il Rimino n. 82. Anno IV, agosto-settembre 2002
Archivio 2016

Storia dell'Accademia dei Lincei riminesi:
1. L'anello di Galileo. La prima storia a stampa dei Lincei romani
2. Rimini-Siena e ritorno. Alle origini dei Lincei di Iano Planco (1745)
3. Iano Planco, la missione del dotto. I nuovi Lincei nascono dalla sua scuola privata

Primo piano
Una lapide per i fratelli Bronzetti: donarono l'Ospedalino di via Ducale
Pax Christi: leggi al servizio dei potenti
L'asteroide (pensando a Giovanni Pascoli)

Una lapide per i fratelli Bronzetti
Donarono l'Ospedalino di via Ducale

Lo scorso 3 settembre, in via Ducale 7, è stata solennemente scoperta una lapide in cui si legge: «Qui era la Divisione Pediatrica dell'Ospedale dei Bambini San Giuseppe che Maria e Anna Teresa Bronzetti vollero, nel 1963, a loro spese, moderno ed efficiente per i bambini di Rimini e dei dintorni, in ricordo perenne del fratello Guglielmo. L'Amministrazione Comunale. Settembre 2002». A Guglielmo Bronzetti, a cui era stato intitolato l'«Ospedalino», è intestato ora il Reparto di Neonatologia agli Infermi.
Finalmente, lasciatecelo dire, ci si è ricordati di una pagina nobile della storia riminese del secolo scorso, finita nel dimenticatoio a causa dei passaggi imposti dalla riforma sanitaria del 1968. Dal vecchio «Aiuto Materno», nato nel 1910 per iniziativa di suor Isabella Soleri, e divenuto nel '15 «Opera Pia San Giuseppe», si era arrivati ad una nuova struttura con il primo «Ospedalino» intestato alla Regina Elena, del 1925. Poi il radicale cambiamento, con il secondo, aperto nell'ottobre 1966.
Cinque anni fa ho intervistato il prof. Ugo Gobbi che fu primario dell'Aiuto Materno, per preparare con Benito Lombardi una storia dell'istituto San Giuseppe («Scienza e Carità», ed. Il Ponte, Rimini 1998). Gobbi mi raccontò con grande partecipazione la vicenda del «suo» ospedale iniziata nel 1952 quando, alla morte del professor Manlio Monticelli, primario pediatra dell'Aiuto Materno, è chiamato a sostituirlo, appoggiato da tutti i colleghi medici e dal dottor Bongiorno, presidente dell'Istituto: «Andai a ripescare il microscopio e tutto quello che era in cantina per il laboratorio. Se c'era qualche cosa, la si mandava all'Ospedale per le verifiche necessarie, e del laboratorio non si parlava».
Gobbi resta all'Aiuto Materno dal '52 al gennaio '60, anno in cui riceve l'incarico di Primario nel nuovo reparto pediatrico «Vincini» del nostro Ospedale Civile: «Siccome era un incarico e siccome annusavo arie poco buone per me, ho conservato il posto come consulente dell'Aiuto Materno, e dirigente (non retribuito) della sezione immaturi e neonati». Il professor Lodovico Vincini era stato una «grande figura di filantropo che fu primario chirurgo per oltre un trentennio nella nostra città, alla quale offrì il suo cospicuo patrimonio per far sorgere la divisione pediatrica, intestata alla madre Adelaide Carrara Vincini. Egli aveva donato all'Ospedale civile anche il gabinetto radiologico con i più moderni apparecchi».
Prima del reparto «Vincini», a Rimini non esisteva Pediatria, precisa Gobbi: «La facevamo soltanto noi all'Aiuto Materno. Ma era inadeguata per mille motivi. Chiamarono me all'Ospedale Civile perché avevo già allestito Pediatria a Cesena nel '59». L'ambiente dell'Aiuto Materno è piccolo, ma il suo raggio d'azione si estende. Gobbi apre ambulatori nel Montefeltro, a Novafeltria, Pennabilli e Perticara: «Andavo a fare l'ambulatorio per l'Opera Nazionale Maternità ed Infanzia con un motorino».Nel '62 Gobbi ritorna all'Aiuto Materno, «con la disperazione di trovare un ambiente assolutamente inadeguato: avevo lasciato un Ospedalino che era bello, ordinato, che avevo fatto pezzo per pezzo, e mi trovo in quella disperazione».
Nello stesso '62 accade un fatto che Gobbi, dichiaratamente ateo, chiama «provvidenziale». Teresa Bronzetti, un'amica di sua madre, vuol «fare qualcosa» per ricordare il proprio fratello Guglielmo, morto due anni prima. Teresa Bronzetti si confida con la madre del professor Gobbi, la quale le suggerisce di «aiutare l'Ospedalino» dove lavora il figlio.
Detto, fatto. Teresa Bronzetti si dichiara disposta a donare «tutto» perché si costruisca un «Ospedale per bambini», dedicato alle memoria di suo fratello Guglielmo, che era stato commerciante di scarpe con negozio lungo il corso d'Augusto.
L'Ospedale Bronzetti, aggiungeva nell'intervista il prof. Gobbi, era stato costruito «con un'economia da spilorci», bisognava non superare gli ottantacinque milioni dati da Teresa Bronzetti in contanti. Gobbi controlla tutto, dall'intonaco al ferro delle porte: quando vede che le cose non vanno, fa rifare.
L'Ospedale Bronzetti è aperto nell'ottobre '66: «C'erano delle innovazioni rispetto agli standard universitari, come le sei camere che ospitavano gli immaturi e le loro mamme, cubicoli di due metri per due, con pressione atmosferica superiore di mezzo grado a quella del corridoio, per creare un flusso laminare grazie al quale l'aria poteva uscire ma non entrare, così rimanevano fuori germi e polvere, con un ricambio di circolo dodici volte superiore a quello delle incubatrici».
L'Ospedalino ha ottanta posti letto, ma nell'estate del '67 raggiunge anche punte di cento presenze. Il reparto di Neonatologia, al pari di quello per gli immaturi, ha box singoli ove soggiorna anche la mamma. «Pediatria ha quattro camere singole per l'osservazione del paziente dal momento del ricovero fino al chiarimento della patologie. Nelle camere a due letti si ospitano pazienti con patologie compatibili. Quelle a quattro letti sono per bambini convalescenti, della stessa fascia di età, ai quali le due assistenti sociali allietavano la degenza. Particolari poltrone-letto per la madre o un congiunto permettevano un'affettuosa assistenza 24 ore su 24, senza creare o disordine».
La lapide di via Ducale 7, se non può raccontare tutto questo, è però un invito a coltivare le memorie cittadine, alle quali anche la figura di Ugo Gobbi appartiene di diritto per la passione e la scienza espresse nella sua vita professionale.

