Antonio Montanari
Malatesti, 1295. La presa del potere
Pagine di Storia e Storie, "il Ponte", 19.11.1995

La notte del 13 dicembre 1295 il guelfo Malatesta da Verucchio, ad 83 anni, con un inganno da manuale s'impadronisce di Rimini, instaurandovi la Signoria. Tre giorni prima, la tensione fra le opposte fazioni è sfociata nella morte di un suo seguace: sulla piazza del Comune, il raglio d'un asino in amore è stato scambiato per il segnale della sommossa da parte di Lodovico delle Caminate, ucciso poi dalla balestra di un avversario. Malatesta, appreso che Guido da Montefeltro sta sopraggiungendo per aiutare i ghibellini, finge di pacificarsi con il loro capo, Parcitade. Poi organizza il tranello: i guelfi debbono nascondersi in casa, e i soldati fingere di arretrare a Verucchio. A mezzanotte, le milizie di Malatesta rientrano in città, mentre i rivoltosi escono allo scoperto gridando: "A morte Parcitade e i ghibellini".
Parcitade prima fugge a San Marino, deriso da Guido da Montefeltro che lo saluta "Messer Perde Cittade", e poi trova ospitalità a Venezia dove morirà. Suo fratello Montagna è ucciso in carcere assieme a parenti ed amici, da Malatestino, figlio di Malatesta e di Concordia (nata da una sorella di Parcitade). Concordia generò pure Giovanni lo zoppo, marito di Francesca, e Paolo il bello.
Malatesta ha sposato Concordia forse per accomodarsi con il suo rivale. Allo stesso modo, secondo Boccaccio, il matrimonio fra Giovanni e Francesca riconobbe la fine di una lunga e dannosa guerra tra i Malatesti e i Da Polenta. Anche dietro le nozze di Paolo con Orabile Beatrice di Ghiaggiolo (nella diocesi di Sarsina), c'è un antefatto: Malatesta non voleva perdere l'investitura di Ghiaggiolo ricevuta tra 1262 e ’63, e contestatagli da Guido da Montefeltro anche a nome della stessa Orabile, figlia del cognato Uberto (morto senza eredi maschi).
Le nozze tra Paolo ed Orabile sono precedute da un contratto che la dice lunga sull'abilità di Malatesta: le donne di Ghiaggiolo gli vendono "ogni ragion loro" per 6.520 lire. Quella somma, racconta L. Tonini, "sarà poi rimasta o tornata nelle mani" di Malatesta come dote di Orabile, il cui primo figlio Uberto nel 1297 si unirà ai ghibellini, e nel giugno 1300 sarà fatto podestà di Cesena.
Originari forse di Pennabilli e feudatari di Verucchio, i Malatesti chiamano Rimini "loro madre" nella sottomissione del dicembre 1197, firmata da Giovanni III e dal nipote Malatesta della Penna (figlio di suo fratello Malatesta Minore). Per riparare a chissà quali misfatti, essi si umiliano a sfilare sulla piazza di Rimini, con una corda al collo ed in mano le spade nude tenute per la punta.
Il 18 marzo 1216, Giovanni ed il nipote s'impegnano ad abitare in tempo di guerra con le famiglie a Rimini, e ricevono cento lire ciascuno per comprarvi una casa. In cambio della cittadinanza, si sottomettono assieme ai loro "castra, castella et loca ad defensionem". Al pari degli antenati, sono esentati dal pagar tasse.
Giovanni scompare nel 1221. A guidare la famiglia è il nipote della Penna sino alla morte, nel 1248. Gli succede il proprio figlio Malatesta da Verucchio che, nato nel 1212, vivrà cento anni.
I Malatesti "sendo assai potenti di stato, e valorosi in arme, si scopersero di fattione contrarij a gl'Imperiali, di parte Guelfi, e parteggiani della Chiesa". Quando videro che i guelfi "discacciati dalle Città" durante la Sede Vacante (1241-43), "ripigliato spirito, ricuperavano i loro luoghi", e che, dopo la deposizione di Federico II (1245), ne avevano "quasi in tutti i luoghi la parte migliore", i Malatesti "ambitiosi di maggior cose, rissolsero di frequentare la città di Rimini più del solito, con animo ancora di ridursi un giorno ad habitarvi" (F. Antonini, Supplemento della Chronica di Verucchio, 1621, p. 48).
Malatesta della Penna è podestà di Rimini nel 1239 e nel ’47: "Et vi fù tanto volontieri veduto, in quell'honore, che per farlo restare ad habitare nella Città, si cominciò à trattare di farlo Capo della fattione Guelfa: mà sopravvisse egli tanto poco […] che non poté altrimenti prender quel carico, che gli era offerto, e contentare i suoi parteggiani" (Antonini, p. 49).
