IL
GIOCO DEL TEOCONO
Silvio
Ceccato
AVVERTENZA
I personaggi e gli avvenimenti sono veri; ogni riferimento
alla cronaca è del tutto voluto. Fantastici sono soltanto l’autore e le idee.
PREMESSA
Follia dei filosofi, o saggezza
dei filosofi? O astuzia dei filosofi? O generosità dei filosofi? Anni fa, trentacinquenne,
giovin uomo curioso, sono andato a vedere quello che facevano, come si usa
dire, in sacrestia. E che cosa ho visto? Beh, l’ho raccontato nelle regole di
un gioco, chiamato, e si vedrà perché, “Il Teocono ”, tutto pulito.
LE REGOLE DEL GIOCO
Il nome dato a questo gioco, di “Teocono”, deriva da una fusione
dell’inizio delle due parole “teoretico” e “conoscitivo”.
Si tratta di un gioco a
diffusione universale, e che si presume originario o della Grecia o dell’India,
ma che forse ebbe radici ovunque.
Infatti, la sua regola
costitutiva si può formulare nei due seguenti punti:
a) il giocatore deve concludere il gioco con
valori;
b) nessun valore può essere convenuto prima
del gioco.
Tale risulterebbe, per esempio,
il gioco del calcio, quando non fosse convenuto in precedenza di segnare un
punto ogni volta che il pallone entra in rete; bensì ad un certo momento una
squadra sostenesse d’aver vinto, avendo mandato il pallone in certi posti.
Il giocatore di teocono introduce quindi i valori giocando; tale è il
suo impegno di giocatore e la sua libertà di gioco; e chi giocasse altrimenti,
cioè dichiarando in partenza i suoi valori, o dichiarando alla fine di non
avere valori, si esporrebbe ad una giusta accusa di baro.
LA TROVATA FONDAMENTALE
“Conoscenza: la
parola più importante della lingua...”
H. COHEN
Affinché un gioco del genere si
potesse imporre così universalmente sia fra i piccoli che fra i grandi,
occorreva però una brillante, geniale trovata, ben diversa da quella dell’improvvisato
gioco del calcio. Ed ecco.
Astutamente è stato preso un
verbo fra i più comuni del nostro parlare, il verbo “conoscere”. Correntemente
vuol dire che, avendo noi fatta una certa cosa, operato in un certo modo, siamo
in grado di ripetere il già fatto. “Conoscere Maria”, “conoscere Parigi”,
“conoscere il francese”, significano che avendo già visto Maria, rivedendola
sappiamo che è quella, essendo già stati ed avendo circolato, od avendo almeno
letto una guida, siamo in grado di girare per Parigi, sapendo dove si va, etc.
Un confronto dunque fra due cose, l’una in un momento che precede e l’altra in
un momento che segue, del nostro operare. E’ stato abbastanza facile
trasformare questa situazione, conservando il rapporto fra le due cose, ma non
più collocate in due momenti, bensì in due posti, l’uno fuori e l’altro dentro
la nostra testa. Così, per esemplo, conosceremmo il tavolo o la legge di
caduta dei gravi, o che la parte ed il resto sono minori del tutto, etc., in
quanto il tavolo, la legge, quel rapporto, etc., si troverebbero già siffatti,
ma incogniti fuori di noi, un fuori di noi che viene chiamato la realtà o la
natura, e che noi raddoppieremmo, facendoli cogniti, dentro di noi, un dentro
di noi che viene chiamato la mente, lo spirito, la ragione, la coscienza, etc.
Ora il lettore avrà capito come
può svolgersi il gioco. Se nel conoscere di cui si parla quotidianamente il
rapporto fra le due cose avviene fra cose entrambe presenti, attraverso la
memoria, nel nuovo conoscere, il rapporto si dovrebbe porre fra due cose,
delle quali soltanto l’una, quella che raddoppia, quella interna, cognita, è
presente, mentre l’altra, quella originaria, quella esterna, incognita,
non è presente; ma, così, non essendo effettuabile il confronto, ecco che è
possibile affermare ogni cosa, sostenendo sia che è, cioè che c’è, sia che è
così, sia che non è così, e quindi che non è, cioè che non c’è. Sono pronti i
valori con cui concludere il gioco: vince chi presenta le cose che sono, o
realtà, o natura, come sono, cioè vere, e perde chi le presenta come esse non
sono, cioè illusorie e false.
L’abilità del giocatore consiste
nel dimostrarlo.
I PEZZI DEL GIOCO
Il teocono si gioca con
qualsiasi cosa, basta che se ne possa parlare. In quanto giocata nel teocono,
una cosa diventa “pezzo ”, o “figura ”, del gioco.
