1.5 PARCHEGGI E SOSTA
Oltre alle norme contenute nelle leggi urbanistiche, hanno una valenza
nell'imporre limiti, strategie, requisiti relativi al tema del parcheggio
e della sosta:
· L. 122/1989 (Legge Tognoli), Disposizioni in materia
di parcheggi
· D.M. 41/1990, Criteri di priorità nella realizzazione
dei parcheggi pubblici
· Circolare Min. LL.PP. 3816/1997 del 21/7/1997 (sul
Road Pricing)
1.6 PISTE CICLABILI
Un componente non trascurabile della mobilità e dell'utenza
"debole" della strada, è costituita dalle biciclette e dalle relative
infrastrutture, regolamentate da numerose disposizioni, anche se di scarso
peso operativo reale, tuttavia ampiamente trattate dalla normativa, soprattutto
a livello regionale:
· L. 208/1991, Interventi per la realizzazione di itinerari
ciclabili e pedonali nelle aree urbane
· Circolare Min. Aree Urbane 432/1993 (parte II) del
31/3/1993, Principali criteri e standard progettuali delle piste ciclabili.
· inoltre numerosi leggi regionali finalizzate a
favorire la diffusione della bicicletta (Lombardia, Veneto, Prov. Trento,
Lazio, Piemonte ...)
1.7 PERCORSI PEDONALI
E BARRIERE ARCHITETTONICHE
2.1 LE POSSIBILITA' CHE
LA NORMATIVA FORNISCE
Tuttavia, le esperienze migliori realizzate in Italia (Bologna,
Novara, Grugliasco, Tortona, Villasanta ), dimostrano che è possibile
realizzare degli interventi di qualità per la moderazione del traffico
e la riqualificazione urbanistica delle strade esistenti, con una forte
determinazione politica, e sfruttando le opportunità che la normativa
offre.
2.1.1 L'autonomia dell'Ente proprietario
della strada. No c'è in Italia una politica nazionale
per migliorare la sicurezza stradale, promuovere la moderazione del traffico
e migliorare la qualità urbana delle strade, come quella attivata
in Francia dal programma nazionale Villes plus sûre, o finanziata
dai Lander in Germania per la realizzazione delle Zone 30, tuttavia, paradossalmente,
viene garantita in Italia una ampia autonomia agli enti di gestione
(ANAS, Province, Comuni) nelle sistemazioni stradali, anche in deroga al
CdS.
- L'art. 6 del CdS (regolamentazione della circolazione fuori
dai centri abitati), comma 4, stabilisce: "L'ente proprietario della strada
può ... stabilire obblighi, divieti, limitazioni ...per ciascuna
strada o tratto di essa, o per determinate categorie di utenti in relazione
alle esigenze della circolazione o alle caratteristiche strutturali delle
strade; ... riservare corsie a determinate categorie di veicoli; ...vietare,
limitare o subordinare al pagamento di una somma il parcheggio o
la sosta dei veicoli ...".
2.1.2 Il ruolo del Sindaco.
Ma oltre alla gestione dello spazio stradale esistente, il Comune e quindi
il Sindaco, hanno un'autonomia ancora maggiore. Infatti, il CdS all'art.
2 (definizione e classifica-zio-ne delle strade) , comma 7, stabilisce
la competenza comunale su tutte le strade urbane (classificate D, E, F)
ricadenti all'interno del perimetro del centro abitato, eccetto, per i
soli comuni inferiori a 10.000 abitanti, i tratti interni di strade statali,
regionali e provinciali.
L'art 7 del CdS stabilisce che: " Nei centri abitati i comuni possono,
con ordinanza del Sindaco (oltre a quanto già detto per gli enti
proprietari delle strade extraurbane)... limitare la circolazione di veicoli,
per accertate e motivate esigenze di prevenzione degli inquinamenti, di
tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale...; stabilire la
precedenze su determinate strade... ovvero in una determinata intersezione...
", ciò rende possibile un'ampia autonomia di intervento sulle strade
urbane, compresa la progettazione di rotatorie con precedenza all'anello,
misura fondamentale di moderazione sulle strade principali.
.
IL Regolamento di esecuzione del CdS, all'art. 135, tra i segnali utili
per la guida indica, al punto 12, il segnale di zona residenziale, che
è la versione italiana del woonerf olandese.
"Il segnale Zona Residenziale indica l'inizio di una strada o
zona a carattere abitativo e residenziale, nella quale vigono particolari
cautele di comportamento. Può essere installato all'inizio o agli
inizi della strada o zona residenziale. All'uscita viene posto il segnale
fine zona residenziale. Particolari regole di circo-la-zione vigenti sulla
strada o nella zona devono essere rese note con pannello integrativo di
formato quadrato"
2.1.2 L'Area pedonale.
Più restrittiva è la limitazione imposta dall'area pedonale,
da cui sono esclusi i veicoli. Nelle città italiane essa corrisponde
spesso al salotto buono del centro storico.
