SE NON CI FOSSERO...

di Tito Livio

Se Clemente Mastella non ci fosse, bisognerebbe inventarlo. Dopo le dimissioni di D'Alema, ha candidamente sostenuto in TV che il nuovo premier avrebbe dovuto essere un esponente non proveniente dal partito dei DS, in modo da privare Berlusconi dell'argomento di un Governo comunista, facile bersaglio per l'opinione pubblica moderata.

Delle due l'una: o l'argomento del Cavaliere corrisponde alla realt�, oppure � falso.

Se fosse falso, non si capisce per quale ragione Mastella dovrebbe sostituire il leader del maggior partito della coalizione di maggioranza, sostenuto da oltre il 20% degli elettori, con un esponente di un partitino fiancheggiatore sostenuto da una percentuale di elettori da prefisso telefonico.

Oltretutto, se fosse falso, sarebbe pi� agevole convincere gli elettori mostrando loro tutto il liberalismo e la democrazia cui il Governo ed i suoi esponenti si ispirano, piuttosto che far cadere il Governo stesso.

Certo ci rendiamo conto di qualche difficolt� oggettiva per il povero Mastella, la presenza di ministri che vogliono rifondare il comunismo, il bavaglio all'informazione, i guai giudiziari per i giornalisti non allineati, la compravendita di parlamentari per alimentare maggioranze artificiali, lo statalismo nell'economia, i Governi fatti e disfatti nel Palazzo in spregio agli elettori, i disegni di legge blindati, lo strangolamento fiscale..., ma via, non possiamo credere che Mastella non sappia trovare buoni argomenti tra le sue mille risorse!

Se invece l'argomento del Cavaliere fosse vero, la cosa si farebbe un po' pi� imbarazzante. Imbarazzante per noi evidentemente, ma non per Mastella. Dovrebbe infatti spiegarci il brav'uomo (che da quello che ha affermato, sembra concordare sull'impresentabilit� del Comunismo), come mai abbia sinora sostenuto e fatto parte di un Governo comunista, e come mai ora continui a far parte dello stesso identico Governo, formato dagli stessi partiti (1 partito + 7 microgruppetti) con gli stessi rapporti di forza, ed in cui il partito di maggioranza � sempre quello ritenuto comunista.

In entrambi i casi, la frase di Mastella mal si concilia con la partecipazione del suo gruppo al Governo Amato, o comunque ci risulta di difficile interpretazione.

A meno di dover convenire che ancora una volta il potere di attrazione dei comunisti (ex, post o neo che siano) sia tale che riescono ancora a trovare degli "utili idioti" per occupare il Potere senza consenso elettorale .

Come detto nell'articolo Corsi e Ricorsi gi� nel N� 1 di questa rivista, nel primo dopoguerra gli "utili idioti" furono davvero utili ai comunisti per l'occupazione dei Paesi dell'Est: il problema � che nella situazione attuale italiana, abbiamo forti dubbi sulla loro utilit�.

Se il senatore Di Pietro non ci fosse invece, non sentiremmo affatto il bisogno di inventarlo. Confessiamo di essere allergici ai tipi per parlano per sottintesi, che querelano i giornalisti, che si fanno eleggere senatori da un partito ad essi estraneo per poi passare ad un gruppo antagonista, che fanno come certi calciatori, quando sfruttano qualche prodezza giovanile per passare anzitempo in serie A dove poi rimangono delle eterne speranze.

Tuttavia, visto che c'�, dobbiamo tenercelo. E magari ogni tanto prestare attenzione a quello che dice.

Alla nascita del Governo Amato infatti, il senatore � andato gi� pesante. Dopo aver abbandonato gli improbabili compagni di viaggio della compagnia prodiana, si � scagliato contro Amato, con un attacco ad personam senza mezzi termini. Citando date e fatti, lo ha accusato di aver lavorato insieme a Craxi (delitto senza attenuanti) in particolare per delegittimare le sue inchieste di "Mani Pulite" (delitto altrettanto orrendo), utilizzando le sue cariche istituzionali.

Pur non essendo tra quelli che, in buona o mala fede, si fanno prendere dalle convulsioni al solo sentir nominare la buon'anima di Bettino, dobbiamo riconoscere che stavolta Di Pietro ha sollevato un problema concreto.

Delle due, l'una: Craxi deve ancora essere considerato, come vuole la vulgata corrente, un mariuolo, lestofante, criminale..., oppure questa visione � talmente distorta che � giunta l'ora della sua riabilitazione, come spesso accad(d)e alle vittime dei regimi comunisti?

Poich� Amato � stato il braccio destro di Craxi e ne ha condiviso tutte le responsabilit�, sia nel partito che nel Governo, pur essendo sfuggito a qualunque inchiesta giudiziaria, ci piacerebbe sapere come egli si ponga di fronte al dilemma sollevato da Di Pietro.

Se con la sua azione, Craxi � stato davvero un lestofante (dal quale Amato ha tenuto tardivamente ad allontanarsi), nemmeno i gonzi possono pensare che il suo braccio destro possa essere rimasto estraneo a tutto, tanto da meritare la carica di Primo Ministro di quella 2a Repubblica, nata proprio per purgarsi dalle scorie del craxismo.

Se invece Amato ritiene che sia finito il tempo delle strumentalizzazioni di parte sulle vicende del PSI e della DC e che la verit� storica debba rendere giustizia alla figura di Craxi, dovrebbe spiegarci il perch� della sua assenza ai funerali del vecchio leader, e poi rispondere all'attacco di Di Pietro senza tanti giri di parole, reclamando la legittimit� dell'operato suo e del suo leader.

Il Primo Ministro di un grande Paese dovrebbe sciogliere subito questo dilemma. Lo far� Amato? Aspettiamo e speriamo. Nel frattempo dobbiamo riconoscere che, per fare chiarezza, anche Di Pietro pu� essere utile.

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