LA TENTAZIONE TOTALITARIA

di Tito Livio

Quando si instaura un regime illiberale, per gli oppositori la vita si fa dura. Il regime si preoccupa per prima cosa di "eliminare" gli avversari che potrebbero organizzare una resistenza, quindi di occupare e controllare i mezzi di comunicazione e, successivamente, metodicamente, di occupare i posti chiave della societ�, facendo terra bruciata intorno ai possibili dissidenti.

Impedendo il manifestarsi del dissenso, il regime tenta poi di consolidarsi "plasmando" a sua immagine i giovani irregimentati, (scuola,...) nell'illusione di creare una stirpe docile e fedele.

L'espressione "eliminare gli avversari" assume nel tempo concretezze differenti a seconda del momento storico e delle latitudini, dall'esecuzione immediata alla segregazione, dai campi di rieducazione alla galera. In generale l'eliminazione avviene sempre per via giudiziaria, ogni regime tenendo in gran conto il rispetto della legalit�, quella propria s'intende.

Il regime instaurato in Italia dal 96 non � dissimile dagli stereotipi del passato, i meccanismi sono sempre gli stessi, adattati ovviamente alla situazione storica. Inutile insistere sulle persecuzioni giudiziarie "selettive", sulle spinte al suicidio degli inquisiti, sulle condanne senza prove ecc., essendo tutto ci� ben noto ed avendo provocato qualche reazione di nausea anche negli stomaci pi� disponibili.

Vediamo invece lo sviluppo della seconda fase, quella che porta all'occupazione degli spazi chiave della societ� e, nelle intenzioni del Potere, all'occupazione del cervello dei sudditi.

Da un lato le istituzioni politiche e pubbliche. A cominciare dal Parlamento, con l'uso dei decreti, del voto di fiducia e dei provvedimenti "blindati". Con questi noti meccanismi si evita la discussione parlamentare e quindi si mette un bavaglio all'opposizione proprio nel luogo ove essa sarebbe per definizione deputata ad esprimersi. Impedendo la formazione di commissioni d'inchiesta, si impedisce poi all'opposizione di esercitare una verifica sull'operato della maggioranza e sul funzionamento degli organi statali, onde tenerne informata l'opinione pubblica.

Eliminando dalle Presidenze e dai Consigli di Amministrazione di enti statali e parastatali ogni persona non scodinzolante, indipendentemente dalle sue capacit� professionali, per sostituirle con uomini di provata fedelt�, il regime controlla poi investimenti e flussi di denaro pubblico da convogliare verso amici, scherani e sostenitori. Analogamente nelle associazioni, enti locali, enti culturali e ricreativi,..., il regime elargisce i propri favori selettivamente, riducendo all'impotenza quelli che non si piegano. I finanziamenti a certi cineasti (o presunti tali) di regime sono un caso relativamente noto.

La voce del dissenso � cos� soffocata sul nascere. Ci sarebbe la stampa e l'editoria. Ci riferiamo naturalmente a quella non (ancora) in mano ai due gruppi industrial-editoriali che costituiscono il maggior puntello del regime attuale e che anzi gli hanno fornito i mezzi per instaurarsi.

Non potendo formalmente "chiudere" i giornali non allineati (come ad es. faceva Allende in Cile), non essendoci le necessarie condizioni al contorno, il regime ricorre sistematicamente alla denuncia del giornalista per "diffamazione", con richieste di risarcimenti miliardari, richieste che certa magistratura esamina (ed accoglie) nel giro di poche settimane, quella stessa magistratura che magari ci mette quindici anni per esaminare la causa civile di un poverocristo.

Tale � il clima di intimidazione che nessun editore ha voluto pubblicare in Italia il volume "La Ghigliottina Italiana" (Burnett e Mantovani, The Italian Guillotine, Rowman & Littlefield Pub., 1998) che documente la tesi del "colpo di stato" bello e buono realizzato attraverso Tangentopoli (per inciso, procurarsi il volume � facilissimo via Internet, ordinandolo a www.amazon.com).