IL VALORE DEI PEZZI
Tutti i pezzi del teocono hanno
un valore, od almeno dovrebbero averlo, in una partita ben giocata; essi,
cioè, costituiscono, come si dice, un sistema. In altre parole, per essere
vere le conclusioni, i risultati, devono essere vere le premesse e la strada
seguita per conseguirli, riflesso di una realtà gli uni e gli altri.
Poiché il valore è positivo o
negativo, i valori sono almeno due, vero e falso, reale ed apparente. Ma si
trovano anche articolazioni più ricche. Quattro valori, per esempio in
Giordano Bruno, e sino a cinque e sette, nelle ascesi mistiche. Nel Medioevo
abbastanza comuni sono i tre, per esempio con San Tommaso, e più tardi con
Spinoza, etc. E’ anche possibile assegnare un valore positivissimo ed uno
negativissimo rispettivamente a due particolari cose, e fra le due far posto a
tutte le altre, messe in fila per il loro valore, come per esempio con Hegel e
Marx.
NUMERO DEI
PEZZI
Il numero dei pezzi è almeno
eguale a quello del valori, e, poiché questi sono almeno due, i pezzi sono
almeno altrettanti. (Anche se questa dualità talvolta traspare appena, come
nella struttura ancora rudimentale del teocono eracliteo e parmenideo.)
Ma, di solito, ad ogni valore
viene fatta corrispondere una classe con in numero di esemplari indefinito.
Tale, come vedremo, è il gioco classico platonico, con le due classi delle idee
e delle copie, del concetti e del fatti, degli universali e dei particolari,
della teoria e dell’esperienza, etc. Non manca però una forte corrente che usa
limitare il numero del pezzi cui è attribuito uno dei valori, per esempio
Socrate da giovane, Locke, Kant, Croce, con una riduzione del numero sino ad
uno, per esempio Berkeley, Heidegger. Tuttavia, anche in questo caso l’altro
valore è assegnato ad una classe, sicché nessuna cosa possa dover venire
esclusa dal teocono.
I GIOCATORI
Il gioco si svolge per lo più
fra due contendenti, o meglio fra un contendente e tutti gli altri giocatori
messi insieme, del passato, del presente e talvolta anche del futuro
(“Prolegomeni ad ogni futura partita di teocono”). Non mancano però le partite
giocate fra le scuole o circoli, che prendono di solito il nome da colui che ha
lanciato, o più contribuito a lanciare, i pezzi ed i valori sostenuti, o da
questi stessi, o dalla città da cui sono stati lanciati per prima. Così si
parla di un platonismo o di un aristotelismo, di un tomismo, etc., di un idealismo
o di un empirismo, di un circolo di Vienna o degli oxoniensi.
Tuttavia basta anche un
giocatore, come nei teoconi solitari, giocati magari per “dare un senso” alla
propria vita.
LA POSTA
La posta messa a disposizione da
ogni giocatore assomma almeno al valore teoconico attribuito al proprio gioco.
Soltanto i teoconisti scettici adottano una via che dovrebbe far loro perdere
in partenza la partita, in quanto concludono con un valore negativo che si
ripercuote sulle loro premesse e strada seguita. Ma sono poi così radicali?
Non va dimenticato che in ogni
caso la vittoria comporta la persuasione su di sé e sugli eventuali avversari;
sicché in una partita si possono avere anche più vincitori; e sono ammesse le
patte.
APERTURA
Il gioco si apre apprestando i pezzi
ed i valori teoconici. Ma questo non può avvenire, come si è visto, in forma
aperta. L’abilità del giocatore sta soprattutto nel non farsi accorgere del
modo in cui salda i pezzi con i valori ed i valori con i pezzi. E, poiché ha
maggiore varietà si trova nei pezzi e non nei valori, di solito l’apertura è ai
valori. Basta per questo ha dichiarazione di voler “conoscere”.
LEGALITA’ DEL BLUFF TEOCONICO
La saldatura nascosta fra pezzi
e valori presenta una analogia con il bluff del poker; e mi sia permesso
ricordare come questa operazione non costituisca una frode ai compagni, perché
nessuna regola del poker la vieta, ed anzi le regole costitutive del teocono
la impongono. All’avversario l’accorgersene.
Tutt’al più può essere messo in
discussione se la saldatura debba avvenire in modo consapevole o meno. Io
personalmente sono partigiano della consapevolezza; ma giustamente mi è stato
obbiettato in vari congressi e discussioni private come l’ignoranza facilmente
si accoppi con la convinzione e questa con la persuasione. Si dovrebbe forse
concludere che il giocatore consumato salda pezzi e valori, ma in modo così
abile da non riuscire più nemmeno lui a trovare il punto ed il modo in cui li
ha introdotti.
