il Rimino Sottovoce 2022



1222. Rimini, il santo e la mula
"il Ponte", 13.02.2022, n. 6.

Caro Sant'Antonio, t'invito a sorvegliare questa pagina che voglio dedicare a te, aprendo la serie degli anniversari del presente anno 2022. Il quale sembra uscire dal tempo passato, da un lontano Medioevo, con il suo virus che gira per il mondo terrorizzando parecchio e facendo un po' andar fuori di testa (come al solito) gli spavaldi. I quali, credendo di sapere e capire tutto, alla fine rischiano di favorire la sua diffusione. È quello stesso Medioevo a cui tu appartieni, non tanto per le azioni compiute, quanto per le offese ricevute.
Hai parlato con i pesci, ed hai fatto inginocchiare una mula non tanto per dimostrare di saper fare miracoli, come si suol dire nel parlar comune, quanto per fare capire in giro che gli altri a cui ti potevi rivolgere, non stavano ad aspettarti perché non volevano ascoltarti.
Cercavi un colloquio con gli eretici, ma essi furono muti come i pesci, e sordi come non so chi, e così ti rivolgesti direttamente ai pesci. Il vero senso dei miracoli da te compiuti a Rimini sta nel principio fondamentale di ogni società civile, quello del dialogo, per cui nessuno può sottrarsi ad esso. Tu ci hai insegnato che senza dialogo la comunità sprofonda in quel sacco oscuro fatto di ignoranza, da intendere come mancanza di conoscenza, non semplicemente come assenza di quella buona educazione che è riassumibile nel diffuso detto dialettale di una volta, il quale sintetizza tutto in poche parole, "l'è un ignurent".
Anche ai tuoi tempi per gli "ignoranti" c'erano tutela e protezione, a ben leggere non soltanto i libri di Storia, ma pure episodi semplici come quelli accaduti a Rimini. Se una mula s'inginocchia, è perché la Natura in cui tutti siamo collocati (belli, brutti, saggi e poco sapienti) ha una forza che nasce nel momento della Creazione del Mondo, e che si ripete al momento della nostra nascita a quello stesso Mondo creato da Dio.
Tu sai bene che aprire una parentesi sugli eretici, vorrebbe dire occupare una pagina intera di giornale e portare via spazio al nostro appunto a te indirizzato. Dico appunto, perché non c'è spazio che per pochi accenni ad una complessa verità che rimanda a tutta l'Europa ed ai sistemi politici che la governavano. Anzitutto metto le mani avanti: nel Medioevo gli eretici li mandavano al rogo. Come ci insegna la storia francese di inizio Duecento.
Lasciamocelo spiegare da uno studioso, Samuel Sospetti, che all'Università di Bologna ha presentato nel 2013 un suo interessantissimo studio sul tema. I primi roghi di massa appaiono in Francia come esito di uno stato di guerra all'inizio del 1200. Non sono l'esito di processi per eresia: "Gli eretici beneficiavano di un'ampia tolleranza, potendo profittare anche della protezione di alcuni nobili, che volevano conservare tutta una serie di privilegi, che la Chiesa e la corona francese andavano via via limitando". Ci furono processi definiti sommari, e la gente veniva data alle fiamme con grande gaudio del popolo, come scrisse un cronista del tempo.
Precisa il nostro studioso che allora gli eretici beneficiavano di ampia tolleranza, "potendo profittare anche della protezione di alcuni nobili, che volevano conservare tutta una serie di privilegi, che la Chiesa e la corona francese andavano via via limitando". Ogni tentativo di persuasione pacifica e di ricerca di dialogo pubblico tra predicatori ed eretici, fu senza esito. Nel 1210 cominciano le esecuzioni di massa, "con grande gaudio" dice una fonte del tempo.
Quindi il gesto miracoloso di Antonio che a Rimini fa inginocchiare la mula, ha in sé qualcosa di straordinario: vuole dimostrare che le fede coinvolge tutto, il mondo degli uomini e la natura delle altre creature, in quanto gli uni e le altre derivano dallo stesso Padre.
A Rimini, nella piazza che un tempo era stata dedicata a Giulio Cesare e che poi fu intitolata ai Tre Martiri antifascisti (Mario Cappelli, Luigi Nicolò, Adelio Pagliarani) lì giustiziati il 16 agosto 1944, le memorie del passato lontano come quello del miracolo della mula si sono sempre accompagnate ad una partecipazione intensa dei suoi abitanti alle celebrazioni del 13 giugno. Ricordo i concerti bandistici diretti dal Maestro Antonio Di Jorio (1890-1981), insegnante di Musica, direttore della banda "Città di Rimini", per la quale mise fuori di tasca propria molti soldi, come mi raccontò sua figlia prof. Pasquina. E desidero non dimenticare una iniziativa che negli anni Sessanta avviò un cordiale frate del Convento, padre Pietro de Ruvo, ovvero la "Festa dei giornalisti riminesi". Alla celebrazione religiosa si accompagnava un felice e fraterno incontro a tavola, come documenta una foto del grande Davide Minghini, pubblicata da Andrea Montemaggi in un suo articolo apparso nel primo numero del 2016 della nota rivista "Ariminum".
Antonio Montanari



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