il Rimino n. 64. febbraio 2001
Rubicone dei veleni
Archivio 2016

I veleni del Rubicone
Sabato 27 gennaio ho inviato al mio giornale Il Ponte la rubrica per domenica 4 febbraio che si può leggere nell'apposita pagina del Tama, ma che per comodità trascrivo anche qui.

Rubicone
I veleni nella storia di un fiume

Ogni mattina ci aspetta sul giornale il menu dei veleni quotidiani. Gli aggiornamenti arrivano puntuali con i tiggì delle tredici. La lista si allunga. Ormai mucca pazza è un antico ricordo. Tra poco non se ne parlerà più. Prevarrà il senso del dovere nazionale. Combattere in trincea per l’ultima fiorentina, sulla quale svetterà il tricolore. Poco importano i dubbi degli scienziati. I politici si adegueranno. Infatti il capo del governo Amato ha invitato il ministro Pecoraro Scanio a non far troppa confusione. Intanto leggiamo che pure il pesce potrebbe portare con sé certi guai. Del tonno al mercurio parlavano già i nostri nonni. Le antenne radiotelevisive e telefoniche ci cuociono lentamente come un forno a microonde. Ci sono i farmaci falsi. Tutto sembra diventare improvvisamente pericoloso o fonte di nocività. Di qui a quando leggerete queste righe, ci saranno altri tre o quattro motivi di allarme.
Come se non bastassero quelli, ne aggiungo uno di mia scoperta. Il fiume Rubicone è carico di veleni. Dimostrazione. In novembre ho partecipato a Sogliano ad un convegno storico, nel corso del quale ho illustrato la posizione che l’illustre medico riminese Giovanni Bianchi (Iano Planco, 1693-1775) ebbe sul cosiddetto Rubicone degli Antichi, che lui identificava nell’Uso di San Vito, dove era arciprete un suo ex alunno, Giovanni Paolo Giovenardi che nel novembre 1749 fece porre sulla sponda orientale del fiume, nel terreno del cimitero della sua chiesa, una lapide con parole ricavate da Plinio: "Heic Italiæ Finis Quondam Rubicon", suscitando una lite giudiziaria, promossa dai cesenati, i quali la persero perché, diceva la sentenza, un magistrato civile non poteva giudicare di cose erudite.
Per essermi dunque recato a Sogliano a quel convegno, sabato 20 gennaio, in una riunione all’Accademia dei Filopatridi della quale faccio parte, dal vicepresidente, l’amico prof. Sergio Foschi, sono stato qualificato (con parole che non stanno bene qui) persona di dubbia moralità, e sono stato intimato di non andare più nella stessa Sogliano. Tutto, ovviamente perché tra i cittadini di Savignano e quelli di Sogliano non scorre buon sangue, essendo i primi sostenitori del Fiumicino come vero Rubicone e gli altri non condividendo tale posizione. Preciso che un savignanese, Antonio Bianchi, nell’Ottocento, si dichiarò a favore del Pisciatello cesenate. Suggerisco analisi. Idriche. [792]

Lunedì 29 ho spedito alla redazione cesenate del Carlino questo fax, pubblicato integralmente martedì 30 gennaio, sulla pagina del Rubicone:

Spiace cha la serietà del Carlino sia contraddetta da articoli come quello di domenica 28 ("E’ nato prima il dado o il Rubicone?"), dove il signor Romano Pignotti definisce "grossolane" le opinioni di uno scienziato serio ed onesto come Antonio Veggiani che, essendo scomparso, non può difendersi da questo attacco.
Che è doppiamente scorretto, perché l’estensore della nota deve aver equivocato parecchio se attribuisce a Veggiani ed al suo libro (postumo), "invenzioni di natura folkloristica" che invece non appaiono nel volume citato, come ben sa chi lo ha letto o soltanto sfogliato.
E’ auspicabile che la discussione (dotta o soltanto campanilistica?) sul vero "Rubicone degli Antichi" , abbia luogo entro irrinunciabili confini di rispetto delle altrui opinioni.
Allo scopo, narro un episodio personale.
Sono Accademico Ordinario dei Filopatridi e fondatore del Centro Amaduzziano presso la stessa Accademia dei Filopatridi di Savignano sul Rubicone. Come Pasolini sa, essendovi stato presente, ho partecipato di recente a Sogliano ad un Convegno storico sul "Rubicone degli Antichi". Per quella mia partecipazione, in una riunione del Centro Amaduzziano, il vicepresidente dei Filopatridi e presidente dello stesso Centro, prof. Sergio Foschi, venuto a conoscenza da parte di non so chi del fatto, mi ha ordinato di non andare più a Sogliano, e mi ha definito pressoché una puttana.
Al Convegno di Sogliano ho soltanto illustrato la posizione dello scienziato riminese Iano Planco (favorevole all’Uso, 1750), ricordando anche che Antonio Bianchi, bibliotecario della Gambalunghiana di Rimini nell’800, sosteneva essere il fiume di Cesena il vero "Rubicone degli Antichi". Il quale Antonio Bianchi era nativo di Savignano di Romagna.
Cordialità. Antonio Montanari