Il 18 febbraio 1248 le forze di Federico II sono sconfitte a Parma. Il 16 aprile, il conte di Romagna Tommaso della Marca che rappresenta l'imperatore deposto, invia ad Imola truppe riminesi guidate da Malatesta, il quale nel frattempo viene denunciato come sospetto fautore degli Ecclesiastici. La Romagna, dopo esser stata guelfa, è tornata ghibellina. Dal 1240 al ’48, Federico la tiene sotto il suo dominio da Bologna in giù, come si legge in un documento del 1279 scoperto da G. Garampi, nel quale sono denunciate le violenze commesse dai sostenitori dell'impero.
Anche dopo la deposizione di Federico, Rimini ha continuato ad obbedirgli. Lo dimostra la spedizione militare capeggiata da Malatesta il quale, intercettata la lettera d'accusa, ritorna a Rimini ed arresta con il favore popolare il podestà che l'aveva denunciato. La città, da cui il conte Tommaso fugge, è ora ai suoi ordini. Sono imprigionati gli Omodei (ghibellini), ed a maggio rientrano i guelfi Gambacerri. Malatesta guida gli affari pubblici senza diventare podestà: un "breve" di Innocenzo IV del 23 dicembre 1248 lo qualifica "capitano". Il 13 dicembre 1250 muore Federico II. L'anno dopo i nostalgici dell'impero saccheggiano il contado riminese. Nel ’52 guelfi e ghibellini si accordano, grazie all'opera dell'arcivescovo di Ravenna: tutti gli uffici del Comune vengono divisi tra loro in parti uguali. Il podestà deve fornire ai fuoriusciti ghibellini case decenti ove stabilirsi. Nel ’54 i quattro Capitani del popolo, appena istituiti per sovrintendere alla pace ed alla guerra, sono assegnati due per fazione.
Nel 1263, quando Malatesta è già da un anno podestà, i suoi servizi segreti scoprono un messaggio dell'imperatore di Costantinopoli, Balduino, indirizzato al re di Sicilia Manfredi, figlio di Federico II, che aveva mire espansionistiche nel Mediterraneo. Il messaggio finisce a Roma che sarà riconoscente con Malatesta. Clemente IV, il 4 luglio 1266, ordina di inviargli 600 lire ravennati "per compensarlo di certe spese, e rilevarlo di certi debiti" che Malatesta aveva confidato al pontefice.
Il 26 gennaio ’66 Manfredi è stato ucciso presso Benevento da Carlo d'Angiò, chiamato dallo stesso Clemente IV che nel ’68 al "dilettissimo figlio" Malatesta (forse podestà), dà carta bianca in Romagna. Nel luglio ’69 Carlo nomina Malatesta suo vicario in Firenze per diciotto mesi.
Il 1271 è un anno nero per i ghibellini. A Rimini sono espulsi. Guido da Montefeltro, mentre sta battendo i guelfi di Malatesta nelle Marche, cade da cavallo e viene catturato: "Sic victor a victo devictus est", scrive un cronista. Nel ’74 le parti si invertono, Malatesta è sconfitto due volte. Da Ravenna Guido Da Polenta, per cacciare i Traversari, nel ’75 chiede l'intervento di Malatesta che invia cento fanti guidati da suo figlio Giovanni, il futuro marito di Francesca. Bernardino Da Polenta, fratello di Francesca, sposerà Maddalena sorella di Giovanni.
Il re dei Romani Rodolfo d'Asburgo, in cambio della corona imperiale nel ’78 lascia al papato il dominio della Romagna, "sempre più percorsa da moti di ribellione e ribollente di corrotti faziosi" (A. Vasina). I magistrati riminesi, per aver imposto collette alle terre arcivescovili, sono scomunicati (’79), mentre restano per il momento ottimi i rapporti fra la Chiesa e Malatesta: Martino V nell'81 elogia la sua devozione e l'aiuto in armi ricevuto, però gli intima di non dare in moglie una sua figlia ad un figlio di Guido da Montefeltro. Come ringraziamento per altri interventi armati, il papa nell’83 conferma ai riminesi gli antichi privilegi. Nell’85 Malatesta scampa a Cesena ad un attentato, ed è ancora podestà di Rimini mentre suo figlio Giovanni lo è a Pesaro. Il loro potere si estende alle città vicine.