PAX CHRISTI: LEGGI AL SERVIZIO DEI POTENTI
La Sezione italiana di Pax Christi, movimento cattolico internazionale per la pace e il suo Centro Studi economico sociale , da sempre impegnati nella difesa e nella promozione della pace, della giustizia e dei diritti umani e sociali, denunciano la gravità dell'attuale situazione italiana con lo scandalo di leggi al servizio dei settori dominanti.
Come cristiani sentiamo rivolto anche a noi il monito di Gesù: "Se questi taceranno grideranno anche le pietre" (Lc 19,40).
E allora non possiamo tacere sulla tendenza costante a fare leggi che privilegiano i ricchi e i potenti emarginando sempre più chi è più in difficoltà, ignorando i ripetuti richiami dei vescovi italiani che dal 1981 sostengono che il bene comune si ottiene "partendo dagli ultimi".
Non possiamo tacere
1) sull'esigenza di un'autentica libertà e oggettività dell'informazione
2) sul diritto alla salute e all'istruzione uguale per tutti
3) sulla legge Bossi-Fini che calpesta i diritti degli immigrati alla vita e alla famiglia, riportando, con le impronte digitali, la prassi deplorevole dei Paesi dell'apartheid; e diamo allora piena solidarietà a Mons. Cantisani Arcivescovo di Catanzaro e alla sua coraggiosa iniziativa di raccolta di firme contro la legge, a cui aggiungiamo la proposta di obiezione di coscienza
4) sul diritto al lavoro sicuro e a tempo indeterminato, con le garanzie dell'art. 18 per i giovani, senza pretestuose schedature per iscritti a sindacati o per chi esercita il diritto democratico dello sciopero
5) sul legittimo sospetto per il rimando di processi - onerosi fra l'altro - che favorisce i ricchi e i mafiosi
6) su espedienti finanziari come la depenalizzazione del falso in bilancio, che premia l'individualismo dei ricchi e impone ulteriori oneri alla collettività.
Poiché il vangelo ci chiede di essere "sale della terra e luce del mondo" dobbiamo alzare la nostra voce per unirci a tutti gli uomini e donne di buona volontà e costruire una società più giusta e più fraterna.
Diego Bona
Presidente di Pax Christi Italia + Luigi Bettazzi, Presidente Centro Studi Economico Sociali per la Pace
3 Agosto 2002