Giovedì primo febbraio il Carlino del Rubicone ospita l'ovvia smentita di Foschi. Il quale nega di avermi dato della "puttana", quando io avevo scritto "pressoché una puttana". Certe finezze filologiche sfuggono quando si deve negare l'evidenza dei fatti, ai quali era presente anche un legale, tra gli altri.
La cosa più impressionante e pericolosa, nella smentita di Foschi, è questo passaggio: egli ritiene "incoerente" la mia posizione sul Rubicone con l'appartenza all'Accademia dei Filopatridi.
Dunque, il Rubicone è un dogma, ed io sono uno scismatico, un eretico.
Buono spunto per un'altra riflessione che faro nelle mie "Memorie riminesi". Prossimamente su questi schermi.

Un savignanese, del quale non dirò nulla, mi ha inviato questo messaggio per posta elettronica:
"Dopo aver letto la Sua lettera sul Resto del Carlino di ieri 30 gennaio, Le scrivo per farle avere la mia solidarietà per le offese e i "diktat" ricevuti. Sono veramente dispiaciuto per quanto Le è accaduto, poichè La considero l'unico studioso di alto livello che è rimasto attaccato all'impegno di risollevare le sorti scientifiche di un'Accademia gloriosamente giunta al traguardo dei duecento anni di vita, ma che mi sembra di poter dire, ora più che mai, assai decaduta oltre che sul piano degli studi anche su quello dello stile."
Sull'argomento vedere più estesamente nelle mie Memorie riminesi, cap. 7 che trascivo qui.

Rubicone, un fiume di veleni.

Nello scorso novembre, ho partecipato a Sogliano ad un Convegno di studi sul Rubicone. Sono stato invitato a parlare della posizione che nel XVIII secolo ebbe sul problema l'illustre medico e scienziato riminese Giovanni Bianchi, Iano Planco. La mia comunicazione era intitolata "Un fiume di erudizione".
Questa pagina appare invece con il titolo di "Un fiume di veleni". Ecco in breve perché.
Il giorno 20 gennaio 2001 si è tenuto a Savignano, presso l'Accademia dei Filopatridi della quale sono componente come accademico ordinario (cioè facente parte del Consiglio dei XXIV), l'incontro del Comitato direttivo del Centro Studi Amaduzziani, che è stato fondato dal sottoscritto. Il presidente del Centro, che è anche vicepresidente dell'Accademia, prof. Sergio Foschi, mi ha dato praticamente della puttana perché sono stato a parlare a Sogliano.
Tra Sogliano e Savignano, da secoli, non scorre buon sangue per via dello stesso Rubicone. Savignano rivendica una gloria difficilmente attestabile. Sogliano ha dalla sua la geografia, e ragioni più meditate. Le parole di Foschi sono state: "Tu frequenti troppi letti", e "Non devi andare a Sogliano".
A Foschi non era stato detto che Iano Planco identifica il Rubicone nel "Luso" riminese. E che il fiume cesenate non c'entra nulla con Planco, il quale Planco anzi fu acerrimo nemico dei Cesenati. De hoc satis.
La spia che lo ha informato non so chi sia, ma ha riferito erroneamente sulla mia comunicazione (e sul pensiero di Iano Planco), ma correttamente su una postilla che io ho confermato a Foschi ed ai colleghi del Centro Studi Amaduzziani.
Al Convegno ho dichiarato infatti che per il savignanese Antonio Bianchi il vero Rubicone era quello cesenate e non il fiume del proprio paese. E che per tale pensiero, la sua "Storia di Rimino" manoscritta, che avevo curato per l'editore Ghigi, non era stata mai presentata in Accademia dei Filopatridi.
Ora qui sopra aggiungo che era stato il segretario Fermo Fellini ad esprimersi così contro Antonio Bianchi. Nulla di male, un'opinione come un'altra, ma perché si teme che la si riferisca? A Sogliano ho detto semplicemente che Antonio Bianchi era stato ostracizzato. Ricevendo un caloroso applauso che mi fece più effetto di quanto me ne abbia fatto la dichiarazione offensiva del prof. Foschi.
Riferisco qui il fatto perché la vera cultura non dovrebbe scadere mai in aggressione personale, come qualcuno invece è abituato a fare. A Savignano.
Dopo che nella primavera 2000 ho presentato a Sogliano la traduzione mia di quegli Statuti comunali, e dopo il Convegno di novembre, sono stato tenuto all'oscuro di tutto quanto si doveva fare in ambito del Centro Studi Amaduzziani, al punto che il lavoro di note, che mi era stato richiesto dal bibliotecario dottor Donati per un libretto contenente i "viaggi" dell'Amaduzzi appena pubblicato adesso, non è stato più ritenuto necessario.
Ecco perché il titolo "Un fiume di veleni". Se poi a Savignano la mia presenza non è gradita, perché sono un 'libero pensatore' rubiconiano, lontano da mafie di paese o di Accademie, basta che me lo dicano. Non ho il sedere attaccato alla poltrona. Io.
Antonio Montanari
Post scriptum.
Sui miei rapporti con l'Accademia dei Filopatridi, leggere per favore la pagina 8 di queste Memorie:

