il Rimino

Il Sigismondo d'oro per il 2001 è già stato prenotato per Liliano Faenza. Figura tipicamente riminese, scrittore di storia raffinato, fissato con il pallino della filosofia della quale vuole sempre scrivere, merita questo riconoscimento ad una carriera svolta come secondo mestiere. Infatti, Faenza è sempre stato impiegato alle Ferrovie, ha dato concorsi magistrali vincendoli (me lo ricordo compagno di avventura 40 anni fa), ha scritto tanto, non ha mai voluto lasciare la vita (per tanti aspetti comoda) della provincia, dove lui conosce tutto e su tutto sa dire il bello ed il brutto, con il gusto da vecchio anticlericale, per cui i preti sono tutti dei puttanieri e basta.
Scorbutico come carattere, non accetta critiche, non tanto per pontificare, quanto perché è come ho detto un personaggio tutto riminese.
Non farò l'elenco dei suoi libri. Citerò come classico quel "Papalini in città libertina" in cui raccontò le avventure dei cattolici riminesi, raccogliendo le confidenze del canonico Garattoni e rileggendo tutta "l'Ausa", il loro giornale. Garattoni era un altro bel tomo. Intellettuale, intelligente, sempre in prima linea, discusso e discutibile. Di lui Faenza ha parlato, con affetto, ed ovviamente male.
Recentemente Faenza è stato al centro di una piccola polemica. Oggetto, l'anfiteatro. C'è chi lo vuole valorizzare, spostando altrove l'Asilo svizzero, e recuperando l'area riempita di terra nel secondo dopoguerra per ospitare quelle capanne di legno, poi affiancate da edifici a quanto pare abusivi. Faenza ha tuonato contro. L'arch. Oscar Mussoni gli ha dato prima ragione (è vero, ha scritto, ripetendo un concetto di Faenza, Rimini è una città culturalmente provinciale), poi ha dimostrato che il vero provinciale è Faenza.

Antonio Montanari

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