Albornoz Palace Hotel
"SPAZI APERTI SPAZI SEGRETI"

© 1997  2007 Artsgallery
© 1997  2007 Artsgallery

Progetto Atelier
Il percorso, che è andato nel tempo configurandosi come una vera e propria Collezione Albornoz, muove dal primo intervento (Sol LeWitt, Wall drawing, 1990) nella hall fino alle Stanze d'Artista e al Progetto Ousìa per la costituzione di un Parco delle Sculture.
Si tratta di un organico "Progetto Atelier", al quale Sandro e Fabio Tulli stanno lavorando per trasformare la ricettività dell'Albornoz Palace Hotel sempre più in uno spazio aperto ad una pratica dell'arte e della cultura intesa come continua creatività ed operatività in divenire, del cui work in progress Albornoz vuole essere laboratorio, cantiere ed ospite, trasformando spazi ora inutilizzati in strutture per accogliere, oltre che convegnisti di prestigiose istituzioni, artisti di tutto il mondo, che qui possono incontrarsi, sostare, studiare, lavorare, esporre e qui possono dialogare con altri artisti, con i critici, con gli amanti dell'arte, con i visitatori, gli ospiti e la città di Spoleto, conformando gli ambienti come spazio totale per eventi di musica, danza, poesia e teatro, Peculiarità del progetto e della sua realizzazione, è il rapporto di collaborazione degli artisti con gli artigiani e le maestranze locali, in una colta riproposizione della memoria e dell'operatività della bottega rinascimentale volta alla valorizzazione della cultura dei materiali e delle risorse degli uomini,
"Progetto Atelier" si raddoppia specularmente, nella rinnovata sede dell'ARTEHOTEL di Perugia, sugli stessi fondamenti progettuali e con diverse modalità operative, con l'intento di portare un ulteriore contributo al radicamento dell'Arte Contemporanea nel territorio.
logo aller
Bruno Aller
e/con vista 2006
Un albergo d'arte a Spoleto, città d'arte, una camera dove lasciare un segno del proprio passaggio, Al centro della camera una finestra feritoia che incornicia S, Pietro, prezioso involucro del romanico umbro, Via Flaminia ingresso sud. Davanti a me Storia e storie, stratificazioni, connessioni, un'arteria fondamentale del grande dedalo del nomadismo umano, linee curve e rette che si sviluppano come un filo ininterrotto, con nodi calcificati, ma bypassati dai secoli, attraversando piccoli e grandi eventi, tra violenza e civiltà, tra il bisogno di spiritualità e scolarizzazione della cristianità, codici, ordini, dogmi, attraversamenti tra lotte per la libertà di pensiero e l'affrancamento dal bisogno, lotte ancora irrisolte fino alla contemporaneità, o meglio fino alla modernità, (Insisto nel parlare di moderno perché credo che sia l'unica strada percorribile senza i prefissi aggiunti post o trans). Questo prospetto di S. Pietro che ho di fronte mi svela nella sua chiarezza formale i valori, i suoi messaggi, che non sono contenuti nelle decorazioni letterarie, ma insiti negli ascetici ordini architettonici. Ho quindi utilizzato le scansioni della facciata più il suo nome, fondendoli e misurandoli con il mio linguaggio segnico/strutturale, cercando un medium interpretativo, un collante amoroso, un confronto possibile.
bertolini
Aldo Bertolini
Caos organizzato, 2006
Il mio lavoro è il divenire di molteplici aspetti di un paesaggio urbano, avvalendomi di differenti materiali, quali supporti lignei dipinti, mosaici vitrei e musivi, grafite ecc.. (gli interventi a mosaico sono stati realizzati da Raika Cannone) per poi farli dialogare fra dissonanze ed accordi armonici, evocando, allo stesso modo del forzato convivere, una realtà urbana, dai fenomeni quotidianamente contrastati. (Utilizzo il mosaico, quale frammento e memoria di una coscienza che proviene dalla nostra storia).
Nell'opera sulla destra, ho dipinto una casa isolata, un accenno, un ricordo di lontane periferie, accanto a questa immagine, minacciosa si erge una struttura che suggerisce l'inevitabile convivenza con l'industria, quale danno e sussistenza, un doppio volto tra poesia e umanità in lotta.
La città poi si sviluppa in megalopoli e il tutto muove verso una polifonia di strutture e colori, tracce di planimetrie ancora solo accennate o fortemente demarcate, sbarramenti, diversità di sensazioni, in un caos organizzato, un ordine che ci accontenta e di cui subiamo il potere.
La città, cerca, tuttavia di nascondere le sue ferite, ricoprendole con l'argento/denaro, lasciandole però infette, non guarite.