Scomparsa la minaccia ghibellina, avviene "la dissoluzione della solidarietà guelfa in Romagna". La nobiltà tradizionale è tramontata, al suo posto si affermano nuove famiglie. (A. Vasina). Onorio IV attraverso il conte di Romagna tenta di soffocare le tendenze autonomistiche. Malatesta cerca di eliminare le controversie locali per costituire un fronte antipapale. Fa pace nell’87 con i faentini, al cui signore (Francesco Manfredi) dà in sposa la figlia Rengarda. Sfugge ad un altro attentato, preparatogli dal conte di Romagna sulla strada tra Cervia a Rimini: suo fratello Giovanni da Sogliano, è catturato con molti del seguito. La loro liberazione gli costa 4.000 lire ravennati.
Per aver assediato la Rocca di Cervia e aver fatto ribellare alcuni Comuni, Malatesta il 3 febbraio 1288 è accusato di lesa maestà , con l'ordine di discolparsi entro cinque giorni. Disattesa l'ingiunzione, è condannato a morte. Il 22 febbraio viene eletto il nuovo papa, Niccolò IV, che mira ad una politica di conciliazione. Per avervi aderito, Malatesta viene cacciato da Rimini quale ribelle, benché podestà. Per ristabilirsi in patria si allea con il conte di Romagna, mentre i suoi figli Giovanni e Malatestino occupano Santarcangelo e Montescudo. Rimini lo grazia, obbligandolo a pagare le collette e sottostare alle imposizioni come ogni altro cittadino.
Nel ’90 fallisce una rivolta popolare contro il dominio papale. Il nuovo conte, Stefano Colonna, perdona le offese. La ‘giustizia’ tuttavia fa il suo corso: un capopopolo, Martin Cataldi, torturato confessa la congiura e finisce alla forca. Rimini è sottoposta all'interdetto, da cui sarà prosciolta nel ’95, e viene privata dell'elezione del podestà. Ravenna si solleva contro Colonna, e lo imprigiona. Malatesta ed altri capi guelfi delle città vicine, cacciano da Forlì il Legato pontificio: "tutta Romagna fu tolta agli Ufficiali della Chiesa" (L. Tonini). Rimini ripassa nelle mani di Malatesta che chiama come podestà Rodolfino da Calisese. Nel ’94 incaricherà il proprio genero, Bernardino Da Polenta.
Durante la sede vacante (1292-94) si forma una vittoriosa lega romagnola contro la Chiesa. Malatesta è podestà di Cesena; Malatestino, di Bertinoro; Giovanni, di Faenza. Il governatore di Romagna, dopo l'elezione di Bonifacio VIII (1295), vorrebbe umiliare i Malatesti, e medita di atterrare le loro case. I guelfi ottengono in ottobre un nuovo conte, Guglielmo Durante, subito omaggiato dai ghibellini.
Cresce dovunque la tensione. I partiti avversi si armano anche a Rimini. Nessuno si decide a cominciare lo scontro. Finché arriva il 13 dicembre, quando il raglio d'un asino fa girar pagina alla storia della città, con la nascita della Signoria malatestiana.
Il 13 dicembre 1250 muore Federico II. L'anno dopo i nostalgici dell'impero saccheggiano il contado riminese. Nel ’52 guelfi e ghibellini si accordano, grazie all'opera dell'arcivescovo di Ravenna: tutti gli uffici del Comune vengono divisi tra loro in parti uguali. Il podestà deve fornire ai fuoriusciti ghibellini case decenti ove stabilirsi. Nel ’54 i quattro Capitani del popolo, appena istituiti per sovrintendere alla pace ed alla guerra, sono assegnati due per fazione.
Nel 1263, quando Malatesta è già da un anno podestà, i suoi servizi segreti scoprono un messaggio dell'imperatore di Costantinopoli, Balduino, indirizzato al re di Sicilia Manfredi, figlio di Federico II, che aveva mire espansionistiche nel Mediterraneo. Il messaggio finisce a Roma che sarà riconoscente con Malatesta. Clemente IV, il 4 luglio 1266, ordina di inviargli 600 lire ravennati "per compensarlo di certe spese, e rilevarlo di certi debiti" che Malatesta aveva confidato al pontefice.
Il 26 gennaio ’66 Manfredi è stato ucciso presso Benevento da Carlo d'Angiò, chiamato dallo stesso Clemente IV che nel ’68 al "dilettissimo figlio" Malatesta (forse podestà), dà carta bianca in Romagna. Nel luglio ’69 Carlo nomina Malatesta suo vicario in Firenze per diciotto mesi.
Il 1271 è un anno nero per i ghibellini. A Rimini sono espulsi. Guido da Montefeltro, mentre sta battendo i guelfi di Malatesta nelle Marche, cade da cavallo e viene catturato: "Sic victor a victo devictus est", scrive un cronista. Nel ’74 le parti si invertono, Malatesta è sconfitto due volte. Da Ravenna Guido Da Polenta, per cacciare i Traversari, nel ’75 chiede l'intervento di Malatesta che invia cento fanti guidati da suo figlio Giovanni, il futuro marito di Francesca. Bernardino Da Polenta, fratello di Francesca, sposerà Maddalena sorella di Giovanni.
