il Rimino 2018

Enrico Bilancioni
"... come scrive Antonio Montanari"

In "Chiamami città" appare un testo dedicato ad Enrico Bilancioni, in cui si legge tra l'altro: «come scrive Antonio Montanari, "Enrico è un fervente sostenitore dell’indipendenza e della libertà della patria. L. Tonini lo descrive "uomo schietto, e di molto ingegno". Alfredo Panzini lo ricorda latinista, filosofo, e morto quasi povero, egli nato ricco. [...] Ancora Montanari: "Nello stesso 1848 è nominato nello stato maggiore della Guardia Civica istituita l’anno prima (5.7) da Pio IX, e considerata dai patrioti come una garanzia di libertà»".
Infine: «Il figlio Domenico (1841-1884) – ci informa ancora Antonio Montanari – nato da Laura Marchi, medico e fervente mazziniano è tra i ventotto dirigenti repubblicani arrestati il 2 agosto 1874 a Rimini, sul colle di Covignano, nella villa dell’industriale Ercole Ruffi».
Ecco il testo completo di "Chiamami città".

Il 1 gennaio 1808 nasce a Rimini Enrico Bilancioni. Il padre Domenico, originario di San Clemente, è medico e primario all’ospedale di Rimini. Enrico segue le sue orme fino a succedergli nella carica.
Il 25 marzo 1831 Enrico Bilancioni si prodiga durante e dopo la Battaglia delle Celle per curare i molti feriti tra i duemila volontari scontratisi con l’esercito austriaco. Non sta facendo solo il suo dovere di medico: come scrive Antonio Montanari,"Enrico è un fervente sostenitore dell’indipendenza e della libertà della patria. L. Tonini lo descrive "uomo schietto, e di molto ingegno". Alfredo Panzini lo ricorda latinista, filosofo, e morto quasi povero, egli nato ricco». Altri lo descrive"solitario, sdegnoso, taciturno, raramente col sorriso sul labbro, parco di lodi, che temprava sempre con qualche leggero rimprovero» ma di immensa generosità« sotto quella ruvida scorza».
Fra l’altro, è il dottor Bilancioni, nel 1836, a comporre l’epigrafe, tutt’ora visibile in via Giovanni XXIII, in onore del Conte Daniele Felici, ministro napoleonico.
Nel 1848, poco dopo l’uccisione di un figlio del notaio Giacomo Borghesi, Enrico Bilancioni, come ricorda Carlo Tonini, «fu aggredito da ignoto sicario in mezzo a due suoi teneri figlioletti, mentre con essi conducevasi a casa»;  quasi difeso dai due fanciulli, Domenico ed Eleonora, resta lievemente ferito.
Ancora Montanari: «Nello stesso 1848 è nominato nello stato maggiore della Guardia Civica istituita l’anno prima (5.7) da Pio IX, e considerata dai patrioti come una garanzia di libertà». 
Nel 1855 si dedica anima e corpo a fronteggiare la terribile epidemia di colera che ha colpito Rimini come mezza Europa.
«Nel 1859 Enrico Bilancioni è nella Commissione municipale che assume i poteri di Giunta e Consiglio comunale dopo la fine del potere temporale (21.6), contro cui si è sempre battuto in nome della "evangelica legge di libertà e fratellanza". Egli "con animo schietto aveva sempre pubblicamente in libere parole rimproverato l’infausto andazzo del governo romano" (CT). Poi è deputato all’Assemblea della Romagna».
Nel 1860 insieme ad altri medici dell’ospedale – Vincenzo Serra (1814-1898) e Alessandro Niccolini (1825-1892) – mette in piedi «la "Favilla" il primo periodico cittadino "in senso assoluto con notizie politiche, economiche e statistiche"».
Nel 1865 Bilancioni pubblica ad Ancona  "Il compito odierno", che denuncia «la pesantezza delle esazioni fiscali e l’altissimo numero di analfabeti esistenti in Italia»:  al censimento del 1861 su 22 milioni di cittadini,17 milioni  (77,2%) non sanno  leggere né scrivere; in Emilia e Romagna gli analfabeti sono addirittura l’81% e i picchi peggiori sono proprio nella seconda.
Enrico ha un fratello che si è trasferito a Ravenna: Pietro. Avvocato, ma soprattutto appassionato bibliofilo, mette insieme una ricchissima raccolta di copie di rime volgari dei secoli XIII-XV desunte da manoscritti e da stampati. Carducci apprezza a tal punto la raccolta da raccomandarne l’acquisto, nel 1878, alla biblioteca comunale dell’Archiginnasio di Bologna, dove è tutt’ora conservata.
«Il figlio Domenico (1841-1884) – ci informa ancora Antonio Montanari – nato da Laura Marchi, medico e fervente mazziniano è tra i ventotto dirigenti repubblicani arrestati il 2 agosto 1874 a Rimini, sul colle di Covignano, nella villa dell’industriale Ercole Ruffi».
Enrico Bilancioni muore a Rimini il 29 luglio 1888. E’ sepolto all’ingresso del Cimitero monumentale di Rimini, insieme ad altri cittadini insigni del suo tempo.