PRIMA PARTITA STORICA
Le presumibili remotissime
origini del teocono ci convincono che ben prima che qualche grande figura di
giocatore si levasse in occidente od in oriente, già gli uomini di certo
parlavano, per esempio, di “vera umiltà” e di “falsa umiltà”.
La storia, comunque, ricorda
quali primi giocatori ufficiali, almeno per l’occidente, Eraclito e Parmenide.
Si tratta di due temperamenti
opposti, l’Eraclito un dinamico, tutto fuoco, da rivoluzione permanente, e
l’altro un riflessivo, forse un sedentario. Per sostenere la sua parte,
Eraclito richiama l’attenzione su un freddo che, se fossimo sempre al freddo,
non avvertiremmo più, non ci sarebbe più, e così un caldo, una luce ed un buio,
e simili. Ne conclude allora che soltanto ciò che diviene, cangia, è, mentre
ciò che sta non è, e con abile mossa passa a sostenere che “tutto scorre” e che
la realtà è questo divenire. Sono questi “è” e questa “realtà”, si
ricordi, il valore positivo del conoscere teoconico. Per sostenere la sua
parte, Parmenide avrebbe potuto richiamarsi a qualsiasi categoria mentale, che
non può mutare, non avendo altra storia se non quella dell’operare con cui viene
costituita, per esempio richiamarsi al “tre”, al “soggetto”, all’“oggetto”,
all’“e”, all’“o”, al “ma”, e simili, e certo nessuno
ha mai visto un tre diventane un quattro od un due, un e diventare un o od un
ma; tuttavia si sarebbe trovato non molto avvantaggiato su Eraclito. A questo
punto egli gioca però la sua carta geniale, facendo ricorso ad uno stratagemma
linguistico, l’eguale parola “essere”, adoperata per indicare questa
categoria mentale, ottenuta riunendo in uno svolgimento due momenti
caratterizzati dall’eguaglianza, e per indicare nel conoscere teoconico il
valore di realtà, il valore positivo. Non ciò che diviene è, non tutto scorre,
perché fra l’altro muterebbe questa stessa asserzione; ma ciò che è, è, tutto
è, la realtà è questo essere. L’essere è, il non essere non è. Chi potrebbe negarlo,
se la stessa parola designa il pezzo ed il valore? Da solo, il valore esce dal
pezzo, il pezzo dal valore, fra loro saldati una volta per sempre. Non si
immagina come sostituirli, od anche soltanto come staccarli.
Eraclito ha perso.
UNA SECONDA ORIGINALE PARTITA
Questa partita è caratterizzata
dalla “mossa di Democrito”.
Egli intende cominciare facendo
mostra di imparzialità, anzi di magnanimità, verso Eraclito e verso Parmenide.
Così mette sul tavolo sia l’essere, o pieno, rappresentato dagli “atomi”, sia
il non essere, o vuoto, rappresentato dagli “interstizi” fra gli atomi.
Ma ha pronti due nuovi pezzi,
presi questa volta non più fra le cose esterne date da conoscere, bensì fra
quelle interne, nientedimeno che i conoscenti stessi, l’anima ed i sensi.
Bisognerà per questo ricordare come qualcuno, a spiegare il raddoppio delle
cose nello spazio, dentro e fuori la testa dell’uomo, avesse pensato di
introdurre delle vie di conduzione, individuate in certi pezzi anatomici, per
cui nascevano i “sensi”, e come da tempo fosse in circolazione all’interno
dell’uomo anche un’“anima”, rappresentante del nostro dinamismo.
Democrito attribuisce valore positivo all’anima, dandole da conoscere gli
interstizi, come rapporti fra gli atomi, e valore negativo ai sensi, dando loro
da conoscere gli atomi. Di conseguenza, la combinazione “anima-rapporti fra
atomi” batte la combinazione “sensi-atomi”. IL gioco è fatto e basta concludere
che il primo conoscere è puro; il secondo è spurio, confuso.
Si noti il deciso progresso di
questo teocono in confronto ai precedenti. I valori ora sono appoggiati e
sostenuti non più soltanto in rapporto a due pezzi, ma a quattro; e si
determina fra essi un circolo prezioso per il teoconista, l’uno rimandando all’altro
ed escludendo così che l’avversario possa mettere le mani su un criterio di
valutazione esterno al sistema.
Protagora, che pretenderà ancora
di teoconare facendo forza su di un unico conoscere, sarà subito eliminato.
UN GIOCATORE SCORRETTO
Socrate: con
lui siamo all’inizio della filosofia, e già alla sua fine.
H. KUHN
Socrate. Non occorre molto per
comprendere la sua scorrettezza di gioco. Basta ricordare la regola costitutiva
del teocono: il gioco deve venir concluso con valori, ma nessun valore può
essere convenuto prima del gioco.