Bologna, domenica 4 agosto 2002
Ricevo dagli amici di Pax Christi e - anche su loro richiesta - invio a tutti, facendo mie queste splendide parole che non necessitano di ulteriori commenti.
Mi permetto solo riportare qui di seguito due frasi che i giovani della ROSA BIANCA scrissero sessant'anni fa nel volantino numero quattro (volantino che ho inviato per intero nel mio precedente e-mail di ieri) dopo la diffusione del quale questi giovani furono condannati a morte e giustiziati.
Non credo, anzi sono certo (ci mancherebbe altro!), che né i vescovi cristiano-cattolici Diego Bona e Luigi Bettazzi né nessun altro verrà condannato a morte per ciò che dicono e denunciano....però...
Shalom-salaam a tutti, ma proprio a tutti... specialmente a quei deputati che si autodefiniscono cristiano-cattolici e che invece due episcopi (almeno due!) della loro stessa chiesa cristiana (stessa confessione cattolica), smentiscono così apertamente il loro voto in parlamento.
Dal libro di Paolo Ghezzi (attuale direttore del quotidiano "l'Adige", aderente all'associazione Rosa Bianca fondata nel 1989): LA ROSA BIANCA - un gruppo di resistenza al nazismo in nome della libertà (Ed. Paoline - 1993)
dal Quarto volantino (pag.278):
"Vi è forse, chiedo a te che sei cristiano, in questa lotta per mantenere i tuoi beni più preziosi, una possibilità di esitare, di trastullarsi con intrighi, di rimandare la decisione in attesa che altri prendano le armi per difenderti? Non ti ha forse Dio stesso dato la forza ed il coraggio per combattere? Dobbiamo attaccare il male là dove esso è imperante, ed esso è imperante proprio nel potere di Hitler."
"Noi non taceremo, noi siamo la voce della vostra cattiva coscienza; la Rosa Bianca non vi darà pace."
Domenico Manaresi, via Gubellini, 6, 40141 Bologna. tel. 051-6233923, e-mail: [email protected]

Appello agli uomini di buona volontà
(Verso la fine del pianeta)

di Clara Negri
Nella nostra dimensione noi viviamo nel mondo della polarità. Bianco nero, notte giorno, caldo freddo, vita morteŠ, di questo nessuno può aver dubbi, anche se pratica il buddismo e sostiene che tutto è apparenza e inconsistenza.
E' bene invece prendere atto che già da molto, ma in particolare in questi ultimi tempi, una polarità sta cercando di distruggere tutti noi dell'altra polarità. E' bene prendere atto che il Male, con la «M» maiuscola, ha deciso di sterminare la maggior parte della popolazione terrestre, buona o cattiva che sia.
Già da secoli e millenni ogni uomo di mediocre intelletto avrebbe dovuto capire che l'odio e le guerre non offrono altre soluzioni che sterminî e sofferenze. Ogni uomo di mediocre intelletto avrebbe dovuto capire che chi fomenta, provoca e scatena le guerre, i soprusi, le ingiustizie, le sofferenze, le atrocità, deve per forza avvalersi di un'umanità pecora per mettere in atto i suoi programmi perché si guarda bene dal combattere, e rischiare la morte, in prima persona.
E' quest'umanità pecora che si fa bellamente massacrare in ogni conflitto, perché istupidita da parole senza senso come patria, difesa dei propri diritti, nemico, Dio ci protegge e così via, parole miseramente eguali sia dall'una che dall'altra parte dei belligeranti.
Noi siamo governati da poteri invisibili che non soltanto si combattono fra loro ma che usano come pedine l'umanità pecora che non vuole usare il cervello. E' stato sempre così ma sarebbe ora che mettessimo la parola fine a questo stato di cose.
Le multinazionali, gli interessi politici e finanziari di pochissimi, in ogni stato del mondo, ma principalmente nel più potente, oggi come oggi hanno tutto l'interesse di scatenare un conflitto, mirato soprattutto nei paesi del Terzo Mondo, per impadronirsi di quel poco che hanno e per distruggere esseri umani considerati per importanza ben al di sotto delle bestie!