La pagina mia da cui sono riprese le citazioni è la puntata 17 di Rimini 150. In poche parole.
Eccola riprodotta integramente.

Rimini 150. In poche parole
17. Analfabeti

Nel 1865 ad Ancona appare "Il compito odierno", un testo del dottor Enrico Bilancioni (1808-1888) che denuncia "la pesantezza delle esazioni fiscali e l'altissimo numero di analfabeti esistenti in Italia" (A. Piromalli), 17 milioni sui 22 (77,2%) di cittadini registrati al censimento del 1861.
Gli abitanti dell'Emilia sono 2 milioni (9%), con una media di analfabeti dell'81%, maggiore nelle nostre zone a Sud (A. Berselli).
Pure il padre di Enrico, Domenico Bilancioni, originario di San Clemente, è medico. Lavora come primario all'ospedale di Rimini. Nella carica gli subentra il figlio. Enrico è un fervente sostenitore dell'indipendenza e della libertà della patria. L. Tonini lo descrive "uomo schietto, e di molto ingegno". Alfredo Panzini lo ricorda latinista, filosofo, e morto quasi povero, egli nato ricco.
Nel 1831 Enrico Bilancioni si è prodigato alla Celle nelle cure ai molti feriti tra i duemila volontari scontratisi con l'esercito austriaco il 25 marzo. Lo scontro, per G. C. Mengozzi, salva l'onore della rivoluzione.
Nel 1848, poco dopo l'uccisione (20.9) di un figlio del notaio Giacomo Borghesi, Enrico Bilancioni "fu aggredito da ignoto sicario in mezzo a due suoi teneri figlioletti, mentre con essi conducevasi a casa" (C. Tonini). Quasi difeso dai due fanciulli, Domenico ed Eleonora, egli resta lievemente ferito.
Nello stesso 1848 è nominato nello stato maggiore della Guardia Civica istituita l'anno prima (5.7) da Pio IX, e considerata dai patrioti come una garanzia di libertà. In quel 1847, "anno rivoluzionario per eccellenza", le riforme di Pio IX, come l'editto sulla libertà di stampa (15.3), segnano "una vasta rigenerazione" politica (GCM).
Nel 1859 Enrico Bilancioni è nella Commissione municipale che assume i poteri di Giunta e Consiglio comunale dopo la fine del potere temporale (21.6), contro cui si è sempre battuto in nome della "evangelica legge di libertà e fratellanza". Egli "con animo schietto aveva sempre pubblicamente in libere parole rimproverato l'infausto andazzo del governo romano" (CT). Poi è deputato all'Assemblea della Romagna. Nel 1860 partecipa all'impresa giornalistica della "Favilla" di cui escono soltanto 17 numeri tra 11 febbraio e 14 aprile: è il primo periodico cittadino "in senso assoluto con notizie politiche, economiche e statistiche" (GCM). Lo dirige il medico bolognese Vincenzo Serra (1814-1898) che lavora a Rimini come secondo chirurgo dal 1850, con la collaborazione di un altro medico, Alessandro Niccolini (1825-1892), che il 16 aprile 1859 è stato arrestato per motivi politici. Nel 1880-1881 collabora a "La Parola" rivista rivolta al clero e diretta da don Giovanni Trebbi (P. G. Grassi).
Suo fratello Pietro (1808-1877), vissuto e morto a Ravenna, è avvocato e studioso di letteratura umanistica, compilatore di una "Raccolta di rimatori antichi", apprezzata da Carducci e conservata all'Archiginnasio di Bologna.
Suo figlio Domenico (1841-1884), nato da Laura Marchi, medico e fervente mazziniano è tra i ventotto dirigenti repubblicani arrestati il 2 agosto 1874 a Rimini, sul colle di Covignano, nella villa dell'industriale Ercole Ruffi. Del gruppo faceva parte l'anarchico Domenico Francolini (1850-1926), marito di Costanza Lettimi e legato da fraterna amicizia a Giovanni Pascoli.
Antonio Montanari



Antonio Montanari - 47921 Rimini. - Via Emilia 23 (Celle). Tel. 0541.740173
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