il Rimino Sottovoce 2019
   Una pagina speciale dedicata a Guido Nozzoli da "Chiamami città" il 2 dicembre 2019

2 dicembre 1918. Nasce a Rimini Guido Nozzoli, partigiano e giornalista
«Guido Nozzoli, lunico dei nostri che capì come andavano a finire le storie del Vietnam» (Enzo Biagi). Guido Nozzoli nasce a Rimini il 2 dicembre 1918. «Ero un incontenibile casinista racconterà lui stesso in unintervista a Chiamami Città, raccontando di essere stato spedito a Forlimpopoli per fare le superiori «poiché avendo collezionato alle scuole medie inferiori non so quante sospensioni più una proposta di espulsione, la mia presenza di incontenibile casinista non sarebbe stata gradita in nessuna delle scuole superiori riminesi. Purtroppo, il treno per Forlimpopoli partiva alle 6.10 e ogni mattina dovevo alzarmi alle 5.30 e fare delle corse mozzafiato per raggiungere in tempo la stazione. Arrivati a destinazione, ci restavano due ore prima dellapertura della scuola che passavamo giocando a carte nel caffè di un certo Paolino, senza prendere neppure un bicchier dacqua». Conseguito il diploma, studia lettere all Università di Urbino, dove ha fra i docenti Carlo Bo, Mario Apollonio, Clemente Rebora, Alessandro Ronconi e Cesare Musatti, che sarà il padre della riforma psichiatrica. Ma alla fine del 1941, con lItalia in guerra, viene chiamato alle armi e avviato alla scuola allievi ufficiali nel corpo dei carristi. Allinizio del 1943 viene arrestato in caserma a Bologna, con laccusa di attività sovversiva mediante distribuzione di volantini intitolati «Non credere, non obbedire, non combattere»; laltro autore, pure lui incarcerato dietro una delazione di un amico comune, è Gino Pagliarani. Entrambi vengono condannati ma subito amnistiati per il Ventennale del Fascismo; Nozzoli viene inviato a Siena col grado di sottotenente. Dopo l8 settembre 43 torna a Rimini e organizza subito un gruppo per la resistenza armata a fascisti e tedeschi. La prima riunione si tiene in un casolare di Montefiore e vi partecipano fra gli altri Gianni Benzi, Angelo Galluzzi, Gianni Quondamatteo, Ezio Venturini, Demos Bonini. Nozzoli diventa comandante partigiano «responsabile diretto» nella zona di Rimini nella 29ª Brigata Garibaldi Gastone Sozzi. Con la sua attività contribuisce a salvare la Repubblica di San Marino dal bombardamento a tappeto previsto dagli Alleati, a cui aveva riferito sono sue parole « del disfacimento delle difese tedesche e sulla drammatica situazione dei civili rintanati nelle gallerie», oltre centomila italiani. Dopo la liberazione di Rimini (21 settembre 1944), è fra coloro che cercano di evitare le vendette; fra laltro, pur avendo scoperto il nome di chi lo aveva tradito (con tanto di ricevuta delle 300 lire della taglia riscossa), non lo denuncerà mai. Eletto consigliere comunale del PCI nel 1946, in occasione delle elezioni politiche del 1948 svolge intensa attività di propaganda. Al termine dun acceso contraddittorio, il celebre cappuccino padre Samoggia, uscito sconfitto nel confronto dialettico, gli scarica addosso anatemi e maledizioni.
Nel frattempo ha iniziato la sua attività di giornalista al «Progresso dItalia», continuando come inviato a «lUnità» (edizione di Milano) ed infine a «Il Giorno». Suoi tutti i grandi temi e fatti dellItalia di allora: il bandito Giuliano, gli operai modenesi uccisi dalla Celere nel 1950, lalluvione del Polesine, dove è fra i primi a dar notizia della catastrofe. Viaggia poi nellAfrica post-coloniale in Algeria, Congo, Uganda. Infine viene inviato a raccontare la guerra in Vietnam.
Guido Nozzoli nel 1966 Non tralascia comunque le cronache italiane e si occupa del disastro del Vajont; per aver riportato voci su una presunta mancanza di sicurezza della diga del Monte Toc, viene querelato, ma al processo lo stesso Pubblico ministero ne chiede lassoluzione. Dopo lattentato di piazza Fontana (12 dicembre 1969) dà vita con Marco Nozza e Morando Morandini al «Bollettino di controinformazione democratica». Mai dimentica la sua Rimini, che descrive con affettuosa ironia soprattutto rievocando la vita della provincia degli anni Trenta (nel volume collettivo La mia Rimini, 1967). Scrive le biografie del rivoluzionario riminese Amilcare Cipriani e di Giovanni Pascoli (su lUnità, 1954) e dei Ras del regime fascista (Feltrinelli, 1972).
