il Rimino Sottovoce 2022

Rimini "moderna"/2
Guerre lontane, miseria in casa
"il Ponte", 12.06.2022


Una stampa del 1657 mostra un nobile che riceve l'omaggio del contadino che gli reca i prodotti della sua fatica. Dietro lo sfarzoso copricapo del signore, un'immagine riassume il senso della rappresentazione: una tela di ragno imprigiona la mosca. Il signore è quel ragno, il contadino la mosca. Anche nella Romagna tra 1500 e 1700 il contadino vive nella condizione riassunta da quell'incisione. Nel 1615 il poeta modenese Alessandro Tassoni (1565-1635), celebre autore della "Secchia rapita" e buon conoscitore della diplomazia romana, pubblica anonimo ed alla macchia un testo politico antispagnolo. In esso denuncia la fatale infelicità d'Italia per aver perduto dopo l'impero anche "il viver politico", cioè il senso di unità e libertà.
Tassoni accusa la politica italiana: aderiamo alle armi straniere "per seguitar la fortuna del pió potente". Quelle armi portano gloria ai sovrani e miseria ai popoli anche lontani dalle battaglie, e talora dimenticati nei libri.
Carlo V (1500-1558) è stato incoronato dal papa a Bologna con due cerimonie, il 22 ed 24 febbraio 1530, per distinguere il potere italiano da quello imperiale. Sullo sfondo c'è l'accordo di Cambrai (5 agosto 1529), che assicura alla Spagna il dominio sull'Italia.
Quella pace, osserva L. A. Muratori, fa esultare "come se dopo tante tempeste fosse giunto il sospirato tempo sereno. Ma non fu così". Quelle tempeste hanno colpito anche Rimini: dal 1512 al 1515 si registrano ripetuti passaggi di francesi e spagnoli. Questi ultimi sono descritti da Muratori come eccellenti ladri pure nelle case dei poveri, perché il loro re che non li pagava.
Nel 1531 Carlo V muove i suoi soldati verso Bologna e Modena. Sono quelli transitati a Rimini. Secondo l'attento cronista modenese Tommasino de' Bianchi detto il Lancellotti (1473-1554), nei mesi precedenti hanno rovinato la Romagna e la Toscana, portandovi oltre la paura anche la fame.
Il primo marzo 1557 arrivano a Rimini ventimila militari francesi, il cui comandante corre a Roma per cercar i soldi delle paghe destinate ai suoi uomini, che nel frattempo lascia nelle nostre campagne. Essi depredano e rovinano, narra C. Clementini nel "Trattato de' luoghi pii" (Rimini 1617), "con istrage delle viti, et arbori d'ogni sorte, e degli edifici", non rispamiando neppure i luoghi sacri come la chiesa di san Giuliano o la parrocchiale della Villa di Santa Giustina.
Le provviste preparate dalla città sono soltanto per sei giorni. I soldati vi rimangono per ventidue. "Non mancava formento, ma perché i Francesi hauevano demoliti, et abbrigiati i molini, era impossibile macinare, e questo cagionï grandissimi, e pericolosissimi tumulti". Per rimediare ai quali, l'autorità prende a forza a Chierici e Secolari le farine accantonate per uso proprio, ma è un debole ripiego. I ravennati, per tener lontani i francesi dalle loro case, aiutano i riminesi inviando del pane destinato a quella truppa. Alla cui partenza si fanno i conti: la città era in un mare di travagli con una grossa perdita di biade, farine e vini.
Nella storia di Forlì di Paolo Bonoli (1661) si ricorda quanto accaduto nel 1527 con i soldati di Borbone che per procurarsi viveri scorrevano confusamente dappertutto. Erano fanti quasi tutti spagnoli "che sbandati cercavano foraggio". Meldola è saccheggiata. Il fenomeno, quindi, riguarda tutta la nostra regione con gravi conseguenze sul piano economico, delle quali ci si dimentica scegliendo una narrazione tutta legata ai fatti diplomatici o alle biografie di personaggi illustri in sede locale o nei piani alti della politica.
A Forlimpopoli nel 1530, come si legge nella sua storia composta da M. Vecchiazzani (1568-1674) e pubblicata a Rimini nel 1647, contro le ruberie degli spagnoli non può nulla neppure il vescovo di Cesena, che era pure nunzio apostolico e commissario dell'esercito. Dovrebbe trattarsi del cardinale Pompeo Colonna, vescovo commendatario o sussidiario di Cesena. E cosç si decide di dare un piccolo sussidio a tutti gli abitanti del territorio. Soltanto con l'arrivo del giovanissimo (19 anni) cardinal Ippolito de' Medici, cessano le molestie degli spagnoli.
Nel 1559 dopo la pace di Cateau-Cambrésis, l'ambasciatore veneziano Michele Suriano, di ritorno da Madrid, scrive che nel mondo comandano in tre, Spagna, Francia ed il "Signor Turco". La Spagna in Italia domina sino al 1748, pace di Aquisgrana.
Antonio Montanari


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