MALEDETTO ITALIANO

di Eros Capostagno

Vale la pena di leggere il breve corsivo del Corriere della Sera del 28 novembre scorso:

"Pi� ricerca scientifica, pi� brevetti. � questa una delle carte con cui l'Europa punta a migliorare la propria competitivit� industriale. Peccato che basti un sussulto d'orgoglio nazionalistico per fermare ogni buon proposito. Ieri infatti il consiglio UE non � riuscito a trovare un accordo sul futuro brevetto europeo, perch� Italia, Grecia, Spagna e Portogallo hanno contestato il fatto che l'euro-brevetto, come altri atti comunitari, verrebbe tradotto solo nelle tre lingue maggiori, inglese, francese e tedesco. Niente italiano, greco, spagnolo e portoghese. Moltiplicare le traduzioni costerebbe troppo, osservano a Bruxelles. Cos� brevetto unico e competitivit� possono attendere. L'orgoglio (linguistico) nazionale vale di pi�? E come andr� quando l'Europa sar� allargata a 28 Paesi?"

Il messaggio ci sembra chiaro: in omaggio ad un nazionalismo retrivo, i Governi di centrodestra di Italia e Spagna (col sostegno di altri minori) pongono ostacoli alla costruzione europea, perseguita con lungimiranza, disinteresse e spirito costruttivo dai governi socialisti dei Paesi "maggiori" dell'Unione.

Il tutto, anche se non detto a chiare lettere, si inquadrerebbe nell'isolamento anti-europeo in cui il Governo Berlusconi avrebbe cacciato l'Italia, costretta a subire le genuine censure del Parlamento Europeo anche in fatti squisitamente interni, come la nomina dei funzionari italiani in seno ad organismi internazionali (sic).

E bont� del corsivista se tanto discredito non viene fatto risalire a qualche rigurgito di nazionalismo fascista.

Se il messaggio � chiaro, non altrettanto ci sembra di poter dire sulla profondit� di analisi o sulla buona fede del medesimo corsivo.

Il "brevetto comunitario" (un brevetto unico, valido in tutti i Paesi dell'UE) rappresenta in effetti un obiettivo di notevole importanza per l'industria europea, sia perch� le consentirebbe di affrontare con uno strumento di indubbia forza ed efficacia la concorrenza di Paesi (Stati Uniti e Giappone) che fanno del brevetto uno strumento di competizione commerciale, sia perch� consentirebbe una minore incidenza del brevetto sul costo dei prodotti finiti, a tutto vantaggio della concorrenzialit� sul mercato globale.

L'importanza del brevetto comunitario � tale che, su sollecito dell'industria europea, le trattative per la sua introduzione, si svolgono ormai da molti anni, ma con progressi alquanto limitati.

Il fatto che questa questione si trascini da tempo, avrebbe forse potuto suggerire al nostro distratto corsivista l'esistenza di altre difficolt�, oltre a quella, certamente presente, delle lingue. Ed infatti vi sono ostacoli da sormontare, come la presenza nell'attuale Organizzazione Europea dei Brevetti di Paesi che non fanno parte dell'Unione Europea (come la Svizzera), o il ruolo degli Uffici Brevetti nazionali dei singoli Paesi, che non solo devono trovare una funzione nell'ambito del futuro brevetto comunitario, ma devono anche trovare un reciproco modus vivendi, essendo molto diversi tra loro per tradizioni, dimensioni, capacit� e... prepotenza.

Di questi argomenti, che esulano comunque dallo scopo di queste note, non v'� traccia nel corsivo del Corriere. Che naturalmente non si pone nemmeno domande sul perch� l'Italia farebbe tante storie sul problema della lingua, dando per scontato che si tratti di un provinciale quanto irrazionale nazionalismo, di fronte alle "tre lingue maggiori, inglese, francese e tedesco". Provinciale e irrazionale, ma anche stupido, perch� obbligherebbe a moltiplicare le traduzioni di ogni brevetto e quindi i costi per l'industria europea: "...cos� brevetto unico e competitivit� possono attendere!".

Non entriamo nel merito dei problemi di costi e strutture, perch� l'argomento richiederebbe degli approfondimenti tecnici. Ci limitiamo ad osservare come sia curioso che al nostro corsivista sia sfuggita una semplice constatazione. Se � vero, come � vero, che moltiplicare le traduzioni significa aumentare i costi, perch� allora non abbattere ulteriormente questi ultimi rinunciando anche alla terza traduzione (quella in Tedesco magari)? O meglio ancora, vogliamo rovinarci, rinunciando anche alla seconda (magari quella in Francese)?

Provocazione? Niente affatto, perch� questo � proprio quello che l'industria europea in larghissima parte richiede: l'uso di una sola lingua "tecnica" che, bon gr� mal gr�, gi� esiste nel mondo del lavoro, e che si � universalmente imposta, ci piaccia o no, sbaragliando ogni possibile concorrenza. � ovvio che parliamo dell'Inglese (International English), inteso come strumento tecnico appunto, che nulla ha a che vedere con Shakespeare, Oxford o la cultura di un Paese particolare chiamato "Gran Bretagna".

La razionalit� di un simile approccio � talmente ovvia per gli addetti ai lavori e per i Governi, che quasi tutti i Governi interessati sarebbero infatti d'accordo e pronti a ratificarlo. Quasi tutti dicevamo, tranne quelli che non riescono a considerare la lingua inglese come uno strumento puramente tecnico, ma come un'espressione di egemonia culturale. Egemonia culturale evidentemente inaccettabile e quindi fuori da ogni possibile compromesso. Come noto, l'Italia � (saremmo tentati di dire "purtroppo") totalmente estranea a questo sciovinismo culturale.

Ecco quindi che l'adozione di una lingua unica per il brevetto comunitario (o altri atti comunitari) non viene affatto impedita da Paesi come l'Italia o la Spagna che pretenderebbero di avere la loro l'ingua come quarta o quinta lingua ufficiale (come certa stampa tenta di far credere), ma da quei Paesi che, con profonda arroganza, non accettano una lingua tecnica comune, a meno che non sia la loro.

Arroganza che sembra trovare un comodo alibi e una sponda in quegli ambienti italiani che, invece di deplorare l'ingiustificata arroganza degli altri, si mostrano pronti a travisare la realt� e a lanciare anatemi sul Governo italiano. Pronti cio� a continuare la gloriosa tradizione storica italiana di mettersi al servizio dello straniero, contro gli interessi della propria Patria, pur di ostacolare gli avversari politici.

Un po' pi� di onest� intellettuale certo non guasterebbe, ma sembra che sia chiedere davvero troppo in questo momento a una certa cultura italiana ormai allo sbando.

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