il Rimino Sottovoce 2022



1722. Nasce la Scienza col dottor Bianchi
"il Ponte", 03.07.2022, n. 25.

Giovanni Paolo Simone Bianchi, classe 1693, si laurea in Medicina a Bologna a 26 anni nel 1719, dopo tre anni di studi. Suo padre Girolamo, nato nel 1657, si è diplomato farmacista nell'83 a Roma: ha prima fatto il "Capo speziale" dell'Arcispedale di San Giovanni in Laterano a Roma, poi nel 1687 a Rimini si è messo in società con Giovanni Battista Concordia di Mondaino, nella "Spetiaria e Drogheria sotto l'insegna del Sole", posta nella piazza delle Erbe, dedicata oggi ai Tre Martiri. Girolamo il 24 aprile 1690 ha sposato Candida Cattarina Maggioli, di circa 18 anni. Ha avuto sette figli: Pietro Antonio Maria (1691-93), Giovanni Paolo Simone (1693-1775), Pietro Antonio (divenuto Frate Girolamo dei Minimi, 1694-1731), Elisabetta (1695, morta di cinque giorni), Anna Maria (1697-98), Filippo Maria (1698-1743) e Giuseppe Carlo (1699-?). Nel 1701 il capofamiglia Girolamo muore.
Giovanni dopo la laurea torna a vivere a Rimini. Debutta come medico curando gratis i poveri della città. Diventa segretario dell'Accademia "ecclesiastica" nata nel 1715 per iniziativa del Vescovo Giovanni Antonio Davia, bolognese, che fatto cardinale nel 1712 resta a Rimini fino al 1726.
Nel 1722 Giovanni Bianchi pubblica a Rimini presso Giuseppe Albertini un opuscolo in cui discute sulla cataratta, attaccando un noto studioso, Antonio Cocchi (1695-1758), ancor oggi considerato grande figura della cultura del Settecento. Bianchi si presenta sotto mentite spoglie, ovvero firma il suo testo come Pier Paolo Lapi delle Preci. In questo nome egli fonde le generalità di un proprio allievo riminese (Pier Paolo Lapi), e quelle di un fiorentino, Antonio Benevoli di Preci (1685-1756), chirurgo abilissimo nella cura delle malattie oculari.
Il dottor Bianchi fu bastian contrario per vocazione, attaccabrighe per diletto, e petulante censore delle altrui opinioni, come osservai in una pagina del volume "Lumi di Romagna" edito da "il Ponte" nel 1992.
La spiegazione delle idee di Bianchi sulla cataratta la riprendiamo da un saggio (2021) del prof. Oreste Trabucco, intitolato "Giovanni Bianchi e la tradizione medico-naturalistica partenopea", e pubblicato nella "Rivista dell'Istituto per la storia del pensiero filosofico e scientifico moderno (ISPF) del Consiglio Nazionale delle Ricerche". Bianchi, scrive Trabucco, vuole dimostrare che quanto sostenuto da Cocchi è falso: l'umor cristallino non sempre è la vera sede della suffusione detta vulgarmente cateratta. Trabucco dimostra come oggi sia ancora attuale sotto il profilo storico la figura di Giovanni Bianchi.
A noi interessa vedere sotto una prospettiva tutta locale la pubblicazione di quel testo del 1722, con il falso nome di Pier Paolo Lapi delle Preci. Legare ad una questione di nascosta paternità la nascita di un prodotto letterario, per diminuirne o negarne l'importanza, non è un atteggiamento rispettoso della verità dei fatti. Significa certamente qualcosa che Bianchi si sia finto un altro studioso. Vuol dire che soltanto ai nomi famossimi si dava credito anche per teorie sballate.
Bianchi vuole ripristinare la verità scientifica, per cui la maschera che indossa è un fatto secondario, da studiare per comprendere più a fondo il sistema cuturale del tempo. Resta l'episodio in sé che ci dice come anche a Rimini nasca la Nuova Scienza, grazie ad un personaggio che ancora oggi è letto e studiato con interesse.
Citiamo ancora Trabucco: per Bianchi, Napoli era "la grande città di cultura vivacissima nei campi della storia naturale e della medicina, dell'erudizione e dell'antiquaria". Ed in quei campi egli viaggiava con diletto ed attenzione, da persona capace di ascoltare tutte le voci, sia quelle da applaudire, sia quelle da fischiare.
Bianchi si confessa in uno scritto autobiografico (ma anonimo): era implacabile nelle inimicizie e negli odi, come riporta Carlo Tonini. Nelle polemiche, ricorre sempre a degli pseudonimi: attacca quella "peste di chirurgo" primario di Rimini, nel 1722, dietro la maschera di tal Marco Chillenio, anagramma del cerusico Carlo Michelini che gli finanzia il pamphlet; nel '26, si firma Ianus Plancus, latinizzando nome e cognome; nel '31, Pietro Ghigi; nel '45, addirittura si sdoppia come Simone Cosmopolita che interviene contro un anonimo bolognese "pro Iano Planco".
Nel corso della celebre disputa sul risanamento del porto canale di Rimini, Bianchi pubblica la "Memoria" del suo oppositore Serafino Calindri, aggiungendovi delle maliziose note a firma del solito Marco Chillenio che apparirà pure come autore di una "Lettera" in difesa del "Signor Dottor Bianchi" e delle sue teorie idrauliche. Lo scontro di Planco nel 1731 con il bolognese G.B. Mazzacurati, medico che esercitava a Pesaro, provocò addirittura l'intervento del Papa che interessò i Legati di Pesaro e Ravenna affinché la questione fosse risolta.
Sulle colonne de "il Ponte" nel 1993 (dal 13.06 al 12.12) ho pubblicato sette pagine dedicate a Giovanni Bianchi.
Antonio Montanari



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