Citazioni

22 aprile 2009: I giorni dell'ira
Un articolo di "Chiamami città".

Il quindicinale "Chiamami città" nel suo ultimo numero parla di un mio vecchio libro "I giorni dell'ira", in un editoriale del direttore Stefano Cicchetti. Ecco il suo articolo:


In un libro di Antonio Montanari tante verità dimenticate
Invece di litigare faremmo meglio a ricordare


Già che della nostra storia ci importa ben poco, quel poco ci piace raccontarcelo in versione taroccata, consolatoria, auto-assolutoria. E così dopo oltre 60 anni siamo all’assurdo. Il 25 aprile, che insieme al 2 giugno è la festa di fondazione di questa nostra repubblica, è ancora un’occasione per dividerci, per litigare, per pescare qualche voto in più all’immancabile turno elettorale primaverile.
Cosa è successo da noi durante la guerra? Uno che ne ha scritto molto, raccogliendo e confrontando meticolosamente le notizie, i ricordi, le versioni discordanti, è Antonio Montanari. Il suo libro "I giorni dell'ira", edito da Il Ponte nel 1997, è uno di quei libri che dovremmo sapere a memoria. Invece è ancora una miniera di sorprese. Anche perché in tanti ci hanno raccontato che da noi è passato, sì, il “fronte” con tutte le sue distruzioni, ci sono stati, sì, i tre martiri.
Ma tutto sommato la gente ha subìto eventi più grandi, non era poi così fascista e i partigiani erano quattro gatti. E se qualcosa di orrendo è stato pur compiuto, la colpa è dei tedeschi, dei bombardamenti alleati, di gente venuta da fuori. Invece, “I giorni dell’ira” sono purtroppo stati tali anche da noi. Il fascismo non era un regime bonario e un po’ pasticcione, che mandava in vacanza gli oppositori, ma una dittatura vera.
Per esempio, guardiamo cosa accadde il 24 marzo 1943 al liceo scientifico “Serpieri”: al termine della lezione di ginnastica, invece di gridare, come sempre, “Saluto al Duce!”, due classi osano esclamare “Saluto al Re!”. Quel che successe poi lo racconta uno di quegli studenti, Sauro Casadei: «Il 3 aprile arrivano a scuola esponenti della milizia per arrestare e interrogare sette ragazzi: un compagno aveva fatto i loro nomi segnalandoli come presunti sobillatori. Ne era seguita la denuncia dei giovani e la condanna di tutti a un anno di sospensione dalle scuole del Regno. Sei di essi avevano subito anche una punizione aggiuntiva », e cioè il carcere a Forlì, dopo esser stati malmenati e perfino nelle prigioni di Rimini: Sauro Casadei e Abner Fascioli passeranno trenta giorni in cella, quindici in più degli altri compagni.
Questo succedeva solo a parlare sbagliato. Bambinate, si dirà, nessuno si è fatto poi così male. Ricordiamo allora un professore di scuola media di Santarcangelo, Rino Molari, il ferroviere di Rimini Walter Ghelfi, Edo Bertaccini di Coriano, capitano dell’ottava brigata Garibaldi: tutti fucilati a Fossoli nel luglio ’44. Come non bisogna dimenticare che il 26 luglio 1943, appena caduto il Duce, l’avvocato Salvatore Corrias, dell’Istituto di Cultura Fascista, corre a trovare il socialista Mario Macina e si segnala come “il primo a fare discorsi antifascisti in piazza”. Tante miserie, ma anche barlumi di umanità e buon senso. Come quando fascisti e antifascisti il 12 settembre ’43 si incontrano in via Bonsi «per salvare Rimini dai tedeschi al di sopra delle inimicizie di parte, animati solo da amor di patria», come ricorda uno dei presenti, il repubblichino Perindo Buratti. Andando avanti, nel libro di Montanari si trovano il bene e il male, le meschinerie e gli eroismi, sempre indissolubilmente intrecciati.
Allora come oggi. Proprio per questo vanno conosciuti e raccontati per quel che furono. Passarci sopra la vernice della propaganda di parte è il peggior torto che possiamo fare ai nostri nonni e genitori, che di quei giorni furono protagonisti. Anche se loro stessi ci chiedessero di dimenticare. Loro che hanno sofferto ne hanno il diritto, ma non lo abbiamo noi che ci godiamo in pace i frutti di quelle indicibili tribolazioni".

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