I Governanti Occulti ci imbottiscono di imbecillate come gli attentati dovuti a paesi e persone di una tale povertà che ignorano scuole, ospedali, abitazioni e ignorano, soprattutto, come sopravvivere alla FAME. Perché mai questi disgraziati, ancora più pecore di noi, anziché cercare di superare i loro problemi, si metterebbero contro giganti in tecnologie e armi mortifere per tutto il pianeta? Cosa potrebbero mai ottenere?
Stiamo tutti seguendo sia la creazione dello scudo spaziale americano, ottenuto da Bush col consenso del popolo americano solo dopo il crollo delle Torri gemelle; stiamo tutti seguendo le sue continue dichiarazioni di voler attaccare l'Irak perché vuol uccidere Saddam affinché quest'ultimo, con armi e veleni mai trovati e mai andati a cercare in loco, non distrugga l'America e l'Europa tutta.
Il popolo americano non è molto convinto ma oramai siamo bombardati da falsi attentati terroristici, e fra poco ce ne saranno di nuovi, scatenati però non dai morti di fame che ne sarebbero gli autori, ma da altri abili e occulti personaggi per risvegliare l'indignazione del popolo americano che si sentirà costretto ad accettare la guerra a Saddam.
Sappiate che un'ipotesi del genere segnerebbe la fine del pianeta tutto che, già agonizzante da molto tempo, resterebbe tanto inquinato da armi atomiche e batteriologiche di breve e medio raggio, che i nostri figli e i nostri nipoti praticamente non avrebbero futuro. Ricordate che l'America, anzi il governo di Bush, già da anni si è opposto alla riduzione delle fonti di inquinamento, creando e moltiplicando i veleni che ci uccidono. E che oggi, a Joannesburg, si è impegnato a ridurre i pesticidi fra diciotto anni, senza neanche impegnarsi ad effettuare poi i controlli e a mettere sanzioni agli inadempienti! Sappiate ancora che, in caso di conflitto, solo i potenti si riparerebbero nei loro rifugi superblindati e superprotetti per aspettare che l'inferno esterno finisca, sbucare fuori quando si sentiranno sicuri e ricominciare tutto daccapoŠ
Queste non sono follie d'un esaltato ma conclusioni di tante persone che hanno avuto la fortuna di capire a quale gioco giochiamo e, ahimé, la sfortuna di non farlo capire agli altri.
Bisogna che si passi voce, al più presto, affinché non sia troppo tardi. Bisogna che vi siano manifestazioni, dappertutto, contro la guerra, la sopraffazione dei deboli, le armi chimiche, atomiche e batteriologiche. Bisogna inculcare, specie fra i giovani, il rispetto per la Madre Terra che, troppo oltraggiata, ci ha cambiato le stagioni e ci sta passando acque avvelenate. Bisogna che si faccia tutti una risata "globale" alla proposta di abbattere gli albero delle ultime foreste per non far scoppiare incendi (proposta del governo Bush degli ultimi giorni, riportata da stampa e Tivù). Bisogna che si rispetti la vita non soltanto umana, ma anche animale e vegetale perché ognuno dipende dall'altro e perché la sofferenza dell'uno diventa anche, e sempre, la sofferenza dell'altro, benché molti lo ignorino o rifiutino di riconoscerlo. Il tempo è sempre più scarso e dobbiamo battere i tamburi, come facevano un tempo i pellerossa, perché i migliori tra di noi si diano una mossa e facciano di tutto per impedire altre distruzioni, se non l'ultima distruzione!
Se lo vogliamo veramente, i nostri pensieri, che posseggono una forza da molti totalmente sconosciuta, riusciranno alfine a controbattere quelli del Male che ci circonda e a riportare equilibrio e armonia sul nostro pianeta. Ricordate che non si può stare con le mani in mano aspettando che gli altri facciano per noi, ma che tutti abbiamo il dovere di incominciare, di dare l'esempio, affinché i più riottosi ci seguano.
Agiamo compatti al più presto, in ogni paese e in ogni Stato. Solo così il mondo cambierà.
Dott. Clara Negri
Già Presidente del Centro di Teosofia di Napoli

