poesia di
Bruno Aller
Stasi n. 2, 1999 olio e oro su tela, cm. 40x40
Franco Ziliotto ha, via via, indirizzato la sua creatività verso ambiti molteplici: l'architettura e la scenografia (e una conseguente, brillante carriera di dirigente Rai); l'allestimento di spazi museali e di mostre; il disegno satirico, la scrittura, e perfino la regia; ma la passione costante della sua vita è stata la pittura. Credo, anzi, che il dato saliente della sua personalità consista proprio in questo saper coltivare interessi differenti (e trarne stimoli altrimenti accessibili solo con difficoltà), riservando però sempre uno spazio privilegiato alla pittura, considerata come la propria autentica via realizzativa. Pur avendo seguito un percorso non canonico, la formazione di Ziliotto gli consentì incontri fondamentali: Francesco Trombadori alla Scuola Media "Ugo Foscolo", Mario Mafai alla Scuola Libera del Nudo, e Luigi Moretti, durante l'apprendistato nel suo celebre studio di architettura. E, certo, proprio a questa attività architettonica si dovette l'assunzione da parte di Ziliotto di una costante attitudine di rigore progettuale, come evidenziato opportunamente da Daniela Fonti. Ma molti altri maestri ed insegnamenti egli avrebbe scoperti nel corso di un lavoro di pittore che si è fatto ormai più che quarantennale (a cominciare, sempre a Roma, precisò giustamente Claudia Terenzi, da presenze quali Corpora, Scordia, Scialoja). Questo a dire che, presto, Ziliotto avrebbe arricchito di ulteriori e diversi apporti l'originario interesse per atmosfere improntate al tonalismo della Scuola Romana. Oltrepassata una iniziale fase di esplicita figurazione, la pittura di Ziliotto si sarebbe attestata su di un equilibrio assai personale tra istanzefigurali e aniconiche, individuando - tra la dimensione onirica e quella memoriale - tre topoi peculiari: l'albero, prescelto anche per le valenze metafisiche, quale collegamento tra cielo e terra; il corpo femminile; e lo skyline delle città più amate e legate alle sue vicende esistenziali: Zara, luogo natale, dolorosamente perduto e sempre rimpianto come presenza materna ed evocatrice dell'infanzia; Roma e Trento (e poi di nuovo Roma). Altri motivi fondamentali della pittura di Ziliotto consistono nel coraggioso confronto con l'elemento decorativo, assunto nella sua valenza non accessoria ma strutturale, e nel congruente impiego dell'oro zecchino, sostanza regale e astraente, probabilmente connessa con le sue origini dalmatiche (come lo lessero Mascherpa e Passamani), ma certamente utilizzato dal pittore per la sua capacità di continua mutevolezza, al variare della fonte luminosa o allo spostarsi dell'osservatore. Ci si trova in presenza di una pittura laboriosa ed elaborata, grazie al ricorso a materiali ricercati come l'oro, applicato con una tassellazione che lascia qua e là trasparire la sottostante stesura di rosso, e grazie anche a una ricchezza segnica (di bigoli, parla scherzando Ziliotto), che non è mai fine a sé stessa, ma - come vide già molti anni fa Bruno Passamani - testimonia nel pittore, ad un tempo, "sensibilità musicale e fantasia barocca".E che comprova, si può anche aggiungere, un'attitudine solare ed estroversa, gratificata dagli esiti di felicità retinica.
Carlo Fabrizio Carli