Ebbene, Socrate comincia a
teoconare avvalendosi ampiamente dei pezzi e dei valori democritei, l’anima ed
i sensi, facendosi una fama di moralista; ma un bel giorno prende una brutta
china. Gli viene in mente di raccontare, a Teeteto, che, se la verità e la
falsità, la realtà e l’apparenza risultano dal confronto fra una cognita ed
un’incognita, questo confronto non si può fare; ed è l’intero conoscere
teoconico che va a rotoli. Così il gioco, anzi una vita, cominciato convenendo
valori, conclude senza valori, contro la regola.
Questa è la scorrettezza. Da
tanta fama, da tanta bocca, la denuncia è gravissima, e minaccia al cuore del
teocono. Allora, poiché il teocono è un gioco serio, che ha implicazioni
sociali, politiche e religiose, Socrate viene condannato a morte.
Ma: e Gorgia? si dirà. E’
tutt’altra storia. Gorgia non punta al cuore del teocono, ma piuttosto ne
mostra le grandi possibilità. Inoltre, egli si cautela presentandosi nella
figura, non del moralista, ma piuttosto dell’uomo d’affari, del nostro avvocato,
per intenderci, al quale proprio del tutto non si può e deve dar credito.
IL GRANDE GIOCO
Platone è chiamato a giocare
contro Socrate, come, molti anni dopo, Kant giocherà contro Hume (benché con
Hume le sorti del teocono non siano certo in pericolo!).
Egli deve mostrane che il
confronto fra le cose esterne e quelle interne, del conoscere teoconico, non è
impossibile, come denunciava Socrate, bensì aperto a tutti, anzi doveroso, anzi
guidato.
In questo Platone è abilissimo;
e chi ironizzasse dicendo che un errore nasconde l’altro e che tutti e due
rivelano un grande uomo, parlerebbe a sproposito mostrando di non aver capito
proprio niente del teocono. Platone spiega: non soltanto le cose esterne sono
raddoppiate nell’interno, ma anche le interne sono raddoppiate nell’esterno; il
conoscere non avviene mettendo a confronto due cose, bensì quattro, che sono
(1) le cose concrete, fisiche, particolari, che si trovano all’esterno del
nostro corpo, (2) il loro raddoppio in noi, (3) le cose astratte,
ideali, generali, che si trovano in noi, e (4) queste cose esistenti presso gli
dei, nell’empireo. Di queste ultime cose noi ci ricordiamo, perché la nostra
anima viene dagli dei, ed il confronto avviene fra il generale ed il
particolare, avviene cioè confrontando sul generale, sull’idea, le cose
particolari costruite dagli stessi del come loro copie terrene e da noi colte
con i sensi. Il corpo, i sensi, le passioni, i particolari, le copie, la terra,
ricevono il valore negativo; l’anima, la ragione, il limpido sguardo, il
generale, l’idea, il cielo, ricevono il valore positivo. E se i particolari,
gli individuali, sono la negatività, sembrano, divengono, illudono, tuttavia
al confronto con il generale, l’anima ne coglie la vera essenza, ciò che in
essi realmente è, anzi l’impronta del divino.
Come si vede, Platone si avvale
sia dei pezzi di Democrito, che però mai nomina, da accorto teoconista che
cerca la massima impersonalità o superstoricità per le proprie attribuzioni di
valore, sia della vittoria di Parmenide su Eraclito.
è difficile immaginare ma
struttura teoconica più ben rifinita di questa, e così armoniosa! “...per mezzo
del corpo comunichiamo col divenire, attraverso la sensazione; e, attraverso
il ragionamento, per mezzo dell’anima, con ciò che è la vera essenza... ”.
Ogni teoconista in seguito vi si è in qualche modo ispirato, raggiungendo
magari la notorietà con il semplice rovesciare l’attribuzione del valori.
Fra gli innumerevoli segni di
omaggio al principe del teoconisti, ricorderò questi tre: “…impaniamo a
conoscere il contingente... mediante l’esperienza, ma... di cose che non
devono essere oggetto dell’esperienza, dovremo ricavare la cognizione da ciò
che è in sé necessario, dai concetti puri delle cose in generale” (Kant); “...
apparenza del temporaneo e del transitorio, che è immanente e... eterno che è
attuale”, “...sviluppo del pensiero e del concetto, osservazione
immediata e ... immaginazione accidentale” (Hegel); “La conoscenza ha due
forme: è o conoscenza intuitiva o conoscenza logica; o conoscenza per la
fantasia o conoscenza per l’intelletto; conoscenza dell’individuale o
conoscenza dell’universale; delle cose singole o delle loro relazioni; è,
insomma, o produttrice di immagini o produttrice di concetti ” (Croce).
FLORILEGIO
Sarà un florilegio di un
florilegio, poiché i teoconisti sono invero numerosissimi.
