nell'imminente avvento della societa' nuova; 3)
considerarono la socializzazione dei mezzi di produzione come la condizione
necessaria e sufficiente per la trasformazione. Questi errori derivarono dal
fatto che il loro ingenuo ottimismo ed il loro orientamento centralizzatore
erano molto piu' radicati nella tradizione borghese del XVIII e XIX secolo
che non il pensiero degli altri socialisti "meno fortunati", Fourier, Owen,
Proudhon, Kropotkin.
La critica al materialismo storico, cosi' come interpretato dai due
pensatori rivoluzionari, si allarga alla piu' ampia e generale critica di
Fromm al particolarismo delle precedenti analisi della societa' moderna,
sostenendo che ciascun autore rappresentativo tende a ritenere che la
condizione dell'uomo alienato sia dovuta a singole motivazioni: percio',
mentre Marx ed Engels sottolineano le determinanti economiche, condannando i
rapporti capitalistici di produzione, Burkhardt e Tolstoj a loro volta
fondano la loro critica sulle motivazioni spirituali, mentre Freud si limita
a quelle psicologiche, secondo cui l'uomo diviene nevrotico poiche' sono
represse in lui alcune fondamentali componenti istintive. Questo metodo di
reciproca esclusivita' e' per Fromm del tutto sbagliato.
Similmente, i grandi movimenti piu' o meno dichiaratamente escatologici si
rivelano limitati: il cristianesimo punta sul rinnovamento spirituale
dell'uomo, mentre l'illuminismo postula il primato della ragione, ma
entrambi trascurano il ruolo essenziale dei mutamenti socio-economici sulla
personalita' dell'individuo; il marxismo, al contrario, basa la propria
critica sociale sui fattori sociali ed economici, mentre soprassiede alla
necessita' di un radicale cambiamento intimo negli uomini.
La soluzione che l'autore propone quale medicina per la societa' nel suo
complesso, e di conseguenza per gli individui, e' cio' che egli chiama
"socialismo umanistico comunitario", e chiama a deporre in proprio favore la
fondamentale esperienza delle Comunita' di Lavoro, ben descritte nel libro
di Claire Huchet Bishop, All things common (1950), nelle quali vengono
sperimentate forme di democrazia diretta e unioni radicalmente nuove tra
lavoro ed educazione, per una sensibile politicizzazione della vita
all'interno dell'industria ove si lavora e dove ognuno partecipa attivamente
e continuamente alla presa di decisioni per quel che concerne la gestione
della fabbrica, ognuno tiene sotto controllo il processo produttivo nella
sua interezza e l'uso che si decide di fare dei prodotti, ed ognuno ha
l'opportunita' di sentirsi in piena unione con il proprio lavoro e con la
comunita' medesima. In essa si tenta di realizzare, dunque, l'unico
orientamento realmente e significativamente sociale, cioe' quello della
solidarieta' con l'intera umanita'. Ma le Comunita' di Lavoro certamente non
bastano: e' necessaria una trasformazione, oltre che di natura industriale,
anche di tipo politico, con l'istituzione della democrazia diretta pure e
soprattutto in ambito civile; ed una trasformazione di carattere culturale:
e' opportuna una modifica dei sistemi di educazione, eliminando la
separazione tra conoscenza pratica e sapere teorico, tra manipolazione
dell'esistente e speculazione scientifica, che lo stesso Marx aveva
denunciato nella critica al programma di Gotha del partito socialista
tedesco, per ribadire l'esigenza di una "combinazione feconda di lavoro con
istruzione e disciplina umanistica (...), come il solo metodo per produrre
esseri umani completamente sviluppati"; cio' prevedrebbe dunque il costante
contatto con l'istruzione e l'educazione anche dell'adulto che lavora. Tutto
questo e' indispensabile affinche' la persona umana possa finalmente
"nascere" nella sua totalita', affinché abbia inizio la storia dell'essere
umano propriamente detto.

(mio riassunto da:
Emanuel Anselmi, Fromm e la psicoanalisi della società contemporanea, in Foglio di approfondimento del Centro di ricerca per la pace di Viterbo  [email protected], 2002, 435 (4 dicembre 2002)

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