il Rimino n. 53. 23 settembre 2000
Museo della Città, dieci anni.
Crescono i visitatori, calano i finanziamenti comunali.

Archivio 2015

Il prossimo 28 ottobre al Museo della Città s'inaugura una mostra, "Rimini divina, religioni e devozioni nell'evo antico" che, in un certo senso, celebra i dieci anni di attività dell'istituzione comunale, diretta dall'architetto Pier Luigi Foschi, nella nuova sede di via Tonini. L'esposizione (che resterà aperta sino al 20 maggio 2001), è a cura del prof. Giancarlo Susini, ed è organizzata, oltre che dagli stessi Musei riminesi, dalla Soprintendenza ai Beni archeologici dell'Emilia Romagna e dal Dipartimento di Storia antica dell'Università di Bologna. Il relativo catalogo, curato da Angela Fontemaggi e da Orietta Piolanti, contiene contributi di vari studiosi.
L'annuncio di "Rimini divina", che offrirà un importante panorama storico-scientifico, ci permette di dare un rapido sguardo al lavoro svolto finora dai nostri Musei civici, partendo dal 12 luglio 1990 quando si aprirono le porte dell'ex Collegio dei Gesuiti (meglio noto, troppo spesso, soltanto come sede del "vecchio Ospedale").
L'edificio fu acquistato nel 1979 dall'Amministrazione comunale con l'intenzione di dare dignità e spazio al ricco patrimonio che essa possiede. Allora dirigeva il Museo Andreina Tripponi, mentre Zeno Zaffagnini era Sindaco. A redigere il progetto del nuovo Museo fu chiamato proprio Pier Luigi Foschi, fresco vincitore del concorso quale architetto responsabile del "restauro dei monumenti". Il progetto è presentato nel dicembre 1982, nel febbraio 1983 il Consiglio comunale lo approva, stanziando il finanziamento del primo lotto di lavori, relativi all'ala che s'affaccia sulla stessa via Tonini. Il cantiere si apre nel 1984.
Già dal 1981 all'interno del palazzo, nel cortile, è stato allestito il Lapidario romano. Che viene riaperto nel 1990, assieme all'ala di via Tonini.
Nel frattempo, con l'importante collaborazione storico-critica di Pier Giorgio Pasini e di Andrea Emiliani (allora Soprintendente regionale alle Belle arti), si preparavano gli spazi espositivi dell'ala interessata ai lavori, e che avrebbe raccolto tre sezioni, l'arte di "Cinquecento", "Settecento" ed "Ottocento". Pasini è, in pratica, il primo consulente, mentre ad Emiliani tocca formulare le linee dell'ordinamento e dettare i criteri per la sua realizzazione. Collabora anche il prof. Bruno Toscano, docente universitario di Storia dell'Arte a Roma. Per gli allestimenti intervengono gli architetti Arrigo Rudi (docente di Museografia all'Università di Venezia), e Cesare Mari di Bologna.
I lavori alle opere murarie richiedono una ristrutturazione totale, "con taglio filologico", come dicono gli specialisti: cioè si deve ripristinare il palazzo "come era": per esempio, è demolita una parte incongrua, posta sopra il lapidario, un padiglione in cemento armato su due piani, e si 'ricostruisce' tutta la facciata che era stata guastata, in quanto divenuta parete interna del padiglione. La seconda ala del Museo, che ospita il "Seicento", è aperta nel 1994, dopo altri restauri sia del palazzo sia di molte opere che la sezione ospita. Infine, è del 1998 la parte dedicata a Medioevo ed età malatestiana.
Tra le future sezioni del Museo ci sono quelle (da sistemare nei locali posti su via Cavalieri), dedicate all'Archeologia. Esse richiedono particolare attenzione, data l'importanza dei ritrovamenti riminesi. Terminati i restauri dei locali, bisognerà realizzare (in collaborazione con la Soprintendenza e con l'Università), dei percorsi che diano risalto al ruolo che quei ritrovamenti hanno nel panorama scientifico internazionale. Tra essi, ci sono anche materiali che documentano, ad ottocentomila anni prima di Cristo (età del Paleolitico inferiore), la presenza dell'uomo nel nostro territorio. Entro il 2001 si dovrebbe aprire una prima sezione di questa ala di via Cavalieri, dedicata ai complessi archeologici del centro di Rimini (palazzo Diotallevi e piazza Ferrari). Nell'arco di un triennio, tutta la struttura del Museo dovrebbe essere completata, compresa anche la cosiddetta parte "moderna".