Il re dei Romani Rodolfo d'Asburgo, in cambio della corona imperiale nel ’78 lascia al papato il dominio della Romagna, "sempre più percorsa da moti di ribellione e ribollente di corrotti faziosi" (A. Vasina). I magistrati riminesi, per aver imposto collette alle terre arcivescovili, sono scomunicati (’79), mentre restano per il momento ottimi i rapporti fra la Chiesa e Malatesta: Martino V nell'81 elogia la sua devozione e l'aiuto in armi ricevuto, però gli intima di non dare in moglie una sua figlia ad un figlio di Guido da Montefeltro. Come ringraziamento per altri interventi armati, il papa nell’83 conferma ai riminesi gli antichi privilegi. Nell’85 Malatesta scampa a Cesena ad un attentato, ed è ancora podestà di Rimini mentre suo figlio Giovanni lo è a Pesaro. Il loro potere si estende alle città vicine.
Scomparsa la minaccia ghibellina, avviene "la dissoluzione della solidarietà guelfa in Romagna". La nobiltà tradizionale è tramontata, al suo posto si affermano nuove famiglie. (A. Vasina). Onorio IV attraverso il conte di Romagna tenta di soffocare le tendenze autonomistiche. Malatesta cerca di eliminare le controversie locali per costituire un fronte antipapale. Fa pace nell’87 con i faentini, al cui signore (Francesco Manfredi) dà in sposa la figlia Rengarda. Sfugge ad un altro attentato, preparatogli dal conte di Romagna sulla strada tra Cervia a Rimini: suo fratello Giovanni da Sogliano, è catturato con molti del seguito. La loro liberazione gli costa 4.000 lire ravennati.
Per aver assediato la Rocca di Cervia e aver fatto ribellare alcuni Comuni, Malatesta il 3 febbraio 1288 è accusato di lesa maestà , con l'ordine di discolparsi entro cinque giorni. Disattesa l'ingiunzione, è condannato a morte. Il 22 febbraio viene eletto il nuovo papa, Niccolò IV, che mira ad una politica di conciliazione. Per avervi aderito, Malatesta viene cacciato da Rimini quale ribelle, benché podestà. Per ristabilirsi in patria si allea con il conte di Romagna, mentre i suoi figli Giovanni e Malatestino occupano Santarcangelo e Montescudo. Rimini lo grazia, obbligandolo a pagare le collette e sottostare alle imposizioni come ogni altro cittadino.
Nel ’90 fallisce una rivolta popolare contro il dominio papale. Il nuovo conte, Stefano Colonna, perdona le offese. La ‘giustizia’ tuttavia fa il suo corso: un capopopolo, Martin Cataldi, torturato confessa la congiura e finisce alla forca. Rimini è sottoposta all'interdetto, da cui sarà prosciolta nel ’95, e viene privata dell'elezione del podestà. Ravenna si solleva contro Colonna, e lo imprigiona. Malatesta ed altri capi guelfi delle città vicine, cacciano da Forlì il Legato pontificio: "tutta Romagna fu tolta agli Ufficiali della Chiesa" (L. Tonini). Rimini ripassa nelle mani di Malatesta che chiama come podestà Rodolfino da Calisese. Nel ’94 incaricherà il proprio genero, Bernardino Da Polenta.
Durante la sede vacante (1292-94) si forma una vittoriosa lega romagnola contro la Chiesa. Malatesta è podestà di Cesena; Malatestino, di Bertinoro; Giovanni, di Faenza. Il governatore di Romagna, dopo l'elezione di Bonifacio VIII (1295), vorrebbe umiliare i Malatesti, e medita di atterrare le loro case. I guelfi ottengono in ottobre un nuovo conte, Guglielmo Durante, subito omaggiato dai ghibellini.
Cresce dovunque la tensione. I partiti avversi si armano anche a Rimini. Nessuno si decide a cominciare lo scontro. Finché arriva il 13 dicembre, quando il raglio d'un asino fa girar pagina alla storia della città, con la nascita della Signoria malatestiana.

Antonio Montanari

© Antonio Montanari. "Riministoria" è un sito amatoriale, non un prodotto editoriale. Tutto il materiale in esso contenuto, compreso "il Rimino", è da intendersi quale "copia pro manuscripto". Quindi esso non rientra nella legge 7.3.2001, n. 62, "Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2001.
Pagina 2896/03.04.2019