UN VECCHIO MODO DI FARE POLITICA

di Tito Livio

"Un vecchio modo di fare politica, che forse � superato". Cos� Berlusconi ha commentato le perplessit� di Fini sul sostegno che Forza Italia ha dato a D'Alema nell'elezione a presidente della Bicamerale. Cerchiamo di capire a quale "vecchia politica" si volesse riferire.

Con l'avvento di Moro a leader della Democrazia Cristiana, inizia nei primi anni sessanta l'era del centrosinistra, caratterizzata dall'associazione al Governo di una forza appartenente alla sinistra dello schieramento politico, il Partito Socialista.

Il Partito Socialista era stato sino allora poco pi� di un'appendice del Partito Comunista. Era guidato da uomini come Nenni e De Martino che, imbevuti di massimalismo marxista, antifascista e resistenziale, soffrivano di un complesso di inferiorit� verso i comunisti, essendosi questi appropriati del marchio DOC dell'antifascismo nostrano e dell'esclusiva della rivoluzione proletaria in nome e per conto della casa madre sovietica.

L'opera di "sdoganamento" del PSI intrapresa da Moro, fu poi completata dall'avvento di una nuova classe dirigente socialista (Craxi) che ringiovan� i quadri e seppe dare un taglio netto al fronte socialcomunista, modific� l'immagine e si assest� su pi� realistiche posizioni socialdemocratiche accanto alla DC.

Si stabilizz� cos� il panorama politico italiano con un grosso blocco di centro che, per quanto variopinto e rissoso, deteneva saldamente la maggioranza ed il Potere, un'estrema destra spinta ad agire sulle piazze, essendo stata privata di legittimit� parlamentare, ed un Partito Comunista all'opposizione, pi� frange estreme. In realt�, bench� minoritario in Parlamento, il PCI era troppo forte e pericoloso per essere trascurato, venne quindi in qualche modo "associato" al Potere, comprando la sua acquiescenza con il controllo di molti "centri di potere" della vita italiana (come gi� analizzato in Il Regime nel N�5).

Quello che ne � derivato negli ultimi venti anni � noto. L'assenza di una vera opposizione, l'assenza di ogni possibile ricambio alla guida del Paese, il consociativismo insomma, ha fatto s� che si creasse quell'oligopolio dei partiti che ha fatto man bassa dello Stato.

Questa era dunque la vecchia politica.
Cerchiamo ora di configurare quella "nuova".

Con l'istituzione della Bicamerale, Berlusconi � tornato al centro della politica italiana, ottenendo anche l'effetto di scompigliare ulteriormente quell'armata Brancaleone che � l'Ulivo, tenuto insieme unicamente dallo scopo elettorale di battere il Polo, ed evidenziando l'evanescenza del suo leader.

Nella Bicamerale si delinea uno schieramento di forze differente da quello parlamentare. La guida � assicurata da un blocco "di peso", costituito da PDS e Forza Italia, i partiti o forze elettoralmente pi� grandi, con l'aggiunta di piccoli gruppi di tradizione democristiana, una piccola opposizione di estrema sinistra (RC), un grosso partito di destra che ha ormai un notevole peso elettorale e solide radici nel Paese. Parlare di blocco PDS/FI pu� sembrare una forzatura, viste le posizioni piuttosto distanti di molti degli esponenti dei due gruppi. Tuttavia non pu� sfuggire che la scelta dei componenti della Bicamerale e la leadership di D'Alema e Berlusconi all'interno dei rispettivi gruppi garantiranno in ogni caso una comune posizione su ogni eventuale accordo di vertice.