Ecco per esempio in giocatone
prudente, Aristotele. Egli non si fida troppo della stabilità della religione,
e intende ricondurre tutti i pezzi del teocono sulla terra. Deve quindi
procurarsi il generale, l’idea, l’universale, con mezzi terreni, ed assicura
che esso si ottiene separando nei particolari ciò che in loro è essenziale da
ciò che in loro è accidentale. Anche se non dice come ci si regoli nel compiere
questo tenere e lasciare, tuttavia egli ha una trovata felicissima: chiama
queste operazioni con il nome usato dallo scultore, quando dal masso informe
trae il primo abbozzo della sua opera, “aphairesis”, “astrazione”.
Naturalmente, mentre l’idea dovrebbe saltar fuori dall’attività di astrazione,
lo scultore guida quest’attività con l’idea che già ha di quanto vuole
ottenere, una Niobe, un cavallo, una panca. Ma questo cambiare le carte in
tavola con mano da prestigiatore è caratteristico del teocono; e che la trovata
aristotelica sia stata felicissima è dimostrato dal suo crescente successo
sino ai nostri giorni.
Un altro teoconista che
preferisce non dipendere interamente dal divino e Teilhard de Chardin. In
effetti, egli impasta in po’ tutto con il divino, ma avendo così livellato le
cose ricrea i due pezzi cui saldare i valori, nel passato, negativo, e nel
futuro, positivo. Dal primo al secondo, naturalmente, si progredisce; la
materia prende valore con il passare degli anni, evolve. Al posto della
materia, Hegel aveva messo lo spirito, Marx la storia. Mossette.
Un teoconista che in Lombardia
oggi giustamente va per la maggiore comincia la partita dividendo l’essere in
due regioni, secondo ogni buona tradizione, la coscienza e la realtà naturale,
che già presenta come due pezzi teoconici parlandone subito come di due gradi.
Ma quale avrà il valore positivo, quale il negativo? Il teoconista conosce i
suoi polli. è gente di cultura,
ed un richiamo al mondo democriteo-platonico non fa mai male. Così la mente
comincia a prevalere sul corpo. Ma egli tocca anche tasti più nostrani. Per
esempio, quello del lavoro che nobilita l’uomo. Ci vuol altro che restare ad
occhi aperti per cogliere l’essenza dei fatti, così avviluppati di elementi
estranei come sono al sapere vero e proprio. L’essenza bisogna meritarsela, con
studi speciali e difficili e faticosi e duri. E tocca anche il tasto della nuova
gestione. Via le viete, stantie, rancide, inveterate abitudini; noi siamo per
il fresco, originale, libero, critico giudizio; chi è stato trattato male,
abbia fiducia nella nuova gestione. Altrimenti l’intuizione diretta delle
essenze, la Wesensschau, non può dispiegarsi.
Nella lista ci vuole ora il
giocatore parassitario e burlone. Questi si installa in un teocono altrui, ma
cambia una mossa e sconvolge i valori. Ove l’uno presentava il suo massimo
gioiello nelle cose che insieme sono in sé ed a me, ecco Sartre che approfitta
dell’innocente contraddizione. “Niente da fare, ragazzo mio, per questa
strada”, egli obbietta, “qui bisogna decidersi, o è l’io che va alla cosa in
sé e la fa la cosa a me, o e la cosa in sé che viene all’io e si fa la cosa a
me”.
Così la palma torna all’io, alla
coscienza, ed il vecchio teoconista fa la figura di ingenuo.
LESSICO PER
PRINCIPIANTI
Raggruppo, ad uso del giocatore
principiante, alcuni fra i termini più adoperati per designare i pezzi delle
strutture teoconiche. Sono tutti collaudati e quindi adottabili con fiducia.
Ma il teoconista non si addormenti sul già fatto; e dia sempre anche in suo
personale contributo. Il lessico prende lo spunto dai termini della struttura
platonica, nelle due note combinazioni:
anima - ragionamento
- vera essenza, di valore positivo;
corpo - sensazione
- divenire, di valore negativo.
Alcuni termini, naturalmente,
figurano da più parti, seguendo il variare delle attribuzioni dei valori. Per
esempio, “individuale” è stato adoperato dagli uni con valore positivo e dagli
altri con valore negativo, e quindi compare una volta legato con “divenire”,
nel gioco idealistico-razionalistico, ed un’altra con “vera essenza”, nel
gioco empiristico-positivistico; e simili.
Anima, Io, Io puro, Io trascendentale,
Spirito, Mente, Soggetto, Intendimento, Intelletto, Intelligenza, Pensiero,
Psiche, Coscienza, Autocoscienza, Ragione, Fede, Intuito, Istinto, Attività,
Volontà, Libertà.
