Quasi
famosi
Intervista a Enrico Decolle e Zita Fusco
di Giulia
Blasi
più glam non si può
(si sono conosciuti facendo le comparse
sul set di Cuore, per dire il
glamour) si aggiungono alle fila di
"infiltrati" locali nel mondo
dello spettacolo nazionale. In principio
fu Elisa (che con Enrico, per un
periodo, ha diviso la sala prove); e da
lì tutti gli altri.
Ciascuno ha il suo personale claim to
fame. Cominciamo da Enrico,
musicista per vera, autentica passione,
che dopo anni di militanza in oscuri
gruppi del monfalconese sta finalmente
marciando verso il suo obiettivo - fama,
fortuna e rock 'n' roll - con gli Alias,
gruppo "rock alternativo, come si
dice nell'ambiente", e con il
progetto Breakfast.
E Zita? Beh, di Zita forse sapete
un po' di più. L'avete vista
nell'edizione pomeridiana di Saranno
Famosi, quando era ancora un
programma di culto "che andava
malissimo".
Ma andiamo con ordine e torniamo ad
Enrico, che si conquista la precedenza
per la più lunga gavetta nello showbiz
nazionale. "Gli ultimi quattro anni
li ho passati con gli Alias, con fortune
alterne. Mi sono tolto delle belle
soddisfazioni, con loro, abbiamo fatto
un tour in Italia con gli Afterhours,
belle cose. Poi l'avventura si è un po'
arenata. Il motivo principale è che la
discografia italiana è al collasso, e
nessuno ha intenzione di puntare su un
progetto 'alternativo'. Di conseguenza
siamo un po' in crisi, perché non è
facile tenere insieme delle persone,
ognuna con le proprie aspettative, per
così tanto tempo."
Il progetto Breakfast nasce
così, figlio un po' della frustrazione
e un po' dello spirito indipendente di
Enrico. "Il progetto doveva
raccogliere alcune canzoni che per gli
Alias non andavano bene, delle canzoni
più acustiche, più beatlesiane. Così
abbiamo deciso io e il mio fonico,
Maurice Andiloro (un uomo con un
curriculum piuttosto nutrito, N.d.R.) di
registrare queste canzoni con metodo
lo-fi, alla vecchia, su quattro tracce,
come facevano i Beatles. Alla fine
questo progetto è sfociato in qualcosa
di più concreto, è venuto fuori un
disco, recensito molto bene in tutte le
riviste specializzate."
Il lavoro, ovviamente, non si ferma
mai. "Sto registrando il secondo
disco come Breakfast, e quest'anno
andiamo anche al Tora! Tora!, che è
il festival itinerante della musica
'alternativa' italiana organizzato
da Manuel Agnelli con altri personaggi
come Subsonica e Marlene Kuntz, e
quest'anno partecipano anche i
Breakfast. Noi facciamo una sola data,
perché ci sono diversi gruppi a
rotazione, suoniamo a Padova il 13
luglio."
E' un periodo che il triestino si porta
assai, e allo stesso tempo il resto
dell'Italia non sa dove siamo. Ma è
possibile in questa città fare qualcosa
di rilevanza nazionale? "Ti
dico la mia. Dopo due anni spesi a
vivere fra Trieste e Milano, ti posso
dire che a livello artistico la
provincia rende molto. Qui trovi delle
motivazioni e delle ispirazioni che
nella grande metropoli difficilmente
hai. E questo viene apprezzato
moltissimo. E' chiaro che, con il mio
tipo di lavoro, posso gestirmela
tranquillamente così: nei periodi in
cui non faccio niente torno qui, faccio
le mie cose, compongo le mie cose
perché qui trovo gli stimoli per farlo.
Poi subentra la fase di promozione, e
quindi il lavoro, in cui ti sposti, vai
a Milano, registri, fai pubbliche
relazioni, e quindi viene fuori il
disco, viene fuori il concerto. Devi
vivere una realtà duale. Io non
penso che potrei mai trasferirmi
completamente a Milano, perché sarei
inglobato, masticato e sputato dalla
logica della grande metropoli. Senza
andare a Milano, però, è impossibile.
Io credo che a Trieste si possa far
qualcosa, ma bisogna scindere la parte
della produzione da quella della
promozione."
Poi c'è l'eterno problema della
pagnotta. "La scelta a livello
artistico fra essere indipendenti o meno
si impone. O fai quello che il mercato
ti impone, a tempi sempre più brevi, e
scendi a compromessi, oppure fai
l'indipendente duro e puro, che paga
molto di più dal punto di vista
artistico, ma paga molto di meno dal
punto di vista del cibo. Devi entrare
nell'ottica di portare avanti le tue
cose, ma parallelamente avere anche la
tua vita. Perché devi mangiare. Alla
fin fine, devo essere sincero, forse non
è neanche così male avere diversi
punti di vista e diverse prospettive
sulle cose, perché se ti fossilizzi su
una cosa sola, ti riduci molto. La mia
scelta dell'indipendenza sta diventando
una scelta di vita consapevole, nel
senso che l'indipendenza ti dà un
potere che se decidi di scendere nel
mercato commerciale non hai."
continua:
l'avventura di Zita
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