Che il momento storico spinga i due leaders su posizioni comuni � anche comprensibile, in particolare per quanto riguarda il ridimensionamento del ruolo dei piccoli partiti, la cui capacit� di ricatto ed il cui potere di instabilit� sono sproporzionati alla consistenza numerica ed ormai rigettati dall'opinione pubblica. Il senso di ridicolo che avverte la gente (e che avvertiamo noi difronte ai colleghi stranieri) nel vedere il Governo costretto a secondare i voleri di comunisti alla Bertinotti, che si ostinano a sopravvivere alla Storia, senza nemmeno mascherarsi come fanno in Romania o Bulgaria, la nausea nel veder litigare i superstiti Dc, che mettono in crisi una coalizione perch� Mastella vuole a tutti i costi una poltrona, lo smarrimento nel vedere vecchi notabili che inventano liste elettorali a proprio nome (Lista Dini, Lista Prodi, Patto Segni,...) per utilizzare i parlamentari eletti come pedine di scambio per sostenere la propria personale posizione, saltando da uno schieramento all'altro, tutto ci� dicevamo, � stato sicuramente percepito dal fiuto dei due leaders, come denominatore comune per i lavori della Bicamerale. Per non citare lo stato comatoso della Giustizia e della Magistratura e tutte le altre sorgenti di nausea degli ultimi tempi.

Alla Bicamerale ed ai suoi leaders, intenzionati a cambiare questa "vecchia politica", diamo pertanto il nostro sostegno.

C'� tuttavia un ulteriore elemento che l'opinione pubblica in qualche modo avverte: lo schieramento della Bicamerale costituisce l'immagine speculare di quelli che erano gli schieramenti parlamentari della Prima Repubblica, speculare in quanto ora l'opposizione piazzaiola da emarginare si troverebbe a sinistra, mentre il grosso partito da dover associare al sistema � a destra.
Si tratta di uno scenario che avvertiamo con un certo fastidio.

E' ovvio che se un tale schieramento della Bicamerale dovesse per qualche ragione riprodursi in Parlamento, avremmo riprodotto i modelli tanto deprecati (almeno a parole) del passato, con una maggioranza senza opposizione, fatalmente condotta a ripercorrere le strade ed i rischi del passato, dall'occupazione dello Stato alla ricerca del Potere fine a se stesso. Chiamatelo consociativismo, chiamatelo inciucio, la sostanza sarebbe quella. Avremmo, se ci� dovesse avvenire, riattualizzato il profetico "manifesto" del Principe di Salina: "dobbiamo cambiare tutto, affinch� nulla cambi!".
Con grande tripudio sul Colle del Quirinale.

Comprendiamo quindi perch� Berlusconi e D'Alema, pi� il primo che il secondo per la verit�, si affannino a negare l'inciucio, e comprendiamo perch� Fini, puntando i piedi sulla Bicamerale, abbia stigmatizzato la convergenza dei voti di FI con quelli del PDS sul nome di D'Alema.

Pi� che "fare vecchia politica", abbiamo l'impressione che Fini si sia reso conto del rischio che, pi� o meno in buona fede, si ripiombi proprio nella "vecchia politica". Non dubitiamo infatti che, di fronte all'ipotetica vantaggiosa ipotesi di essere "associato" sottobanco al Potere, come il PCI all'epoca dei governi social-democristiani, Fini non esiterebbe a schierarsi decisamente all'opposizione, vuoi per coerenza e dirittura morale, vuoi per la pregressa esperienza all'opposizione.

Ci auguriamo che questo scenario resti pura fantasia, anche perch� abbiamo, volutamente, trascurato un fattore che rimane ancora "nuovo" rispetto al passato, quello della Lega Nord. E quando diciamo Lega Nord non pensiamo al suo attuale leader, sempre pronto ad essere strumentalizzato (v. L'Umberto e i compagni di merende), non sappiamo quanto inconsapevolmente, dal Potere che dichiara di combattere, quanto al voto leghista, che esiste ed ha una sua consistenza ed un radicamento non pi� riconducibili al solo folklore.

Se la Lega � stata un grimaldello decisivo nello scardinamento del sistema social-democristiano, potrebbe domani diventare un elemento incontrollabile nella definitiva demolizione del sistema "Italia", qualora la Bicamerale fallisse i suoi obiettivi dichiarati e/o si trasformasse in un nuovo (vecchio) sistema di Potere.

Certo che i timori di Fini non ci appaiono poi cos� inconsistenti, se intorno alla Bicamerale gi� si risente parlare di Tatarellum ed in Parlamento si permette che il partito trasversale affondi la Legge Rebuffa!

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