LA RIFORMA DEI COMITES

di Calogero

E' attualmente in discussione, presso le apposite commissioni consultive, la riforma dei COMITES. Al fine di rinnovare gli attuali Comites, giunti alla fine del loro mandato quadriennale, le elezioni previste per il maggio 2002 sono state rinviate al 2003 per consentire l'approvazione della legge di riforma prima delle elezioni stesse.

Detto ci�, dobbiamo doverosamente aggiungere che ci rendiamo conto che, al di l� degli addetti ai lavori, la totalit� della popolazione italiana e i tre quarti degli italiani all'estero, cadranno dalle nuvole di fronte a questo acronimo ed alle vicende ad esso associate.

Che gli Italiani metropolitani ignorino l'esistenza e la funzione dei Comites � comprensibile, che l'ignorino gli Italiani all'estero, che pure ne dovrebbero eleggere i componenti e che da essi sono in teoria rappresentati di fronte alle Autorit� italiane, significa una cosa sola: il fallimento dell'istituto stesso dei Comites, cos� come sono stati concepiti con la legge di riforma del 1990.

Fallimento totale se alle ultime elezioni svolte, si � recato alle urne a malapena il 18% degli aventi diritto, buona parte dei quali non aveva nemmeno idea di cosa e perch� stesse votando, non ostante lo sforzo enorme fatto dal Ministero degli Esteri e dai Consolati per pubblicizzare l'evento e stimolare la partecipazione degli emigrati al voto.

N� poteva essere diversamente. Finita l'epoca delle vacche grasse, quando il sistema tripartito DC-PSI-PCI faceva affluire alle organizzazioni dell'emigrazione, ripartite secondo il medesimo schema, sufficienti quantit� di denaro (chiudendo a volte gli occhi sul loro utilizzo) per la gestione delle attivit� assistenziali e ricreative, con le quali veniva mascherata l'assenza di una precisa definizione del ruolo e delle funzioni, i Comites si sono ritrovati via via sempre pi� nudi davanti allo specchio.

L'immagine riflessa � attualmente desolante, da tutti i lati da cui la si voglia guardare.

La politica dell'istruzione � affidata in maniera autonoma agli Enti Gestori, sottoposti unicamente al controllo amministrativo dei Consolati. I Comites sono chiamati una volta l'anno a formulare un parere sui bilanci preventivi (ma non su quelli consuntivi!) che, essendo strumenti tecnici, composti sostanzialmente da quattro voci, acquisto libri, affitto aule, retribuzione docenti e spese di funzionamento, non possono dar luogo a particolari discussioni, a meno naturalmente di vistose anomalie. L'intervento dei Comites si riduce quindi a cercare le parole per formulare un parere scritto che dia l'impressione di un'accurata analisi e che consenta di riempire mezza pagina, come formalmente richiesto dalla Legge.

Il finanziamento di attivit� ricreative e culturali delle comunit� italiane (Capitolo 3122 del fondo di dotazione del Ministero degli Esteri), � affidato direttamente ai Consolati. I progetti per queste attivit� ed i relativi bilanci preventivi, redatti dai vari Enti o comitati promotori, non necessitano del parere dei Comites. A ricezione dei finanziamenti ministeriali (di norma qualche piccolo percento del totale richiesto), i Consolati provvedono a ripartire l'elemosina direttamente tra i richiedenti.

La stampa e le radio locali italiane all'estero vivono una loro stentata vita, in maniera autonoma e generalmente fuori dall'orbita dei Comites.

I circoli socio-culturali italiani, che alimentavano la partecipazione alla struttura ed alla vita dei Comites, stanno chiudendo uno dopo l'altro per il progressivo estinguersi dell'utenza tradizionale e per le mutate condizioni dell'emigrazione.

Politicamente, � vero che il CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all'Estero), l'organo consultivo del Ministero degli Esteri per i problemi dell'emigrazione, � un'emanazione dei Comites, ma � pur vero che di fatto esso vive di una vita autonoma, con un potere di controllo e di indirizzo da parte dei Comites praticamente nullo.

Da ultimo, la dotazione finanziaria annuale si � ridotta a cifre irrisorie, tali da rendere spesso problematico anche l'affitto di una sede per le riunioni.

Fine. Ora, ammesso che tutto ci� sia vero, e purtroppo lo �, ci si potrebbe, anzi, ci si dovrebbe domandare a quale scopo quattro anni fa il Governo di allora fece quell'immane sforzo economico e di risorse per stimolare la partecipazione alle elezioni dei Comites. Pi� semplicemente ci si dovrebbe chiedere a che cosa servano i Comites, nelle condizioni attuali.

Queste domande non sono cos� oziose come sembrano, o come sarebbero se riguardassero unicamente il passato. Il problema sul tappeto �, come detto all'inizio, l'ennesima riforma dei Comites, attualmente in corso e che sar� verosimilmente varata entro pochissimi mesi.

Chi ha lavorato tanti anni nel mondo dell'emigrazione e dei suoi organi rappresentativi, avverte il rischio che quest'ennesima riforma, ricalcando quella del 1990, si limiti a modificare la denominazione, la struttura, le modalit� elettive e magari altre componenti di contorno, senza affrontare il problema di fondo, quello del ruolo effettivo e non puramente ideale, dei Comites e dei mezzi per svolgerlo. Rischio mortale, perch� un cambiamento di forma, senza una definizione precisa della sostanza, decreterebbe la fine, e non la rianimazione, di un'istituzione gi� in coma.

Anche perch� gli elementi di novit� di certo non mancano.

Al panorama "tradizionale" precedentemente descritto, si � aggiunto infatti l'elemento nuovo costituito dal voto all'estero. Con l'elezione diretta dei rappresentanti dell'emigrazione al Parlamento (12 deputati e 6 senatori), mutano alcuni scenari.

A cominciare dall'esautorazione del CGIE, che svolgeva in qualche modo la funzione consultiva, passata ora di fatto e di diritto, ai parlamentari. E dalla definizione dei meccanismi che dovrebbero portare al reperimento ed alla nomina dei candidati ai seggi parlamentari. Avranno i nuovi Comites una funzione di filtro tra la base (l'emigrante) ed i Parlamentari? Dovranno gestire una sorta di elezioni "primarie" per la scelta dei candidati?

Come non si pu� prescindere dalla ormai praticamente avvenuta sostituzione della prima generazione di emigrati con i loro figli e nipoti, integrati nelle realt� ospitanti, e della nuova presenza di figure professionali italiane all'estero, in particolare in Europa, due realt� che con l'Italia istituzionale hanno rapporti ben diversi da quelli della vecchia generazione.

Senza voler entrare nel dettaglio di questi singoli aspetti, � chiaro come una legge di riforma degli organismi rappresentativi degli Italiani all'estero, imponga una riflessione approfondita anche e soprattutto su questi temi, per scongiurare il rischio di una riforma priva di contenuti, o peggio anacronistica, ancora basata solo su sentimentalismi (che rispettiamo) legati ad un concetto ormai superato dell'emigrazione italiana. Che si perpetuino in sostanza organismi che rappresentano nulla e nessuno.

Ci auguriamo che il CGIE, il Ministero degi Esteri, il Ministero per gli Italiani nel Mondo e, non ultimi, gli attuali Comites in carica, ne siano coscienti.

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