25 APRILE

di Tito Livio

La città di La Spezia non è tra quelle che ricorrono più di frequente nell'immaginario popolare italiano. Ha avuto un suo momento di gloria qualche mese fa con l'indagine della sua Procura sulla cosiddetta Tangentopoli 2 o 3, quella dei Pacini Battaglia, ferrovie, Necci, Nomisma ed altri bei nomi dell'establishment. Poi, grazie ai codicilli della Legge ed all'opera instancabile dei Suoi tutori, l'inchiesta fu smembrata e sparpagliata presso altre Procure. Su La Spezia (e sull'inchiesta) ricadde il silenzio.

E' quindi con una certa sorpresa che la settimana scorsa ci siamo ritrovati di nuovo La Spezia agli onori della cronaca, con ben due eventi addirittura concomitanti:
- la consegna da parte del Presidente Scalfaro di una medaglia d'oro alla città per attività partigiana;
- l'apertura di un'inchiesta da parte della locale Procura sul presunto assassinio di venti militari "repubblichini" ad opera di partigiani nell'aprile del '45.

E' noto che buona parte delle medaglie concesse in nome della Repubblica Italiana non vengono attribuite spontaneamente, ma solo quando, e se, il "destinatario", dopo richieste ed insistenze varie, trova il "canale giusto" per farsela concedere. Non sappiamo se questo sia anche il caso di La Spezia, né è importante sapere se "... i sacrifici di sangue delle sue brigate partigiane..." (come recita la motivazione) siano più meritori di quelli di altre città italiane.

Quello che rileviamo è come a cinquantadue anni, diconsi cinquantadue, ossia più di mezzo secolo di distanza dalla fine della guerra, in un mondo che vivaddio qualche piccolo cambiamento pur l'ha avuto, c'è ancora gente che va in giro a chiedere, attribuire e conferire medaglie per episodi relativi alla guerra civile che si sovrappose a quella guerra (guerra perduta, e malamente per di più)!

Oltretutto, perdonate la banalità dell'osservazione, uno potrebbe pure chiedersi se questi meriti siano poi così chiari ed evidenti, visto che ci sono voluti ben cinquantadue anni perché venissero riconosciuti. Pazienza, in fondo la Chiesa impiega secoli per riconoscere la santità.

Per ironia della sorte, questa sensibilità mostrata dalla Repubblica verso i "sacrifici di sangue" di mezzo secolo prima, non ha trovato il modo di manifestarsi nei confronti del "sacrificio in mare" di 83 persone di appena una settimana prima. Chissà, la Repubblica ha i suoi tempi di reazione, forse tra cinquant'anni lo Scalfaro di turno conferirà una medaglia...

Non vogliamo legare questa medaglia al secondo episodio che caratterizza le cronache spezzine di questi giorni, l'inchiesta sui crimini e regolamenti di conti avvenuti (non solo a La Spezia) alla fine della guerra e nell'immediato dopoguerra.
Lungi da noi il sospetto che la consegna della medaglia potesse in qualche modo voler deligittimare l'indagine della Magistratura, anche per non commettere il peccato andreottiano del "pensar male".

Quello che ci colpisce e ci preme sottolineare astraendo dal caso particolare, è come la Magistratura riesca a trovare il tempo e la voglia di occuparsi di episodi di mezzo secolo fa, e che a nostro avviso sarebbero più di competenza degli storiografi, allo scopo di fare sia pur tardiva giustizia, quando poi tenta di giustificare con la cronica mancanza di mezzi e personale la sua pressoché totale incapacità di risolvere crimini attualissimi come furti, stupri, usura, omicidi, lanci di sassi in autostrada, sequestri di persona...

E tralasciamo per carità di patria quei magistrati che si dedicano ai baci omosessuali e alle pubblicità occulte dei divi della TV!

Sia chiaro che non contestiamo la validità dell'inchiesta dei simpatici procuratori spezzini sui crimini di guerra: è che abbiamo l'impressione che l'Italia sia caduta in una spirale di delirio, in cui ognuno si muove a caso, senza riferimenti, come in un gigantesco moto browniano.

E sarà probabilmente per insensibilità che negli altri principali Paesi a suo tempo coinvolti nel conflitto mondiale, non si attribuiscano più da un pezzo medaglie al valore, essendo i governanti troppo occupati a modernizzare le loro società, a costruire metropolitane, treni veloci e parcheggi, a creare il terreno favorevole allo sviluppo e al benessere dei propri concittadini, a perseguire la criminalità.

Forse per lavarsi la coscienza da questa insensibilità, i governanti di alcuni di questi Paesi mantengono l'usanza di celebrare ogni anno l'anniversario della fine della guerra con due minuti di lutto nazionale, in memoria di tutte le vittime: due minuti dalle 20.00 alle 20.02 in cui tutto il Paese si ferma, comprese le auto sulle strade, in un silenzio irreale, scandito dal rintocco di una campana.

Da noi, non dovendo evidentemente lavarci la coscienza da alcunché, l'analoga ricorrenza, il 25 aprile, può invece essere celebrata con feste popolari, comizi sindacali e sventolii di bandiere rosse.

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