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Rimini 2007, il Prete-poeta senza museruola

15/09/2007. Oggi a Rimini arriva il nuovo vescovo. Lo saluta, da un giornale locale, un vecchio sacerdote, letterato e poeta dalla sapienza acquisita anche con il tirocinio della vita, don Aldo Magnani, guardando non tanto al presente-futuro, quanto ad un passato lungo 17 anni del precedente pastore. Il bilancio di questo passato è raccolto in un breve passaggio del lungo commento di don Magnani: il motore che ha condotto sinora la vita ecclesiale cittadina era «asmatico e desueto».

Don Magnani non ha avuto mai troppa simpatia per i vertici della curia ormai pensionati. Il suo parlare franco, credo che non sia stato mai gradito né apprezzato dalle persone a cui s'indirizzava. Tutto ciò fa ovviamente parte del gioco della libera esistenza e di una società democratica.
Purtroppo alla voce aperta di questo sacerdote che «giudica e manda» in spirito un po' evangelico ed un po' romagnolo (ovvero senza troppi peli sulla lingua), spesso si è soprapposta qualche altra voce meno bene intenzionata e meno democratica, confezionando dossier pubblicati in un quotidiano avvezzo a raccogliere lettori con il raccontare retroscena più o meno rispondenti al vero. Le voci di corridoio non sempre sono le più attendibili. Come dimostrano certe appendici giudiziarie.

La faccenda assume un colore particolare se si considera che qualche voce giornalistica non è alimentata dal desiderio più che legittimo di vendita maggiore di copie, ma di vendetta contro Tizio Caio o Sempronio.
Per cui si fabbricano notizie non rispondenti al vero, addirittura si diffamano persone obbligando a penose rettifiche soltanto perché quelle notizie inventate come strumento di diffamazione fanno parte di un gioco politico a cui prendono parte altri uomini di Chiesa, od almeno legati ad importanti strumenti di essa, con il supporto di istituzioni extra-ecclesiastiche significative perché tengono i cordoni della borsa, elargiscono sovvenzioni, garantiscono protezioni.

Per cui anche chi scrive lettere (fintamente) anonime a qualche voce giornalistica trova ascolto perché ha la protezione del mondo curiale e il salvacondotto di chi paga pubblicità obbligando ad ospitare certe cosucce oscene, appunto le pagine diffamatorie di cui sopra. Come all'epoca dei «bravi» di don Rodrigo (che qualche intellettuale mio concittadino potrebbe ritenere essere un ecclesiastico…, e quindi da ossequiare e rispettare).
Il nuovo vescovo tutte queste cose non le sa. Gli auguriamo di interrogarsi perché quel suo vecchio sacerdote-poeta oggi ha scritto del motore «asmatico e desueto».

Aggiungerei, alla luce della mia esperienza, che si tratta anche di un motore truccato dalla interferenze politiche (da parte della politica e sulla politica) e da quelle certe azioni moralmente riprovevoli che ho ricordato, come le diffamazioni compiute da persone che si ritengono in grado di poterle compiere soltanto perché garantite e protette da personaggi curiali e dai loro finanziatori presenti in ogni occasione ecclesiale con una immodestia anticristiana, e con una spocchia mondana che li rende ridicoli a tutti, compresi quelli che li venerano soltanto perché alla fine allargano i cordoni della borsa.

Rimini, città più di vipere che di vip, luogo che ha sempre avuto una dimensione onirica come in certe scene felliniane, è pure questo scandaloso baratto fra chi svende una forte missione e chi accetta di farsi strumento di personali ricatti. È un mondo di incesti fra denaro e politica, dal quale non stanno lontani neppure quelli che dovrebbero evitarlo, dando a Cesare quello che è di Cesare, ma riservando a Dio quello che è di Dio.

Monsignor Francesco Lambiasi avrà un compito difficile. Dovrà indossare la tuta del meccanico per riparare quello che il suo vecchio prete-poeta chiama il motore «asmatico e desueto». E dovrà ricordarsi del vecchio modo di dire: «Dagli amici mi guardi Iddio, ché dai nemici mi guardo io».

Alla pagina sulle poesie di don Magnani, 2001, che riproduciamo qui sotto.
50 anni di poesia: don Aldo Magnani
Don Aldo Magnani raccoglie in queste "Poesie" (Pazzini editore) un’antologia di testi composti lungo l’arco di mezzo secolo, con l’intenzione di offrire un bilancio esistenziale, suddividendo il volume attraverso il parametro delle quatto fasi del giorno (e della vita): mattino, mezzodì, sera e compieta. Già da questa impostazione, che riecheggia l’alternarsi dei momenti che scandiscono nella vita del religioso le ore canoniche dell’Ufficio divino, si rivela l’importanza che il messaggio cristiano, come dice il risvolto di copertina, ha nella sua produzione lirica. Da esso non si può prescindere, essendo come il chiodo a cui tutte le altre corde vanno poi legate. Altrimenti, si rischia di dimenticare (o non comprendere appieno) perché questo sacerdote ha con assiduità (e con feconda fedeltà) assecondato la sua voglia di scrivere.
Bisogna però intendersi su che cosa significhi per don Magnani il messaggio cristiano: esso si moltiplica e divide nelle occasioni più contrastanti tra loro, così come antitetica è la vita stessa, desiderio ed angoscia, gioia e dolore.
Si parte da quella simbolica fontanella del paesello natìo, delicata immagine di fanciullesca (pascoliana?) meraviglia, e si approda lentamente alle sofferenze, alle ribellioni. Il poeta si accosta alla natura, oppure si rinchiude in una stanza per meditare, oppure apre una finestra sulla Storia che scorre sotto gli occhi di tutti, come nel "Dies lunae" che all’orgoglio della conquista scientifica contrappone il dramma di "donne e uomini abbruttiti / dalla fame, pestilenze e anemie" nel Terzo Mondo.
L’impegno civile, il discorso politico hanno il loro luogo ed il loro ruolo: l’autore denuncia l’ansia di quello "stato di diritto" che è universale, e che è negata secondo le varie longitudini sia dalla corruzione delle tangenti, sia dalla violenza dei macelli come sulla Piazza Tien An Men di Pechino.
Su questo sfondo non manca un dolente e terribile accenno alle responsabilità di chi fa informazione, quando appare il "buffone pubblicista", colpevole di assecondare i gusti perversi della Nazione, "che di giallo e di rosa vuole tinte / le orge dei veleni quotidiani".
Antonio Montanari



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