Accademico all'Indice.
"… e nessuno tenti di muovere obbiezioni a questo discorso perché io lo rivolgo a chi vuole e rispetta la verità, non ai falsari." Indro Montanelli, Corriere della sera, 15 febbraio 2001

Desidero raccontare tutta la (piccola) storia dei miei rapporti con l'Accademia dei Filopatridi.
Cominciai a frequentarla per motivi di studio, nel 1992, dovendo preparare alcuni argomenti finiti poi nel mio volume "Lumi di Romagna", che un ex assessore alla Cultura di un Comune del Riminese, di Coriano credo, ricercò presso di me, per il suo interesse verso la materia, dichiarandosi collezionista di oggetti di illuminazione domestica.
L'allora bibliotecario dei Filopatridi, il sempre compianto dottor Luigi Ughi, mi invitò a tenere una conferenza sul suo amico e mio insegnante in prima Media, prof. Romolo Comandini. La conferenza avvenne il 24 ottobre 1993.
L'anno successivo fui nominato Accademico Corrispondente su proposta del segretario Fellini (lettera del 4 novembre 1994, prot. n. 254).
Nel 1995 fui chiamato a far parte di un Comitato di Gestione per la pubblicazione della Storia di Savignano (lettera prot. n. 57 del 20 febbraio).
Il 22 gennaio 1996 il presidente Lorenzo Cappelli (lettera prot. n. 12) mi incaricava di compilare il Notiziario a stampa dell'Accademia.
Il 20 luglio 1996 sono innalzato alla categoria degli Accademici ordinari facenti parte del Consiglio dei XXIV (lettera del 23 luglio prot. n. 200). Il successivo 25 settembre (lettera prot. n. 268) sono chiamato a far parte del Comitato per le onoranze a Bartolomeo Borghesi.
Il 7 aprile 1997 si tiene una riunione dei Consiglio dei XXIV. Nel corso di essa propongo di nominare Accademica Corrispondente la docente universitaria prof. Giulia Cantarutti di Bologna, che avevo fatto invitare (in mezzo a svariate difficoltà perché "non conosciuta" in Accademia) a tenere una conferenza ai Filopatridi. La mia proposta di nomina ad Accademica Corrispondente della prof. Giulia Cantarutti è alla fine accettata, però con la clausola che io firmi un documento assurdo: con esso mi dovevo assumere gli oneri finanziari derivanti da eventuale morosità della mia candidata prof. Giulia Cantarutti circa la quota sociale.
Si accese un dibattito che mise in minoranza il segretario Fellini, da cui era partita l'idea del documento appena accennato. Fellini raccolse, oltre al suo soltanto altri due voti: quello del presidente e dell'amministratore. Tutti gli altri presenti, una decina, furono dalla mia parte. (Definii quella riunione una specie di 25 luglio: per la prima volta si era alzato a parlare qualcuno contro i rettori dell'Accademia, segretario e presidente, mettendoli in minoranza.)
Nel frattempo ero stato anche chiamato ad organizzare il tradizionale concorso biennale di Latino. Dopo la famosa riunione del 7 aprile, culminata in una durissima reprimenda nei miei confronti da parte del segretario Fellini, fui estromesso da tutti gli incarichi ricevuti, Notiziario, concorso di latino, attività varie.
Circa il Notiziario debbo aggiungere un particolare. Dopo l'incarico affidatomi dal presidente Lorenzo Cappelli, una mattina in cui stavo recandomi in Accademia, nella piazza di Savignano, fui severamente attaccato dal vice presidente Sergio Foschi che mi parlò di "presunto incarico". Ignoravo ed ignoro tuttora il motivo per il quale quella mattina del 1996 mi disse tale frase. Non so per quale pregiudizio, Foschi non gradisse la mia attività accademica. (Forse perché collaboravo al settimanale diocesano "Il Ponte", mentre lui si dichiara ateo?) Mi è stato poi suggerito da qualcuno bene addentro alla segrete cose, di interpretare il fatto come espressione di gelosia dello stesso Foschi nei confronti del presidente Cappelli.
Il 27 agosto 1998 proposi all'Accademia di istituire un Centro Studi Amaduzziani nel suo ambito.
La lettera di accettazione da parte del presidente Cappelli, è del 15 settembre dello stesso anno (prot. n. 344). In questa lettera mi si annunciava che sarei stato convocato per stabilire "i dettagli relativi agli organi e al funzionamento del Centro stesso".
Tutto invece fu fatto a mia insaputa. L'istituzione del Centro fu deliberata il 7 maggio 1999 con un regolamento che ricevei per posta e già stilato, con alcuni punti inaccettabili ed illogici rispetto alla mia argomentata proposta. La lettera di trasmissione del regolamento è del 27 aprile, prot. n. 126.
Telefonai al presidente Cappelli il quale, dopo aver consultato il protocollo ed accertato che esisteva quella lettera n. 344 del 15 settembre precedente, modificò, ma soltanto in parte, prima della riunione, il regolamento come da me proposto. Il 19 giugno il neo Centro venne convocato. Presidente fu eletto lo stesso Sergio Foschi, anziché la prof. Giulia Cantarutti, come avevo proposto io.
Ho parlato di "piccola" storia dei miei rapporti con l'Accademia. Spiego l'uso dell'attributo. È piccola non in sé, quanto per le piccinerie dimostrate dalle sunnominate persone nei miei riguardi.
Per questione di dignità (e quindi di moralità nei comportamenti) non sono mai sceso a compromessi con nessuno. Questo mi ha procurato sempre molti nemici. Molti nemici, molto onore?
Antonio Montanari
(22.2.2001)


