il Rimino 2018


In ricordo di Marco Biagi. Da "il Rimino" del 20.03.2009


Marco Biagi, rompicoglioni
A ricordo di Marco Biagi, a sette anni dalla sua uccisione, ripeschiamo il termine "rompicoglioni" con il quale fu gratificato da un ministro della Repubblica, Claudio Scajola, tuttora sulla scena politica come ministro dello Sviluppo economico. E riproponiamo nostri articoli apparsi fra 2002 e 2005.
7 luglio 2002
Cinquant'anni di cronache giudiziarie e di storie politiche, dovrebbero convincerci: occorre riformare il primo articolo della Costituzione, che vuole la Repubblica fondata sul Lavoro. Scriviamoci invece che il nostro Stato si regge sul Sospetto. La conferma di questa necessità, ci viene dalla pubblicazione su Repubblica del 28 giugno, di cinque lettere del prof. Marco Biagi, ucciso dalle Br il 19 marzo: una di esse, diretta a Stefano Parisi, direttore di Confindustria, è stata 'soffiata' con una censura, rivelata poi dallo stesso destinatario. Biagi non scrisse soltanto di temere che «le minacce» nei suoi confronti «venissero strumentalizzate da qualche criminale», ma precisò pure che si trattava di «minacce di Cofferati (riferitemi da persona assolutamente attendibile)».
Com'è ovvio, gli Inquirenti non conoscevano nulla del messaggio di Biagi a Parisi: forse l'hanno in archivio, non ancora letto, «data l'enormità del materiale» sequestrato. Nel nostro Paese, lo sappiamo, i tempi della Giustizia sono biblici. Suona offensivo nei confronti della memoria di Biagi e del dolore della sua famiglia che, dopo la misteriosa ma non inspiegabile comparsa di quei suoi testi epistolari, i giornali si siano interrogati: a chi giova tutto ciò e chi ne saranno i capri espiatori? Sarebbe strano se le cose andassero diversamente, in questa Patria di un Diritto che ogni giorno di più si scopre figlio illegittimo o del tutto orfano.
Agli Interni, qualcuno sospettava addirittura che Biagi fosse un mitomane. All'amico Casini presidente della Camera, chiedendogli aiuto per la propria «sicurezza personale», Biagi precisò che i suoi avversari («Cofferati in primo luogo») lo criminalizzavano. Gli Inquirenti ignoravano la denuncia, ma qualcuno sapeva, a Roma. Al ministro Maroni, Biagi scrisse di telefonate minatorie fattegli da persone stranamente al corrente dei suoi spostamenti. Fin che visse, fu costretto ad umiliare istanze, ad inviare solleciti, a questuare contatti per essere difeso da quello Stato per cui lavorava. Dopo la sua morte, sembra che qualcuno voglia giocare una partita dai contorni oscuri, ma non indecifrabili, comunque terribilmente osceni, perché avvengono sulla sua memoria.
Il capo degli Interni da Cipro ha definito Biagi «un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza». Lo hanno scritto soltanto Corsera e Sole-24 ore. E' arrivata immediata Smentita, diretta erede del Sospetto.
20 luglio 2003
Occhi azzurri e sguardo minaccioso. La loro razza rimase pura conservando caratteri propri. Tacito descrive così i Germani, aggiungendo che erano insofferenti della sete e del caldo. Per un contemporaneo, meno illustre di Tacito ma sottosegretario leghista del governo Berlusconi, i loro eredi concludono le rituali bevute di gruppo con un molesto e rumoroso inno alla felicità digestiva. Il sottosegretario, 'dimesso' dal presidente del Consiglio, ignorava che negli stessi giorni le tivù nazionali trasmettevano lo spot di una nuova rivista femminile, che si concludeva con il medesimo inno digestivo, dichiarandone così naturalità e liceità.
Le cronache hanno registrato le reazioni tedesche (cancelliamo le vacanze da voi), ed i preoccupati commenti italiani: se i crucchi stanno a casa andiamo in malora. Nessun connazionale ha superato la geografia del portafoglio, 50 centimetri fra cervello e saccoccia, ed ha pensato che fatto l'euro è l'ora di fare l'Europa non limitandosi a contare gli spiccioli di cassa. I quali sono importanti ma non nascono magicamente sotto gli alberi, bensì da una cultura del reciproco rispetto.
Oltre alla siccità, la nostra estate registra la penuria di materia grigia, se a nessuno è venuto in mente di dire al Cancelliere tedesco che succede nelle migliori famiglie di avere personaggi 'simpatici' ma bizzarri come quel sottosegretario. Il Cancellerie conosce le vicende italiane. Il ministro dell'Interno Scajola aveva definito «rompicoglioni» il defunto Marco Biagi. E pure in quel caso Berlusconi aveva dovuto invitare l'interessato a togliere il disturbo, anche se poi lo giustificò quasi avesse raccontato una di quelle storielle che caratterizzano i discorsi pubblici del nostro capo del Governo. Il quale all'estero ha sostenuto che noi ridiamo di tutto, persino sull'Olocausto.
La questione dei rutti tedeschi è una pagina cretina che aiuta a dimenticare vicende tragiche come quella di Marco Biagi. La cui moglie ha ricordato ai magistrati bolognesi che chi avrebbe dovuto proteggerlo lo trattava come un pezzente. Ora la Giustizia ha deciso: per la sua mancata difesa nessuno è colpevole anche se sono stati commessi «gravi errori». Negli Usa hanno scoperto già dal 15 marzo che il «bidone» iracheno sull'uranio nigeriano è made in Italy, costruito dai nostri servizi segreti militari. La tardiva smentita di Palazzo Chigi non serve. La via italiana alla stupidità s'è già affermata pure all'estero.