opera di di giacomo
Adriano Di Giacomo
Memory Box/Fragmenta urbana, 2006
L'intervento nello spazio della "Sala Visconti" - all'interno dell'ormai polo museale dell'Albornoz Palace Hotel di Spoleto - è la capillarizzazione di un'azione installativa, che assume il luogo in cui si inserisce come riferimento per un'area di affioramento o penetrazione di frammenti di città, connotati nel tempo - attraverso l'apparizione in contesti diversi - come elemento di memorie del sentire comune (pezzi di imperi che lasciano solo "fragmenta urbana" più o meno imponenti).
I miei "Memory Box" simulano box di materiale cementizio sulla cui superficie e, presumibilmente, al cui interno, si conservano le tracce delle civiltà che li hanno generati, in una storia, come la nostra, fatta di invasività e cannibalizzazione del pianeta. I "Memory Box" non sono in numero predefinito e continuano ad espandersi, costituendo tuttavia solo un aspetto del mio lavoro (vedi qui la Stanza 529).
Questi quattro elementi sono un'avanguardia che si protende dalle strutture tecnologiche del soffitto che si affaccia sulle opere d'arte presenti negli SPAZI APERTI SPAZI SEGRETI dell'Albornoz Palace Hotel, integrandosi in un modulo all'interno della più grande struttura architettonica. Altri "Memory Box" sono pronti per entrare in altre realtà.
Marisa Facchinetti
Luce e Umbria, 2006
opera di facchinetti
Percorsi luminosi
Frammenti di colori
Suggestioni di meta natura
Per una pura pittura
Che entra corre gira si avviluppa in cerchi spirali ed esce
Lasciando tracce
Visibili vivaci accennate delicate forti
Frammenti di Umbria
pace russo
Achille Pace
Itinerario/Incontro, 2006
Il filo, oltre che a essere realtà oggettiva, è anche carico di significati simbolici, Esso indica: discorso logico, misura, precarietà, equilibrio, costruzione, rapporto, relazione, comunicazione, vita e morte, Può esprimere il piano, il concavo, il convesso, la lentezza, la tensione, lo spazio; può essere razionale e irrazionale, movimento statico, dinamico, crescita, fine. Il filo segue, momento per momento, la nostra esistenza e ne testimonia con il suo itinerario, il pericolo, la gracilità, il rigore, la forza, il pensiero in tutte le sue manifestazioni. Essendo il filo un oggetto, è dunque fuori di noi, ma anche in noi, nel nostro inconscio profonde radici che ci fanno essere, in definitiva, quello che siamo... Come materia, il mio filo mantiene lo stesso stato di caduta, di vaga esistenza e indeterminatezza dell'informale, ma allo stesso tempo aspira ad un'esistenza più conscia, meno alienata, più logica e costruttiva: naturalmente nei limiti di una realtà ancora non trasformata e piena di contraddizioni, di lacerazioni e di mistificazioni, Il filo è uno degli approcci a questo futuro possibile, perché tiene conto della realtà di questo momento storico, caratterizzato dalle condizioni di lavoro in generale e di quello delle masse in particolare,,, Mio compagno un "filo". Mi riconosco... Sfilo il "filo" dallo spazio finito della tela e tesso con il "filo" l'infinito spazio del pensiero.
Gianfranco Russo
Cum sequitur, 2006
Cum sequitur...quando sgorga spontaneo.
Quando è il colore ad attivarsi, ad appalesarsi. Il colore non ha
forma. Si inventa autonomo, anzi a-nomico.
Qualcosa mi si rappresenta, indefinito; mi sforzo di coglierlo per
renderlo percepibile senza imbrigliarlo, Vorrei che continuasse a
fluire libero.
E' quasi come spiassi per cercare,
Voglio un colore che non c'era, che compaia così, che non
abbia ragioni, che si trovi ad esserci.
Che non abbia un dove e un quando. Né su né giù, né prima o
poi. Senza dimensioni, origini, sostanza.
Colore vuoto.
Che si dà se ti lasci tingere di lui e catturare nel suo esserci. Se
anche tu diventi solo colore.
Quel colore, Per un istante, anzi meno.
Deve sfuggirti per essere ritrovato, perché ormai c'è, te lo senti
addosso, dentro, ti senti fatto di lui.
Emergo districandomi tra piccoli filamenti, tracce ormai visibili,
grumi caotici,
Sono punti esterni da cui consegue, mentre diventa materia su
un supporto per coinvolgere altri nel gioco.
Mentre Matisse nota dall'invisibile il vento/colore attende l'altro segno giallo rincorre-Si-Vincent come note in-Là-veloce ritorna-Do quale festa il verde/prato-Cézanne rossa terra calda-Fa-notte Sonia D. un azzurro spettro d'occhi presbiti traccia-luce e Umbria-Marisa

savelli
Gualtiero Savelli
0-18 evo-devo (Evolution Development), 200
0-E' la scelta di un campo convenzionale della pittura: il più
semplice nella nostra cultura, fortemente caratterizzata da una
diffusa ortogonalità: il quadrato,
Nel campo, disegno una matrice: le principali linee di forza del
quadrato (mediane, diagonali, triangoli inscritti).
Assumo il quadrato come zero, ossia come pura potenzialità
espressiva di una superficie, come il vuoto creatore, come "la
pienezza del nulla" secondo una concezione non occidentale
del vuoto e del nulla.
Dalla matrice viene la genesi delle forme, delle "diecimila cose"
come recita un antico detto Zen. Così opera la natura generando
gli esseri viventi.
Da uno schema semplice ed universale, attraverso l'evoluzione
e lo sviluppo, nasce la varietà e la molteplicità della vita.
18-E' il numero di immagini che mi si sono presentate, per
l'occasione, a partire da questa matrice.
L'ultima è un quadrato nero: immagine ma anche fonte di altre,
numerose, possibili forme.
Il tutto si compone in un andamento lineare, il cui ritmo è dato
dal susseguirsi d'immagini bianche su un campo colorato, ma
anche dall'alternarsi del colore.
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