Il 25 gennaio 2001 su Pensieri & parole di Gianni Riotta, Stampaweb, è apparsa questa mia pagina:

Slogan

La vera campagna elettorale per le prossime politiche è in pratica iniziata ufficialmente (ancorché non sia stata indetta dal capo dello Stato), venerdì 19 gennaio su tutti i telegiornali nazionali, con un1intervista all1on. Silvio Berlusconi che si presentava in versione inedita. Dietro la sua immagine non appariva più la classica libreria (3con i volumi che non ho mai potuto leggere, per colpa della politica2, come più volte ha confessato), ma un cielo azzurro con qualche accenno di nuvola, lo stesso che caratterizza da parecchi mesi i suoi maxi manifesti pubblicitari. Lo stesso che si vedeva, quand1ero bambino io, nei cosiddetti santini religiosi. E sullo sfondo del quale ora appare anche Rutelli, il leader del polo di centro-sinistra, dopo che i suoi consulenti intellettuali hanno deciso di fare qualcosa di originale, ovvero copiare le idee propagandistiche del centro-destra. Fatto questo non del tutto nuovo, in verità. Pensate a Mussolini, nato socialista rivoluzionario ed arrivato rivoluzionario fascista. Una lezione, quella di Benito, che alcuni suoi pronipotini devono non aver dimenticato, se per incarnare un1eredità politica di sinistra si mettono all1ombra del centro-destra, forse anche perché sono memori che Berlusconi, senza il governo Craxi, la televisione privata se la sognerebbe ancora. I maxi manifesti del Silvio (e di riflesso, quindi, anche di Rutelli) si alimentano di una serie di slogan che dovranno essere sfornati con una certa originalità di pensiero di qui all1apertura delle urne. Sarà una rincorsa affascinante che metterà in campo il meglio degli specialisti. Dovremo fare attenzione a non confonderci. Ci sono già alcuni rischi. Ogni lasciato è perso, non è l1autobiografia dell1on. Clemente Mastella, ma il titolo di un film di Piero Chiambretti. Immaginiamo che, dopo aver lanciato precise, fondamentali parole d1ordine (Meno tasse, Città più sicure, Pensioni più dignitose), il tono berlusconiano salirà: Una sola strada porta a Roma, Con il governo degli onesti pioverà meno, Mucca pazza l1hanno inventata i Verdi, Arricchiamo l1uranio (avremo più soddisfazione che se restasse impoverito), La Cuccarini alla Sanità, Costanzo all1Istruzione, Maria De Filippi alla Previdenza sociale, spinelli anche ai bidelli, Aboliamo il Sud, Mike al Quirinale ed Emilio Fede cardinale. Rutelli sarà intelligentemente lapidario: Non tiratemi le pietre se perderò..
Antonio Montanari


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2272, 30.07.2016.
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