Anfore africane di tradizione punica e tardo punica Nel nord Africa, e soprattutto nella fascia costiera che va dalla Byzacena alla Tripolitania, prosegue, durante i primi tre secoli della dominazione romana, una produzione di contenitori da trasporto sostanzialmente fedele alla tipologia delle anfore di epoca punica, la quale si può così riassumere: contenitori dal profilo cilindrico, più o meno regolare, con piccole anse a maniglia applicate nella parte alta del corpo (ma sempre al di sotto del collo), e argilla di colore arancio dalla superficie schiarita, che caratterizzerà, poi, anche le successive produzioni di epoca imperiale. Questi contenitori, prodotti a partire dal VII secolo a.C. e diffusi in tutto il mediterraneo lungo le rotte commerciali dei Fenici, sono riassumibili nelle tipologie Maña A - F, la cui area di produzione interessava tutta la costa occidentale dell'Algeria e della Tunisia, diffuse poi nel sud dell'Italia, Sicilia, Sardegna, Spagna e Mediterraneo Orientale. Il passo più importante, nell'evoluzione delle produzioni anforiche africane, si ha solo a partire dalla metà del II secolo, con l'adozione di alcuni canoni formali tipici dei manufatti prodotti in Africa o nel mediterraneo orientale, come il posizionamento delle anse fra la spalla e il collo del contenitore, caratteristica, questa, che consentiva una migliore presa e un trasporto più agevole. Rimane inalterata, invece, la forma cilindrica del corpo e la terminazione a puntale. Questo non toglie che, dopo la distruzione di Cartagine e fino al III secolo, sia proseguita una produzione di contenitori che si definiscono genericamente "tardo punici" o "neo punici". Dagli anni '70 si sono distinte una serie di produzioni locali esportate anche in Italia, tra le quali la più diffusa è quella indicata come "Tripolitana II", a accomunata alle produzioni dell'attuale Libia, solo per la concomitanza geografica. Le produzioni più antiche, che dall'epoca punica non oltrepassano il I secolo a.C., sono quelle indicate come "Puniche" tipo 1, 2 e 3 (Van del Werff 1977 - 78), la cui area di diffusione interessava anche i porti della Campania (Panella 2001, fig. 19, n. 143) Altri contenitori di tradizione punica, sono indicati come tipo 5 e 6, prodotte lungo la fascia costiera della Tunisia e della Mauretania (Leptis Minor) ed esportate anche nei porti del Mediterraneo (Marsiglia; Bonifay 2004); si distinguono per il profilo del corpo più irregolare e tozzo rispetto agli esemplari più antichi, mentre l'orlo mantiene il profilo vagamente triangolare che caratterizza più o meno tutte le produzioni tardo puniche compresa la Tripolitana II. Un'importante centro di produzione di contenitori di tradizione tardo punica è stato recentemente identificato nella zona del golfo di Hammamet, caratterizzato da una continuità, nelle produzioni, che va dal II al VII secolo d.C., ed una limitata esportazione anche al di fuori dell'Africa, e in Italia (Tivoli, Villa Adriana; Caprino 1999, pag. 44), soprattutto nelle sue ultime fasi di vita (VI - VII secolo). Sembra probabile, poi, che alcuni esemplari di questa produzione siano giunti anche a Roma, se l'anfora indicata da H. Dressel con il n. 18, facente parte del deposito del castro Pretorio, sia identificabile con una delle forme più antiche della produzione di Hammamet. L'evoluzione formale di questi contenitori, nell'arco di tempo in cui vengono prodotti, riguarda soprattutto l'articolazione del collo e dell'orlo; quest'ultimo passa dal profilo a corta tesa orizzontale ricurva, ad un vero e proprio orlo a fascia