Corpo, Io, Io empirico, Io psicologico,
Io fisiologico, Materia, Cervello, Organismo, Oggetto, Forza bruta, Fede,
Animalità, Istinto, Macchinalità, Passività, Necessità, Arbitrio, Fantasia.
Divenire, A posteriori, A priori, A
vanvera, Accidentale, Ad hoc, Affettivo, Antistorico, Apparente,
Approssimativo, Artificiale, Artificioso, Astorico, Astratto, Barbogio,
Biologico, Bruto, Casuale, Causato, Cavillo, Cieco, Confuso, Contingente,
Convenzionale, Derivato, Dogmatico, Elementare, Empirico, Esplicativo, Esterno,
Estrinseco, Facile, Facilone, Fallace, Falso, Fenomeno, Filosofico, Fisiologico,
Fittizio, Fuggevole, Generale, Gioco,
Idolo, Illusorio, Individuale, Inferito, Intellettualistico,
Interiore, Interpretato, Intimo, Intuitivo, Irrazionale, Irreale, Istintivo,
Limitato, Logico, Logistico, Materiale, Meccanico, Metafisico, Molteplice,
Momentaneo, Mitico, Moderno, Nozionale, Ordinario, Oscuro, Particolare,
Parziale, Positivistico, Pragmatistico, Pratico, Privato, Prodotto, Pseudo-concetto,
Pseudo-oggetto, Psicologico, Qualitativo, Quantitativo, Rigido, Romantico,
Rozzo, Schematico, Scientifico, Sensibile, Singolare, Sofistico, Soggettivo,
Sperimentale, Storico, Superficiale, Temporale, Teoretico, Transfenomenale,
Vecchio, Verbale, Volgare, Vuoto.
Comunicare con (ragionamento, sensazione),
Abbracciare, Accordarsi, Adeguarsi, Afferrare, Affissarsi, Andare a, Andare
verso, Appercepire, Apprendere, Assimilane, Astrarre, Attrarre, Avviluppare,
Captare, Cogliere, Combinare, comprendere, Concepire, Condurre in seno,
Contemplare, Costituire, Creare, Entrare in, Esperire, Essere affetto, Essere
impressionato, Essere presente a, Estasi, Estrarre, Farsi, Fondersi,
Illuminare, Incontrare, Intenzionalità, Introdursi, Intuire, Modellarsi, Nutrirsi,
Oltrepassarsi, Osservare, Partecipare, Partire, Penetrare, Pensare, Percepire,
Porre, Possedere, Produrre, Proiettare, Rappresentare, Riassorbire, Ricevere,
Riflettere, Scoprire, Sentire, Sensazione filosofica, Sensazione fisiologica,
Sperimentare, Sposare, Subire, Svelare, Trovare, Unirsi, Venine a contatto,
Vivere di, Vivere in.
Vera essenza, A posteriori, A priori,
Adeguato, Antico ed aureo, Apodittico, Apparente, Assiomatico, Assoluto,
Astratto, Autentico, Autonomo, Biologico, Certo, Completo, Comportamentistico,
Concetto, Concreto, Cosciente, Critico, Dato, Descrittivo, Dialettico,
Difficile e duro, Economico, Effettivo, Elementare, Empirico, Epistemologico,
Esistente, Esplicativo, Essere, Esterno, Evidente, Fattuale, Fenomenico,
Fenomenologico, Filosofico, Fisico, Fluido, Generale, Genuino, Gnoseologico,
Idea, Immediato, Incondizionato, Individuale, Infallibile, Intelligibile,
Interiore, Interno, Intimo, Intuitivo, Logico, Matematico, Mentale, Metafisico,
Moderno, Naturale, Necessario, Noumenico, Oggettivo, Ontico, Ontologico,
Particolare, Pieno, Positivo, Pragmatico, Pratico, Problematico, Profondo,
Pubblico, Puro, Qualitativo, Quantitativo, Razionale, Reale, Rigoroso,
Scientifico, Senz’altro, Singolare, Sistematico, Sostanziale, Speculativo,
Sperimentale, Storico, Teoretico, Transfenomenale, Trascendentale,
Trascendente, Unico, Universale, Vitale.
CONDOTTA DI GIOCO
Non si danno al proposito norme
precise; sicché la condotta discende dai principi generali dell’educazione, e
come questi muta ed e soggetta a discussioni.
