il Rimino 2018


In ricordo di Piero Ostellino

In ricordo di Piero Ostellino, grande giornalista scomparso oggi, 10 marzo 2018, pubblico questa mia pagina del "Rimino" del 30.05.2009:


Ostellino birichino

Anche Piero Ostellino si mette a fare il birichino... Conclude oggi la sua rubrica settimanale del "Corriere della Sera" con una battuta che un tempo si sarebbe definita grassa, ma che oggi non turba più nessuno. Laddove egli scrive che c'è in molti italiani la speranza nella caduta del tiranno (Berlusconi) «inciampato in un pelo "di quella cosa"», alludendo ovviamente a ciò che tutti comprendono parlandosi di frequentazioni di fanciulle in fiore.
Ma la conclusione di Ostellino va messa da parte, perché ciò che preoccupa è invece l'analisi catastrofica che la precede (la provoca?).
In questa analisi Ostellino scrive che "L'Italia non è ancora entrata nella modernità" perché i suoi intellettuali "non hanno ancora imparato a porsi" quella fondamentale domanda empirica che ruota al "come" stanno le cose.
Ostellino è un pensatore di indubbio valore. Ma lo scarto iniziale del suo ragionamento mette timore. Perché i cittadini dovrebbero delegare agli intellettuali (e non incaricarsene anche loro stessi) la domanda appunto su "come" stanno le cose?
Democrazia vorrebbe che tutti (od almeno molti) si ponessero quella domanda. (Poi Ostellino accusa gli intellettuali di chiedersi il "perché" delle cose, per affidarsi al "dover essere", mentre basterebbe attenersi all'"essere"... Uffa, quante inutili forme filosofiche per sfoggiare sapere...)
Dato che non abbiamo la pretesa di volare alto come Ostellino, noi rivendichiamo soltanto il diritto di interloquire sulle cose del nostro Paese, senza dovere ogni volta chiedere l'autorizzazione ad Ostellino per poter parlare.
L'illustre commentatore infatti liquida il problema italiano con una veloce divisione del popolo in due metà, quella "aggrappata a un imprenditore"... etc., e quella ridicola che dà del "tu dmocratico" al cameriere ma pretende il "lei conservatore" sognando appunto ed infine che il tiranno sia inciampato in quel pelo di "quella cosa" lì.
Va bene, illustre Ostellino, che scrivere ogni settimana un pezzo brillante richiede a volte sforzi sovrumani, ma noi preferiamo al suo articolo approdato al pelo della fanciulla in fiore, la lettera che sulla stessa pagina del "Corriere" si legge a firma di Sergio Caroli, a proposito di un intervento del prof. Vattimo.
Il lettore osserva giustamente che il 19 novembre 2008 una diciassettenne sedeva riverita ospite al tavolo del presidente del Consiglio in un pubblico ricevimento ("cena ufficiale del governo") con le grandi firme della moda...
Belle forme per grandi firme? Osserva il lettore Caroli: "Purtroppo dalla Controriforma in poi impera, nello spirito pubblico del Belpaese, l'inveterata abitudine della doppia verità", riassumibile nella battuta carducciana di un piede in chiesa e l'altro nel casino.
Noi sottoscritti non apparteniamo alla schiera che osanna l'imperatore o a all'Italia che dà del tu al cameriere e pretende il lei in risposta.
Ci crediamo sufficientemente vaccinati per sapere distinguere fra la forza di un pelo ed il peso di una menzogna politica espressa da troppe persone ormai per negare un fatto evidente, e denunciato per prima dalla consorte del capo de governo. Una diciassettenne a tavola. Non a letto, a tavola. Chiaro? Ma che ci stava a fare, in una cena ufficiale?
Il problema è semplice, molto più semplice di quanto non pensi Ostellino per negare ai cittadini "semplici" (come dicevano una volta i cronisti politici) il diritto di sapere le cose, perché Ostellino vuole affidare tutto all'empirismo degli intellettuali.
Ma sinceramente sia gli intellettuali sia il loro empirismo (consistente nel cercare la scorciatoia per il potere e saziarsi a volontà alla sua mensa) ci hanno sempre fatto leggermente nausea, sin dall'ottavo mese della gravidanza di nostra madre.

Antonio Montanari



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2739, 10.03.2018