il Rimino Sottovoce 2022



1322, la pace romagnola con Venezia
"il Ponte", 06.03.2022, n. 9.

Per il 1321 lo scorso anno ("il Ponte" n. 9) abbiamo citato la morte a Ravenna di Dante Alighieri, causata dalle febbri malariche contratte a Comacchio. Era di ritorno dalla laguna di Venezia: vi era stato mandato quale ambasciatore della città. La pace di Ravenna con Venezia per cui egli si era adoperato, è del 4 maggio 1322. Essa riguarda tutta la Romagna, come osservano molti storici illustri.
Venezia già dal secolo precedente, scrive Jean Claude Hocquet ("Denaro, navi e mercanti a Venezia: 1200-1600", 1999), controllava con la sua flotta un vero e proprio impero coloniale, costituito nel Mediterraneo Orientale e nell'Adriatico: "Città marinara dominante, dalla fine del Duecento Venezia venne evolvendosi come organismo economico e sociale dotato di istituzioni tese alla protezione dei mercanti e allo sviluppo commerciale: uomini delle più varie estrazioni sociali - aristocratici o popolani, cittadini a pieno titolo o immigrati - parteciparono a questo processo". Hocquet ne sottolinea il risvolto sociale: "Città marinara dominante, dalla fine del Duecento Venezia venne evolvendosi come organismo economico e sociale dotato di istituzioni tese alla protezione dei mercanti e allo sviluppo commerciale: uomini delle più varie estrazioni sociali - aristocratici o popolani, cittadini a pieno titolo o immigrati - parteciparono a questo processo".
Hocquet si sofferma poi sulla storia del sale che "ben descrive i mutamenti operati nel commercio dal patriziato veneziano alla fine del Trecento. Nel secolo precedente, dopo una serie di operazioni militari o un brutale blocco commerciale, Venezia era riuscita a imporre per trattato il suo monopolio su molte città come Padova e Treviso, le più vicine, Ravenna e Ferrara, le meglio servite via mare, Verona e Mantova che controllavano l'Adige e il Po, le due grandi vie della navigazione fluviale, e Bologna che avrebbe potuto servirsi delle saline romagnole".
Tale monopolio reca con sé i germi della guerra: al fine di mantenerlo, Venezia danneggia i signori più deboli dei grandi comuni italiani, "grazie al suo incontestato predominio sull'Adriatico". Senza far ricorso alle armi, il suo monopolio è imposto alle popolazioni dell'Italia del Nord. Inoltre, i Veneziani gestiscono i loro affari in una cornice feudale poco favorevole al libero commercio ed attenta soltanto a proteggere gli interessi locali. Leggiamo anche che "i trattati non impedivano affatto la corruzione delle guardie, l'inefficienza dei sistemi di controllo né il contrabbando verso la Lombardia di merci importate via mare. Agli occhi dei Veneziani, per esempio, Ferrara presentava un triplice interesse: non solo era situata alla testa della navigazione padana ma anche al centro di una regione produttrice di grano e in prossimità delle pescose valli di Comacchio".
Nella "Storia di Venezia" di Gian Maria Varanini (1977), si ricorda che all'inizio del 1300 Ferrara importava sale da Cervia, vino ed olio da Ravenna e da Rimini, e lo riesportava in Lombardia: "Del resto, argomentava il governo estense, i privilegi veneziani riguardavano solo la città e il comune di Ferrara, non le terre governate dai marchesi sulla base di altri diritti (Adria, il Polesine, Comacchio, Argenta)". Varanini definisce "significativa in modo crescente", l'estensione dell'influenza veneziana "dalle città costiere (Ravenna appunto, Rimini) a sud del delta del Po, verso l'entroterra delle 'signorie di Romagna', per distribuire il sale e per controllare gli itinerari stradali provenienti dall'Appennino, arginando così la possibile espansione di Bologna e più tardi dei Visconti".
Per documentare la situazione del tempo, citiamo un atto ducale veneziano del 1310 (da "I monumenti istorici", Venezia 1876, p. 99). Vi si ricorda che da Rimini arrivavano a Venezia barche cariche di farina ravennate macinata a Capodistria. Altri casi simili riguardano il vino e l'olio. Nel 1313 i riminesi vanno a caccia di anguille a Loreo in provincia di Rovigo. Nel 1316 il doge respinge le proteste riminesi: la città di Venezia è dichiarata non responsabile verso la città di Rimini per il sequestro fatto di certo materiale trasportato da suoi cittadini.
La stretta relazione allora esistente tra politica ed economia è sottolineata nel 1895 da Carlo Tonini. Nel primo volume della sua storia di Rimini (p. 343) ricorda: nel 1322 Venezia aveva cacciato "quanti riminesi per ragion di commercio fossero" presenti in Laguna.
Venezia, ha spiegato Gina Fasoli (1975), fa subire alla Romagna i contraccolpi delle sue spinte espansionistiche che miravano a conquistare l'agricoltura del nostro territorio, per impadronirsi dei suoi prodotti. Nelle lotte politiche di quel secolo, che provocano tumulti cittadini, assedi di castelli, battaglie campali con un seguito di saccheggi, incendi e devastazioni, è coinvolta anche "la povera gente che avrebbe voluto soltanto vivere e lavorare in pace".
Antonio Montanari



Antonio Montanari - 47921 Rimini. - Via Emilia 23 (Celle). Tel. 0541.740173
RIMINISTORIA è un sito amatoriale, non un prodotto editoriale. Tutto il materiale in esso contenuto, compreso "il Rimino", è da intendersi quale "copia pro manuscripto". Quindi esso non rientra nella legge 7.3.2001, n. 62, "Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416", pubblicata nellaGazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2001./3093/02.03.2022, 11:03/