"Il segnale area pedonale indica l'inizio della zona interdetta alla
circolazione dei veicoli; può contenere deroghe per i velocipedi,
per i veicoli al servizio di persone invalide con limitate capacità
motorie od altre deroghe, limitazioni od eccezioni riportate su pannello
integrativo. All'uscita viene posto il segnale fine area pedonale" (Regolamento,
art. 135, punto 13).
2.1.3 La Zona a traffico limitato.
Uno dei cartelli più usati nei centri storici delle città
italiane, è definito all'art. 135 del Regolamento, punto 14. La
Zona a traffico limitato è impiegata per creare delle isole di traffico
non comunicanti tra di loro, per scoraggiare il traffico passante, ma essa
opera unicamente selezionando la tipologia dei veicoli ammessi (residenti,
non-residenti, commerciali, visitatori ...) "Il segnale zona a traffico
limitato indica l'inizio dell'area in cui l'accesso e la circolazione sono
limitati nel tempo o a particolari categorie di veicoli. All'uscita viene
posto il segnale fine zona a traffico limitato. Con lo stesso segnale sono
indicate le zone di particolare rilevanza urbanistica di cui all'articolo
7, comma 8, del codice"
2.1.4 La Zona a velocità limitata (Zona 30).
Introdotto recentemente nella revisione del Regolamen-to di esecuzione
del CdS (DPR 610 del 16/9/1996) il segnale che avrebbe dovuto portare in
Italia l'esperienza delle Zone 30 di tutta Europa, in realtà è
solo un limite di velocità estesa ad una intera zona "Il segnale
zona a velocità limitata indica l'inizio di un'area nella quale
non è consentito superare la velocità indicata nel cartello.
All'uscita viene posto il segnale fine zona a velocità limitata"
(Comma così modificato dall'art. 84, D.P.R. 16 settembre 1996, n.
610, Gazzetta Ufficiale del 4 dicembre 1996)
2.1.5 I rallentatori di velocità.
L'art. 179 del Regolamento, con riferimento ai segnali complemen-tari
del CdS, introduce i rallentatori, ad effetto ottico, acustico o vibratorio,
di dubbia efficacia, rumorosi, e talvolta pericolosi per la diminuzione
di aderenza delle gomme alla strada, ma sono tra i pochi dispositivi
di moderazione applicabili sulle strade principali "...Su tutte le strade,
per tutta la larghezza della carreggiata, ovvero per una o più corsie
nel senso di marcia interessato, si possono adottare sistemi di rallentamento
della velocità costituiti da bande trasver-sali ad effetto ottico,
acustico o vibratorio, ottenibili con opportuni mezzi di segnala-men-to
orizzontale o trattamento della superficie della pavimentazione".
2.1.6 I dossi di rallentamento.
Lo stesso art. 179 del Regolamento introduce la possibilità di
dossi artificiali, ma solo sulle strade residenziali, sono solo convessi,
prefabbricati in gomma e omologati per le strade con velocità 40-50
Km/h, e possono essere costruiti ad hoc solo sulle strade con velocità
fino a 30 Km/h; debbono sempre essere presegnalati. In compenso il concetto
di dosso può essere esteso alle piattaforme di lunghezza a piacere,
non ci sono limiti alla lunghezza del dosso. "...I dossi artificiali possono
essere posti in opera solo su strade residenziali, nei parchi pubblici
e privati, nei residence, ecc.; possono essere installati in serie e devono
essere presegnalati. Ne è vietato l'impiego sulle strade che costituiscono
itinerari preferenziali dei veicoli normalmente impiegati per servizi di
soccorso o di pronto intervento".
I dossi ... sono costituiti da elementi in rilievo prefabbricati o
da ondulazioni della pavimentazione a profilo convesso. In funzione dei
limiti di velocità vigenti sulla strada interessata hanno le seguenti
dimensioni:
a) per limiti di velocità pari od inferiori a 50 km/h larghezza
non inferiore a 60 cm e altezza non superiore a 3 cm;
b) per limiti di velocità pari o inferiori a 40 km/h larghezza
non inferiore a 90 cm e altezza non superiore a 5 cm;
c) per limiti di velocità pari o inferiori a 30 km/h larghezza
non inferiore a 120 cm e altezza non superiore a 7 cm. .
I tipi a) e b) devono essere realizzati in elementi modulari in gomma
o materiale plastico, il tipo c) può essere realizzato anche in
conglomerato. Nella zona interessata dai dossi devono essere adottate idonee
misure per l'allontanamento delle acque. Nelle installazioni in serie la
distanza tra i rallentatori di cui al comma 4, deve essere compresa tra
20 e 100 m a seconda della sezione adottata.
2.1.7 L'isola ambientale.
Tra i concetti innovatori introdotti dalle Direttive per la redazione
di PUT, c'è quello di Isola ambientale, composta da sole strade
locali, con mobilità ridotta, finalizzate al recupero della vivibilità
degli spazi urbani, ... fino ad arrivare ad aree pedonali interamente coincidenti
con isole ambientali (Direttive, par. 3.1.2 - Viabilità principale
ed isole ambientali). In realtà si tratta della introduzione nella
normativa di un concetto antico, già enunciato nel Rapporto Buchan,
del 1963.