scanalato, che caratterizza il tipo Hammamet 3, presente anche in Italia, databile tra V e VI secolo; il collo e la spalla, da prima nettamente distinti, tendono a fondersi e sono caratterizzati da decorazioni incise a pettine, orizzontali o ondulate. Le produzioni neo puniche, o tardo puniche, come sembra certo proseguono, parallelamente a quella dei contenitori cilindrici, lungo tutta l'età imperiale e tardo imperiale, anche se con una minore diffusione, dentro e fuori dalle province del nord Africa; in mancanza di dati certi, al di fuori del fatto, del resto piuttosto comune, della presenza di resina nell'interno di alcuni esemplari, si può supporre che i prodotti trasportati fossero gli stessi, come olio, vino, garum e grano. In questo caso la sostanziale differenza formale sarebbe solo indice della provenienza da determinate regioni produttive, che rimasero al di fuori (del tutto o in parte), dei grandi circuiti commerciali del mediterraneo. Analogamente a quanto accade per i contenitori cilindrici, anche le produzioni tardo puniche, sopravissute alla crisi dell'epoca vandalica e poi della riconquista giustinianea, vengono del tutto sostituite dai contenitori di forma globulare, di tradizione vicino orientale, i quali perdurano, con una limitata diffusione, fino alla conquista araba del nord Africa. BIBLIOGRAFIA J.H. Van der Werff, Amphores de tradition punique a Uzita, Bulletin Antieke Beschaving 52-3, 1978, pp. 171-200 C. Panella, Le anfore tardo antiche: centri di produzione e mercati preferenziali, in: Società romana e impero tardo antico, vol. III. Le merci, gli insediamenti, a cura di A. Giardina, Bari 1986, pp. 251 - 272, in part. 256 - 266 D.P.S. Peacock, The Amphorae: typologi, fabric and chronology, in M.G. Fullford, D.P.S. Peacock, Excavations ar Carthage, II, 2. The circular harbour, north side. The pottery, Oxford, the British Accademy, 1994, pp. 42 - 52 M. P. Toti, Anfore commerciali puniche di Mozia. Attestazioni di una variante di anfora Mañá C dall'abitato moziese, in AA.VV., Seconde Giornate Internazionali di Studi sull'area elima, a cura di A. Corretti (Gibellina 22-26 ottobre 1994), Pisa-Gibellina 1997 C. Caprino, Rinvenimenti a Villa Adriana (Tivoli), Roma 1999, pag. 44 A. Opait, Early roman amphorae from Leptiminus, RCRF Acta 36, 2000, pp. 439 - 442 L. Fentress, Villas, wine and kilns: the landscape of Jerba in the hellenistic period, Journal of Roman Archaeology, 14, 2001, pp. 249 - 268 C. Panella, Le anfore di età imperiale nel Mediterraneo occidentale, in: Céramiques hellenistiques et romaine III., Paris 2001, pp. 177 - 275 I. Iliopoulos, R: Alaimo, G. 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Corretti (Erice 1-4 dicembre 2000), Pisa, 2003, Volume I, pp. 1-9, Tavole CCXXXVII-CCXLIII. M. Bonifay, Amphores de tradition punique du golfe d'Hammamet, in: A. Ben AbedBen Khader, M. Griesheimer, La nécropole romaine de Pupput, Rome, Ecole Française de Rome (n. 323), 2004, pp. 197 - 238 M. Bonifay, Etudes sur la céramique romaine tardive d'Afrique, British Archaeological Reports, International Series, 1301, Oxford 2004, pp. 89 - 97 |
Frammenti vari di anfore puniche provenienti da Terrasini (Sicilia) |
L'anfora n. 18 nella tavola di H. Dressel |
Contenitori del tipo Hammamet 1, sopra (II - III secolo) e, sotto, Hammamet
3 (V-VII secolo) |
Contenitori del tipo Leptiminus 2 - Tardo puniche tipo 5, da Marsiglia (II
- III secolo) |
Contenitori tardo punici tipo 1, 2 e 3 (I secolo a.C. - I secolo d.C.) |
Anfore di tradizione tardo punica, affini alla Tripolitana II, da Lepcis (tripolitania) |