Nel 1973, a soli 55 anni, Guido Nozzoli lascia il giornalismo e da allora non scrive più nemmeno un rigo, ritirandosi nella sua Rimini a condurre lappartata vita di un tempo. Nel 1999 la città di Rimini gli assegna il Sigismondo dOro. Guido Nozzoli muore a Rimini l11 novembre 2000. Di lui Sergio Zavoli ebbe a dire: «Guido ha interpretato la militanza politica e lappartenenza partitica con una idealità mai faziosa, dogmatica; fu anzi protagonista di risolute eresie in nome dellintelligenza della Storia e delle ragioni umane, sapendo vivere il suo scandalo senza compiacimenti o malizie, ma con la più disarmata e disarmante limpidezza [
] mai indulgendo allabiura, semmai incline al più trasparente e polemico dei distacchi».
Scrisse Guido Nozzoli ne La mia Rimini: «La nostra estate cominciava sempre molto prima di quella dei forestieri, tra la fine daprile e i primi di maggio. Un mattino, risvegliandosi, si sentiva nella camera, mescolato allodore della garofanina, un alito fresco che sapeva di cocomero appena tagliato. Era lodore del mare che il levantino portava fino in città, dopo il lungo letargo dei mesi morti. Quel giorno lasciavamo i libri nel caffè della Vittoria (madre di Corrado il brado) e facevamo pufi per andare sulla cima del porto a prendere il sole, a tirare sassi ai gabbiani e a guardare Omero che pescava i cefali con la fiocina per rimediare i soldi da giocarsi a scala quaranta. E cera sempre qualcuno di noi che si tuffava nudo per il primo bagno, facendo finta di non patire il freddo che gli serrava le mascelle e gli macchiava la pelle di viola».
«La Rimini tra le due guerre, dove siamo nati e cresciuti così come siamo, assomigliava ben poco a quella specie di frenetica Copacabana dei nostri giorni. Con tutte le sue pretese di modernità e di cosmopolitismo era ce ne saremmo accorti più tardi una cittadina provinciale di gusto quasi ottocentesco, con tante ville circondate da cespugli di oleandri e di ligustri, qualche solido albergo di stile floreale, la litoranea sonnecchiante fino al tramonto in una sua aristocratica solitudine, e una rete di viali e vialetti, per metà di terra battuta, fiancheggiati dalle cancellate e dalle siepi di qualche orto. Essendo antipatica a Mussolini che non vi fece neppure costruire la casa del fascio elargita anche allultimo paesello di Romagna Rimini fu risparmiata, per sua fortuna, dalla deprimente retorica dellarchitettura del littorio, conservando la propria faccia fino quando le bombe non gliela maciullarono con il resto del corpo. Lunica opera nuova che mutasse non sgradevolmente la sua fisionomia fu il lungomare di Palloni. Tra il porto e lAusa, nel tratto di spiaggia più elegante, il lungomare cancellò le dune i muntirun e divenne subito il ritrovo pomeridiano dei bagnanti, lequivalente estivo del Corso dAugusto per i riminesi seduti a gruppo sulla lunga balaustrata allora del passeggio o pigramente ronzanti in uno sfarfallio di biciclette. Il centro di quel firmamento, il perno di quella giostra, era il Caffè con orchestra di Zanarini, dove si videro i primi gagà spregiatissimi dal fascismo (erano poi tutti figli di fascisti) prendere laperitivo seduti sul marciapiede. Tenuta quasi di rigore: la maglia a girocollo blu da cui spuntavano colletti immacolati (
). Sembrava tutto nuovo, ed erano le ultime frange dell800».
«Quei partigiani riminesi che arrivarono a Rimini con le prime pattuglie alleate marciando lungo la riva di un mare immoto e deserto nel tiepido sole settembrino, si accorsero subito, sbigottiti, di non aver liberato una città, ma una distesa di rovine. In piazza Giulio Cesare le rane gracidavano nellacqua putrida stagnante nel crateri delle bombe. Rimini era morta tra le macerie e i calcinacci. Neppure gli alberi serano salvati. Di intatto non cera che una forca di legno grezzo piantata dai nazisti per impiccare tre ragazzi coraggiosi del GAP».
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