2.1.8 Le Zone a traffico pedonale privilegiato. Nell'Allegato
alle Direttive, parlando dei criteri di progettazione, al punto 1.4 - Continuità
della rete pedonale, si enuncia il concetto di Zona a traffico pedonale
privilegiato, che è un ibrido tra woonerf olandese (promiscuità
di traffico ma con precedenza al pedone, il quale però ha l'obbligo
"... di attraversamento ortogonale delle carreggiate (sic)"), la Zona 30,
la zona di sosta a pagamento, e l'isola di traffico. Una invenzione italiana
o una ibridazione, un poco pasticciata, di modelli urbanistici e di traffico
eterogenei? "...le discipline di traffico caratterizzanti le zone a traffico
pedonale privilegiato (isole ambientali costituite in genere da strade-parcheggio)
sono: la precedenza generalizzata per i pedoni rispetto ai veicoli (fermo
restando comunque l'obbligo per i pedoni di attraversamento ortogonale
delle carreggiate); il limite di velocità per i veicoli pari a 30
Km/h; la tariffazione della sosta su spazi pubblici stradali (con agevolazione
tariffarie per i residenti) e lo schema di circolazione tale da impedire
l'attraversamento veicolare della zona e da costringere le uscite della
zona su percorsi prossimi a quelli di ingresso (percorsi ad U).
2.1.9 La nuova gerarchia
delle componenti di traffico, con al primo posto il pedone.
Nelle Direttive, al par. 3.2, parlando degli interventi sulla domanda di mobilità, si introduce un concetto innovativo nella cultura trasportistica e urbanistica italiana, quello della priorità del pedone come componente di traffico (e utente della strada?). "Le quattro componenti fondamentali del traffico, secondo l'ordine assunto nella loro scala dei valori all'interno del Piano, sono: 1- circolazione dei pedoni; 2 - movimento dei veicoli per il trasporto collettivo con fermate di linea (autobus, filobus e tram), urbani e d extraurbani; 3 - movimento dei veicoli motorizzati senza fermate di linea (autovetture, autoveicoli commerciali, ciclomotori, motoveicoli, autobus turistici e taxi); 4- sosta dei veicoli... In caso di congestione di una strada, ... il problema viene risolto "allontanando" (progressivamente le componenti) nell'ordine inverso a quello precedentemente indicato. ... Il PUT richiede la contemporanea considerazione sistematica almeno delle quattro componenti fondamentali del traffico sopra elencate e delle loro mutue interrelazioni".
3. CONCLUDENDO. TROPPO O POCA NORMATIVA?
La normativa sulla moderazione del traffico ha visto, negli ultimi
anni, alcuni indubbi ammoderna-menti e l'aprirsi di ampie possibilità
di sperimentazione per gli enti locali, ma in un quadro di reale mancanza
di certezze per gli interventi.
Esistono ampie possibilità di operare in deroga al CdS (art.
7, Ordinanza del Sindaco...), ma a fianco non esistono le indicazioni operative
per la progettazione e la gestione dei singoli interventi. Sono carenti
la manualistica, il supporto tecnico, il sostegno anche economico agli
Enti locali per la pratica attuazione di tale autonomia.
La responsabilità civile del progettista, insieme con la mancanza
di indicazioni operative, e di riferimento su quello che è da intendersi
come "buona pratica progettuale" negli interventi di moderazione del traffico,
blocca in concreto le sperimentazioni.
A volte si tratta di un eccesso di normativa che vincola le possibilità
di sperimentazione e innovazione, (come nel caso dei dossi e delle variazioni
verticali della carreggiata, o richiedendo una anacronistica "omologazione"
dei dispositivi). Talvolta invece si tratta di vistose lacune della normativa.
Si parla di numerose definizioni di zone nella pianificazione per aree,
quali ZTL, ZTPP, ZVL, ma non si parla mai semplicemente di Zona 30, un
concetto che è ormai chiaro in tutta Europa. D'altra parte si copiano
e mutuano norme e canoni europei ormai consolidati (aree ambientali, woonerf,
...) ma nella traduzione spesso se ne travisano o riducono i caratteri.
Mancano ancora le norme CNR di adeguamento al nuovo CdS, soprattutto
nella classificazione delle strade e nella definizione degli standard progettuali.
Mancano anche le Direttive ministeriali per la redazione del Regolamento
viario, che dovrebbe determinare le caratteristiche geometriche, di traffico
e la disciplina di uso di ogni tipo di strada (previste dall'Allegato alle
Direttive per i PUT).
Ma soprattutto manca ancora la nuova cultura della città. Tutta
la classifica funzionale delle strade proposta dalle Direttive è
orientata alla specializzazione funzionale di ogni strada, e ad evitare
la promiscuità, vista solo come causa di congestione. Non si coglie
mai l'importanza dell'integrazione a bassa velocità delle componenti
(30 km/h), anche per le cosiddette ZTPP, la prevalenza finisce per proporsi
come specializzazione, per i pedoni in questo caso.
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