ULISSE

di Tito Livio

Iniziò Ulisse nel 1174 a.C.

Costretto a scendere in campo contro Troia a seguito della tracotanza di quest'ultima, Ulisse rimase lontano dalla patria Itaca per ben dieci anni. Grazie alla sua capacità di stratega, la gioiosa macchina da guerra troiana, che sembrava ormai avere partita vinta, fu sbaragliata.

Purtroppo questo suo decisivo intervento sconvolse i piani di un certo establishment (allora si chiamavano "dèi") consolidato intorno al colle più alto (l'Olimpo), che pensò bene di vendicarsi, dando il via ad una campagna persecutoria nei suoi confronti. Utilizzando maghe, sirene, ciclopi, cannibali di varie specie, questi potenti dèi inflissero ad Ulisse tutti i possibili patimenti, pur di non farlo tornare, vincitore, a regnare in patria. Per i dettagli, vedasi l'Odissea.

Questo calvario andò avanti per altri dieci anni senza che Zeus, presunto capo e garante della legalità nel mondo, si decidesse ad intervenire.

Durante questa forzata latitanza della legalità istituzionale ad Itaca, un'associazione di usurpatori, i Proci, pensò bene di occupare gli spazi lasciati liberi da Ulisse. Come noto, insediatisi nella reggia, essi diedero vita ad una lunga ed indisturbata campagna vessatoria nei riguardi dei congiunti e degli amici di quello che ormai consideravano ex-re, definitivamente uscito di scena.

Ebbene, nel 1174 a.C. ci fu il colpo di scena. Zeus ebbe un improvviso sussulto legalitario, con fulmini e saette rimise al suo posto quell'establishment divino che aveva fatto sino allora il bello e il cattivo tempo con ingiustificate prevaricazioni su una parte del genere umano, e consentì finalmente ad Ulisse di tornare in patria.

Seppure in ritardo, i prevaricatori vennero "portati in giudizio" a rispondere dei loro comportamenti tracotanti. Fu un giudizio rapido, come usava allora, ed in breve i Proci usurpatori vennero trafitti uno alla volta dalle frecce di Ulisse. Ad Itaca tornò finalmente la legalità.

Mille anni più tardi, un gruppo di schiavi si ribellò all'ordine costituito di Roma e diede origine ad un movimento ribelle che cominciò a saccheggiare i dintorni della città. Sotto la guida di un abile trascinatore, tale Spartacus, i ribelli vennero ben presto raggiunti da altri schiavi, fino a contare qualcosa come 70.000 uomini.

Approfittando della debolezza delle istituzioni romane, impegnate in quel momento in rivolte, congiure di palazzo, rivalità tra i maggiorenti della città, le forze ribelli riuscirono a sconfiggere vari generali che senza convinzione il Senato aveva nominato per affrontarli.

Ubriacati da queste "vittorie" i ribelli rifiutarono il saggio avviso di Spartacus di disperdersi e mimetizzarsi nell'impero, e vollero addirittura tentare la conquista dell'Urbe. Finalmente resisi conto del pericolo che avevano sino ad allora sottovalutato, i maggiorenti romani "si svegliarono" e, approntato un esercito, lanciarono la battaglia. Quasi tutti i ribelli rimasero sul campo.

I superstiti, circa seimila, si diedero alla fuga ma vennero ben presto acciuffati e "portati in giudizio". Anche in questo caso il giudizio fu molto rapido: vennero approntate sei mila croci alle quali essi furono inchiodati prima di essere date alle fiamme, illuminando così un lungo tratto della Via Appia.

Duemila anni dopo, nel 1933, approfittando della decadenza delle istituzioni democratiche, un visionario rivoluzionario di nome Adolf riuscì ad impossessarsi del potere, imponendo una ferrea dittatura sulla Germania. Convinto di essere investito di una missione storica, quella di purificare il mondo, o almeno una parte, da razze "inferiori" e di affermare la superiorità della sua, si lanciò alla conquista dell'Europa.

Con la scientifica organizzazione messa in piedi assieme ai suoi allucinati collaboratori, iniziò a ripulire il proprio Paese e poi quelli limitrofi dai cittadini non perfettamente in regola con i suoi canoni di arianesimo (in dodici anni riuscì a purificarne circa sei milioni!). Abbagliato dalla facilità con cui raggiungeva i suoi obiettivi, grazie alla incapacità di reazione dei paesi che dovevano garantire l'ordine mondiale, si lanciò un po' troppo oltre e alla fine venne schiacciato senza pietà.

A parte Adolf, che si fece giustizia da solo, la Germania nazista subì due ordini di giudizio: uno immediato, con la "rasa al suolo" di tutte le sue città, il secondo davanti ad un Tribunale appositamente istituito dai vincitori a Norimberga, ove i gerarchi superstiti dovettero rispondere dei loro crimini. Chi non ne rispose suicidandosi, finì impiccato o all'ergastolo. E la Germania ritrovò la legalità democratica.

A circa tremila anni dai fatti di Itaca, nel 1994, un noto industriale italiano fu costretto a scendere in campo per fermare la tracotanza di una gioiosa macchina da guerra che sembrava aver ormai fatto piazza pulita dei tradizionali avversari democratici. Grazie alle capacità di stratega di questo personaggio, quella macchina da guerra fu rapidamente sbaragliata.

Purtroppo questo suo decisivo intervento sconvolse i piani di un certo establishment consolidato intorno al colle più alto, e questo pensò bene di vendicarsi, dando il via ad una campagna persecutoria senza precedenti nei suoi confronti.

Utilizzando pentiti, sirene e ribaltonisti di varie specie, questo establishment inflisse all'industriale tutti i possibili patimenti, pur di estrometterlo per sempre dalla vita politica italiana. Questo calvario andò avanti per anni, senza che i garanti della legalità istituzionale si decidessero ad intervenire, anzi...

In questa latitanza della politica, un'associazione di "moralizzatori democratici" pensò bene di occupare gli spazi lasciati liberi dalle Istituzioni elettive. Una volta insediatisi, diedero vita ad una lunga ed indisturbata campagna inquisitoria nei riguardi di tutti coloro che ritenevano non abbastanza "puri" per far parte del nuovo ordine costituito, in particolare quanti circolavano nell'orbita dell'industriale, e di una parte, ma solo una parte, di quelli legati alla precedente gestione.

Quello che la Storia non ci ha ancora detto, è come tornò la legalità democratica in Italia, se seguendo cioé il modello Itaca, oppure quello della Via Appia, oppure ancora quello di Norimberga.

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