Quanto ai mezzi di comunicazione, radio e TV, sono ovviamente quelli cui � destinata la grossa ondata delle truppe di occupazione. La cosa � arcinota e non vale la pena di dilungarsi oltre sull'uso che ne viene fatto per manipolare l'informazione. Pi� subdolo ne � l'utilizzo in programmi non dichiaratamente di informazione, come certi talk shows radiofonici, utilizzati come dispensatori di incenso e fabbrica del consenso. I partecipanti sono accuratamente selezionati e le telefonate in diretta degli ascoltatori ricevono trattamenti differenti a seconda del tono: le voci critiche vengono immediatamente rimbrottate dal conduttore, che ringrazia dell'intervento e chiude il telefono. La nausea � tale nel verificare queste situazioni che non si sa se sia pi� indicata la rabbia o il compatimento per tanta imbecillit�.

Sic stantibus rebus, tutti i regimi autoritari dovrebbero essere eterni. Invece la Storia si diverte periodicamente a rimescolare le carte. Succede cos� che prima o poi un regime autoritario cade, o viene abbattuto, ed i perseguitati di prima diventano i nuovi padroni. Che ovviamente si trovano subito davanti al problema di cosa fare dei precedenti tiranni.

Nel passato non c'erano molte alternative. Robespierre fu ghigliottinato, i Romanov finirono a Ekaterinembourg, Mussolini fu scempiato, i capi nazisti sopravvissuti finirono impiccati a Norimberga o in Israele (quelli pi� longevi finirono molto pi� tardi nelle carceri militari italiane), i sostenitori di Allende desaparecirono, Ceausescu fu liquidato a sangue freddo, tanto per citare i pi� famosi. I galoppini del regime seguivano una sorte non molto dissimile.

Fanno eccezione i maggiorenti dei regimi comunisti europei ed asiatici, che sono quasi sempre riusciti ad evitare l'imbarazzante resa dei conti, al momento del crollo dei loro regimi.

Ai giorni nostri, nel mondo occidentale beninteso, le cose sono certamente diverse, dato che i regimi totalitari si estinguono quasi spontaneamente per obsolescenza e anacronismo, ed il problema che si pone � piuttosto ripristinare a pieno ritmo le istituzioni democratiche (laddove precedentemente esistenti) o ricostruire letteralmente i paesi dalle macerie economiche, politiche e spirituali in cui i passati regimi li avevano sprofondati, pi� che cercare spazi per le vendette.

Resta tuttavia il problema di cosa fare a quel punto di quanti hanno incarnato il ruolo degli "aguzzini" e dei sopraffattori durante il regime, giornalisti, magistrati, cariche dello stato ecc.

"Cosa fare" di costoro non in senso fisico naturalmente, ma dei ruoli da essi ricoperti. Non saremo cos� ipocriti da negare l'istintiva tentazione di rendere pan per focaccia, sostituendoli sic et simpliciter con persone di altra fede, che portino a compimento una sorta di vendetta, con l'utilizzo degli stessi metodi. La chiameremmo "Tentazione Totalitaria", prendendo in prestito la nota espressione di J.F. Revel (La Tentation Totalitaire, Grasset, 1976), in quanto non farebbe che sostituire un sistema totalitario con un altro, perpetuando in Italia quello stato di divisione e di odio che, dalla guerra civile del 1943-45, non � mai riuscita ad evolvere in un dialettico sistema bipolare.

No, quello che occorre fare � riformare il tessuto socio-amministrativo del paese, per far s� che il potere clientelare del "Potere" venga drasticamente ridotto, onde ridurre la "necessit�" per i governanti di turno, di accaparrarsi centri di sottopotere e di controllo della societ�. Per essere concreti, si potrebbe ad esempio pensare di ridurre all'osso la pratica delle sovvenzioni statali dirette, di introdurre uno spoil system limitato, che consenta a chi governa di operare (in maniera trasparente) come un "team" all'interno del quale vi sia reciproca fiducia ed unit� d'intenti, e cos� via. Il discorso si fa lungo e dovremo certamente ritornarci.

Sono solo esempi, sia chiaro che non abbiamo ricette magiche. Sarebbe per� indispensabile che all'approssimarsi delle scadenze elettorali, e stante lo sfacelo del regime attuale, il Polo si facesse carico del problema, con proposte chiare ed univoche, su come gestire il "dopo" ed i lasciti del "prima", rendendo priva di significato nel futuro ogni "tentazione totalitaria".

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