il Rimino Sottovoce 2018

Illustri abbagli

Nel ricostruire cronologicamente la mia raccolta di articoli pubblicati in un settimanale riminese, trovo che nel 2003, riportavo in un pezzo (Rimini, «trionfo del cattivo gusto». L’urbanistica cittadina secondo Grazia Gobbi Sicca) una pesante censura ad un mio lavoro, in cui citavo un brano sull’Arco d’Augusto. Chi mi criticava, aggiungeva che la vicenda era ricostruita diversamente da Matteini.
Io spiegavo nel mio pezzo del 2003 che Nevio Matteini riferisce «diversamente» da me soltanto perché racconta del Ponte di Tiberio e non dell’Arco d’Augusto, come si deduce anche dal sèguito della citazione riportata.

Del mio "critico" parlo anche in quest'altra pagina su certi abbagli del 2009.
Quel 'critico' lo definisco "parente famoso di un prelato influente nella gerarchia ecclesiastica cittadina". Ecco la pagina integrale.


17.07.2009. Abbagli de "il Ponte"

Dal blog de "La Stampa".

In una pagina speciale pubblicata da un settimanale locale, "il Ponte", si parla di un archeologo francese vissuto tra 1804 e 1867. Poi si precisa nel testo ed in un sottotitolo che fu presente nella città di Rimini dal 1843 al 1934!!!
Vorrei sapere come mai non si controlla nulla di nulla, prima di "chiudere" una pagina, e si fa sopravvivere per molti decenni un tizio ufficialmente scomparso.
Mi spiace rivolgere questa critica agli amici del "Ponte", testata a cui ho collaborato per 25 (venticinque) anni dal settembre 1982 al settembre 2007. Quando lasciai, perché:
1) mi era stato sottratto il settore culturale, che doveva passare sotto la superiore sorveglianza e vigilanza dell'Istituto teologico diocesano, anche se si parlava semplicemente della sagra dello stracchino e della piada farcita con patata lessata;
2) mi fu "vietata" la pagina storica che curavo settimanalmente, quando c'era da parlare di un testo curato dal parente famoso di un prelato influente nella gerarchia ecclesiastica cittadina.
Adesso non ostante la stretta sorveglianza e rigorosa vigilanza dei teologi ufficiali, si prendono simili abbagli.


Offresi redattrice per pagina storica...

All'ARCHIVIO SEGRETO

Ne parlo pure in quest'altra pagina del 2016:
La tigna del prof. Invidio de Minimis

Tantarcord. La filosofia degli smemorati. Una pagina del 2016.
La tigna del prof. Invidio de Minimis

La colpa è delle vittime, con la Teologia dell'imbroglio che imita il Marchese del Grillo. Ti fanno passare su un ponte, poi scopri che finisce in una brutta copia del muro di Berlino, non nella Porta della Misericordia o della Buona Creanza.

La filosofia degli smemorati è un perfetto ricettario di gastronomia esistenziale: le dimenticanze sono cotte e condite con un altro nome, il quale mira a rovesciare in faccia a chi subisce il torto, la colpa inesistente e perfettamente inventata.
Così, la vittima è sic et simpliciter trasformata in colpevole della più grande ignominia possibile, aver 'soltanto' raccontato la verità.
I fatti di ogni giorno sono sempre manipolabili con diverse ricette di gastronomia morale.
Se quei fatti sono oggettivamente riprovevoli per chi li compie, la colpa unica che viene ammessa è quella che riguarda voi, che non li accettate e li criticate.
Il ladro ruba, insomma, ma non sta bene dirlo, perché quel furto è correttamente finalizzato al soggetto che lo compie, mica a voi che ne siete danneggiati.
Esiste una speciale Teologia dell'imbroglio: chi è raccomandato può fare di tutto a vostro danno, ma guai se poi voi, la vittima, vi lamentate del torto subìto, perché l'unica cosa che vi è concessa è di stare zitti in quanto comandano "loro", e voi non siete niente, secondo l'antica lezione del Marchese del Grillo: "Io so' io, e voi non siete un ...".
Anche la democrazia, se praticata soltanto a parole, dunque può ammettere atteggiamenti assolutistici e mafiosi a tutela del Potente che li pratica.

Soltanto per caso (ma esiste un Caso, oppure tutto è sanamente preordinato?), ritrovo aprendo il computer una mia recente annotazione storica che riguarda un celebre studioso indigeno, che avevo battezzato prof. Invidio de Minimis per la tigna con cui attacca chiunque si occupi di cose che lui vorrebbe gestire in immacolata esclusività, senza contagi esterni.
Orbene costui appartiene ad un ramo particolare di quella Teologia dell'imbroglio, il ramo dell'ignoranza dei documenti, per cui se legge la conclusione di uno studio altrui, sentenzia che essa è improbabile, ma non si cura per nulla di leggere, prima di scrivere, le carte che hanno permesso di arrivare a quella conclusione.
Sia lodato l'imbroglio, sia glorificato il suo autore, e sia maledetto e calpestato nel letame chi pensa con la propria testa, legge i documenti oppure (addirittura) racconta cose vere.



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