è lecito per esempio attaccare
l’avversario nella vita e nei sentimenti personali? D’essere fascista,
comunista, borghese, ebreo, razzista, libertino, impotente, invertito, bigotto,
mangiapreti, etc.? è chiaro
l’intento, di indebolire il presentatore dei valori, onde escano indeboliti
anche questi. Allo scopo, sapendone la specialità, spesso gli si pone una
domanda del tutto estranea, per esempio di matematica se è uno storico, di
storia se è un biologo, di economia se è un esteta, e così via; e dalla
risposta ignorante si insinua che egli non sappia niente di niente. È ammesso
invece da tutti che si dia all’avversario del dilettante, dello psicologista,
del computista, e simili, senza naturalmente precisare che cosa si intende con
tali epiteti; conta il tono della voce, che agli spettatori della partita non
lascia dubbi sul disvalore di chi merita il giudizio.
Una norma di condotta, comunque,
è universalmente riconosciuta, che vieta di disturbare il collega del mondo
accademico. La messa in gioco della reverenza, del riguardo dovuto
all’accademismo ed all’autorità che vi sovrintende, ricade infatti non solo
sullo stesso disturbatore, ma su tutti i colleghi, che giustificatamente lo
metteranno al bando come un pericoloso asociale.
CONSIGLI AI
GIOCATORI
“Poëta nascitur,
theoconista fit.”
CICERO
Giocare molto. Cominciare
presto. Cimentarsi con i grandi. Questi sono i tre primi consigli, ed è
soltanto seguendoli che il dilettante si fa un professionista, si fa le ossa;
come del resto in tutti i lavori seri.
Quanto al teocono in
particolare, si ricordi che nella preparazione di in buon teocono niente e più
efficace di un bel primato della ragione, spirito etc., o di un bel primato dei
sensi, dell’esperienza, etc. Qui si va sul sicuro. Mentre i sentimenti è meglio
scartarli, perché essi servono soltanto ad ingombrare la pentola.
Anche con i valori, meglio
essere parchi. Non si tema di apparire giocatori sorpassati e grossolani, e ci
si attenga ai due valori, netti, quelli. Una scala troppo ricca indebolisce il
gioco; e fa gola, suggerendo all’avversario la facile originalità di mutarli,
di aggiungerne o di toglierne. Ed anche con il numero delle cose cui i valori
sono distribuiti bisogna andare cauti. Subito chiedono, per esempio a Croce,
“perché quattro?”, o a Kant, “perché dodici?”.
Soltanto su una solida apertura
classica, il teoconista può sbizzarrirsi a piacere; e, poiché l’avversario
cercherà di scoprire dove e come sono stati introdotti i valori, la varietà,
gli accorgimenti sempre nuovi, ben vengano.
Un inizio che dia ragione
all’avversario non è mai sprecato. Se egli condanna “la strada del volgo”, si
indulga; se egli approva “la classe dei lavoratori del braccio”, si
indulga. Alla fine potrà sempre servire in una dimostrazione per assurdo.
Non ci si impegni mai troppo,
invece, con scoperte ed invenzioni della scienza-tecnica, transeunti. Si
pensi a come sono già invecchiate la relatività e le relazioni di incertezza;
anche l’entropia durerà poco. Non si svilisca con queste contaminazioni il “theoconus
penennis”.
Non disprezzabile è piuttosto
una sortita dalla propria lingua per mutuare questa o quella parola da
un’altra. Un conto è per esempio restarsene con una parola come “forma”, ed
un conto lasciarla e tornarvi dopo aver detto “Gestalt”. Si beneficia della
forza dell’alleato.
Delicato per il teoconista è il
problema degli antenati, della nobiltà. Il diluvio deve venire prima o dopo di
lui? Deve esserci originalità, ma non troppa. Giocare una carta tutta nuova è
azzardato. Scoprirsi con un “questo l’ho trovato proprio io” solleva
incredulità o peggio, con questi psichiatri sempre pronti ad applicare le loro
classificazioni. Per fortuna egli può cercarsi sempre un onorevole precursore,
meglio se abbastanza lontano nel tempo, e configurarselo un po’ come vuole.
All’avversario che obbiettasse, “ma se quegli sosteneva il contrario!”, sarà
facile controbbiettare che le incredibili asserzioni erano soltanto
espressioni del suo animo scherzoso. “I sette miti di Platone, che poi sono
almeno venticinque!, sono la concessione che Platone fa alla sua gioia di
raccontare. Diamine, non credevo che lei mi ripetesse un’interpretazione da
manuale.” E così via.
Quando il gioco diventa fra
partiti, i compagni non si citino mai per le parole cardine della struttura
teoconiana adottata in comune. Per quanto un partito sia forte, esso non può
mai pretendere di sostituirsi alla verità ed alla realtà manifeste a tutti.
“Amicus Plato, magis amica veritas.” Le parole in comune vanno dunque
introdotte senza presentazione, senza complimenti, già alle prime mosse. La
loro imprescindibilità deve risultare dal tono della voce, o perché disinvolto,
“come si potrebbe discuterne? ”, o perché ispirato, “anche lei, prima o
poi, ne verrà iniziato!”. A proposito di teocono e partiti, si gioca mettendo
l’accento o sul fondo comune, o sulle piccole libertà personali. Quando si sia
almeno in due compagni, una buona mossa consiste in uno sguardo d’intesa fra i
due, lo sguardo segreto che tutti devono cogliere. L’avversario si sente
escluso, profano, intimidito, soprattutto in presenza di un pubblico.
