Riministoria-il Rimino
Pascoli e Francolini,
amicizia rivoluzionaria

Le vie del socialismo pascoliano passano anche da Rimini, per motivi biografici (soggiorni e frequentazioni). Meraviglia che in un convegno sul tema (6 aprile) non sia stata fatta svolgere, per esempio ad uno studioso da molti lustri ben noto come Liliano Faenza, una comunicazione specifica. Pazienza.
Zvanì giunge a Rimini la prima volta nel 1871, con i sei fratelli restati orfani quattro prima. Mariù, la terribile, gelosa Mariù, ricorderà che la vita condotta nell'alloggio di via Serpieri (al civico 17, credo), era «di una economia che appena consentiva il primo necessario».
Giovanni frequenta la seconda liceo, canzonato per la povertà dai compagni di classe, come scrisse Luigi Ferri (1959).
Nel settembre 1877, per una notte, soggiorna alla locanda dell'Unione di Matteo Barbiani, nella piazzetta delle poveracce. Senza soldi, lascia in pegno tre camicie, un paio di mutande ed un fazzoletto. (Ne scrissi sul «Carlino» nei primi anni '60, ed il figlio di Barbiani si dichiarò offeso.) L'oste per essere pagato bussa a casa di Domenico Francolini, l'amico rivoluzionario del poeta.
L'anno dopo, Pascoli scrive una poesia, «La morte del ricco», che Francolini pubblica sul proprio foglio riminese «Il Nettuno», sperando che la lirica possa «concorrere alla nostra propaganda rivoluzionaria». (La si legge a p. 50 del libro di Faenza «Marxisti e 'riministi"», Guaraldi 1972.)
Sulla locanda dell'Unione nel 1962 fu posta una lapide sbagliata: vi si parla del soggiorno di Zvanì tra 1871 e '72, invece che del '77, come ho detto.
Il convegno sammaurese poteva anche, parlando di Rimini pascoliana, trattare di Domenico Francolini che, come tante altre figure nostrane, è completamente dimenticato dalla città di «Amarcord», ma anche senza memoria storica.
Fonte di questa pagina il Rimino n. 78, aprile 2002.
Antonio Montanari

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