10 agosto 2003
La nostra situazione economica è «pericolosa». Lo ha scritto domenica scorsa il quotidiano di Confindustria, non l'Economist di Londra una volta indicato come fonte autorevole in materia. Adesso lo considerano una «vecchia zitella vittoriana» (definizione di Piero Ostellino) dopo che ha posto 27 domande al nostro Primo ministro, per far sapere al mondo quello che avrebbe potuto chiedergli il Tribunale di Milano dove ha deposto con «dichiarazioni spontanee» che blindano l'imputato da ogni interrogatorio. Il Cavaliere ha reagito intimamente con il più classico dei suoi pensieri: «Me ne frego». In pubblico, alla conferenza-stampa del primo agosto, ha confessato che ci sono difficoltà in economia per la quale «non possiamo molto, ma facciamo miracoli».
Verissimo, anche per i miracoli: l'esempio era stato fornito 24 ore prima con la resurrezione di Claudio Scajola che il 3 luglio 2002 era stato costretto a dimettersi dopo aver definito «rompicoglioni» il povero professor Marco Biagi. Scajola ora è ministro per l'Attuazione del programma.
Nella stessa conferenza-stampa Berlusconi ha voluto garantire il Paese: in materia di riforma del sistema radiotelevisivo, con lui Ciampi non ha palesato «nessuna perplessità, proprio nessuna». Poco dopo il Quirinale lo smentisce: Ciampi e Berlusconi non hanno mai discusso di quella riforma. Il Cavaliere è costretto a confermare le parole di Ciampi ed a correggere se stesso: mai parlato con il presidente della Repubblica della legge Gasparri.
Se Berlusconi in conferenza-stampa aveva attaccato tutte le televisioni nazionali perché non fanno vedere i cantieri aperti per le grandi opere, in Senato il presidente Pera se la prende con la stampa estera che delegittima Berlusconi nello stesso momento in cui l'opposizione delegittima la maggioranza. Pera forse è convinto che la stampa estera sia manovrata dall'opposizione. E sembra auspicare che l'opposizione appoggi la maggioranza in riforme costituzionali che (particolare trascurabile) la neutralizzerebbero definitivamente.
Scajola, salendo al Quirinale per il giuramento, ha confidato ai cronisti di essere tranquillo perché piace ad Umberto Bossi. Secondo il Cavaliere Bossi è come quei nonni bizzosi e stravaganti a cui tutti però sono affezionati. Rocco Buttiglione invece dice che Bossi sta metà nel governo e metà fuori. Da filosofo che parla pure il tedesco, Buttiglione si sarà chiesto se Bossi stia fuori di pancia o fuori di testa.
24 aprile 2005
Rivoltato si dice (anzi, si diceva in tempi magri) di un indumento vecchio, un abito od un cappotto rimesso a nuovo rovesciandone la stoffa.
Il governo Berlusconi bis (anzi, terzo della serie omonima partendo dal 1994), è stato definito nuovo, come un vestito appena uscito dal negozio. Per l'esattezza (anzi, per pignoleria) esso è soltanto il vecchio esecutivo del 2001 rimesso a nuovo ovvero semplicemente rivoltato con qualche rammendo, seguendo la tecnica che le ristrettezze economiche suggerivano (anzi, imponevano).
Messo in lavatrice per acquistare una lucentezza che il trascorrere del tempo aveva offuscato, ci sono state inevitabili sorprese. Il camice bianco della Sanità affidata al prof. Gerolamo Sirchia, s'è convertito nella camicia nera di Francesco Storace, «storicamente fascista» come da sua dichiarazione certificata dai giornali. Sembra di assistere ad una versione aggiornata di quel carosello che aveva per protagonista il celebre Calimero. Il suo lamento per essere piccolo e nero era smentito in parte dall'uso d'un certo detersivo. Storace conferma colore e statura, e non ringrazia. La sconfitta alle elezioni regionali nel Lazio è stata ripagata con un premio non voluto. Aveva detto scherzando: sì, vado alla Sanità, faccio la riforma psichiatrica e curo Berlusconi.
Ieri trombati, oggi trombettieri. Giulio Tremonti era stato costretto a dimettersi nel luglio scorso per i conti pubblici amari. Claudio Scajola allontanato dagli Interni (luglio 2002) per aver definito «rompicoglioni» il prof. Marco Biagi ucciso dalle bierre, era stato ripescato come ministro per l'Attuazione del programma. Il programma è stato bocciato alle regionali, così adesso passa alle Attività produttive che già di loro sono alquanto stanche. Mario Landolfi guiderà la Comunicazione: è pratico del settore. Nel 2000 a Gad Lerner poi andatosene, raccomandò una giornalista per il TG1, dove adesso lei lavora.
Marco Follini è rimasto fuori. Voleva discontinuità. Basta intendersi sulle parole. C'è stata soltanto una retromarcia. L'autobus di palazzo Chigi è tornato indietro al capolinea, recuperando quelli perduti, anzi mollati. Follini e Fini volevano defenestrare il dentista Calderoli dal gabinetto delle Riforme e devoluzione. Resta. Dovrà vedersela con una novità: il ministro dello Sviluppo e coesione territoriale. Ciò che la Lega slega, An rilega. Casini ha parlato di possibili elezioni anticipate. Anzi, è sicuro che ci saranno.
[Gli articoli sono apparsi sul settimanale riminese "il Ponte".]

Antonio Montanari



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2742, 11.03.2018