L'età del positivismo copre il periodo che va dai moti del 1830
fino alla fine dell'ottocento: un'insolita situazione di pace, l'espansione coloniale in
Africa e Asia, il processo di industrializzazione e di organizzazione scientifica e
tecnica della società, conducono a un eccezionale sviluppo economico e a un profondo
mutamento sociale. E' il trionfo della borghesia.
Il positivismo
La concezione positivista diventa la visione del mondo delle classi
colte e borghesi, di cui riflette la mentalità e le speranze, il pragmatismo e la fiducia
nella possibilità della scienza di nazionalizzare la realtà. Nato in Francia nella prima
metà dell'ottocento con Auguste Comte, il positivismo si diffonde rapidamente in tutta
Europa; l'eterogeneità delle sue dottrine si spiega con la continuità che in ogni
nazione lo lega alla tradizione filosofica precedente: il razionalismo in Francia,
l'empirismo in Inghilterra, il materialismo in Germania. La scienza diventa il linguaggio
comune per la cultura, il nuovo fattore di unità della società occidentale. La filosofia
perde il proprio primato: sono le scienze particolari, ormai, a influenzarla e non più
viceversa, come è evidente nell'influsso delle teorie biologiche sulla concezione
dell'uomo.
Il positivismo si propone quale principio di interpretazione di tutta
la realtà e come garanzia scientifica di un sicuro progresso dell'umanità, concepito
però spesso attraverso schemi che ne nascondono i conflitti e le contraddizioni. Oggetto
privilegiato di studio è l'uomo: nasce una nuova scienza, la scienza dei fenomeni sociali
- o sociologia.
La Francia attraversa un periodo di conflittualità sociale e di
instabilità politica che culmina nella "rivoluzione di febbraio" del 1848: qui,
più che altrove, si afferma la concezione ottimistica della scienza come fattore di
stabilità e l'illusione - di derivazione platonica - di un governo guidato da scienziati
e filosofi. La scienza sostituisce addirittura le religioni storiche e si propone quale
nuova religione dell'umanità.
Il positivismo viene introdotto in Inghilterra da John Stuart Mill, e
riceve un impulso straordinario dalle teorie evoluzionistiche di Darwin e Spencer.
All'assolutismo politico di Comte si oppone tuttavia la tradizione liberale inglese,
contraria ad ogni intervento dello Stato e propugnatrice dei diritti dell'individuo.
Anche in Germania il processo di industrializzazione è in rapido
sviluppo, grazie alla cultura scientifica della borghesia tedesca, esclusa peraltro dalla
gestione effettiva dello Stato. Gli intellettuali discutono sulla possibilità di ridurre
l'ordine meccanico dell'universo a un unico principio materiale: è la disputa sud
materialismo. Ernst Haeckel (1834-1919), nell'opera Gli enigmi del mondo (del 1895,
venduta in più di 400.000 copie), sostiene un monismo panteistico, contrapponendosi al
fisiologo Emil Du Bois-Reymond (1818-96), che, nei Sette enigmi del mondo (1880), reputa
come sola affermazione legittima da parte dell'uomo una dichiarazione di ignoranza sui
misteri dell'universo.
In Italia il positivismo è l'area culturale comune in cui si muovono
scienziati, medici, psicologi, giuristi, sociologi. Il rappresentante più importante è
Roberto Ardigò (1828-1920); il suo positivismo, vicino a quello di Spencer, se ne
distingue in un punto essenziale: contro l'agnosticismo del filosofo inglese, Ardigò
considera il dominio della religione solo un limite contingente della conoscenza dell'uomo
(l'Ignoto).
Le critiche al positivismo
Karl Marx vede con lucidità i limiti del positivismo: se il
progresso dell'umanità è assicurato da leggi scientifiche, esso è inevitabile e non
necessita di una particolare attenzione da parte dei governi: il superficiale ottimismo
sulle sorti del mondo ha dunque un ruolo politico e sociale sostanzialmente conservatore.
La critica sociale, economica e politica di Marx è ben più incisiva, e individua nelle
condizioni materiali della società i fattori che determinano il nostro modo di pensare.
Il filosofo tedesco si fa interprete dei proletariato industriale, e dà una nuova
dimensione alla filosofia: essa non può limitarsi a criticare il mondo, ma deve
modificarlo.
L'ottocento si chiude con Friedrich Nietzsche:
contro la pretesa del positivismo di dominare razionalmente la realtà, di spiegarla come
progressione ordinata e lineare verso la perfezione, l'irrazionalismo di Nietzsche è
l'espressione più compiuta dell'inquietudine e della crisi morale di tutta un'epoca.