LE DONNE, I CAVALLIER, L'ARME, GLI AMORI...

di Tito Livio

...ci avevano già creato qualche problema negli anni del Liceo. In effetti, le gesta di nobili paladini, le avventure ed i tradimenti di donne bellissime, i truculenti fatti d'armi, gli amori teneri e gli amori non corrisposti, narrati dall'Ariosto nell'Orlando Furioso, costituivano una trama talmente intricata da far impallidire l'odierno Beautiful, e da far sudare gli studenti italiani dei secoli successivi.
L'unica cosa abbastanza chiara di quel feuilleton è che quando gli uomini perdono il senno, andarlo a recuperare non è impresa da poco.

A distanza di qualche decennio (ahimé) da quegli anni, abbiamo oggi l'allucinante sensazione di trovarci nel bel mezzo di quel feuilleton,senza avere questa volta un insegnante a spiegarne i contenuti oscuri.

Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori... si stanno infatti talmente intrecciando nella vita degli Italiani, che ci chiediamo se per caso il senno non sia...

Leggiadre donzelle in carriera fanno perdere la testa ai paladini del Cavaliere, coltivandone uno dopo l'altro l'affettuosa amicizia, per poi metterli uno contro l'altro e chiederne la testa come trofeo. Altro che l'Angelica dell'Ariosto (ci si perdoni la facile ironia), queste moderne Angeliche diventano "supertesti" e vanno in giro con le scorte. Non importa se, esaurite le "confessioni spontanee" poi cadono in contraddizioni e improvvise amnesie, la porta per lanciare l'assalto ai paladini è stata comunque aperta, questo è quello che conta.

Oltretutto il teste può anche casualmente trovarsi a cena col magistrato inquirente alla vigilia delle sue spontanee confessioni al magistrato stesso, senza che nessuno in Italia si gratti la capa perplesso!

Poi ci sono quelle che addirittura fanno risuscitare i morti, in un mirabolante intreccio di storie di spionaggio, colpi di stato, terrorismo e intrighi internazionali. Il bello (si fa per dire) è che trovano alte gerarchie dell'esercito e magistrati che le seguono estasiati, e che non esitano a tagliare teste, così tanto per esaudire i desideri della bella, o ad avviare rogatorie internazionali per esumare cadaveri e verificare se son morti davvero.

Poi le mirabolanti storie si sgonfiano, i decapitati vengono prosciolti (alla memoria), i morti restano morti, le belle si spogliano e si squagliano: nessuno paga, chi ha avuto, ha avuto...

Essendoci di mezzo anche le armi, non poteva mancare il coinvolgimento dell'Arma.

Simbolo dello stato di diritto, è comprensibile come l'Arma sia sempre stata mal tollerata da chi nello Stato vedeva un oppressore, oppure un'istituzione da abbattere in nome della rivoluzione proletaria. Comprendiamo quindi la "guerra" condotta da Giuliano nella Sicilia del dopoguerra, meno chiara ci sembra invece la libertà concessa a certi gerarchetti locali di spingere al suicidio i marescialli lombardi, o a certi giovani e sempre promettenti magistrati di inquisire alti generali per storie di sorrisi e confidenze a Falcone, o addirittura di sbatterli in galera per "pericolosità sociale", anche se i reati ipotizzati nulla hanno a che vedere con omicidi o violenze varie. Ci sembra infatti che chi confessi 60 e passa omicidi, chi scioglie i bambini nell'acido solforico, circola invece libero e indisturbato, protetto da una scorta e pagato dallo Stato.

Per non parlare dei "normali" omicidi, rapinatori, sfruttatori della prostituzione, usurai e compagnia brutta che, in percentuali variabili tra l'83% ed il 97% non solo rimangono impuniti, ma non vengono nemmeno indagati. Sghignazzate pure se volete, questa è la tragica realtà del feuilleton che viviamo.

Dicono che manca il personale, che manca il computer nell'ufficio dei magistrati, e quei pochi, oberati di lavoro, devono seguire troppe inchieste, magari come quella volta a scoprire se nelle ossa polverizzate di Enrico Mattei, morto nel 1962, ci siano tracce di esplosivo.

E così finisce come sconsolatamente conclude il Soffiantini: "mentre i miei rapitori sono liberi, i miei amici sono in carcere!".

Incapace di svolgere indagini e raccogliere indizi sui banditi di ogni specie che infestano il Paese, lo Stato si rivolge contro chi scala i campanili, chi invoca il "Dio Po", chi è vittima di ricatti fiscali dello Stato stesso, chi non rientra negli schemi ideologici ammessi.

Forse, invece di cercare indizi nei baci, nei sorrisi, nei conti societari, sarebbe più utile per la società italiana andare a verificare se nei piani di studio di certe Facoltà, esami come "Diritto Penale" , "Criminologia" ecc. non fossero stati per caso sostituiti negli anni '70 da esami di gruppo su materie del tipo "Sociologia Marxista" e simili...

Tutto questo avviene in un Paese reso finalmente "normale" dai nuovi conquistatori, che ci hanno riscattato dallo sciagurato cinquantennio precedente e dal tentativo liberticida del Cavaliere nel '94.

Certo, nel romanzo dell'Italia di fine secolo, così come nel poema ariostesco, ci sono mille altre situazioni che meriterebbero di essere descritte, ma ne demandiamo il compito a futuri scrittori. Ci resta comunque l'impressione che il "senno" del paese sia davvero volato via, e non possiamo non riandare con la memoria ad un'altra opera del cinquecento, il "Giulio Cesare" di Shakespeare.

Davanti al cadavere di Cesare, i congiurati, convinti di aver salvato Roma da un pericoloso dittatore, si ritrovano invece improvvisamente la folla inferocita che li insegue, con il poeta che sconsolatamente esclama: "Oh judgment, thou art fled to brutish beasts..."

Che non vada a finire così anche nella Roma del 2000?

Pagina successiva

Sommario Pagina di copertina Commenti alla Redazione

Hosted by www.Geocities.ws

1