In questi dieci anni, l'ex Collegio dei Gesuiti ha ospitato mostre (organizzate in proprio dal Museo o con altre istituzioni come il Meeting), conferenze e presentazioni di libri. Le pubblicazioni edite dallo stesso Museo testimoniano un'intensa attività. Ne ricorderemo alcune, apparse soprattutto in relazione a mostre: in campo archeologico, esse riguardano la "Domus del chirurgo" di piazza Ferrari (1991), "Rimini medievale" (1992), la "produzione fittile riminese" (1993), l'"Abbazia di San Giuliano" (1994), il "paleolitico di Covignano" (1996), l'"Arco d'Augusto" (1998).
Per il settore storico-artistico, citiamo "La pittura del Trecento" ed "Il Giudizio universale: rivisitazione di un grande affresco del Trecento" (1991), "Presepi e Madonne nel Museo della Città" (1991), "I Gesuiti a Rimini" (1992), "Il mito di Paolo e Francesca nell'Ottocento" (1994), "Medioevo fantastico e cortese" (1998), "Medioevo romantico" (1999). Arte contemporanea: "Le sculture di Elio Morri" (1993), "La donazione Voltolini" (1996), "Rimini nel Secondo Novecento" (1998). Altri settori in cui sono state realizzate mostre e pubblicazioni, sono quelli fotografico e del Museo delle Culture extraeuropee, Raccolta Delfino Dinz Rialto. Nel 1995 è apparso il catalogo-guida "Museo della Città" di P. G. Pasini, del quale si sta preparando un'edizione aggiornata.
Che cosa c'è dietro tutta questa attività? Una complessa organizzazione che nel 1999 ha portato, all'interno dell'ex Collegio dei Gesuiti, un pubblico venti volte superiore a quello del primo anno. Nei due lustri, le presenze complessive sono state di 160 mila persone. Negli ultimi tre anni, la media annua è stata di 26 mila presenze. Il Museo di Rimini supera, anche se di poco, addirittura il Civico di Bologna e si mette a ruota della 'maglia rosa' in Regione, quello di Reggio Emilia (38 mila visitatori).
Il nostro Museo occupa circa seimila metri quadri. Cinque anni fa, l'istituzione aveva trentadue dipendenti. Dal 1998, sono diciotto. (Otto sono stati trasferiti in altri settori comunali.) Il servizio di apertura al pubblico, è stato appaltato a cooperative, permettendo un risparmio di 180 milioni annui, che dovevano essere girati (ma non lo sono stati), alla voce investimenti. Nei capitoli di bilancio 1990-2000 per le spese di gestione (tolte quelle per utenze e personale), si è passati dai 342 milioni del 1993 ai 270 del 1999. Morale della favola: aumentano gli spazi espositivi ed i visitatori, ma diminuiscono le somme stanziate (le quali oltretutto non tengono conto dell'inflazione che nel decennio è stata del 30 per cento).
Il totale di 342 milioni del 1993 nasce dalla somma dei 259 milioni per i laboratori, la biblioteca, vigilanza notturna, incarichi professionali e Raccolta Dinz Rialto; e degli 83 per le mostre. Nel 1997, i due addendi sono di 211 milioni e 63 (totale 274). Nel 1990 si scende, come si è detto, a 270 milioni di totale, con 113 per la prima voce e 157 per le mostre. Nel decennio, il Museo ha avuto quaranta sponsor che hanno ossigenato le casse, sovvenzionando singole iniziative, e ben 74 donazioni di opere, oltre a depositi di vari oggetti.
Il direttore del Museo cura pure il restauro dei monumenti. E' un lavoro che, se affidato all'esterno, costerebbe sui 400 milioni all'anno. Ovvero più della cifra che il Comune spende, nei capitoli del bilancio considerati, per far funzionare l'ex Collegio dei Gesuiti.

Antonio Montanari

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