All’apertura alla certezza molti
preferiscono però, giustamente, una apertura al dubbio. Il teoconista apre
allora mostrandosi reticente, prudentissimo. “Problematizza, dubita di tutto,
questo potrebbe essere, ma anche non essere”, egli non si stanca di
ripetere; oppure, “Questo è il punto cruciale, delicatissimo, occorre procedere
con la freddezza ed il nitore matematici”. E zàchete!
Nello sviluppo del gioco, non si
tema la contraddizione. La coerenza è un valore generalmente riconosciuto, e
come tale va dichiarato, sbandierato. Ma nel corso del gioco potrebbe rivelarsi
una debolezza. Chi pensa che il teocono debba la sua forza al rigore della
dimostrazione, ha capito ben poco della costituzione e della tecnica di questo
gioco. Niente di più fantasioso e moralistico. Anche i migliori teoconisti si
sono visti sostenere nella stessa partita, per esempio, che il linguaggio
comune è il solo che dia affidamento e che il linguaggio comune è tutto
equivoco, vago, ingannevole. Berkeley è stato bravissimo. Chi ricorda il noto
proverbio, “teoconista sconcertato è già mezzo liquidato”, si rende
subito conto quale arma splendida possa riuscire la contraddizione. Così non si
deve temere di applicare, nel gioco lungo, la cosiddetta “mossa del sorvolo”,
che consiste nel promettere con un “infra exponetur”, “come si
mostrerà in seguito”, quanto si mantiene con un “supra expositum”, “come
si è mostrato in precedenza”. Anche a questo proposito, il teoconista si ispiri
ai grandi, San Tommaso per esempio.
Infine, il teoconista rispettato
si guardi dagli sprovveduti, dagli improvvisati. Non solo ne va della sua
dignità, ma egli potrebbe cacciarsi in situazioni pericolose. Il teocono è un
gioco, e come tale ha le sue regole, non fossero che di consuetudine. Ma
l’impreparato non può saperle, e si comporta come il bambino con il
prestigiatore. Nessun teoconista serio si permetterebbe di mostrarsi preoccupato
dinanzi al teoconista serio che lo avverte non essere l’esistenza se non il
pensiero. Ma se a qualche scervellato venisse in mente di gridare, fra le
risate del pubblico, “pensami, pensami, se no sparisco!”?
Sin qui si è parlato più
dell’attacco; vediamo ora come difendersi.
Attaccato, il teoconista
conservi intanto la calma. La sua situazione non può essere mai disperata. In
fondo si è tutti dentro il conoscere teoconico, si è tutti una famiglia, si è
tutti qui per giocare.
Già gli sarà utile il lessico
che gli ho fornito. Attenderà infatti che l’attaccante adoperi uno del termini
elencati per esempio sotto il “Divenire”, o sotto la “Vera essenza”
attaccandolo ad uno del termini elencati sotto l'“Anima”, sotto il “Corpo”. Ma
allora si guardi bene dal rovesciargli il valore in un suo opposto.
Assecondi piuttosto l’attaccante con un altro valore preso dalla stessa parte,
sicché non possa venir rifiutato recisamente, ma accolto anch’esso a fianco
dell’altro. Ma ora arriva la tua domanda: “Come li distingui? Come li gradui?
”. E se egli è abbastanza ingenuo, ti spiattella il criterio, subito.
L’arma più sottile per stanare i
nascosti criteri consiste però sempre nel chiedere all’attaccante di
esemplificare, proponendo noi i pezzi nuovi. Ad ogni pezzo accolto o rifiutato,
si passi a chiedere il perché.
Dovendo chiamarsi in aiuto un
alleato, meglio fabbricarselo interpretando la storia, o gli animali, od i
selvaggi, fabbricandoceli cioè su misura, facendo di essi i giocatori del
nostro teocono. Questo riesce facilmente, sia perché quasi nessuno conosce la
storia nei particolari, sia perché alla storia, agli animali ed ai selvaggi, è
possibile far dire qualsiasi cosa.
In ogni caso, il teoconista
attaccato ricordi che la circolarità fra i termini del lessico preparatogli, ed
altri che egli vi può aggiungene, gli garantisce la possibilità di una
ulteriore mossa; e, come ben dice il noto proverbio, “teocona bene chi teocona
ultimo”.
COMMIATO
Amici teoconisti, augurando
l’accademia ed il riconoscimento popolare, buon gioco a tutti.