Riccardo Fabbri, Intervista a Ceccaroni, pp. 96, Chiamami Città-Guaraldi-La Stamperia, lire 15 mila

Walter Ceccaroni "sindaco comunista della città-albergo", è stato intervistato da Riccardo Fabbri (giornalista alla locale "Gazzetta"), in un agile ed interessante volume, dove si ripercorre la storia riminese dall'immediato secondo Dopoguerra agli anni Sessanta. C'è tutto, dalla politica all'economia, alla cronaca (anzi da un fatto di cronaca nera l'autore parte: il ferimento nel '67 di Ceccaroni, a colpi di punteruolo, per una licenza edilizia non concessa).
Fabbri è stato molto accurato nel documentarsi prima di affrontare il suo personaggio in un "terzo grado" intelligente ed approfondito, per cui le pagine che ha steso restano come punto di partenza documentario per ricostruire le vicende amministrative e sociali di quel periodo. È ovvio che Ceccaroni, come suol dirsi, tiri l'acqua al suo mulino, come quando attribuisce al Municipio meriti che esso forse non ha avuto.
"Ho scelto il turismo di massa e me ne vanto", dice il titolo di un capitolo in cui Ceccaroni contesta quella definizione di "turismo del cartoccio" che egli, poi, non considera erede dei treni popolari, ma un'invenzione di quello che potremmo chiamare il socialismo reale nella versione riminese, secondo il rito emiliano alla Dozza: il discorso viene espresso dall'ex sindaco con un'elegante ed un po' oscura formula (in politichese) che accontenterebbe -forse- Gramsci e Croce: "Abbiamo messo a frutto le potenzialità immateriali". Ma il Comune, in quegli anni, come le stelle di Cronin, stava molto a guardare, più che partecipare alla creazione del "modello" riminese. A meno che il suo "laissez faire" urbanistico non sia oggi inteso come un indirizzo politico consapevole, e non quel disastroso "chiudere gli occhi", come in effetti appare, per mandar avanti a tutti i costi la barca dell'economia rivierasca.
In un altro passaggio, Ceccaroni dice che alle elezioni del '65 "i riminesi ci capirono e ci votarono", perché "il cittadino riminese, nelle elezioni comunali, è molto aperto, critico e "laico"". Oppure è più riconoscente per eventuali favori ricevuti? Alle amministrative del '65, il pci prese il 44,08% dei voti validi, contro il 38,56 delle politiche del 1963 per la Camera ed il 39 per il Senato.
Piero Meldini, nella parte finale del libro ha scritto un breve ritratto di Ceccaroni, riassumibile nella definizione di "liberista senza complessi", che può apparire contraddittoria: ma Meldini spiega questa formula, arrivando alla conclusione che l'ex amministratore fu "un politico di razza". E in ciò, credo che anche gli antichi avversari, fossero e siano d'accordo.

Antonio Montanari


0541/Rev. grafica 2018