DA VEDERE

VIAGGIO A KANDAHAR

Dopo aver visto viaggio a Kandahar avrei voluto buttarmi sul marciapiede e baciare il suolo sporchetto e meraviglioso della mia città, abbracciare la gente che passava frettolosa e imbronciata, offrire una birra a tutti, e poi annunciare alla popolazione intera, e naturalmente a me per prima: cari fratelli scontenti, noi forse ci siamo dimenticati della fortuna che abbiamo avuto, del primo premio della lotteria che abbiamo pescato nascendo in questi luoghi tutto sommato pacifici e liberi.

Non ringraziamo a sufficienza la vita, la soffochiamo sotto una frana di oggetti superflui e di ambizioni ciniche e aggressive. Così stiamo perdendo contatto con i giorni, con la nostra natura umana, il troppo ci schianta, l’inutile ci amareggia, la stupidità ci frastorna e invece potremmo farlo, dobbiamo almeno provarci, mentre in certe parti del mondo, in tante parti, gli uomini e le donne vivono isolati nel terrore, umiliati e offesi, e tutto veniva loro negato, il pane e la speranza e persino le gambe per fuggire. Andate a vedere questo film sull’Afghanistan, non siate pigri, non fatevi scoraggiare dall’argomento tragico e da qualche lentezza. Anche voi dimenticherete polemiche pacifiste o interventiste e solo vi domanderete tante volte perché, e ogni volta sarà uno strazio: povera gente dell’Afghanistan, perché a loro è capitato un destino così atroce? Perché i loro bambini dovevano ripetere ossessivamente i versetti del Corano, e guai se stonavano, guai se si imbrogliavano con le parole, un Mangiafuoco (come quello del povero Pinocchio) poteva punirli in ogni momento, perché? E perché le donne non potevano neppure farsi visitare da un medico quando erano malate, ma dovevano rimanere dietro a un telo e comunicare con il dottore tramite un bambino che ripeteva le domande e le risposte? E perché tanti mutilati, chi ha nascosto nei campi le mine crudeli che strappano gambe e braccia? E perché la terra è così secca, perché non c’è acqua e non ci sono alberi? I motivi forse si possono trovare , forse si possono individuare i responsabili: qualcuno ci spiegherà che sono stati i russi , o gli americani, o l’Islam più severo e arretrato, la natura maligna o le guerre.

Noi, seduti nel cinema di fronte a quelle immagini spaventose, capiamo solo che il mondo è un sistema di vasi comunicanti, e per quanto gli occidentali e gli islamici cerchino di proteggere le loro ampolle e di sigillare i confini dei cuori, la pena viaggia, il dolore si sparge e alla fine tutto riguarda tutti, il veleno si versa in ogni vita. Quando si parla di globalizzazione si pensa sempre ad un mercato generale, ad un via vai di prodotti e denari: ci sentiamo cittadini del mondo perché abbiamo un po’ di azioni australiane sul conto, un ristorante cinese sotto casa e uno messicano all’angolo, un cappello arabo nell’armadio e sulle spalle una maglia di cotone fatta a Taiwan. Ma se siamo davvero globalizzati, dobbiamo cominciare a mettere in comune anche le sofferenze , mescolare fortune e sfortune, riconoscerci tutti abitanti dello stesso minuscolo pianeta.

Le differenze culturali, religiose ed economiche sono impressionanti, ma le somiglianze lo sono ancora di più. Tutti siamo nati e moriremo, abbiamo una bocca e due occhi, gli stessi sogni di felicità e tante paure simili, lo stesso sangue. Stiamo tutti sotto lo stesso cielo, il nostro povero cielo.

Bisogna che l’ONU svolga finalmente un ruolo decisivo, non c’è dubbio, ma sarà necessario anche modificare le nostre esistenze individuali. C’è un’energia segreta che parte da ognuno di noi, e si somma a quella degli altri, e sposta l’ordine delle cose. Da troppi anni perseguiamo obbiettivi violenti ed egoisti, arraffiamo, consumiamo, ce ne freghiamo. Il deserto dell’Afghanistan comincia nella mente folle dei talebani, e prosegue in ogni luogo nel quale la discriminazione impera e i bombardieri si sollevano dalle piste dei nostri pensieri.

Siamo tutti uguali,è questo che dobbiamo metterci in testa!!!!

Leila Indellicati

THE OTHERS

 

Nessuna porta deve essere aperta, prima che l’ultima non sia stata chiusa.

Film thriller ambientato alla fine della seconda guerra mondiale. Una donna (Nicole Kidman) vive in una villa con i suoi due figli sull’isola di Jersey. Con l’arrivo dei nuovi domestici cominciano a verificarsi fatti inspiegabili. Film molto particolare, senza effetti speciali o scene violente, ma solo una sana e intrigante suspence che vi terrà incollati alla poltroncina per tutta la durata del film. Superba l’interpretazione di Nicole Kidman nella parte di una madre apprensiva che tiene moltissimo alla sua famiglia. L’ambientazione di questa pellicola è tipica dei film sui fantasmi: una villa lontana dai centri abitati, pavimenti che scricchiolano, avvolta da una nebbia perenne. Anche i colori di questo film sono particolarmente scuri per enfatizzare ancora di più l’atmosfera cupa e raccapricciante che avvolge la villa e i personaggi al suo interno.

Chi è amante dei film thriller e di orrore non può assolutamente perdere questo bellissimo film sui fantasmi e sulle presenze. Da vedere.

Matteo Brianti

HOME

Hosted by www.Geocities.ws

1