Le torri di Riccione:
antiche storie di pirati

Ritorna un piccolo ma prezioso libro che fu curato nel 1997 da Oreste Delucca, Fosco Rocchetta e Luigi Vendramin, in occasione della mostra su «Pirati e torri costiere nel Riccionese», da cui prende il titolo. La mostra era stata allestita nell'ambito d'un ciclo di conferenze su «Vicino Oriente e Mediterraneo», interrottosi due anni fa, presso il Centro della Pesa di Riccione che ha curato la ristampa del volumetto (cinque euro).
La ricchezza della documentazione presentata, permette di avvicinarsi con facilità all'argomento: sono, come osservano nella presentazione il sindaco Daniele Imola e l'assessore alla Cultura Francesco Cavalli, «vicende storiche poco note al grande pubblico che hanno però avuto ripercussioni non trascurabili sulla vita delle popolazioni rivierasche oltre che sulla origine e lo sviluppo della città».
Si comincia con un quadro generale della vita del Mediterraneo dall'età antica a quella moderna, per illustrare brevemente le varie tipologie di corsari. Quindi c'è una parte sull'attività della pirateria lungo la costa romagnola, con le prime notizie risalenti all'età di Sigismondo Pandolfo Malatesti. Molto interessanti sono le fonti direttamente riportate, come i secenteschi diari riminesi di Giacomo Antonio Pedroni, conservati nella Biblioteca Gambalunghiana: vi si narra di come vennero realizzate varie opere per prevenire danni alla città. Il 28 settembre 1617, ad esempio, a Rimini si fanno «trinciere a marina», si abbassano le mura, e si costruisce un «ponte levadore alla porta di marina».
Poi si esamina il capitolo relativo alle torri cosiddette riccionesi (della Trinità e delle Fontanelle), raccontando anche come fosse organizzato il servizio di vigilanza lungo la costa.
La maggior sicurezza conseguente alla costruzione delle torri, leggiamo, ebbe un riflesso sullo stesso sviluppo della «borgata» di Riccione: di sicuro, esse hanno favorito «la discesa al piano della popolazione tradizionalmente attestata sulle alture vicine», che si stanziò a ridosso della Flaminia.
Qui nel 1706 una mappa (esposta per la prima volta nella mostra del 1997), rivela «un aggregato ormai di tutto rispetto». I dati statistici posteriori al 1672 permettono di calcolare un aumento della popolazione, in base al numero dei decessi registrati: il fenomeno, non causato da pestilenze o terremoti (quello dello stesso 1672 non fece vittime a Riccione), è sostanzialmente dovuto ad un processo d'incremento demografico.
Il catalogo si chiude con altri due temi, la vigilanza sanitaria ed il servizio postale e telegrafico, strettamente legati alla vita delle torri, private ormai degli antichi nemici e quindi riciclate ad altra destinazione.
Le 53 immagini del materiale che fu esposto alla mostra, accompagnano la lettura di questo testo che si deve, come altre importanti iniziative del passato, alla passione ed alla cultura di Fosco Rocchetta che ora dirige il Centro della Pesa di Riccione.
[Antonio Montanari]

L'asteroide (pensando a Pascoli)
Una notizia «pascoliana» è apparsa sui giornali del 25 luglio: un asteoride minaccia la Terra di collisione nel 2019. Ha un diametro di due chilometri, e potrebbe distruggere un continente. L' asteoride è stato osservato per la prima volta nella notte fra l'8 ed il 9 luglio in un piccolo centro astronomico situato nel deserto del New Mexico.
Fin qui l'annuncio. Perché la notizia è «pascoliana»? Essa richiama uno dei «Canti di Castelvecchio» (tutti dedicati alla madre), «Il bolide»: il poeta vi narra «un lampo, uno scoppio», «un globo d'oro, che si tuffò muto / nelle campagne, come in nebbie vane, / vano». Un grido, emette il poeta: «Vedeste?». Il verso prosegue: «Ma non v'era che il cielo alto e sereno», «il cupo cielo, pieno / di grandi stelle». «E mi vidi quaggiù piccolo e sperso / errare, tra le stelle, in una stella».
Sono le stesse stelle che, nel consueto anniversario del «X agosto» (dunque sabato prossimo) cadono «per l'aria tranquilla» sopra «quest'atomo opaco del Male!».
Scriveva Pascoli: «C'è del gran dolore e del gran mistero nel mondo: ma (...) nella contemplazione della natura, specialmente in campagna, c'è gran consolazione, la quale pure non basta a liberarci dell'immutabile destino». Ma è la stessa natura che lo spaventa, come ne «Il bolide» o ne «La vertigine» dove egli conclude con la ricerca di Dio, «di cielo in cielo, in vano e sempre».

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